Cass. pen. Sez. III1, 15.04.2008, n. 1



Sentenza

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPO Ernesto - Presidente
Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere
Dott. PETTI Ciro - Consigliere
Dott. GENTILE Mario - Consigliere
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
difensore di K.F., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza della corte d'appello di Torino del 12 giugno del 2007;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;
sentito il sostituto procuratore generale nella persona del dott. Gioacchino Izzo, il quale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
udito il difensore avv. Voti Antonio, il quale ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
letti il ricorso e l'ordinanza denunciata.
osserva quanto segue:
Svolgimento del processo

Con sentenza del 12 giugno del 2007, la corte di d'appello di Torino confermava quella pronunciata con il rito abbreviato dal giudice dell'udienza preliminare presso il medesimo tribunale il 29 settembre del 2006, con cui K.F. era stato condannato alla pena di anni tre di reclusione ed Euro 12.0000 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali, quale responsabile d'induzione alla prostituzione di S.M., minore degli anni 18, e V. L.; di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione delle medesime, nonchè dei reati di violenza privata violazione di domicilio e porto abusivo di un coltello. Fatti commessi in (OMISSIS).
La vicenda viene dai giudici del merito ricostruita nella maniera seguente.
Il (OMISSIS) una pattuglia della volante venne inviata dalla centrale operativa di (OMISSIS) di quella città dove una cittadina straniera aveva chiesto l'intervento della polizia. La richiedente, identificata nella persona di S. M.M., nata a (OMISSIS), munita del solo certificato di nascita rilasciato dalle autorità straniere, denunciò che nel mese di luglio precedente, tale M. A., convivente di K.F., recatasi presso i suoi genitori, li aveva convinti a farla emigrare in Italia dove avrebbe potuto trovare lavoro come badante di anziani. Precisò che con lei era partita anche la cugina V.L.. Giunte in Italia entrambe erano state indotte a prostituirsi ed a consegnare i proventi dell'attività al K., il quale tutte le sere le accompagnava sul luogo del meretricio occupandosi dell'approvvigionamento dei necessari profilattici e appostandosi nei pressi per controllare lo svolgimento dell'attività. Dopo tre settimane, a causa di un malore, il K. aveva concesso ad entrambe un giorno di riposo. La denunciante precisò che in quell'occasione era riuscita ad allontanarsi dall'abitazione di via (OMISSIS) ed a fare amicizia con tale C., il quale si era dichiarato disposto ad ospitare lei e la cugina. Acquista la disponibilità del predetto, dopo qualche giorno, lei e la cugina erano riuscite a fuggire e a nascondersi presso il predetto sennonchè qualche giorno dopo il K. le aveva localizzate nonostante si fossero rifugiate presso l'abitazione di un amico del C.. In proposito precisava che il giorno prima del fermo del K., uscita per andare a comprare il pane, era stata rintracciata dal predetto il quale minacciandola con un coltello era riuscito a farsi indicare il nascondiglio della cugina .La denunciante precisò che aveva trascorso quella notte insieme con la cugina nell'autovettura appartenente al fratello del K..
Durante la notte la cugina con uno stratagemma era fuggita mentre lei, dopo avere trascorso la mattinata ed il pomeriggio segregata nell'abitazione di via (OMISSIS), era riuscita a scappare ed a chiedere l'intervento della polizia. Questa, intervenuta sul luogo, fermò il K. trovato all'interno dell'abitazione Le dichiarazioni rese dalla S. furono ribadite nell'incidente probatorio.
Tanto premesso, la corte osservava che le dichiarazioni della parte offesa erano attendibili ed erano state riscontrate da elementi estrinseci, quali, ad esempio: l'indicazione dell'autovettura solitamente usata per accompagnarla sul luogo del meretricio,all'interno della quale gli inquirenti avevano rinvenuto profilattici ed abbigliamento femminile succinto;il sequestro del coltello utilizzato per la minaccia; le parziali ammissioni dello stesso imputato, il quale, per quanto riguardava la Luminista, aveva ammesso l'addebito; la circostanza che le ragazze erano state ospitate nell'abitazione del prevenuto; il fatto che quest'ultimo aveva ammesso di essersi recato nell'abitazione del C. per recuperare la L., sia pure negando le modalità violente. La corte precisava che le varie incongruenze sottolineate dalla difesa erano in realtà insussistenti.
Ricorre per cassazione l'imputato per mezzo del proprio difensore denunciando contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione per avere la corte ritenuto attendibile la testimonianza della persona offesa nonostante l'inverosimiglianza di alcuni particolari come ad esempio quello relativo al rinvenimento dei passaporti in occasione di una festa o l'aiuto chiesto ad un connazionale anzichè rivolgersi subito ai carabinieri o la definitiva fuga previa forzatura della serratura con un coltello.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile sotto diversi profili Anzitutto per l'aspecificità del motivo. Secondo l'orientamento di questa corte, si considerano generici i motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenuti infondate dal giudice del gravame. La mancanza di specificità del motivo invero deve essere apprezzata, non solo per la sua genericità, come indeterminatezza,ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità conducente a mente dell'art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c) all'inammissibilità (Cass. 18 settembre 1997 Aherntovic; Cass. 22 febbraio 2002, Palma).
