Cass. civ. Sez. I, 15.01.2007, n. 625



Sentenza

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Presidente
Dott. MORELLI Mario Rosario - Consigliere
Dott. FELICETTI Francesco - Consigliere
Dott. DEL CORE Sergio - Consigliere
Dott. GIANCOLA Maria Cristina - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
S.L., elettivamente domiciliato in ROMA VIA G. G. BELLI 27, presso l'avvocato PAOLO MEREU, rappresentato e difeso dall'avvocato MEREU MASSIMO, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
A.S.;
- intimata -
avverso il decreto del Tribunale di FIRENZE, depositato il 15/07/02;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/11/2006 dal Consigliere Dott. Maria Cristina GIANCOLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CALIENDO Giacomo, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo

Con decreto del 14-16.05.2002, in accoglimento del ricorso proposto a norma degli artt. 342 bis e ter c.c. e art. 736 bis c.p.c., da A.S. nei confronti del coniuge S.L., il giudice designato presso il Tribunale di Firenze ordinava allo S. di cessare ogni condotta pregiudizievole per l'integrità della moglie e del figlio minore, ne disponeva l'allontanamento dall'abitazione familiare, gli inibiva di avvicinarsi all'abitazione ed al luogo di lavoro della moglie, nonchè all'abitazione dei suoceri, e poneva a carico del medesimo il contributo di Euro 400,00 mensili per il mantenimento del figlio.
Con decreto depositato il 15.07.2002, decidendo sul reclamo proposto ex art. 736 bis c.p.c. dallo S., il Tribunale di Firenze confermava il provvedimento impugnato ad eccezione della statuizione impositiva del contributo per il mantenimento del figlio minorenne, che veniva revocata. Il Tribunale osservava e riteneva tra l'altro e per quanto rileva in questa sede:
1. che il ricorso introduttivo con il pedissequo decreto di fissazione al 14.05.2002, dell'udienza di comparizione delle parti nella prima fase del procedimento, nella quale lo S. non si era presentato nè costituito, erano stati al medesimo notificati sia in data 9.05.2002, ai sensi dell'art. 140 c.p.c., presso il luogo di sua residenza costituito dall'abitazione familiare (in (OMISSIS)) e sia, ai sensi dell'art. 149 c.p.c., presso la residenza di sua madre (in (OMISSIS)), la quale aveva ritirato l'atto il 10.05.2002;
2. che la notificazione allo S. del ricorso e del decreto di convocazione era stata regolare in quanto, sebbene la notificazione avvenuta presso la residenza materna, ove il destinatario asseriva di avere reale dimora, fosse stata tardiva rispetto al termine del 9.05.2002 fissato per l'incombente, risultava, invece, tempestiva la notificazione precedentemente avvenuta presso il luogo di residenza anagrafica del medesimo;
3. nel merito, che fossero inammissibili le istanze istruttorie formulate dal reclamante e le produzioni documentali effettuate dalla medesima parte, rimasta contumace nella prima fase del procedimento;
4. che potesse ritenersi dimostrato l'episodio di lesioni addebitato allo S. in danno della A..
Avverso questo provvedimento, con atto notificato il 14.10.2003, lo S. ha proposto ricorso per Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., fondato su un unico motivo. L'intimata non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

Con l'unico motivo il ricorrente denunzia "Art. 360 c.p.c., punto 4:
Nullità del procedimento per violazione delle norme processuali che regolano la notificazione degli atti giudiziari e l'instaurazione del contraddittorio".
Si duole che in violazione del principio del contraddittorio e del suo diritto di difesa, sia stata ritenuta rituale la notificazione del ricorso introduttivo e del relativo decreto di convocazione delle parti, attuata dalla A. presso la casa coniugale, nonostante che alla stessa fosse noto il suo diverso luogo di effettiva residenza e domicilio, luogo in cui la notificazione era, invece, tardivamente avvenuta rispetto al termine del 9.05.2002, assegnato per la notificazione degli atti in rapporto all'udienza del 14.05.2002, fissata per la comparizione delle parti dal giudice designato.
Il ricorso è inammissibile.
Giova osservare che nella specie lo S. ha ricevuto due notificazioni degli atti introduttivi, che la seconda notificazione era valida sebbene tardiva rispetto al termine assegnato per l'incombente e che la fase del reclamo si è svolta ad iniziativa del medesimo ricorrente, rimasto in precedenza contumace; pertanto il provvedimento impugnato non si palesa adottato "inaudita altera parte" e, quindi, abnorme, ma emesso in contraddittorio con detta parte, seppure non rimessa in termini quanto al compimento di attività istruttoria.
Ciò premesso, secondo il condiviso orientamento di questa Corte (Cass. 2005/208) "In tema di ordini di protezione contro gli abusi familiari nei casi di cui all'art. 342 bis cod. civ., il decreto motivato emesso dal tribunale in sede di reclamo con cui si accolga o si rigetti l'istanza di concessione della misura cautelare dell'allontanamento dalla casa familiare non è impugnabile per cassazione nè con ricorso ordinario - stante l'espressa previsione di non impugnabilità contenuta nell'art. 736 bis cod. proc. civ., introdotto dalla L. 4 aprile 2001, n. 154, art. 3 (Misure contro la violenza nelle relazioni familiari) -, nè con ricorso straordinario ai sensi dell'art. 111 Cost., giacchè detto decreto difetta dei requisiti della decisorietà e della definitività". A tale ultimo riguardo va ribadito che:
- per l'ammissibilità del ricorso ai sensi dell'art. 111 Cost. "non è sufficiente che il provvedimento abbia inciso su diritti soggettivi ... ma occorre che esso abbia deciso una controversia su diritti soggettivi con attitudine al giudicato o quanto meno con attitudine "pro iudicato";
- che il decreto di concessione dell'ordine di protezione contro gli abusi familiari non ha le indicate caratteristiche, posto che ha una durata temporanea che non può superare il limite massimo di sei mesi, prorogabile solo per gravi motivi (art. 2, legge citata), perde di efficacia qualora nel procedimento personale di separazione personale dei coniugi, di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio siano pronunziati i provvedimenti provvisori previsti rispettivamente dall'art. 708 c.p.c. e dalla L. n. 898 del 1970, art. 4 ed è volto a tutelare non interessi individuali ma l'interesse sociale alla tranquillità delle famiglie;
- che in ipotesi di diniego della invocata misura protettiva, nessuna norma preclude la reiterazione della istanza di adozione dei provvedimenti di cui all'art. 342 ter c.c..
Non deve provvedersi sulle spese del giudizio di Cassazione, stante la soccombenza del ricorrente e il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell'intimata vittoriosa.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 21 novembre 2006.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2007