Ministro delle Politiche per la Famiglia, 14.11.2007



"La violenza in ambito familiare. Tessuto sociale e violenza in famiglia: che fare?"

Ufficio Stampa del Ministro delle Politiche per la Famiglia

"La violenza in ambito familiare.
Tessuto sociale e violenza in famiglia: che fare?"

Roma 14 novembre 2007

Relazione del Sottosegretario di Stato Maria Chiara Acciarini


Cominciamo dalle cifre. Che sono drammatiche.
Sono 2 milioni 938 mila le donne che, nell'arco della vita, in Italia, hanno subito violenza fisica o sessuale dal partner o dall'ex partner. Circa mezzo milione solo nel 2006. La loro età è compresa tra i 16 e i 70 anni. La violenza è in primo luogo fisica (12%) e, quindi, sessuale (una percentuale del 6,1% pari a 336 mila stupri e 267 mila tentati stupri). Tra gli autori della violenza, al primo posto si collocano gli ex mariti/ex conviventi (22,4%), seguiti dagli ex fidanzati (13,7%), dai mariti o conviventi attuali (7,5%) e infine dai fidanzati attuali (5,9%).
Tra le tipologie di violenza figurano strattonamenti, minacce, schiaffi, tentativi di strangolamento, rapporti sessuali indesiderati e subiti per paura delle conseguenze, veri e propri stupri.
Solo il 18,2% delle donne che hanno subito violenza fisica o sessuale in famiglia considera la violenza subita un reato e solo il 7,2% della violenza in famiglia è stata denunciata.
Per quanto riguarda l'Italia e relativamente agli atti di violenza domestica perpetrati ai danni dei minori, mancano analisi statistiche definitive. E tuttavia un rapporto delle Nazioni Unite relativo a 21 Paesi civilizzati ci parla di dati altrettanto drammatici. Il 7- 36% delle donne e il 3-29% degli uomini hanno riferito di essere stati vittime di violenze sessuali durante l'infanzia. Molti di questi abusi si sono verificati all'interno della cerchia familiare. Secondo uno studio realizzato dall'OMS, sia tra i paesi sviluppati che tra quelli in via di sviluppo, una percentuale di donne compresa tra l'1 e il 21% ha riferito di aver subito abusi sessuali prima dei 15 anni ad opera dei componenti maschili della famiglia. Da ultimo vale la pena sottolineare che in tutto il mondo, un numero di bambini compreso tra 133 e 275 milioni assiste a episodi di violenza domestica.

1) VIOLENZA E CONSAPEVOLEZZA
Contro la violenza domestica, leggi e sanzioni non bastano. E' la mentalità che va cambiata, il sentire comune, quel finto - e inconsapevolmente ipocrita - senso del pudore che spesso ci spinge a chiudere le porte delle nostre case affinché nulla di quanto in esse accade trapeli all'esterno.
Quelle porte devono essere aperte. Se è vero, come recita la Convenzione sui diritti dell'infanzia, che la famiglia rappresenta l'ambiente naturale per la crescita e il benessere dei suoi membri (e in particolare dei bambini) cui deve garantire sicurezza fisica ed emotiva, è anche vero che eliminare la violenza perpetrata tra le mura domestiche è assai difficile perché la famiglia è ancora considerata la "più privata delle sfere private". E tuttavia, i diritti delle donne - e, più in generale, dei soggetti deboli - appartengono alla sfera pubblica. E' su questo che bisogna insistere per "aprire quella porta". Le donne, minori, anziani e disabili devono conoscere i propri diritti e devono essere informati sui servizi loro riservati in caso di violenza e sulle eventuale misure di protezione disponibili.
La domanda sembrerà banale ma a porsela sono in tante: se io sono vittima di violenze proprio all'interno della "mia" famiglia, cosa mai potrà accadermi fuori? E' questa convinzione che va sradicata perché "fuori" c'è - ci dovrebbe essere - una  società civile che alla famiglia non si contrappone ma che della famiglia è la naturale evoluzione. Una società che alla famiglia, nei casi di necessità, è tenuta a dare il pieno supporto.
Lo stesso invito preciso ci è giunto, del resto, nel corso dei lavori della Conferenza nazionale della famiglia tenutasi a Firenze nel maggio scorso. Ciò che occorre, è stato detto con grande chiarezza in quell'occasione, "è conoscere, riconoscere, ascoltare e osservare ciò che si va maturando nella vita quotidiana delle famiglie che vivono o oggettivamente o come sentimento la solitudine per prevenire le forme della violenza.
Occorre quindi deprecarizzare l'intervento delle strutture; bisogna dare luoghi certi, risposte sicure, figure professionali chiare, volti concreti che ristabiliscano la relazione della fiducia. Non è possibile che le famiglie nel momento della crisi non sappiano dove andare, dove rivolgersi, e che trovino sempre figure e luoghi diversi. Questo è fondamentale perché altrimenti rischiamo di scrivere un altro volume del libro dei sogni".

