Provincia Autonoma di Trento, 15.01.2007



VIOLENZA E MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA: IL RAPPORTO TRANSCRIME SCARDINA I PREGIUDIZI

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO
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COMUNICATO STAMPA

VIOLENZA E MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA: IL RAPPORTO TRANSCRIME SCARDINA I PREGIUDIZI

Un'analisi dettagliata a livello locale, nazionale e internazionale della situazione e delle implicazioni della violenza in famiglia. Il ministro Bindi: "Vogliamo scommettere su una società che non lascia più sola la famiglia"
Trento, 15 gennaio 2007 - "Perché tanta violenza in una comunità che nasce nel nome dell'amore e della solidarietà? Qual è il confine tra affetto e abuso?" Questi interrogativi posti dal ministro per la famiglia Rosy Bindi hanno fatto da sfondo alla presentazione del rapporto Transcrime dedicato al tema "Violenze e Maltrattamenti in famiglia - problemi e rimedi possibili", che si è tenuta questa mattina in sala conferenze alla Facoltà di Economia dell'Università di Trento. Un rapporto, quello elaborato dal centro di ricerca dell'Università di Trento e dell'Università Cattolica di Milano su incarico della Provincia autonoma di Trento, che punta innanzitutto a scardinare alcuni pregiudizi sulle violenze in famiglia e a mitigare gli eccessi allarmistici che troppo spesso si riscontrano nell'opinione pubblica e nei mass media.
Il rapporto analizza le condizioni sociali, culturali ed economiche delle famiglie in cui si verificano casi di violenza o abuso, esamina nel dettaglio le varie forme di violenza (sindrome del bambino maltrattato, circolo dell'abuso, violenza assistita, violenza psicologica molestie, sindrome da alienazione parentale) e le conseguenze sul piano psichico e sociale ed elabora possibili strategie preventive.
Una preoccupante novità riguarda l'aumento degli episodi di violenza e maltrattamenti nei confronti degli anziani, nuove vittime insieme a donne e bambini dei reati che si consumano nell'ambiente familiare. Un altro punto su cui il rapporto si sofferma è la percezione diffusa nell'opinione pubblica dell'aumento della violenza nelle famiglie. A questo proposito, Isabella Merzagora Betsos dell'Università Statale di Milano, che questa mattina ha presentato il rapporto Transcrime, spiega che: "nell'indagine condotta sulle notizie pubblicate da un importante quotidiano nazionale tra il 1991 e il 2002, gli articoli che trattavano di omicidi in famiglia sono stati 396. Sulla scia della vicenda di Cogne, soltanto nel 2003 sono stati 135. Questo dimostra quanto i processi di comunicazione, con gli allarmismi ingiustificati che spesso creano, si discostino dalla realtà delle statistiche che evidenziano, invece, una situazione di sostanziale stabilità."
Un altro pregiudizio da sfatare è che l'aggressore sia uno sconosciuto o magari uno straniero. Secondo quanto emerge dal rapporto - commenta Merzagora Betsos - in Italia il 41% dei reati condotti su minori avviene in famiglia. Nella maggior parte dei casi, inoltre, la ragione delle violenze è da ricercarsi, più che in un raptus momentaneo, in una patologia culturale in cui autoritarismo e autorevolezza si confondono pericolosamente. Secondo un'indagine condotta
dall'UNICEF in 27 Paesi, nel 2003 sono stati 3.500 i bambini maltrattati e l'83% sono vittime degli stessi genitori". Gli aggressori, inoltre, non sono classificabili sotto la rassicurante etichetta del "diverso", dell'anormale sul piano psichico o sociale: si tratta per lo più, infatti, di soggetti assolutamente normali sotto il profilo psichiatrico.
Una situazione sostanzialmente stabile e tendente al positivo rispetto al panorama nazionale è quella del Trentino, con 9 omicidi in 5 anni (dal 2001 al 2005) e 637 episodi di violenza rilevati analizzati i fascicoli dei procedimenti passati in giudicato presso i tribunali di Trento e Rovereto. Persistono tuttavia alcuni pesanti fattori di rischio come l'alcolismo (troppo spesso simbolo di machismo), gli stereotipi culturali, l'omertà e la vergogna che spingono le vittime (soprattutto le donne) a non denunciare le aggressioni. La maggior parte dei casi riguarda coppie giovani con storie di separazioni alle spalle, mentre emerge anche nella nostra provincia il problema della violenza assistita (soprattutto abusi compiuti davanti a minori). Un aspetto positivo riguarda invece l'efficienza della magistratura trentina: più della metà dei casi passano in giudicato entro un anno, mentre la media italiana si attesta per il solo primo grado tra due o tre anni.
