Cass. pen., 09.06.1983



Massima

Nello schema del delitto di maltrattamenti in famiglia rientrano non soltanto le percosse, le minacce, le ingiurie e le privazioni imposte alla vittima, ma anche gli atti di scherno, di disprezzo, di umiliazione, di vilipendio e di asservimento che cagionano durevole sofferenza morale; fra tali ultimi atti che consistono in sofferenze morali vere e proprie debbono farsi rientrare anche i tentativi e le azioni diretti ad ottenere pratiche sessuali contro natura, sempre s'intende che essi atti non realizzino, per difetto di un qualche elemento, le ipotesi delittuose di cui agli art. 519 e 521 c. p. p. e sempreché essi si rivelino come manifestazioni consapevoli di recare o produrre nella vittima offesa, disprezzo, umiliazione, vilipendi o asservimento e che la vittima stessa finisca per subirli al di fuori e al di là di uno specifico fatto di violenza, ma nell'ambito delle complessive sofferenze infertegli.