Dario Colasanti, La nozione di danno...



LA NOZIONE DI DANNO NON PATRIMONIALE CON  RIFERIMENTO ALLE ALTERAZIONI DELLE RELAZIONI  FAMILIARI PER EFFETTO DELL'ALTRUI ILLECITO

  
LA NOZIONE DI DANNO NON PATRIMONIALE CON
RIFERIMENTO ALLE ALTERAZIONI DELLE RELAZIONI
FAMILIARI PER EFFETTO DELL'ALTRUI ILLECITO.


di Dario Colasanti 


Gli incidenti che menomano gravemente le condizioni psicofisiche di una persona e quelli che ne cagionano addirittura la morte, non colpiscono  esclusivamente la vita della cosiddetta vittima primaria, cioè quella che direttamente  patisce le conseguenze dell'illecito, ma sono destinati a ripercuotersi su una serie più  o meno ampia di vittime cosiddette secondarie, in primis i familiari più stretti del  danneggiato.
Costoro possono subire di riflesso notevoli conseguenze negative sul piano  economico, dalla perdita della fonte di reddito rappresentata dal congiunto, alle spese  di cura ed assistenza o delle esequie, alla diminuzione della propria capacità  lavorativa per dover badare al parente divenuto incapace.
Ma in tali tristi vicende possono essere ravvisati pregiudizi altrettanto gravi,  che debordano l'arido computo delle valutazioni prettamente patrimoniali: coloro che  sono strettamente legati alla vittima primaria da vincoli affettivi sono di regola  esposti a dilanianti sofferenze interiori, nonché all'eventualità di shock emotivi che  possono provocare patologie di tipo psichico (ad esempio depressioni) o addirittura  fisico (ad esempio infarto da crepacuore).  
Soprattutto, in questi tragici casi, i componenti della compagine familiare  vedono irrimediabilmente sconvolta la propria esistenza, data l'impossibilità di  continuare il normale rapporto che intercorreva con il congiunto defunto o divenuto  invalido, con evidenti ricadute sul piano della serena conduzione della vita familiare  ed anche sulle relazioni con i terzi.
All'originaria sordità dell'Ordinamento di fronte alle istanze di ristoro per i  pregiudizi di carattere non patrimoniale, provenienti dalle persone strettamente legate  alla vittima primaria, causata dall'interpretazione restrittiva di alcune disposizioni del  sistema dell'illecito civile, si è contrapposta una lenta, e non sempre lineare,  evoluzione giurisprudenziale che, anche grazie al fondamentale apporto della  dottrina, è giunta ad assicurare il risarcimento, trovando piena compiutezza nel  riconoscimento del cosiddetto danno esistenziale.
Appare dunque opportuno illustrare l'assetto tradizionale in quanto solo così è  possibile cogliere appieno il significato della svolta avvenuta con le famose sentenze  "gemelle" della Corte di Cassazione del maggio 2003.

1) LE RAGIONI DELL'ESCLUSIONE. La disciplina codicistica, con l'espressa  limitazione della risarcibilità del danno non patrimoniale di cui all'articolo 2059 Cc,  dotava di ineccepibile base giuridica l'opinione prevalsa in epoca fascista1, volta  relegare i pregiudizi non direttamente valutabili sul piano economico nell'ambito del giuridicamente irrilevante2. In quest'ottica il danno non patrimoniale era fatto  coincidere con il danno morale soggettivo derivante da reato (articolo 185 Cp), cui  era ascritta una funzione sanzionatoria e non risarcitoria. Lo stesso danno biologico,  inteso come lesione dell'integrità psicofisica, veniva liquidato solo alla stregua di  danno patrimoniale, attraverso l'interpretazione costituzionalmente orientata  dell'articolo 2043 Cc3
a) L'IRRISARCIBILITÀ DEI DANNI RIFLESSI. In questo quadro disciplinare  nessun danno morale o biologico era riconosciuto alle vittime secondarie in quanto la  rigorosa interpretazione delle norme che configurano gli elementi dell'illecito  aquiliano conduceva ad escluderlo: si trattava infatti di cosiddetti danni indiretti o  riflessi o da rimbalzo, cioè cagionati solo per interposta persona e perciò irrilevanti4.
Il danno da rimbalzo, infatti, non rientra nell'ambito dal danno risarcibile ai  sensi dell'articolo 1223 Cc, per cui rilevano esclusivamente le conseguenze  immediate e dirette dell'illecito.

1 Sezioni unite 20 ottobre 1924, in Giur. it. 1924, I, 1, 952.
2 In questo senso la stessa relazione del Guardasigilli al Codice.
3 Corte Costituzionale 184/86.
4 Per un ampio quadro delle obiezioni dell'impostazione tradizionale alla categoria dei danni riflessi, nonché della  evoluzione giurisprudenziale e dottrinale che ha consentito di superare il limite vedi Caringella, "Studi di diritto civile",  Milano, , 2005, I pp. 187 e seguenti  
 
Altra importante critica riguarda l'assenza di prevedibilità, e quindi di colpa, che impedisce di attribuire sul piano soggettivo la responsabilità al danneggiante alla stregua dell'articolo 2043 Cc
Con specifico riferimento alla risarcibilità del danno morale, connotato dalla finalità sanzionatoria, è stato notato che ammettere il risarcimento della sofferenza  interiore, provocata dal reato, non solo in capo alla persona offesa, ma anche in capo  ai suoi congiunti, significherebbe consentire una duplicazione della pena inflitta per il  medesimo illecito.
b) INCONFIGURABILITÀ DI UN DANNO DIRETTO. La rigida alternativa in campo  non patrimoniale tra danno biologico e danno morale non lasciava spazio all'ulteriore  tipologia di pregiudizio che il familiare subisce in via immediata a seguito  dell'incidente, rappresentato dallo sconvolgimento della vita familiare. Un tale tipo di  pregiudizio, estraneo alla necessità di prova medico-legale o della configurabilità di  un reato, e avulso dalle obbiezioni ai danni riflessi, era totalmente ignorato dalla  giurisprudenza, per essere ipotizzato da certa dottrina5 agli inizi degli anni ‘90.  
c) IRRISORIETÀ DEL DANNO JURE HEREDITATIS. Se possibile un tale quadro di  assoluta insensibilità veniva aggravato dalla totale pressoché negazione di un danno  non patrimoniale jure hereditatis in caso di morte immediata della vittima, data  l'esclusione della risarcibilità del danno tanatologico6 e l'eventuale liquidazione del  danno biologico in caso di breve sopravvivenza sulla base delle tabelle dell'invalidità  temporanea7.

2) LE APERTURE DELLA GIURISPRUDENZA. Lentamente la giurisprudenza  si è emancipata dagli illustrati vincoli giungendo per vie diverse, a volte parallele ed  incompatibili, altre volte complementari e conciliabili, ad attribuire rilievo ai  patimenti dei congiunti.
a) RICONOSCIMENTO DEL DANNO MORALE RIFLESSO. Parte della  giurisprudenza ha cercato di scardinare l'assunto dell'irrisarcibilità dei danni morali  

                                         
5 Ad esempio Cendon-Ziviv, "il danno esistenziale", in "Le nuove voci della responsabilità civile", Milano, 1992.
6 L'atteggiamento negazionista trova fondamento soprattutto su Corte costituzionale 372/94.
7 Questo orientamento dei tribunali di merito è oggi criticato in Cassazione, sin dalla sentenza 11003/03, propendendosi  per l'appesantimento dei risarcimenti del cosiddetto danno terminale (da ultimo Cassazione 18163/07).   
 
ai congiunti, notando come l'interpretazione ormai pacifica dell'articolo 1223 Cc  ammette la risarcibilità delle conseguenze dannose anche mediate ed indirette, purché  si presentino come effetto normale della lesione, secondo il principio della regolarità  causale. Si supera, così, la lettera del Codice, accogliendo la cosiddetta teoria della causalità adeguata. In ogni caso, nell'ipotesi di morte della vittima primaria  dell'illecito, il venir meno del soggetto leso in via principale avrebbe dovuto  escludere la natura indiretta del danno8. Dalla qualificazione del danno morale come  mera conseguenza dannosa deriva l'irrilevanza del requisito soggettivo della colpa  (infatti l'articolo 1225 Cc dà rilevanza a qualsiasi conseguenza dannosa, anche
imprevedibile).
L'approdo del 2002. Tale linea di tendenza ha ricevuto la sua definitiva  consacrazione con l'intervento delle Sezioni unite9, che ha affermato in via generale  la risarcibilità del danno morale riflesso anche in caso di sopravvivenza del  congiunto.
Il ristoro di tale voce di danno presupponeva comunque sempre la  configurabilità di un reato nei confronti della vittima primaria, con conseguente  esclusione nelle ipotesi di responsabilità presunta (ad esempio articolo 2051 Cc) o per  colpa presunta (ad esempio articolo 2054, secondo comma Cc).
La valorizzazione del danno morale oltre la sofferenza. L'indirizzo  favorevole alla liquidazione di questa posta risarcitoria ai congiunti ha generalmente  ampliato il ristoro al di là della mera sofferenza transeunte10.
Accogliendo una concezione sempre più spiccatamente risarcitoria dell'istituto,  i metri di quantificazione del danno non sono stati rinvenuti tanto nella colpevolezza  del reo e nella gravità del fatto, quanto invece nelle ripercussioni esistenziali  dell'illecito sull'esistenza della vittima come fonti di patimenti. Di conseguenza si è

