App. Milano sez. II pen., 02.04. 2008



Sentenza

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D'APPELLO DI MILANO
SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dai Signori:
1. Dott. FRANCESCO NESE - Presidente -
2. Dott. SERGIO PICCINNI LEOPARDI - Consigliere rel. -
3. Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa del Pubblico Ministero
contro
LA.MA.FA.
APPELLANTE - LIBERO CONTUMACE
domicilio eletto CESANO BOSCONE - C/O AVV. AN.PA.
Imputato di: ARTT. 81 CPV. C.P., 81-581-594-610 C.P., 582-585 C.P.
Difeso da: Avv. ANTONIA PARISOTTO Foro di CESANO BOSCONE
Svolgimento del processo

Con sentenza emessa in data 6.7.06 (dep, 14.10.06) il Tribunale di Milano, composizione monocratica, condannava LA.MA.FA. alla pena di mesi 10 recl. (pena sospesa) per i resiti di cui agli artt. 5825 581,594,610 c.p., così diversamente qualificato il reato di cui all'art. 629 c.p..
L'imputato, con violenza, minaccia, percosse, ingiurie costringeva la madre RI.AN., il padre LA.MA.AN., la sorella LA.MA.IR. a consegnargli, quasi quotidianamente, somme di danaro, minacciandoli di morte qualora si fossero rifiutati. L'episodio di lesioni, ai danni della sorella, avveniva in data 25.4.02, allorché l'imputato, con un coltello, inveiva contro la. stessa, spingendola per terra, facendole battere più volte la testa, cercando di colpirla con un coltello. In ordine a tale episodio, il teste GA., brigadiere dei Carabinieri, riferiva di essersi recato sul posto, di avere visto una ragazza distesa per terra, di aver chiamato una autoambulanza. Le certificazioni, mediche evidenziavano contusioni escoriative su mani, braccia, ferite, il tutto guaribile in giorni 5, con proposizione di rituale querela.
L'istruttoria espletata, pur confermando il verificarsi di percosse, minacce, ingiurie, da parte dell'imputato, nei confronti del padre, madre e sorella, non evidenziava un diretto collegamento tra le condotte e le richieste di danaro, nei termini di cui all'art. 629 c.p.: il riferimento per ottenere danaro risultava generico, gli episodi sembravano non collegati tra loro, ma segni del più generale conflitto intrafamiliare, senza quella stretta connessione con la richiesta di danaro.
Venivano concesse le attenuanti generiche per la incensuratezza, equivalenti alla aggravante contestata.
Con atti in data 20.12.06 proponeva appello il difensore dell'imputato, rilevando:
a) Nullità della sentenza per difetto di contestazione ex art. 522 c.p.: deve ritenersi violato il principio di correlazione tra accusa e sentenza, a seguito della riqualificazione del reato, non essendo il fatto rimasto identico per condotta, evento, elemento psicologico, con riferimento ai reati di ingiuria e percosse
b) assoluzione perché il fatto non sussiste, anche ai sensi dell'art. 530 cpv c.p.p.: la responsabilità dell'imputato veniva affermata soltanto sulla scorta delle denunce presentate dai familiari, che non hanno avuto alcun riscontro concreto (la madre non veniva sentita, il padre riferiva di riportarsi alla denuncia, mentre la sorella rilasciava dichiarazioni contraddittorie
c) concedersi le attenuanti generiche con valutazione di prevalenza anche per il comportamento processuale dell'imputato
d) rinnovarsi l'istruttoria dibattimentale al fine di accertare la capacità di intendere e di volere dell'imputato

