Rita Giorgi, La violenza intrafamiliare



La violenza intrafamiliare

LA VIOLENZA INTRAFAMILIARE

di Rita Giorgi 


Quando si parla di violenza contro le donne ci si riferisce a più tipi di violenza: sessuale (stupro, tentato stupro, molestie), fisica, (botte, ferite, omicidio), economica (privazione di fondi e risorse), psicologica e verbale (minacce, ricatti, denigrazioni, svalutazioni). Gli ambiti in cui più frequentemente si produce la violenza è quello familiare. La famiglia rappresenta un sistema complesso, in cui agiscono individui, ruoli, responsabilità e mansioni. Si tratta di un sistema determinato da vincoli di tipo affettivo, in cui agiscono sia affetti positivi (quali il rispetto, la condivisione, l'amore ed il desiderio sessuale), sia affetti negativi (quali l'odio, la sopraffazione, la violenza, la prevaricazione e la perversione). La famiglia è per definizione, uno degli ambiti di potenziale protezione per i suoi membri, ma all'occorrenza può diventare anche un ambiente ostile e pericoloso per l'integrità fisica e psichica dei soggetti che ne fanno parte Le pareti domestiche possono essere il teatro di frequenti violenze, anche perché talvolta la famiglia si trasforma in un sistema di attribuzioni dei ruoli maschili e femminili in cui prevale da un lato il modello di dominanza e dall'altro quello di sottomissione. La violenza in famiglia, allora, non rappresenta soltanto l'esplosione di un conflitto, ma lo sfogo di insoddisfazioni, tensioni, rabbie, frustrazioni. Gli schemi mentali appresi, le esperienze che hanno caratterizzato la vita prematrimoniale ed i comportamenti della famiglia di provenienza, sono gli elementi caratterizzanti il conflitto di coppia. In un ambito di attribuzioni falsate, in quanto non filtrate o non negoziate dai partners, la violenza familiare nasce da spazi di incomprensioni. "La violenza che si riversa nel
privato e nel quotidiano funge da canalizzazione di conflitti, tensioni, aggressività, cui si impedisce l'irrompere nel pubblico. La famiglia, la rete dei rapporti primari, lo spazio del tempo libero, sono i luoghi di contenimento, individualizzazione, patologizzazione, e naturalmente di legittima espressione di vissuti conflittuali e frustranti. Sono i luoghi dove si concentra il disagio e la sofferenza si svela. Dove quindi l'aggressività è confinata e separata, privata, soggettivamente e oggettivamente, di contenuti sociali."( T. Pitch, 1983)
La violenza intrafamiliare è, per la maggior parte, un fenomeno maschile, che nasce dalla convinzione di poter dominare i diritti corporei, spirituali, economici e relazionali del partner. Se la donna assume un ruolo passivo e vittimistico, la spirale di violenza può raggiungere livelli aberranti e criminali.
Soltanto in questi ultimi anni il fenomeno della violenza intrafamiliare, ed in particolare della violenza contro le donne nell'ambito della famiglia (sia essa moglie, convivente, madre o figlia), si è trasformato da una questione privata ad una problema pubblico. Fino a pochi decenni or sono, sulla base di una impostazione della famiglia vista come oasi di pace e di armonia da cui ogni forma di violenza è bandita, la donna che denunciava veniva vista come una deviante, una diversa che aveva fallito nel compito assegnatole dalle istituzioni e dalla società, ovvero di mantenere, a tutti i costi, l'unità familiare.
L'UNICEF ha calcolato che più del 90% di tutti gli incidenti di violenza domestica sono crimini commessi contro una donna e che in alcuni paesi metà di tutta la popolazione femminile ha subito violenza fisica per mano del compagno o di un membro della famiglia. Per l'Organizzazione Mondiale della Sanità, tra il 10% e il 69% delle donne (a seconda della nazione) sono soggette a violenza da parte del partner nel corso della vita.
Perché oggi è più visibile
Il fenomeno della violenza, specialmente quella intrafamiliare, è oggi diventato più visibile, per vari ordini di motivi che brevemente esaminiamo.
Non più improntata su un modello patriarcale e non più allargata, ma mononucleare o ricomposta, la famiglia non riesce più a nascondere "i panni sporchi" e a "lavarli in casa", perché sono venute meno le figure cuscinetto (ad esempio zii, cugini e nonni), che potevano agire per porre rimedio ai conflitti interni alla famiglia. È vero che lo scopo delle azioni di certi membri della famiglia mirava spesso ad impedire che i conflitti trapelassero all'esterno, ma è tuttavia innegabile che la loro azione era di fatto rivolta ad interrompere la spirale della violenza, sottraendo la vittima al familiare violento o predisponendo situazioni familiari idonee a produrne il risanamento.
Anche l'organizzazione dell'apparato amministrativo, finalizzata a garantire l'assistenza alla famiglia ed ai suoi singoli componenti nelle diverse situazioni di un percorso di vita difficile (ragazze madri, conflitti di coppia, giovani con problemi di disintossicazione da alcool o da droga, con disagi psicologici, con disturbi del comportamento, etc.), mette in campo servizi socioassistenziali e sanitari che entrano nella famiglia, attivano le proprie capacità di ascolto e riescono a captare i problemi dove prima sarebbe stato impossibile.