8 Così la giurisprudenza assolutamente prevalente liquidava in questa ipotesi (ma non in quella di sopravvivenza del  familiare gravemente menomato) il danno morale senza problemi (ad esempio Cassazione 4169/88).
9 Sentenza 9556/02.
10 Alla base di questa interpretazione vi è l'impostazione per cui gli ambiti ipotizzabili di danno alla persona sarebbero  solamente due: quello dell'integrità psicofisica e quello dell'integrità morale. Lo sconvolgimento dell'esistenza, terreno,  come si vedrà, del danno esistenziale, non sarebbe risarcibile di per sé, ma solo in quanto fonte di sofferenza interiore,  rilevando come parametro del danno morale. Non avrebbe senso affermare che il danno morale è meramente  contingente o distinguere tra la sofferenza immediata e quella a lungo termine. Esiste un solo tipo di sofferenza, che viene generata dalle rinunce provocate dall'illecito ed è destinata a protrarsi più o meno lungamente nel tempo. Di  conseguenza cumulare il danno esistenziale al danno morale darebbe origine ad ingiustificate duplicazioni. 
  
registrato un tendenziale aumento dei risarcimenti ai congiunti effettuati sotto tale  voce11.
Esigenza di superare il limite dell'illiceità penale. Molte perplessità nel  frattempo erano sorte riguardo alla subordinazione del ristoro di tale tipologia di  danni all'integrazione di una fattispecie di reato ed al suo concreto accertamento. In  sua assenza la sofferenza interiore dei familiari e lo sconvolgimento esistenziale da  cui i patimenti dipendono non potevano essere risarciti. Una tale preclusione,  derivante dall'articolo 2059 Cc, ha suscitato i dubbi di illegittimità costituzionale del  Tribunale di Roma, che ha rimesso la questione alla Corte costituzionale con  ordinanza del 7 marzo 200212.
b) RICONOSCIMENTO DEL DANNO BIOLOGICO RIFLESSO. I primi spiragli a  favore del superamento della barriera al risarcimento del danno riflesso, con  riferimento alla lesione del diritto alla salute possono ravvisarsi nella famosa sentenza  della Corte Costituzionale n. 372 del 1994 che, pur escludendo la risarcibilità del  danno biologico riflesso ai sensi dell'articolo 2043 Cc, per assenza di prevedibilità  dell'evento, ha comunque accordato il ristoro del danno biologico riflesso, tramite  l'applicazione dell'articolo 2059 Cc
La somatizzazione del danno morale. Se in caso di omicidio della vittima  primaria è risarcibile il danno morale ai prossimi congiunti sulla base di un mero  nesso di regolarità causale, allora, qualora la sofferenza interiore sia talmente forte da  degenerare in patologia psichica o addirittura fisica (cosiddetta somatizzazione della  sofferenza), deve essere risarcito anche il danno alla salute, così generatosi, a  prescindere dalla sua prevedibilità.
Successivamente la Corte di Cassazione13, ripudiando l'involuta soluzione della  Corte Costituzionale, si è orientata ad ammettere il risarcimento alla stregua  dell'articolo 2043 Cc Il requisito della prevedibilità dell'evento dannoso e quindi

11 Ad esempio il Tribunale di Roma nel 1996 ha provveduto a rivedere le proprie tabelle verso l'alto, proprio al fine di  inglobare le ricadute esistenziale del decesso della vittima primaria (così espressamente Tribunale di Roma, sez. XIII, la  sentenza del 23 gennaio 2004 in D&G on line, pubblicata in data 11/02/2004).
12 Tale ordinanza è commentata da Barenghi, in Corr. Giur. 2002, n. 10. Per un'ampia disamina dei tentativi per superare il limite dell'accertamento del reato in concreto sia consentito rinviare a Colasanti, "Lo studio e la redazione  del parere di diritto civile", Rimini, 2006, p. 90.
13 Vedi ad esempio Cassazione 8305/96, 8978/98, 1516/01 
 
della colpa è stato affermato sulla base della constatazione che "il conducente  spericolato ben può prevedere che la vittima sia un padre o una madre di famiglia e  che, dunque, le conseguenze della lesione alla vittima primaria possano essere  plurioffensive" (così esplicitamente Cassazione 1516/01).
La lesione del diritto alla salute. Il risarcimento del danno biologico da  rimbalzo comunque non poteva essere totalmente esaustivo, escludendo il ristoro  nelle ipotesi in cui è assente l'accertamento medico legale di una patologia, nonché  negando rilevo alle ripercussioni negative sulla vita del familiare non strettamente
riconducibili alla lesione dell'integrità fisica.
Per questo parte della dottrina14 e della giurisprudenza15, ha coniato una nozione  allargata di danno biologico, che più che fondarsi sulla lesione dell'integrità fisica, trovava la propria origine nel vulnus di una nozione estesa di salute. Sulla base della  generica definizione dettata dall'OMS è stata data rilevanza ad ogni causa di  turbamento del benessere fisico e psichico dell'individuo, tra cui quindi anche il  disagio esistenziale derivante dalla perdita del familiare. In questo modo il danno  biologico perdeva la propria caratteristica di danno "a prova vincolata" e si spingeva  ad assicurare il risarcimento di tutte le conseguenze collegate alla menomazione o al  decesso del congiunto, pur se non derivanti dalla lesione dell'integrità fisica del  familiare.
c) L'EMERSIONE DEL DANNO ESISTENZIALE. Nel frattempo parte della  giurisprudenza iniziava a recepire gli insegnamenti della dottrina favorevole al  cosiddetto danno esistenziale, consistente nell'impedimento di attività non reddituali  attraverso cui la persona umana trova espressione e realizzazione.

14 Per tutti vedi Busnelli, "Danno biologico e danno alla salute", in "La valutazione del danno alla salute", Padova,  1988, p. 3.
15 Ad esempio Cassazione 3025/85, 6938/88, 7101/90. Più recentemente, proprio con riferimento al danno ai congiunti,  Corte d'Appello di Brescia 12 gennaio 2002 (su cui il ricorso deciso da Cassazione 13546/06) per cui, pur escludendosi un trauma psicologico permanente, accertabile secondo i parametri della medicina legale, deve ravvisarsi la sussistenza di un danno psico-fisico permanente, definito esistenziale, rientrante nel concetto di danno biologico. Quest'ultimo corrisponde alla menomazione psico-fisica della persona incidente su tutta la sua concreta dimensione, da quella biologica a quella sociale, culturale ed estetica. Ciò corrisponde alla definizione di salute dell'OMS, nonché alla definizione di salute utilizzata dal legislatore in determinati interventi come l'articolo 4 legge 194/78, con riferimento alle condizioni per l'interruzione della gravidanza, nonché l'articolo 9 legge 300/70, dove si distingue la salute del lavoratore dalla sua integrità fisica. Ciò è altresì coerente con la moderna concezione della persona tutelata a livello costituzionale. Questo tipo di danno, cioè la permanente alterazione familiare, non si confonde con il danno morale inteso come mera sofferenza psichica. 
 
Leading case. Già nel 2000 la stessa Cassazione16 è giunta ad utilizzare questa  categoria di pregiudizio con riferimento ad una ipotesi di omesso mantenimento del  figlio, attraverso l'interpretazione costituzionalmente orientata dell'articolo 2043 Cc  alla luce dell'articolo 2 della Costituzione, similmente con quanto era praticato per il  riconoscimento del danno biologico.
Estensibilità ai danni del familiare. Indubbiamente tra le attività mediante le quali la personalità dell'uomo può estrinsecarsi e svilupparsi vi sono quelle attinenti  alle relazioni all'interno della compagine familiare. Questo ambito di espressione  dell'individuo trova sicuramente tutela alla stregua degli articoli 2/29 e 30 della  Costituzione.
Dunque si proponeva di attribuire ai congiunti il risarcimento del danno esistenziale per perdita del familiare, valorizzando la modificazione peggiorativa  della loro esistenza, a prescindere dalla necessità di provare l'esistenza di un reato17  oppure la lesione dell'integrità fisica. In particolare veniva bypassata la problematica  attinente ai danni riflessi, trattandosi del pregiudizio diretto alla famiglia della vittima  (non più) secondaria.