2) IL RUOLO DELLA SCUOLA
A cominciare dalla scuola. Riteniamo infatti fondamentale l'utilizzo del sistema scolastico per contrastare - attraverso la realizzazione di materiali educativi da mettere a punto all'interno dei curricula scolastici di ogni ordine e grado - le idee e i pregiudizi che sono alla base della violenza domestica. Nelle scuole andrebbero aperti sportelli di ascolto, gli insegnanti dovrebbero essere messi nella condizione di poter individuare ed identificare eventuali atti di violenza domestica perpetrati ai danni di donne e minori. Scuola e famiglia: due sono le principali agenzie educative e dove non arriva l'una deve arrivare l'altra. La scuola, in sintesi, è chiamata non solo a vigilare ma anche e soprattutto a intervenire. Parlare di scuola e legalità ha senso solo quando la questione della legalità viene affrontata, prima che nelle strade e negli stadi, all'interno delle mura
domestiche. E di disagio si può e si deve parlare mai dimenticando, però, che non esiste solo il disagio sociale ma anche, purtroppo, quello familiare. Da questo punto di vista, essenziale mi sembra quel lavoro interministeriale già in atto e che sta coinvolgendo famiglia e pari opportunità, politiche sociali e pubblica istruzione.

3) LA VIOLENZA DOMESTICA E' UN REATO
E, tuttavia, qualsiasi riflessione che abbia ad oggetto il tema della violenza domestica non può tacere che questa, lungi dall'essere una questione privata, è innanzitutto un reato e che - in quanto tale - deve essere pubblicamente condannata e penalmente perseguita alla stessa stregua di qualsiasi altra violazione dei diritti umani. Non si tratta di un punto scontato. E lo dimostrano, solo per fare un esempio, il bassissimo tasso di denunce, indagini e condanne per violenza domestica. Le donne - e ancora di più i bambini, gli anziani e i disabili - hanno ancora paura (se non addirittura vergogna) di sporgere denuncia contro il proprio coniuge o il proprio convivente. Gli abusi subiti si capovolgono troppo spesso in sensi di colpa e gli stessi processi rischiano di trasformarsi in una nuova forma di violenza ai danni dei cosiddetti soggetti deboli. Le donne che denunciano atti di violenza familiare devono sentirsi sicure e devono poter contare su contesti confidenziali e amichevoli. Le loro denunce, inoltre, devono essere oggetto di indagini efficaci e tempestive mentre per i processi vanno previsti e stabiliti tempi più veloci.
Nonostante la drammaticità del tema, mi fa comunque piacere dire che l'Italia, e in particolare questo Governo, non partono da zero.
a) Già la Finanziaria 2007 aveva incrementato il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità con la somma di 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. E, all'interno del Fondo, era prevista una quota da destinare con decreto del Ministro dei Diritti e delle pari opportunità (emanato di concerto con i Ministri delle politiche sociali, del lavoro, della salute e della famiglia) all'istituzione di un Osservatorio nazionale contro la violenza sessuale e di genere e una quota parte da destinare al piano d'azione nazionale contro la violenza sessuale e di genere.
b) Presso la Commissione giustizia della Camera è in corso di discussione il disegno di legge recante "Misure di sensibilizzazione e prevenzione, nonché repressione dei delitti contro la persona e nell'ambito della famiglia, per l'orientamento sessuale, l'identità di genere ed ogni altra causa i discriminazione". Si tratta di un intervento normativo articolato su più fronti: quello repressivo ma anche quello dell'informazione della prevenzione, nella consapevolezza che non si tratta soltanto di un tema di ordine penale bensì della manifestazione di un problema, in primo luogo culturale, fortemente radicato. Il ddl si articola in tre parti: misure di sensibilizzazione e di prevenzione; riconoscimento di particolari diritti alle vittime della violenza; ampliamento della tutela processuale sia penale sia civile.
Il ddl, inoltre, introduce nuove fattispecie di reati - per adescamento di minori attraverso internet e per "atti persecutori" (quest'ultimo articolo è stato stralciato insieme a quello relativo a "delitti motivati da odio o discriminazioni fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere) - e prevede nuove aggravanti speciali del reato di violenza sessuale commesso dal coniuge, ovvero commesso ai danni di una donna in stato di gravidanza. Tra le novità: viene qualificato maltrattamento in famiglia anche il comportamento lesivo posto in essere dal convivente e viene contemplata la possibilità di ricorre all'incidente probatorio anche per i delitti di maltrattamenti in famiglia.
c) Legge 4 aprile 2001, n. 154: "Misure contro la violenza nelle relazioni familiari". Prevede, tra l'altro, l'allontanamento dalla casa familiare.
d) Legge 15 febbraio 1996 n. 66: "Norme contro la violenza sessuale"
e) 8 novembre 2007: L'Italia firma la Convenzione del consiglio d'Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale. La Convenzione rappresenta il primo strumento giuridico internazionale che identifica, quali reati specifici, le diverse forme di abuso sessuale nei confronti dei minori, ivi comprese
quelle commesse nel contesto familiare, esercitate facendo uso della forza, della costrizione e di minacce. "L'attiva partecipazione italiana nella sua redazione ha permesso l'inserimento di numerose misure ispirate all'esperienza e alla legislazione del nostro paese. Affinché la Convenzione entri in vigore, saranno necessarie 5 ratifiche di cui 3 di stati membri del Consiglio d'Europa.
f) Istituzione dell'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e
pornografia minorile, legge n.38 del 6 febbraio 2006 Normativa internazionale:
a) Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, 1979
b) Dichiarazione sull'eliminazione della violenza contro la donna, 1993
c) Protocollo opzionale alla Convenzione su tutte le forme di discriminazione contro le donne, 1999
d) Dichiarazione e Piano d'Azione della Conferenza mondiale sulle donne di Pechino, 1995