Ad aprire i lavori della mattinata è stato oggi il presidente della Provincia autonoma di Trento, Lorenzo Dellai. "Da tempo - ha detto - abbiamo avviato un ragionamento su questi temi, su fenomeni che generano allarme. È una strategia in atto da anni e che muove dalla percezione della sicurezza come bene e dalla consapevolezza che la sicurezza non si esaurisce certo nel controllo del territorio ma vive semmai di una nuova presenza nel territorio. Ci sono grandi cambiamenti in atto e per questo abbiamo scelto di conoscere, di capire i fenomeni, di coglierne le sfumature, al di là di troppo facili allarmismi. Contro la ricorrente tentazione di provvedimenti spot vogliamo invece dare continuità alla nostra azione. Il Rapporto Violenze e maltrattamenti in famiglia rappresenta il primo contributo di quella che, assieme a Transcrime, abbiamo deciso essere da quest'anno una nuova modalità di lettura delle problematiche relative alla sicurezza del nostro territorio. Accanto infatti all'analisi dei fenomeni e delle tendenze in Trentino in relazione anche al resto del territorio italiano e del nord Italia, attraverso l'Osservatorio sulla Sicurezza - affidato dalla Provincia autonoma di Trento a Transcrime (Università degli studi di Trento e Università Cattolica del S. Cuore di Milano) e ormai attivo dal 1998 - sarà dato spazio all'approfondimento di alcuni dei fenomeni che per la loro attualità sociale richiedono un approfondimento e un confronto a più dimensioni: locale, nazionale e internazionale. È estremamente significativo che oggi a presentare questo lavoro ci sia il ministro Bindi a cui sono state affidate le politiche familiari e che si è impegnata nella recente presentazione di un disegno di legge che mira a prevenire, sensibilizzare oltreché a reprimere le violenze e i maltrattamenti condotti in ambito familiare".
Alla presentazione del rapporto ha partecipato anche il rettore dell'Università di Trento, Davide Bassi. "L'atteggiamento dei mass media e dell'opinione pubblica nei confronti delle tematiche riguardanti la violenza e i maltrattamenti in ambito familiare - ha evidenziato nel suo intervento - oscillano tra l'indifferenza e trascuratezza da un lato, e l'eccessivo allarmismo dall'altro. Occorre abbandonare le soluzioni dettate dall'emotività e affrontare il problema con serietà, determinazione e costanza. Il rapporto redatto da Transcrime va proprio in questa direzione: analizza la dimensione locale, la mette in relazione con la dimensione internazionale, ne coglie limiti e opportunità di miglioramento. A garanzia che il rapporto non rimarrà un esercizio accademico fine a se stesso, vi è la stretta sinergia con la Provincia autonoma, che potrà utilizzare concretamente questo prezioso strumento nell'elaborazione delle future politiche sociali."
La presentazione del rapporto è stata l'occasione per fare il punto sull'attività di ricerca del centro che si svolge ormai da quasi dieci anni. "Dal 1998 Transcrime ha elaborato ogni anno un rapporto sulla sicurezza e sulla criminalità - spiega il direttore del centro, Ernesto Savona - ma da quest'anno abbiamo deciso di affiancare alla consueta indagine, che sarà presentata a breve,
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anche un approfondimento su una problematica di particolare rilievo. Per il primo volume (della nuova collana Approfondimenti) l'attenzione si è concentrata sulle violenze e i maltrattamenti nella sfera familiare, la cui incidenza è stata presa in esame sia a livello locale che nazionale, con interessanti confronti con la realtà europea e internazionale." Durante il suo intervento il professor Savona ha voluto ricordare il professor Gaetano De Leo dell'Università di Bergamo che ha contribuito alla stesura del rapporto, improvvisamente scomparso alcune settimane fa.
Prendersi carico della famiglia, sostenere il peso dell'educazione e della crescita di un contesto culturale positivo, integrare sensibilità e conoscenza per rendere più efficace l'impegno sociale: è questa secondo il ministro della famiglia Rosy Bindi la missione che tocca al Governo per combattere la piaga della violenza tra le mura di casa. Un problema delicato e sempre più sentito che ha portato il Consiglio dei Ministri ad approvare, lo scorso 22 dicembre, un disegno di legge per la sensibilizzazione, la prevenzione e la repressione di violenze, anche in ambito familiare. Un lavoro complesso, di cui il ministro oggi ha dato conto, che ha visto il coinvolgimento nella fase propositiva di tre ministeri: quello per i diritti e le pari opportunità, quello della giustizia, quello per le politiche della famiglia.