Motivi della decisione

Ritiene la Corte che la sentenza di primo grado debba essere confermata.
a) Nullità della sentenza per diletto di contestazione ex art. 522 c.p.: deve ritenersi violato, secondo il difensore appellante, il principio di correlazione tra accusa e sentenza, a seguito della riqualificazione del reato, non essendo il fatto rimasto identico per condotta, evento, elemento psicologico, con riferimento ai reati di ingiuria e percosse. Il motivo non può essere accolto. Il primo giudice, con ampia e esauriente motivazione, non ravvisava sussistere gli estremi del reato di estorsione ex art. 629 cp, inquadrando le minacce, gli insulti, le percossele richieste di danaro nell'ambito di un più generale conflitto intrafamiliare, nel quale l'odierno imputato si sentiva più che altro emarginato e rifiutato, incapace e impossibilitato, per motivi di personalità e carattere, a integrarsi nel medesimo ambiente.
In tema di correlazione tra accusa e sentenza, "non sussiste violazione..quando, nella contestazione, considerata nella sua interezza, siano contenuti gli stessi elementi del fatto costitutivo del reato ritenuto in sentenza. L'immutazione si verifica solo quando si sia realizzata, una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei. contenuti essenziali dell'addebito nei confronti dell'imputato, posto, così, a sorpresa, di fronte ad un fatto del tutto nuovo, senza avere avuto nessuna possibilità di effettiva difesa" (Cass. II 28.1.97)
"In tema di correlazione tra sentenza ed accusa contestata, il giudice può dare al fatto una diversa qualificazione giuridica, senza incorrere nella violazione dell'obbligo della correlazione, solo a condizione che il fatto storico addebitato rimanga identico, in riferimento al triplice elemento della condotta, dell'evento e dell'elemento psicologico dell'autore" (Cass. I 12.3.96)
Nella fattispecie odierna, deve condividersi la diversa qualificazione giuridica attribuita al fatto, dal momento che gli elementi costitutivi del reato appaiono lontani dalla originaria imputazione di estorsione ex art. 629 cp., in cui il danno, che il soggetto passivo della violenza subisce in seguito alla imposizione, deve essere un danno patrimoniale, trattandosi di delitto contro il patrimonio. Nella condotta contestata all'odierno imputato non è riscontrabile, in misura evidente, alcun danno patrimoniale, nei confronti dei familiari, trattandosi di diverse condotte finalistiche, di diversi beni aggrediti, di diverse attività materiali. Non può ritenersi realizzato alcun reato contro il patrimonio, dovendo i comportamenti contestati inquadrarsi nell'ambito dei reati contro la incolumità personale (lesioni e percosse), contro la libertà morale (minaccia), contro l'onore (ingiuria).
Nessuna violazione del diritto di difesa deve ritenersi realizzata, dal momento che le condotte contestate sono rimaste immutate nella loro materialità concreta, non essendo ravvisabile alcun fatto diverso o fatto nuovo ex artt. 521,522 cpp
b) assoluzione perché il fatto non sussiste, anche ai sensi dell'art. 530 cpv c.p.p.: la responsabilità dell'imputato, secondo il difensore appellante, veniva affermata soltanto sulla scorta delle denunce presentate dai familiari, che non avrebbero avuto alcun riscontro concreto (la madre non veniva sentita, il padre riferiva di riportarsi alla denuncia, mentre la sorella rilasciava dichiarazioni contraddittorie)
Il motivo non è fondato e non può essere accolto.
In ordine all'episodio avvenuto in data 25.4.02, la denuncia - querela della sorella LA.MA.IR., che riferiva di essere stata minacciata e picchiata dal fratello si presenta analitica e precisa, non sussistendo motivi per dubitare della stessa. Il racconto della persona offesa risulta indirettamente confermato dalle deposizioni dei testi AN. e GA. e dalla certificazione medica dell'Ospedale San Donato Milanese, ove venivano riscontrate contusioni escoriative multiple, ferita in regione parietale, trauma cranico non commotivo.
Non sussistono i dubbi profilati dal difensore appellante in ordine alle dichiarazioni rese dal padre LA.MA.AN., del quale è comprensibile, anche per le condizioni di salute, la sofferenza nel rendere testimonianza contro il figlio e la volontà di non ritirare la denuncia, che veniva, quindi, confermata.
Le dichiarazioni rese dal padre LA.MA.AN. e dalla sorella LA.MA.IR. non venivano contraddette dalla deposizione del fratello LA.MA.VI., il quale riferiva di non avere mai assistito a richieste di danaro, da parte dell'imputato, né di averlo mai visto picchiare i familiari, dal momento che tali ultime dichiarazioni erano relative al periodo in cui il teste viveva ancora in famiglia e, quindi, ad un'epoca precedente l'anno 2000, essendosi, invece, gli episodi violenti realizzati in epoca successiva
c) concedersi le attenuanti generiche con valutazione di prevalenza anche per il comportamento processuale dell'imputato. Il motivo non può essere accolto. Non sussiste alcun elemento di contenuto positivo per la invocata valutazione di prevalenza delle già concesse circostanze attenuanti generiche. Non può farsi riferimento al dedotto comportamento processuale, avendo l'imputato, pur rendendo dichiarazioni, negato ogni addebito, senza fornire alcun chiarimento processuale, né può farsi riferimento nuovamente alla incensuratezza, già considerata dal primo giudice a sostegno della concessione del beneficio. Peraltro, in senso negativo, la pretesa incensuratezza non è poi tale, come ritenuto dal primo giudice, essendo risultata, sul certificato penale aggiornato, una condanna per furto commesso in data 8.4.03, con sospensione condizionale della pena.
d) rinnovarsi l'istruttoria dibattimentale al fine, di accertare la capacità di intendere e di volere dell'imputato. Il motivo non può essere accolto. Non è infatti emersa, nel corso del dibattimento ed in epoca precedente, una situazione patologica dell'imputato tale da profilare neppure lontanamente la eventuale riduzione della sua capacità di intendere e di volere. La difesa appellante riferisce di aver richiesto, in precedenza, l'espletamento di idoneo accertamento, ma anche dall'esame dibattimentale dell'imputato non sussiste alcun motivo per sospettare che lo stesso, all'epoca dei fatti, fosse più o meno incapace di intendere e di volere, sussistendo, sotto tale aspetto, un evidente onere probatorio di allegazione, non assolto
La sentenza di primo grado deve, pertanto, essere confermata, con conseguente condanna alle spese dell'ulteriore grado di giudizio.


P.Q.M.

Visti gli artt. 592, 605 c.p.p.
CONFERMA
la sentenza del Tribunale di MILANO emessa in data 6.7.06 nei confronti di LA.MA.FA., dallo stesso appellata
CONDANNA
l'appellante alle ulteriori spese del grado.

Così deciso in Milano il 31 marzo 2008.

Depositata in Cancelleria il 2 aprile 2008.