Nella fattispecie il ricorrente ha riproposto questioni di fatto già puntualmente disattese dalla corte territoriale senza indicare i vizi del ragionamento del giudice censurato.
In secondo luogo è inammissibile perchè sotto l'apparente deduzione di carenze motivazionali in realtà si censura l'apprezzamento delle prove da parte dei giudici del merito. In proposito è opportuno premettere che anche a seguito delle modificazioni apportate all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) con la L. n. 46 del 2006, art. 8 l'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione continua ad avere un orizzonte circoscritto nel senso che non tutti i vizi di motivazione sono denunciabili in cassazione, ma solo quelli identificabili come mancanza di motivazione o illogicità della medesima nella quale anche prima della riforma era compresa la contraddittorietà della motivazione e, peraltro, non tutti i vizi identificabili come mancanza o illogicità della motivazione sono censurabili in sede di legittimità, ma solo quelli risultanti dal testo del provvedimento ovvero da atti processuali specificamente indicati dal ricorrente. La motivazione si considera mancante, non solo quando è completamente omessa, ma anche quando è apparente o priva di singoli momenti esplicativi sui temi sui quali deve vertere il giudizio. Si considera manifestamente illogica allorchè l'incoerenza è evidente ossia di spessore tale da risultare percepibile "ictu oculi", dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purchè siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici (Cfr. per tutte Cass. Sez. un 24 settembre 2003 n. 47289 Petrella). Nell'esercizio dello scrutinio di legittimità alla Corte è preclusa la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a base della decisione o la possibilità di sostituire ai criteri ed alle massime di esperienza utilizzati dal giudice di merito quelli propri perchè ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa ovvero quelli avanzati dal difensore ancorchè astrattamente plausibili. Queste operazioni trasformerebbero la corte in un giudice del fatto e le impedirebbero di svolgere la peculiare funzione assegnatale dal legislatore di organo deputato a controllare che la motivazione adottata dai giudici di merito rispetti sempre uno standard d'intrinseca razionalità e di capacità di rappresentare e spiegare l'iter argomentativo seguito dal giudice per giungere alla decisione (cfr. Cass. n 14054 del 2006;
20344 del 2006). Il vizio d'illogicità della motivazione per travisamento della prova sussiste solo quando il giudice abbia omesso di valutare una prova decisiva ovvero quando l'abbia valutata in modo incontrovertibilmente opposto all'evidenza e non già quando l'abbia valutata in modo diverso rispetto a quanto invocato dal difensore (Cass. n 25117 del 2006). In definitiva non è sufficiente che gli atti indicati dal ricorrente siano contrastanti con le valutazioni del giudice o siano astrattamente idonei a fondare una ricostruzione più persuasiva di quella propria del giudice, ma è indispensabile che siano dotati di una forza esplicativa o dimostrativa tale da disarticolare l'intero ragionamento svolto dal giudicante. In definitiva l'elemento rilevante per distinguere il doveroso controllo di legalità devoluto alla cassazione dal terzo esame di merito non consentito è costituito dalla finalità della lettura sollecitata con il ricorso: se questa è rivolta a verificare il rispetto di precise norme processuali in materia di valutazione della prova o di adeguatezza della motivazione si rimane nell'ambito del controllo di legittimità della giustificazione probatoria; se invece è diretta a fare emerge una verità storica diversa da quella accreditata dalla sentenza si risolve in un terzo esame del merito non consentito.
Nella fattispecie il ricorrente si è limitato ad evidenziare presunte contraddizioni o inverosimiglianze del racconto della S. per farne discendere l'inattendibilità della parte offesa. In proposito la corte, come evidenziato nella parte narrativa del fatto, ha fornito una versione plausibile alle apparenti inverosimiglianze di alcune circostanze riferite dalla teste, le quali peraltro non riguardano gli elementi essenziali del fatto, ossia l'induzione alla prostituzione ed il favoreggiamento e sfruttamento della stessa.
Siffatte condotte, come risulta dalla sentenza impugnata, sono state inequivocabilmente confermate da riscontri estrinseci evidenziati dai giudici del merito ed in particolare dalle stesse parziali ammissioni del prevenuto, per quanto concerne i reati commessi in danno della Luminista, nonchè dal fatto che il K. si era premurato di recuperare le due ragazze presso l'abitazione del Ko. dove le stesse si erano rifugiate; dal rinvenimento dei profilattici e di abiti femminili succinti nell'autovettura utilizzata per accompagnare le ragazze Dall'inammissibilità del ricorso discende l'obbligo di pagare le spese processuali e di versare in favore della Cassa delle ammende una somma che stimasi equo determinare in Euro mille.

P.Q.M.

La Corte Letto l'art. 616 c.p.p..
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 12 marzo 2008

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2008