3) LA BABELE INTERPRETATIVA. La situazione descritta rappresentava quanto  più lontano dalla certezza del diritto e dalla prevedibilità degli esiti di un giudizio.
Come esaminato, il panorama giurisprudenziale era costellato da decisioni che  negavano in linea di principio danno morale e biologico perché riflessi e da altre che  li ammettevano. In alcuni casi il danno morale da reato era calcolato tenendo conto  delle ricadute esistenziali dell'illecito, in altri il giudice si limitava a liquidare  equitativamente la sofferenza transeunte. Altre sentenze sopperivano all'assenza di  un reato, attraverso la dilatazione della nozione del danno biologico, in modo da farvi  rientrare ogni turbamento alla serenità, altre erano rigorosamente attente alla  definizione più restrittiva sia per il contenuto sia per la prova. Non mancavano

16 Sentenza 7713/00, annotata da De Marzo in Corr. Giur. 2000, n. 7. Tale primo utilizzo della categoria del danno  esistenziale aveva sollevato varie perplessità in dottrina, soprattutto per la qualificazione come danno in re ipsa.
17 Addirittura c'è chi ha svilito la figura a "mero sofisticato espediente per risarcire il danno morale al di fuori dalle  ipotesi di reato". Così Rossetti, "Separazione dei coniugi e risarcimento del danno morale al coniuge superstite", Corr.  Giur. 2003, n. 2.  
 
sentenze di merito che riconoscevano il danno esistenziale da perdita del congiunto  come qualcosa di diverso e separato dai danni tradizionali, e per questo utile a   colmare le lacune in cui questi non potevano essere riconosciuti. Infine, qualora vi  fosse reato e prova medico legale, si prospettava la possibilità di una liquidazione  cumulativa di tutte le poste elencate, nella loro portata più estesa.
Tutto ciò era alimentato dalla confusione delle richieste attoree, dato il
disorientamento degli operatori del diritto in questa "selva selvaggia". Tutto ciò non faceva che alimentare il caos del contenuto degli atti di parte, generando richieste  cumulative e gravami in cui si contestava la qualificazione del danno risarcito, al di là  della sostanziale equità della somma liquidata.
I tempi erano così maturi per un intervento chiarificatore della Corte di  legittimità, che precisasse una volta per tutte le voci risarcibili, i reciproci rapporti tra  le poste di danno ed infine i presupposti essenziali per giungere al risarcimento. Per  questo le sentenze della Suprema corte che affrontano la tematica del danno ai  congiunti, da quelle rivoluzionarie del 2003 a quelle degli ultimi giorni, si occupano  principalmente della corretta qualificazione delle richieste di parte, al fine di  controllare se sia rispettato il principio processuale della domanda ai sensi  dell'articolo 112 Cpc, e dell'individuazione di cosa effettivamente il giudice di  merito abbia liquidato, al di là delle confusioni nominalistiche e con lo scrupolo di  evitare lacune o duplicazioni.

4) LE SENTENZE GEMELLE. Le famose sentenze "della svolta", nn. 8827 e  8828 del 31 maggio 200318, relatori Amatucci e Preden, hanno affrontato proprio due  fattispecie in cui veniva messa in discussione la qualificazione giuridica data dal  giudice al danno risarcito.
a) I CASI CONCRETI. I giudici di merito, in vicende di morte del congiunto a  seguito di incidente stradale (sentenza n. 8828) e di patologia totalmente invalidante a  causa di errore medico (sentenza n. 8827), avevano tenuto conto dello

18 Annotate, tra gli altri, da Franzoni in Corr. Giur. 2003, n. 8; Cendon in Resp. civ. e Prev. 2003, p. 675; Navarretta in  Foro It. 2003, I, 2272.  
 
sconvolgimento delle abitudini e delle aspettative di una normale vita familiare subito  dai familiari delle vittime primarie. Ma un tale profilo di danno era stato qualificato  in modo alquanto discutibile.
Nella vicenda decisa dalla pronuncia di legittimità n. 8828, la sentenza  d'appello, in riforma di quella di primo grado che aveva liquidato esclusivamente il  danno morale transeunte, riconosce in aggiunta i profili di danno di carattere  esistenziale sotto l'etichetta di danno biologico, pur in assenza dell'accertamento  medico-legale di una patologia.
Con riferimento alla decisione n. 8827, il giudice di merito, tradendo un certo  imbarazzo definitorio, aveva qualificato i riflessi esistenziali dell'invalidità del  congiunto in modo incerto, come danno biologico o morale, giustificando il ricorso  del danneggiante data l'assenza della prova qualificata della lesione all'integrità  psico-fisica e la duplicazione con il contemporaneo risarcimento del danno morale  nella sua accezione tradizionale.
b) LA MOTIVAZIONE DELLA SENTENZA. Al fine di risolvere queste due questioni  pratiche, la Corte di legittimità ha colto l'occasione per una generale risistemazione  della materia, che potesse mettere un po' d'ordine in un contesto tanto variegato.  
Individuazione dei diversi tipi di danno non patrimoniale alla persona. La  Suprema Corte, innanzitutto, nota che, in caso di morte della vittima dell'illecito, la  perdita del rapporto parentale determina in capo al congiunto la lesione di un  interesse ontologicamente diverso da quello all'integrità biopsichica, da cui deriva il  danno biologico, o da quello all'integrità morale, che produce il danno morale  soggettivo. Diversamente l'alterazione delle relazioni familiari riguarda la sfera degli  affetti nell'ambito della famiglia e si concreta nel danno alle attività realizzatrici della  persona umana di cui agli articoli 2/29/30 della Costituzione, che parte di dottrina e  giurisprudenza definisce danno esistenziale.
In questo modo la Corte di Cassazione accenna a tale figura e gli attribuisce  autonoma consistenza rispetto alle altre voci risarcitorie.
Risarcibilità fondata sull'articolo 2059. La risarcibilità senza limitazioni di  tale tipo di danno deve essere ammessa in base allo stesso articolo 2059 Cc, che pure  sembra affermare il contrario. Infatti, secondo la Corte di Cassazione, la lettura  tradizionale, che circoscrive la rilevanza del danno non patrimoniale al danno morale  soggettivo derivante da reato, non può più essere ulteriormente condivisa.
Questa affermazione poggia sulla constatazione dell'ampliamento della tutela che l'Ordinamento attualmente appresta ai valori fondamentali della persona, su vari  livelli.
A livello costituzionale, l'interpretazione dell'articolo 2, come norma precettiva  e non meramente programmatica, impone di risarcire ogni ipotesi di lesione della  personalità dell'individuo, anche se priva di rilevanza economica. Altrimenti si  priverebbero interessi di rango costituzionale della tutela minima apprestata  dall'Ordinamento.
Inoltre, a livello di legislazione ordinaria, l'ambito delle ipotesi in cui è  espressamente contemplata la risarcibilità del danno non patrimoniale è stata  progressivamente estesa, ben al di là dell'articolo 185 Cp (ad esempio in caso di  ingiusta privazione della libertà personale nell'esercizio di funzioni giudiziarie, di  modalità illecita nella raccolta dei dati personali, di discriminazioni razziali o  religiose, di mancato rispetto del termine ragionevole di durata del processo).
Ciò è confermato a livello giurisprudenziale, dato che da tempo è pacificamente  risarcita, anche in assenza di reato, una particolare figura di danno non patrimoniale,  cioè il danno biologico. Inoltre la Suprema Corte ha ritenuto risarcibile anche il  danno non patrimoniale patito dalle persone giuridiche, che evidentemente non ha la  natura di mera sofferenza interiore.
Per giustificare la risarcibilità del danno non patrimoniale alla persona, anche in  assenza di reato ed al di là del mero patema d'animo contingente, non c'è quindi più  motivo di ricorrere alla lettura costituzionalmente orientata dell'articolo 2043 Cc,  così come per decenni affermato riguardo al danno biologico e recentemente per il  danno esistenziale. Infatti tale tecnica interpretativa deve essere adottata con  riferimento allo stesso articolo 2059 Cc. Tale norma consente la riparazione del  danno non patrimoniale nei casi stabiliti dalla legge e tali ipotesi possono ben essere  rappresentate dai precetti costituzionali che danno rilevanza ai diritti inviolabili della  persona. Si giunge, così, alla semplificazione della materia, superando le complesse  costruzioni cui dottrina e giurisprudenza erano state fino ad oggi costrette dalla lettera  del Codice19.
Presupposti della risarcibilità. Per la risarcibilità del danno non patrimoniale  alla persona devono sussistere tutti gli elementi costitutivi dell'illecito civile ai sensi  dell'articolo 2043 Cc, così come è necessaria la prova della effettiva verificazione del  danno subito dal soggetto leso.
Infatti il danno non patrimoniale da lesione alla persona non coincide con la  lesione dell'interesse protetto, ma, rispetto ad essa, è una conseguenza eventuale. In  altri termini si tratta di danno-conseguenza e non di danno-evento, che dispenserebbe  dall'onere probatorio.
Quindi il danno in questione deve essere allegato e provato20. Poiché il  pregiudizio si proietta nel futuro, è necessario il ricorso a valutazioni prognostiche ed  a presunzioni sulla base degli elementi obbiettivi che il danneggiato ha l'onere di  fornire. La sua liquidazione, comunque, data la natura non economica, non può che  avvenire attraverso valutazioni di carattere equitativo in base agli articoli 1226/2056  Cc.
Cumulo con il danno morale e biologico. Data la diversità tra danno  esistenziale (tra cui la perdita del rapporto parentale), danno morale soggettivo e  danno biologico, la Suprema Corte conclude che tutte queste voci possono essere  contestualmente riconosciute a favore del danneggiato, senza che debba ravvisarsi  una duplicazione di risarcimento. Del resto, nel caso di attribuzione congiunta, il  Giudice deve considerare la più limitata funzione di ristoro di ognuna, al fine di  assicurare il giusto equilibrio tra le varie poste che concorrono a determinare il  risarcimento complessivo.
Non si può infatti dimenticare che la giurisprudenza aveva dato origine ad una  dilatazione delle nozioni di danno biologico e danno morale soggettivo proprio al fine  