"La violenza in famiglia è un capitolo non marginale della politica che il Governo intende promuovere - ha sottolineato il ministro Bindi nel suo intervento -. Occorre inserirsi nel complesso contesto dell'animo umano e delle relazioni sociali: ma per fare questo non basta una legge. Tuttavia lo strumento normativo può essere utile per mettere in moto campagne di sensibilizzazione anche nelle scuole, negli istituti educativi di tutti i livelli, nei luoghi di lavoro, promuovendo un utilizzo corretto dei media e mettendo in campo azioni contro la discriminazione per far emergere le situazioni di abuso. Promuovere linee politiche per arginare la violenza in famiglia significa non limitarsi al momento riparatore affidato alla magistratura - ha aggiunto il ministro. Per questo motivo, nel decreto legge sono contenute, accanto alle misure per l'inasprimento delle pene per reati di questo tipo, anche interventi di più ampio respiro, come ad esempio misure contro la discriminazione di genere e progetti di sensibilizzazione, conoscenza, repressione e riabilitazione. Una particolare attenzione è riservata al tema della violenza che pervade l'intera famiglia, comprendendo anche gli aggressori, ai quali sono riservate misure volte alla graduale riabilitazione sociale. È necessario sviluppare un sistema di relazioni sociali e servizi intorno alla famiglia. Vogliamo scommettere su di una società che non lascia più sola la famiglia. Occorre promuovere e sostenere con nuove forme di incentivi il valore della disponibilità della persona all'interno della famiglia, intesa in termini di affetto e di tempo speso per l'educazione e la cura.
Il ministro ha annunciato per maggio l'apertura di una conferenza nella quale sarà presentato il piano programmatico per la famiglia. Un ampio spazio sarà riservato alla prevenzione, oltre che al recupero delle vittime e degli aggressori, alla formazione del personale sanitario, al sostegno ai centri antiviolenza, all'elaborazione di una carta della vittima, di nuovi strumenti giudiziari da applicare a nuove fattispecie di reati (persecuzione o adescamento).
I lavori del convegno sono proseguiti nella seconda parte della mattinata con l'intervento di Silvano Grisenti, assessore provinciale alle opere pubbliche, protezione civile e autonomie locali, che ha sottolineato quale sia stata in questi anni l'esperienza della Provincia autonoma di Trento. "L'intero governo provinciale è fortemente coinvolto e l'approccio che abbiamo scelto è quello del coinvolgimento diretto e continuo delle comunità locali. Sono i sindaci dei 223 Comuni del Trentino ad essere chiamato al delicato compito di dare sostanza a quel Sistema integrato della sicurezza che abbiamo varato nel 2005 e che ci deve vedere - concreti e consapevoli .- impegnati nel dare spazio, voce e dignità alle comunità locali, attraverso gli "sportelli" di aiuto, assistenza, orientamento che vorremmo non fossero solo "di assistenza" alle vittime ma piuttosto strumenti grazie ai quali far crescere l'accessibilità e la tutela dei diritti ed in particolare proprio di quei soggetti più spesso in situazione di fragilità: bambini, donne, anziani".
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A chiudere la mattinata l'intervento di Marta Dalmaso, assessore provinciale alle politiche sociali della Provincia autonoma di Trento. "L'esperienza di questi anni - ha detto - ci insegna che occuparsi di sicurezza sul territorio non è una cosa avulsa da quello che fanno i servizi sociali. E dunque quello che già esiste - e che vogliamo fortemente veder crescere - è una rete territoriale per la coesione sociale dove la gestione delle comunità locali è decisiva. Sviluppare questa rete vuol dire fare prevenzione, essere dinamici, mettere insieme il fattore sociale, quello sanitario e quello educativo. Per fare questo sono decisivi l'incontro con i servizi sociali sul territorio e il sistematico ricorso alla formazione permanente. Si tratta dunque di un lavoro che coinvolge più assessorati e che deve scaturire, a breve termine, nella realizzazione di un punto di lavoro permanente sulle violenze in famiglia. E nella direzione della sicurezza va anche il progetto "Scommettiamo sui giovani": un'altra faccia di quell'impegno sul fronte familiare la cui necessità ed urgenza sono state oggi ribadite proprio da questa intensa giornata di lavoro".
In allegato una sintesi dei principali contenuti del rapporto.

Fotoservizio Agf Bernardinatti e filmato Videoframe