                                           
19 Nonostante l'unanime apprezzamento per la soluzione teorica elaborata dalla Corte, sintetizzata nell'espressione  "bipolarità del sistema risarcitorio", si deve sottolineare che dal punto di vista pratico nulla cambia rispetto al passato.
In questo senso per il danno biologico vedi Cassazione 19057/03.
20 Con questa precisazione le sentenze del 2003 anticipano l'espressa presa di posizione delle Sezioni unite, con la  sentenza n. 6572 del 2006.  
 
di garantire in qualche modo il ristoro delle ripercussioni esistenziali del decesso o  della grave menomazione del familiare.  A volte sotto la voce del danno morale i giudici21 hanno considerato anche tutte  le rinunce collegate alle sofferenze, le ripercussioni sul modus vivendi ed la durata  prolungata e non meramente transeunte.
In particolare la giurisprudenza22 ha accolto una nozione di danno biologico in senso lato, comprensiva del peggioramento complessivo della qualità della vita della vittima dell'illecito, cioè esteso a ciò che il soggetto leso non può più fare (è ad esempio possibile che il danno da depressione del familiare sia stato quantificato
tenendo conto anche di tutte le conseguenze negative derivanti dalla perdita del congiunto).
Se ciò è avvenuto, il danno esistenziale da alterazione della vita familiare ha già ottenuto ristoro ed il congiunto non può pretendere nulla di più.
c) L'IRRILEVANZA DELLA QUALIFICAZIONE DEL DANNO. Sulla base di questo imponente e dirompente apparato motivazionale la Corte di Cassazione giunge a salvare le sentenze gravate, pur se esse sono viziate sotto l'aspetto della qualificazione del danno.
Infatti si afferma espressamente che non è importante la precisa collocazione della posta risarcitoria all'interno delle categorie del danno biologico, morale o esistenziale. Il giudice potrebbe provvedere alle operazioni di liquidazione anche attraverso una valutazione unitaria e complessiva, che tenga conto di tutte le conseguenze negative di carattere non patrimoniale. Di conseguenza non rileva che il risarcimento è accordato attraverso la dilatazione della nozione del danno biologico o del danno morale, quanto invece è sufficiente che il giudice abbia tenuto conto delle rinunce imposte al familiare per la perdita del congiunto e non abbia duplicato queste valutazioni in diverse voci risarcitorie.
Riferimento ai casi delle sentenze gemelle. Dunque la sentenza n. 8827 ha respinto il ricorso del danneggiato in quanto la sentenza di merito, pur liquidando le 

                                              
21 Questo è l'orientamento già esaminato del Tribunale di Roma, nonché quello del Tribunale di Milano, come sarà esaminato infra nel paragrafo dedicato alla liquidazione.
22 Da Corte costituzionale 356/91 a, in ultimo, Cassazione 15187/04.   
 
modifiche esistenziali sotto la voce del danno morale, aveva quantificato tale posta risarcitoria in modo maggiorato rispetto alla semplice sofferenza transeunte, così dando dimostrazione di aver tenuto conto nella sostanza del pregiudizio esistenziale derivante dalla lesione al diritto all'integrità familiare. Di conseguenza, nonostante la necessità di correzione della motivazione, comunque la pronuncia impugnata doveva essere considerata non soggetta a cassazione per l'intrinseca correttezza nelle operazioni di liquidazione.
Allo stesso modo la sentenza n. 8828 ha considerato irrilevante la qualificazione come danno biologico del pregiudizio esistenziale derivante dalla perdita di congiunto. Tuttavia si è giunti alla cassazione della sentenza gravata per il fatto che la prova del danno era stata considerata in re ipsa.
Spazio residuo per l'impugnazione delle sentenze. Tali importanti affermazioni della Cassazione, che in pratica ripudia la rilevanza di gravami fondati su questioni esclusivamente formali come quelle definitorie, consentono al contempo di individuare i motivi che invece possono costituire legittima censura.
Un primo possibile vizio è dato dalla considerazione del danno da perdita parentale come danno in re ipsa, senza che dagli atti del processo ne emerga allegazione e prova alcuna23.
L'altra ipotesi di fondata critica si ha qualora la decisione non tenga conto di precisi profili di danno, che siano stati allegati e provati dalle parti. In altri termini, qualora il giudice motivi in modo ambiguo, non chiarendo quali siano le effettive conseguenze dannose sul congiunto superstite che pone alla base della operazioni di liquidazione, allora la parte interessata può stigmatizzare la decisione, pretendendo la trasparenza dell'iter motivazionale24. Allo stesso modo, qualora il giudice quantifichi il danno ignorando alcuni degli specifichi pregiudizi di cui l'attore ha chiesto ristoro, allora è evidentemente percorribile la via della contestazione del quantum nella misura in cui non è stata presa in considerazione una precisa conseguenza peggiorativa della condizione personale del danneggiato25.

23 Così l'appena citata sentenza n. 8827/03.
24 Così ad esempio in Cassazione 22884/07.
25 Da ultimo in questo senso l'obiter dictum di Cassazione 20987/07.  


5) ESTENSIONE DEL VINCOLO FAMILIARE RILEVANTE. Come si è visto, la risarcibilità del danno non patrimoniale viene raggiunta dai giudici di legittimità, non eliminando del tutto il limite di cui all'articolo 2059 Cc (cioè la cosiddetta necessaria tipicità del danno non patrimoniale), ma integrando le eccezioni a tale sbarramento attraverso l'applicazione delle norme costituzionali che tutelano i valori attinenti alla persona.
Proprio in base a tale percorso logico-giuridico si può affermare la risarcibilità del danno non patrimoniale patito dal familiare del congiunto per lo sconvolgimento della famiglia di cui è membro, a prescindere da ogni ipotesi di reato, in quanto nella Carta costituzionale è agevole individuare un'espressa base giuridica per un tale tipo di istanze: articoli 2, 29 e 3026. In mancanza di tale riconoscimento a livello costituzionale, il danno morale ed esistenziale del familiare superstite, senza gli estremi dell'articolo 185 Cp, non avrebbe potuto ricevere ristoro alcuno.
Del resto la Cassazione non ha affrontato esplicitamente la questione dell'estensione della nozione costituzionale di famiglia, se limitata al solo nucleo essenziale o esteso ad ulteriori vincoli parentali o di convivenza. Qualora dovesse optarsi per una accezione restrittiva, i rapporti estranei agli articoli 29 e 30 Della Costituzione non potrebbe ricevere tutela dall'articolo 2059 Cc
a) L'ORIENTAMENTO PRECEDENTE IN TEMA DI DANNO MORALE RIFLESSO. La giurisprudenza favorevole al risarcimento del danno morale riflesso in caso di uccisione del familiare, integrante reato, a metà degli anni ‘90, ha generalizzato la cerchia di soggetti legittimati all'azione ai sensi dell'articolo 2059 Cc  L'indirizzo tradizionale27, che limitava il risarcimento ai soli parenti stretti (genitori e figli dell'ucciso) o al coniuge, è stato superato sulla base dell'affermazione che ciò che rileva non è l'astratto legame giuridico e di sangue ma l'effettiva sussistenza del turbamento della sfera affettiva: è stato, così, ammesso il risarcimento

26 Affermano espressamente il fondamento costituzionale del diritto della persona all'integrità e serenità del proprio nucleo familiare sia le sentenze gemelle, sia successivamente Cassazione 15022/2005 e Cassazione 13546/2006.
27 Cassazione 4169/1988; Cassazione 6938/1993, che ha escluso i nonni non conviventi con la vittima. 
 
del danno morale a favore del convivente more uxorio28. In questo filone interpretativo si collocano le pronunce che hanno riconosciuto il danno morale patito dal coniuge separato29 o di altri parenti, pure se non conviventi30.
Ovviamente in queste ipotesi l'attore sconta maggiori difficoltà probatorie: se gli stretti congiunti sono assistiti da una presunzione ai sensi dell'articolo 2729 Cc fino a prova contraria, data l'indiscussa massima di esperienza che rende plausibile la sofferenza all'interno della famiglia legittima nucleare, al di fuori di tale ambito deve essere dimostrata l'esistenza di un forte legame affettivo tale da provocare importanti turbamenti interiori in caso di lesione. Di conseguenza dal convivente more uxorio è stata pretesa la prova della stabilità e della lunga durata del rapporto; in caso di separazione tra coniugi è stato dato rilievo ostativo alla conflittualità del procedimento giudiziale di cui agli articoli 706 Cpc e seguenti
b) LA TESI DELLA TUTELA DELLA SOLA FAMIGLIA NUCLEARE. Quanto affermato sub a) non è suscettibile di automatica trasposizione al danno esistenziale ed al danno morale a prescindere dal reato. Infatti per il risarcimento di tali poste non è sufficiente la prova della sofferenza derivante dall'illecito, quanto invece è altresì necessario che tale sofferenza derivi dalla lesione di un diritto costituzionalmente garantito.
I precedenti. Non a caso le sentenze nn. 8827 e 8828 del 2003, nella parte in cui affermano l'indubbia rilevanza costituzionale dell'interesse del familiare, fanno espresso riferimento solo ed esclusivamente alle posizioni dei genitori, figli, fratelli e coniuge, quale nucleo direttamente preso in considerazione dagli articoli 29 e 30 della Costituzione
Tale impostazione è ancor più netta nella sentenza n. 13546 del 2006 nella parte in cui descrive in cosa consiste il danno esistenziale patito dal familiare. Esso corrisponde alla "privazione del rapporto personale con lo stretto congiunto nel suo essenziale aspetto affettivo o di assistenza morale, cui ciascun componente del nucleo familiare ha diritto nei confronti dell'altro, come per i coniugi è statuito ex articolo

28 Cassazione penale 3790/94; Cassazione civile 2988/94.
29 Cassazione 10393/2002.
30 Tribunale di Roma (ordinanza), 25 novembre 1997, in Riv. giur. trasp., 1998, 90. 
 
143 Cc; per il genitore ex articolo 147 Cc, per i figli ex articolo 315 Cc". Al di là di tale ristretta cerchia, le motivazioni delle sentenze che hanno affrontato la tematica  del danno esistenziale causato dalla perdita del congiunto non vanno.
L'opzione della tipicità rigida. Di recente la sentenza n. 15022 del 15 luglio 2005, affrontando proprio una fattispecie di danno da perdita di congiunto, ha espressamente affermato che se il risarcimento del danno patrimoniale può conseguire alla lesione di un qualsiasi interesse meritevole di tutela (cosiddetta atipicità dell'illecito), viceversa il ristoro del danno non patrimoniale è ammissibile solo ed esclusivamente in seguito alla violazione degli specifici valori della persona costituzionalmente garantiti. Di conseguenza esso dovrebbe essere definito rigidamente tipico. Sulla base di questa premessa si nega l'esistenza di una generica categoria di danno esistenziale, che condurrebbe il danno non patrimoniale nell'atipicità. Rileva solo ed esclusivamente il danno agli specifici valori della persona, ritenuti inviolabili dalle norme costituzionali.
Secondo alcuni autori31 questa pronuncia rappresenterebbe l'interpretazione autentica delle sentenze del 2003. L'ambito del danno non patrimoniale risarcibile, sarebbe limitato solo ed esclusivamente ai diritti nominati in Costituzione. Inoltre, non riconoscendo la categoria del danno esistenziale, le voci risarcibili sarebbero ridotte al danno biologico ed a quello morale.
In applicazione di quanto appena affermato si dovrebbe optare per una nozione retstrittiva di famiglia.
c) TESI DELL'INTERPRETAZIONE ESTENSIVA. Nonostante le argomentazioni illustrate sembra possibile accedere ad una concezione ampia di famiglia, rilevante ai sensi dell'articolo 2059 Cc
L'opzione della tipicità temperata. Riguardo al tema generale del limite della tipicità, l'opinione preferibile è che la sentenza n. 15022 non abbia affermato nulla di nuovo. In particolare le innovative decisioni del 2003, e quelle che le hanno seguite, hanno sempre affermato, ai fini della risarcibilità del danno non patrimoniale
(compresa la componente esistenziale), la necessità di ravvisare la lesione di un 

                                             
31 Rossetti, in D&G 2005, n. 39.  
 
interesse attinente alla persona, protetto a livello costituzionale. Ma l'interpretazione dell'articolo 2 della Costituzione come clausola aperta, che consente di dare rilievo ad ogni valore funzionale allo sviluppo della persona, permette di andare oltre alle specifiche previsioni di legge, estendendo la copertura costituzionale ad interessi altrimenti innominati. Si può, quindi, dire che il danno non patrimoniale è tipico perché rileva solo nei casi ammessi dalla legge, tra cui le previsioni costituzionali.
Del resto il citato articolo 2 rende questo elenco non predeterminato rigidamente, lasciando al giudice l'apprezzamento degli interessi che costituiscono espressione inviolabile della persona.
Quindi il danno esistenziale esiste e può essere frutto della lesione di valori della persona anche non specificamente nominati dalla Carta suprema32.
Probabilmente nelle parole della sentenza del 2005 si può leggere la preoccupazione dell'eccessiva estensione degli interessi ricondotti nell'ambito dei diritti inviolabili della persona. Infatti il filtro costituzionale viene spesso superato elevando di rango interessi di discutibile importanza. Tra i tanti esempi può essere menzionata la decisione del Tribunale di Ivrea (sentenza del 22 giungo 2004), che ha liquidato il danno esistenziale da ritardata riparazione degli impianti di una abitazione, in quanto tale inadempimento contrattuale avrebbe leso l'interesse costituzionalmente protetto alla tranquillità casalinga. La vera battaglia nelle aule di giustizia è così costituita dalla selezione degli interessi rilevanti33.
Del resto non sembra trattarsi di figure bagatellari quando si tratta dell'interesse del parente, pur non strettissimo, al rapporto con il familiare deceduto o gravemente leso, o della posizione del convivente more uxorio. Anche se non si volessero coinvolgere tale situazioni nella portata applicativa degli articoli 29 e 30 della Costituzione, comunque parrebbe agevole argomentare la loro rilevanza alla stregua dell'articolo 2 della Suprema carta. In particolare, con riferimento alla famiglia di fatto, non si può dimenticare che la Corte costituzionale, pur rigettando

32 Danno questa interpretazione della sentenza n. 15022/05 sia Cassazione 13546/06, sia Cassazione 11761/06.
33 Di particolare interesse al riguardo è la sentenza della Cassazione n. 14846 del 2007, che ha negato la rilevanza del danno da perdita dell'animale d'affezione data l'assenza della lesione di un interesse costituzionalmente garantito attinente alla persona. In questo modo la Suprema corte ha assunto una posizione restrittiva, in contrasto con varie sentenze dei giudici di merito (ad esempio Tribunale di Roma, Sezione XI, 17 aprile 2002, in www.studiocelentano.it ).  
  
sistematicamente qualsiasi questione basata sulla mancata equiparazione tra famiglia legittima e compagine more uxorio a causa del diverso rilievo dei due fenomeni, non ha mai affermato che solo la prima, e non la seconda, trovi riconoscimento in Costituzione34.
Prime aperture. In quest'ottica devono essere interpretate le recenti sentenze che hanno riconosciuto35 il risarcimento ai nipoti per la perdita del nonno, dato il rilievo esistenziale sempre maggiore che gli avi hanno attualmente nell'ambito delle famiglie. Soprattutto, in un espresso obiter dictum, la Cassazione36 ha notato come "l'attuale movimento per l'estensione della tutela civile ai pax (patti civili di solidarietà ovvero stabili convivenze di fatto) conduce appunto alla estensione della solidarietà umana a situazioni di vita in comune. Dunque prima o poi anche i nuovi parenti, vittime di rimbalzo, lamenteranno la perdita del proprio caro".
Ancora più importante in questo senso è la nuova tabella del Tribunale di Roma37, finalizzata a regolare le ipotesi di danno "morale" da morte, che prende in considerazione anche la parentela fino al quarto grado, nonché la convivenza more uxorio, pur con la precisazione che in questi casi per la dimostrazione del danno non è possibile avvalersi dello strumento presuntivo38.

6) LA LIQUIDAZIONE DEL DANNO NON PATRIMONIALE DEL CONGIUNTO. In base alle sentenze gemelle risulta chiaro che il familiare della vittima primaria può articolare le proprie richieste risarcitorie nelle tre voci del danno biologico (per la lesione dell'integrità fisica), morale (per la sofferenza interiore) ed esistenziale (per lo sconvolgimento familiare) e dunque pretendere la liquidazione di tutte e tre queste poste di danno.

34 Particolarmente significativo è l'iter motivazionale della sentenza costituzionale n. 310 del 1989, con cui è stata ritenuta non illegittima la diversità di disciplina tra coniuge e convivente di fatto a fini successori. Secondo i Giudici della Consulta è vero che l'articolo 29 della Costituzione non nega dignità a forme naturali del rapporto di coppia, nonché che l'articolo 2 della Costituzione tutela le formazioni sociali in cui si sviluppa l'uomo. Ma tali considerazioni non impongono al legislatore di garantire al convivente di partecipare alla successione dell'altro. Infatti l'articolo 29 attribuisce alla famiglia tradizionale una dignità ulteriore e l'articolo 2 presidia solo i diritti inviolabili dell'uomo, tra cui certo non rientra quello dei conviventi alla reciproca successione mortis causa.
35 Cassazione 15019/05.
36 Cassazione 15760/06.
37 Su cui vedi infra sub 6b).
38 Come del resto già affermato in giurisprudenza, vedi supra sub 5a) e infra sub 7b).  
 
a) I CRITERI DI QUANTIFICAZIONE. La quantificazione del danno non patrimoniale non può che assumere carattere equitativo, in assenza di valori di mercato cui riferirsi. Ciò vale per il danno biologico, pur se il carattere oggettivo dell'invalidità ha consentito l'elaborazione di tabelle contenenti valori standard, da personalizzare con riferimento al caso concreto39. Ciò vale a maggior ragione per il danno morale, di consistenza precipuamente intima e soggettiva40.
Il carattere equitativo coinvolge anche il danno esistenziale, per cui ancora non esistono tabelle che semplifichino le operazioni di liquidazione. Tale figura ha carattere oggettivo in quanto si concretizza nella perdita di attività esistenziali, ma contemporaneamente è apprezzabile solo in un'ottica prettamente soggettiva, in quanto il valore di una rinuncia muta da individuo ad individuo. Per tale motivo le Sezioni unite41 hanno affermato in obiter dictum l'impossibilità di qualsiasi operazione di tabellazione. La dottrina ha così proposto vari metodi quantificatori42.
b) LE TABELLE DEL DANNO MORALE AI CONGIUNTI. In realtà molti Tribunali hanno elaborato già da tempo delle tabelle volte a fissare dei valori di riferimento per liquidare il danno morale patito dai prossimi congiunti superstiti. Alcune di tali tabelle sono state redatte tenendo conto proprio delle ricadute esistenziali sulla vita
dei familiari, risarcendo così qualcosa in più e di diverso rispetto al semplice dolore transeunte. Sorge così l'esigenza di indagare a cosa effettivamente corrispondano i valori indicati nel baréme, per stabilire se la cifra ivi stabilita includa o meno il danno esistenziale43.
Questo è il caso, come già più volte ripetuto, delle tabelle del Tribunale di Roma, oggetto di una recente e profonda revisione del metodo di liquidazione44.
Il sistema precedente era fondato sull'indicazione di valori distinti per fattispecie. Erano cioè contemplate separatamente le richieste del coniuge, del figlio

39 Afferma l'imprescindibilità del duplice momento della valutazione standardizzata e della personalizzazione Corte Costituzionale 184/86.
40 Generalmente le tabelle dei tribunali lo quantificano in una percentuale del biologico, pur richiedendosi sempre adeguata motivazione sulla base delle circostanze del caso concreto (ad esempio Cassazione 5987/07).
41 Sentenza 6752/06.
42 Per una sintetica ma esaustiva disamina vedi Salvati, "Dall'equità all'equazione", D&G 2005, n. 38, 44.
43 In altri termini occorre dare seguito alle preoccupazioni di duplicazione già stigmatizzate dalle sentenze gemelle.
44 Per la tabella oramai abbandonata vedi Guida al Diritto 2006, dossier n. 8, p. 72; quella tabella, pubblicata il 14 febbraio 2007 insieme alla relazione di accompagno, si può trovare su www.avvocati.it . Su Resp. e Ris. 2007, n. 4 si segnala un interessante commento esplicativo del giudice capitolino Marco Rossetti.  
 
minorenne, di quello maggiorenne, del genitore e del fratello. La somma base era diminuita in caso di non convivenza con il defunto o di presenza di altri congiunti conviventi (sulla base della presunzione che tali elementi attenuino le conseguenze dell'illecito) e veniva aumentata in assenza di congiunti conviventi. I valori contemplati risultavano più alti rispetto a quelli previsti a tale titolo da altri Tribunali (ad esempio 158.200 euro per il decesso del coniuge), sintomo evidente che in tale ammontare non era liquidato esclusivamente il danno morale.
L'onnicomprensività della tabella è stata ribadita anche con il nuovo metodo, utile anch'esso, dunque, ad individuare il corrispondente pecuniario di tutte le sofferenze e rinunce provocate dal lutto.
La riforma è giustificata dal fatto che il sistema precedente ammetteva la personalizzazione del risarcimento solo sulla base di variabili limitate (convivenza con il defunto e sopravvivenza di altri conviventi), tanto che le sentenze dei giudici capitolini tendevano a distaccarsi dalle indicazioni del baréme, pur in assenza di deduzione di parte. E' stato dunque scelto un metodo di quantificazione "a punti", che, partendo da una somma base (fissata in 8.000 euro), consenta di attribuire rilevanza ad una serie di fattori di moltiplicazione (rapporto tra vittima e sopravvissuto, età della vittima, età del congiunto, convivenza, composizione del nucleo familiare), ad ognuno dei quali è attribuito un punteggio prestabilito. In questo modo si ottiene una maggiore aderenza al caso concreto, nonché l'apertura a circostanze non tipizzate, che possono costituire fattori di punteggio ulteriore, dietro adeguata motivazione.
Particolarmente interessanti sono le tabelle del Tribunale di Milano.
Sono le più diffuse sul territorio nazionale. La frequente applicazione ha addirittura condotto un'isolata pronuncia della Cassazione45 a ritenere che il giudice di merito che non le adotti debba adeguatamente motivare la propria scelta.  Prima del 2004 il danno ai congiunti era quantificato in base al danno morale che sarebbe spettato alla vittima se sopravissuta con una lesione del 100% 

                                                
45 Cassazione 15760/06. L'orientamento prevalente è invece schierato nella libertà di adozione da parte dei diversi Tribunali, sulla base di adeguata motivazione (ad esempio il riferimento ai precedenti giudiziari dello stesso Tribunale decidente).   
 
d'invalidità e poi ridotto percentualmente in ragione del grado di parentela e contiguità affettiva con l'avente diritto. Tale metodo di quantificazione tradiva evidentemente la limitazione di questa tabella al semplice danno morale transeunte46.
A seguito della rivoluzione del 2003 il Tribunale di Milano ha provveduto a revisionare non solo i valori di baréme, ma anche il metodo di compilazione della tabella47. Si afferma, così, che la commisurazione del danno non patrimoniale (da intendersi come somma del danno morale tradizionalmente inteso e del danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale) privilegia il legame familiare tra vittima primaria e vittime secondarie, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto (sopravvivenza di altri congiunti, convivenza con questi ultimi, qualità della relazione con il defunto e con i superstiti). Di conseguenza si propone un'ampia forbice (da 103.632 mila a 207.264 mila euro) sia per il genitore, il figlio ed il coniuge (da 20.726 mila a 124.358 mila per il fratello). In caso di sopravvivenza del familiare si adottano gli stessi valori di riferimento da adattare all'effettivo grado di sconvolgimento della vita familiare che viene causata dalla menomazione della vittima primaria.
Per quanto detto le sentenze del Tribunale di Milano, che si attengano a tali valori, avranno liquidato contemporaneamente sia il danno biologico che il danno esistenziale. Non vi è, dunque, ulteriore spazio per richieste risarcitorie.  Non mancano però tabellazioni, come quella elaborata dal Tribunale di Lecce, che contengono valori assolutamente più bassi (ad esempio per il coniuge supersite massimo 90 mila euro) e prevedono espressamente nei criteri orientativi l'adozione di una concezione tradizionale del danno morale. Dunque, con riferimento a tali ipotesi, sorge l'esigenza di garantire l'integrale ristoro delle vittime secondarie andando ad aggiungere un'ulteriore somma a titolo di danno esistenziale. Similmente il Tribunale di Venezia si è dotato di un sistema48 per determinare "il danno non patrimoniale dei prossimi congiunti superstiti", cui corrispondo valori notevolmente

46 Il sistema illustrato è ancora adottato dal Tribunale di Napoli (vedi Guida al diritto, Dossier mensile n. 7, 2007, pp. 121 e 122), così che si potrebbe sostenere che tale ufficio giudiziario liquidi in questo modo solo il danno morale.
47 Vedi i criteri orientativi per la liquidazione del danno non patrimoniale, Tribunale di Milano - Osservatori sulla giustizia civile, 1° dicembre 2004, in Guida al Diritto 2004, n. 49, p. 14, riportati anche nel Dossier mensile n. 7, 2007, pp. 78 e seguenti.
48 Guida al diritto, Dossier mensile n. 7, 2007, p. 82. 
 
più bassi rispetto a quelli delle tavole romane o milanesi: vi è quindi spazio per discutere sulle categorie di danno a cui effettivamente si riferisce il baréme veneto.
Nell'unico precedente edito49, anche il Tribunale di Ancona ha affrontato il problema del danno non patrimoniale da perdita del congiunto. Si nota che, se non si vuole creare confusione in un quadro generale già complesso, difficilmente può evitarsi una qualche procedura di tabellazione del danno esistenziale. I valori delle tabelle dovranno essere necessariamente corretti e personalizzati in relazione ai casi concreti. In questo contesto il danno morale deve essere ridimensionato e valere come frazione del danno esistenziale.
Viene, così, proposta una tabella che prende in considerazione la morte del figlio (base 500 mila euro), quella del genitore (base 100 mila euro), quella del fratello (base 20 mila euro). I valori di partenza sono destinati ad essere moltiplicati per coefficienti che tengono conto del fatto che l'altro genitore sia ancora vivente o meno (nel qual caso sembra dovuto l'intero valore base), del fatto che vi siano altri figli o fratelli (con conseguente diminuzione per ogni figlio o fratello) e che questi non siano gravemente invalidi (altrimenti il valore di base può essere aumentato).
Nonostante queste premesse, però, la quantificazione del danno avviene in modo del tutto equitativo ed indipendente (nonché molto minore) dall'esempio prospettato, senza una sufficiente motivazione che spieghi l'iter logico seguito dal giudicante. Si può notare così una notevole discrepanza tra l'ammontare del danno morale liquidato alla madre (25 mila) dell'ucciso e quello maggiore ottenuto dal coniuge (50 mila) e dai figli (40 mila). Il rapporto poi curiosamente si inverte per quanto riguarda il danno esistenziale, che, per questi ultimi, è notevolmente minore a quello morale (50 mila per la madre, 10 mila per la moglie e 15 mila per i figli).
c) DANNO ESISTENZIALE E BIOLOGICO. Qualora il congiunto superstite sia afflitto da una patologia causata dalla perdita del familiare (ad esempio depressione), sorge il diritto alla liquidazione del danno biologico, sulla base delle tabelle elaborate 

                                                
49 Tribunale di Ancona, sezione distaccata di Iesi, n. 31 del 2004, in "Orientamenti di giurisprudenza marchigiana", 2004, n. 1. 
 
dai Tribunali o dalla legge50. Nasce dunque l'esigenza di valutare la possibilità di convivenza con l'autonoma voce di danno esistenziale per perdita del congiunto.  Ripudio dell'assorbimento nel danno biologico. Se si accoglie la nozione ampia di danno biologico51, per cui tale categoria comprende tutte le ricadute esistenziali della lesione del diritto alla salute, allora il danno esistenziale risulta compreso nella somma assegnata a titolo di danno biologico, potendo al più incidere sull'aumento dei valori standard in sede di personalizzazione52.
Pur riconoscendo l'esattezza di questa impostazione53, sarebbe palesemente errato sostenere che il danno da perdita del congiunto debba essere compreso in tale voce. Infatti, nel caso di specie, non è la lesione alla salute che produce conseguenze negative su altri diritti costituzionali, così da inglobarle tendenzialmente nella quantificazione del danno biologico. Al contrario è la lesione al diritto costituzionale dell'integrità familiare a riverberarsi in modo negativo sulla salute del superstite. Di conseguenza deve garantirsi a costui quanto le tabelle sul danno da morte del parente generalmente gli assicurano, aggiungendo poi l'ulteriore posta relativa al danno biologico.
Accorgimento per evitare duplicazioni. La valutazione del danno biologico, soprattutto se coincidente con la depressione da lutto, dovrà però essere contenuta in quanto si deve ovviamente tener conto che la tristezza ed il disagio per la morte del congiunto sono già contemplati nell'altra posta risarcitoria. Del resto tutti pregiudizi che sono diretta emanazione del vulnus alla salute (ad esempio il patologico abbandono dei rapporti relazionali) devono essere liquidati come voce autonoma, a pena di violare il principio di integrale ristoro.

50 Il legislatore sembra ormai orientato verso il sempre più massiccio ricorso a tabelle legali: ad esempio legge 57/01 in tema di micropermanenti; D. Lgs. 38/00 in tema di tutela INAIL; il nuovo Codice delle Assicurazioni.
51 Su cui supra sub 4b), "cumulo con il danno biologico e morale".
52 Così di recente, anche alla luce del nuovo codice delle assicurazioni, Cassazione 24451/05. Spesso la legge (il nuovo Codice delle assicurazioni, D. Lgs. 209/05, agli articoli 138 e 139 prevede una maggiorazione massima dei valori previsti dalle tabelle legali fino al 20% per le micropermanenti ed al 30% per le macropermanenti) o le tabelle dei Tribunali pongono dei limiti massimi alla personalizzazione del danno biologico. Sulla probabile incostituzionalità dei limiti ex lege, se ritenuti vincolanti e non meramente indicativi, vedi Bona, "Il danno alla persona nel nuovo codice delle assicurazioni", Milano, 2006, pp. 4 e seguenti.
53 Di recente optano per la onnicomprensività della nozione Cassazione 9510/07 (con nota di Cendon, in Resp. Civ. e Prev. 2007, n. 2, p. 284 e Cassazione 9514/07 (contra Cassazione 2546/07 e per alcuni Cassazione 2311/07, annotata da Ziviz, in Resp. Civ. e Prev. 2007, n. 4, p. 790). 
 
Discorso simile può essere effettuato con riguardo al danno morale conseguente alla lesione del diritto alla salute, destinato a cumularsi con quello per lesione dell'integrità familiare. Se generalmente il danno morale è liquidato come frazione del danno biologico, da ¼ alla metà54, in questo caso sembra corretta una valutazione in misura inferiore, in quanto è necessario scorporare la sofferenza non direttamente collegata alla lesione alla salute ma derivante dalla perdita familiare che vi sta alla base55.
Ovviamente l'esatta distinzione tra i pregiudizi patiti a seconda del diritto costituzionale leso è operazione tutt'altro che facile, per non dire impossibile. Di conseguenza compito dell'interprete è procedere a questi incombenti con estrema prudenza, compensando in via equitativa le probabili duplicazioni.
d) IL CONCORSO COLPOSO DELLA VITTIMA PRIMARIA. Il concorso di colpa del familiare defunto (cosiddetta vittima primaria) nella causazione dell'illecito, comporta una proporzionale riduzione del danno risarcibile a favore dei prossimi congiunti (vittime secondarie), alla stregua dell'articolo 1227 Cc
Poichè la richiesta di questi ultimi riguarda il danno patito jure proprio, si dovrebbe applicare la regola della solidarietà dell'articolo 2055 Cc, così che il danneggiante sarebbe comunque obbligato per l'intero, salva l'eccezione di compensazione nei confronti degli eredi. Secondo un discutibile dictum della Cassazione56, invece, il danno invocabile è direttamente ridotto, a prescindere dall'eccezione e dalla qualità di erede.

7) L'INELUDIBILE NECESSITÀ DI ALLEGAZIONE E PROVA. Le Sezioni unite, nella già citata sentenza n. 6572 del 2006, hanno rigidamente ribadito quanto già affermato dalle pronunce del 2003 circa la rigorosa necessità che il danno non 

                                                
54 Le tabelle del Tribunale di Milano prevedono la quantificazione del danno morale fino a 2/3 del biologico (e non fino alla metà) qualora si aggiunga la compromissione di un interesse costituzionalmente garantito. Di recente Cassazione 5789/07 ha criticato la quantificazione del danno morale come frazione del danno biologico rivendicando la pari dignità fra integrità fisica e morale.
55 Sicuramente non sembra possibile operare l'aumento del danno morale fino a 2/3 come indicato nella nota precedente.
56 Cassazione 11137/99. 
 
patrimoniale sia oggetto di precisa indicazione da parte dell'attore, nonché che ne sia data dimostrazione nel corso del processo.
Infatti la mera lesione di un interesse, pur costituzionalmente rilevante, può dare origine a diversi tipi di conseguenze pregiudizievoli, patrimoniali e non patrimoniali, così come da essa potrebbe non scaturirne nessuna. Di conseguenza, con particolare riferimento al danno esistenziale, il danneggiato deve imprescindibilmente precisare il pregiudizio alle sue abitudini di vita e le circostanze che lo comprovino. Cioè deve affermare e provare in cosa la propria esistenza sia diversa da prima dell'illecito.
a) LE MODALITÀ DI FORMULAZIONE DELLA DOMANDA. L'esigenza di compiuta allegazione risponde alla necessità che l'attore espliciti le proprie richieste così da fondare il potere decisorio del giudice ai sensi dell'articolo 112 Cpc e rendere possibile le difese di controparte. In assenza di adeguata attività assertoria ed idonea richiesta risarcitoria, l'iniziativa del danneggiato andrebbe inevitabilmente incontro ad un esito infruttuoso.
La via preferibile: la formulazione generica. La Cassazione57 ha chiarito che qualora la domanda faccia riferimento in termini generali e complessivi al danno non patrimoniale, pur senza specificare le plurime partizioni che lo compongono, allora esso deve essere liquidato nella sua interezza, cioè in tutti gli aspetti in cui si articola tale ampia categoria. Di conseguenza in questi casi non può essere negato il ristoro del danno morale58 o del danno biologico59, anche se lo specifico riferimento a tali tipologie di pregiudizi viene effettuato dalla parte solo in grado d'appello. Questa soluzione è coerente con il principio per cui l'atto di citazione è viziato solo se la domanda in esso contenuta è assolutamente indeterminata60.
Ovviamente ciò che non può mancare, in ossequio all'insegnamento della Sezioni unite, è la descrizione dei pregiudizi patiti, pur se non qualificati con l'inserimento in una delle anzidette categorie di danno. In ogni caso si ritiene che non sia necessario che i fatti siano enunciati nella parte motiva del ricorso o dell'atto di citazione, potendo anche desumersi dalle richieste istruttorie, quali i capitoli di prova

57 Sentenze nn. 13546 e 11761 del 2006.
58 Cassazione 4184/06.
59 Cassazione 2869/03.
60 Bona, "Il danno alla persona", citato, p. 269.  
 
dedotti. La necessaria tempestività dell'allegazione dei fatti in cui si concreta il danno dovrebbe consentire l'aggiustamento in un momento successivo all'atto introduttivo del giudizio, sia pure nei limiti indicati dall'attuale articolo 183 Cpc  Parte della dottrina61 dubita che tale soluzione possa mantenere la propria attualità a seguito delle modifiche del processo introdotte con la legge 102/06 (rito del lavoro per controversie relative al risarcimento di danni da morte causati da sinistri stradali) e con il Dl 35/2005 (modifiche al rito ordinario). Nella misura in cui il convenuto è ora costretto a sollevare tutte le eccezioni non rilevabili d'ufficio nella comparsa di risposta, da depositare 10 o 20 giorni prima dall'udienza di 1° comparizione, allora si dovrebbe imporre all'attore una analitica esposizione del petitum, ed in particolare dei tipi di danno di cui si chiede il ristoro, per consentire una corretta difesa della controparte, senza il compito defatigante di eccezioni alla cieca. A tali considerazioni è agevole replicare che le esigenze di rispetto del contraddittorio sono già sufficientemente soddisfatte dalla descrizione dei fatti in cui consiste il danno nell'atto introduttivo del giudizio, senza che esse esigano altresì la scomposizione della richiesta di danno alla persona nelle singole categorie.
Per la necessaria specificazione delle voci di danno non patrimoniale sembra optare la recentissima pronuncia della Corte di Cassazione n. 2546 del 2007. In essa si afferma che "il danno esistenziale, inteso come pregiudizio oggettivamente accertabile che altera le abitudini e gli assetti relazionali propri del soggetto, non costituisce una componente né del danno biologico né del danno morale, ma un autonomo titolo di danno. Di conseguenza è necessario che il ricorso introduttivo di un giudizio risarcitorio contenga una specifica allegazione sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio medesimo. In mancanza, la richiesta fattane per la prima volta in Appello è da ritenere nuova ed inammissibile ex articolo 345 Cpc". Il passo riportato è stato interpretato da autorevole dottrina62 nel senso di pretendere l'esatta qualificazione del danno richiesto sin dal primo atto del giudizio63.

61 Caringella, "Giurisprudenza civile 2006", Milano, 2006, p. 566.
62 Chindemi nella nota di commento alla sentenza, in Resp. civ. e prev. 2007, n. 6, p. 1281.
63 L'autore citato nella nota precedente sembra affermare che anche l'orientamento favorevole ad una formulazione generica della domanda comunque esiga la specifica indicazione del tipo di danno richiesto in sede di precisazione della domanda ai sensi dell'articolo 183 Cpc o almeno al momento della precisazione delle conclusioni. Questa impostazione lascia perplessi in quanto l'onere della parte dovrebbe limitarsi all'allegazione dei fatti e non all'indicazione della categoria nominale del danno.  

 
Le insidie della specificazione delle voci di danno richieste. Qualora l'attore si arrischi a qualificare le voci di danno di cui invoca il ristoro, scomponendo la categoria "una e trina" del danno non patrimoniale, sorge il pericolo di una involontaria autolimitazione della domanda.
I E' infatti possibile, soprattutto con riferimento alle domande precedenti alla svolta del 2003, che il danneggiato si sia limitato a domandare la liquidazione del danno biologico e del danno morale, senza per nulla accennare alla categoria generale del danno non patrimoniale o al danno esistenziale.
L'orientamento più rigoroso64 tende in questo caso a precludere la possibilità di estendere la propria azione anche alle ulteriori specie di pregiudizio non patrimoniale.
Una tale soluzione, per quanto astrattamente conforme all'articolo 112 Cpc, non
tiene in adeguata considerazione il fatto che, prima del 2003, il termine "danno morale" veniva tendenzialmente utilizzato come sinonimo di danno non patrimoniale.
Di conseguenza associare all'utilizzo di questa espressione la volontà di limitare il risarcimento sarebbe ingiustamente penalizzante per il danneggiato. Sembra, dunque, ineccepibile la soluzione adottata da Cassazione 15022/200565, nella parte in cui afferma che le domande precedenti alle sentenze gemelle devono tendenzialmente essere interpretate in modo da equiparare il concetto di danno morale con quello generico di danno non patrimoniale, sempre che non emerga una precisa volontà abdicativa da parte del danneggiato. In applicazione di questo principio la Suprema Corte ha cassato la sentenza che non aveva indagato se la richiesta dell'attore dovesse essere estesa ad ogni forma di danno non patrimoniale e se la somma liquidata in 1° grado a titolo di danno morale comprendesse anche i pregiudizi di tipo esistenziale66.
Anzi l'impostazione non formalista sembra a chi scrive doversi estendere anche alle domande successive al 2003. Infatti il principio della domanda deve ritenersi soddisfatto, non dalle qualificazioni giuridiche delle parti, ma dai fatti che esse effettivamente allegano nei propri atti difensivi. Questo sta a significare che, a 
                                                                                                                                                                 
64 Cassazione 1583/05; 22987/04.
65 Già anticipata in questo dalla citata sentenza del Tribunale di Ancona n. 31 del 2004.
66 Similmente in questo senso si muove Cassazione 11761/06. 
 
prescindere dal fatto che sia invocata una qualche tipologia di danno, l'aspetto fondamentale è dato dalla descrizione dei pregiudizi che il danneggiato ha subito a seguito dell'illecito. Se nell'atto di introduzione del giudizio costui ha chiesto il ristoro per la perdita dell'autonomo svolgimento di attività quotidiane e relazionali collegate alla lesione dell'integrità psicofisica, la compensazione delle sofferenze interiori patite, il conforto per le ulteriori rinunce ad attività non reddituali in cui la personalità umana trova realizzazione, allora si dovrebbe escludere la necessità di un'esatta qualificazione di tale poste di danno, non diversamente da quanto avviene per le sentenze dal contenuto sostanzialmente equo come visto sub 4c).
La ricordata sentenza 2546/2007 si orienta nella direzione più severa, pretendendo l'indicazione precisa della natura del danno subito e negando che la domanda precedente al 2003, fondata sulla richiesta dei danni morali, legittimi l'ottenimento della liquidazione del danno esistenziale.
II L'autolimitazione potrebbe verificarsi anche nell'eventualità che, a seguito di una domanda "generica", l'attori presenti delle conclusioni con la specifica indicazione di solo alcune voci di danno. In questo caso vi sono gli estremi della rinuncia implicita della domanda risarcitoria67, sempre che non risulti la volontà della parte di illustrare solo alcune delle domande presentate senza abdicare alle altre68.
III Un ulteriore pericolo di autolimitazione inconsapevole ricorre quando l'attore, nell'atto introduttivo del giudizio69 o in sede di precisazione della conclusioni, indichi nel dettaglio il quantum richiesto per ogni singola posta. Ciò può impedire al giudice di liquidare una somma corrispondente al totale, ma diversamente articolata nelle varie componenti; o ancora può costringere il danneggiato, cui sia stato risarcito, sotto la voce di danno esistenziale, il danno morale richiesto, nella formale denegazione di tale posta per la mancanza del requisito della configurabilità del reato, a proporre appello incidentale per la parte della sentenza di 1° grado in cui viene

67 Ad esempio Cassazione 9370/00.
68 Ad esempio Cassazione 2889/03.
69 Per completezza si accenna al fatto che l'indicazione dell'esatto ammontare della richiesta risarcitoria non si ritiene necessaria sin dal primo atto del giudizio, date le difficoltà di quantificazione che possono sussistere in questi frangenti. 
 
rigettata la domanda relativa al danno morale, qualora il danneggiante abbia contestato i criteri di quantificazione del danno esistenziale70.
La giurisprudenza in questi casi cerca di soccorrere alle sbavature tecniche dei difensori71 affermando che ciò che rileva è il quantum complessivo richiesto, data l'unicità del diritto alla persona, in relazione alla cui lesione si chiedono i danni72.
b) LE MODALITÀ DI PROVA. Con riferimento all'onere probatorio, la più volte citata sentenza n. 13546 ha chiarito che lo stretto rapporto parentale è idoneo a fondare una massima di esperienza in base alla quale presumere in base all'articolo 2729 Cc la sussistenza di danni morali ed esistenziali in capo al congiunto supersite.
Quindi, a differenza da altre fattispecie, come quella di demansionamento decisa dalle Sezioni unite, il danneggiato è agevolato nell'onus probandi, potendosi limitare a dimostrare la sussistenza del legame con il congiunto. Non si tratta di prova in re ipsa ma dell'ordinario funzionamento del meccanismo presuntivo, che consente la prova contraria, per quanto assai difficoltosa per il danneggiante.
Qualora la giurisprudenza aprisse con decisione alla risarcibilità del danno esistenziale del convivente more uxorio superstite sorgerebbero invece esigenze probatorie più intense, non diversamente da quanto esaminato sub 5a).
c) CONCLUSIONE. Si può quindi concludere con la citazione di un passo della recente sentenza della Cassazione n. 28987, pubblicata in data 8 ottobre 2007, che ottimamente riassume i concetti da ultimo esposti. Rigettando l'impugnazione della decisione di merito proprio a causa dell'insufficiente allegazione e prova dei profili di danno esistenziale asseritamene ignorati dal giudice, il Supremo consesso afferma che: "Il danno parentale presenta dunque vari aspetti, anche di ordine patrimoniale, morale e di modifica della qualità della vita, ma spetta alle vittime ed alla intelligenza dei loro difensori, apprestare una difesa adeguata e domande sostenute, oltre che da validissimi riferimenti costituzionali, da una serie dettagliata di
circostanze che illustrano la vita ...omissis... in famiglia [del congiunto deceduto] ed il dolore e le perdite, anche esistenziali, conseguenti a tale morte".  
                                                
70 Ipotesi ispirata alla vicenda processuale decisa da Cassazione 2050/04.
71 Così Tribunale di Ancona, n. 31 del 2004, citata.
72 Così Cassazione 1325/98, addirittura con riferimento alla domanda di danno biologico e danno patrimoniale. In una  tale ipotesi però sembra corretto dubitare dell'unicità del danno, in quanto il danno patrimoniale è conseguenza della  lesione di un diritto di credito.