Il diverso approccio culturale degli anni '80 ha via via smantellato i vecchi archètipi sulla famiglia, la cui sacralità ed inviolabilità, con i suoi ruoli cristallizzati e rigidi, non ammettevano deroghe neanche di fronte a casi disperati, e portavano a diffidare di ogni voce che denunciasse le colpe ed i fallimenti (fino ad annullarla), quasi che ogni denuncia significasse un pericolo di destabilizzazione  della famiglia, o una delegittimazione dei ruoli chiave all'interno di quest'ultima. Anche la nascita di una nuova cultura giuridica, sempre più sensibile ai problemi della famiglia e dei minori, ha modificato alcuni assenti normativi introducendo la legge contro la violenza sessuale (n. 66 del 1996), la legge contro la pedofilia (n. 259 del 3 agosto 1998) e le due leggi in tema, rispettivamente, di allontanamento dalla casa familiare (n. 149 del 2001) e di ordini di protezione (n. 154 del 2001) ed altre ancora, dando se vogliamo una "certezza" della giustizia e dell'applicazione delle sanzioni nel momento in cui la violenza emerge come denuncia..
Nel sociale hanno reso possibile una diffusa ed immediata segnalazione del malessere e della violenza domestica : la nascita e la proliferazione di linee telefoniche di aiuto grazie alla facilità di accesso al telefono ed all'anonimato della denuncia ; una nuova cultura, veicolata dai centri di accoglienza alle donne vittime di violenze e dalle associazioni di volontariato, che cercano di dare risposte alle situazioni di emergenza, e di sottrarre la donna ed i bambini a situazioni di violenza per guidarli verso un processo di affrancazione, di autonomia, di autostima e libertà;  hanno dato un contributo notevole al problema della violenza domestica i gruppi di auto-aiuto (selfhelp),creati da alcune associazioni per donne che hanno subito violenza. Tali gruppi, che forniscono uno spazio protetto di ascolto ed accoglienza, nel rimarcare quanto sia decisiva nella prevenzione e nella protezione la rete di aiuto, in forma di ascolto e di consulenza psicologica e legale, offrono alle donne fatte oggetto di soprusi la possibilità di confrontarsi e di iniziare un percorso comune per fronteggiare le difficoltà quotidiane ; la conquista della indipendenza economica della donna ed il conseguente cambiamento degli stili di vita e le maggiori possibilità nel campo del lavoro, apertesi a favore delle donne a partire dal dopoguerra, le hanno portate, sempre più frequentemente, ad affrancarsi con maggiore rapidità dalla situazione di violenza familiare, sviluppando le capacità di attivazione delle proprie risorse, permettendo loro di prendere contatti con una rete relazionale più ampia e di uscire dall'isolamento messo in atto dai membri della famiglia
Definizioni
L'azione di maltrattare viene cosi' definita dal Vocabolario della Lingua Italiana Zingarelli: "trattar male, con cattive maniere, mortificando e facendo soffrire la moglie e i figli, gli animali, gli inferiori"; il Vocabolario della lingua italiana, G. Devoto, G. Oli, definisce inoltre maltrattamento la "crudele imposizione di prove avvilenti e dolorose; o come "i maltrattamenti del marito, del padrone."
Il maltrattamento familiare è la causa che il codice penale individua come insieme di atti lesivi dell'integrità fisica o psichica o della libertà o del decoro della vittima, nei confronti della quale viene posta in atto una condotta di sopraffazione sistematica e programmatica. protratti nel tempo Tale condotta può essere rivolta contro il coniuge (di entrambi i sessi) o contro i figli.
(ART. 572 C.P). Nello schema dei delitti di maltrattamento in famiglia non entrano solo le percosse, le minacce e le ingiurie e le privazioni imposte alla vittima ma anche gli atti di scherno, di disprezzo di umiliazione, di vilipendio e di asservimento che cagionano durevole sofferenza morale. Esso nel 95% riguarda le donne come vittime e gli uomini ( partners o ex-partners) in veste di maltrattatori.
Risulta evidente, sia nella definizione giudiziaria che in quella lessicale, che siamo di fronte ad un comportamento, il maltrattare, che si realizza attraverso strategie di mortificazione, attuate tramite il potere ed il controllo esercitato sulle vittime.
Tuttavia, alla chiarezza ed inequivocabilità di queste definizioni, ed alla identificazione del comportamento maltrattante come criminale e dunque punibile per legge, si contrappone la difficile percezione dell'illegittimità di alcuni comportamenti violenti tra uomo e donna quando compiuti all'interno della mura domestiche.
Infatti, non è sempre facilmente classificabile il comportamento degli abusanti, onde è difficile tracciare un limite tra ciò che è tollerabile, e viene pertanto tollerato, e ciò che è illecito.
Le forme della violenza domestica
All'interno delle relazioni amorose, vi è spesso una violenza silenziosa, è una realtà segreta fatta di continue mortificazioni, di ricatti morali che crea un legame sottile con l'aggressore difficile da rompere o da accettare perché è "normale", perché celate dal sacrificio amoroso che fà sentire in colpa; le donne si vergognano della situazione che vivono e non hanno il coraggio di rompere una relazione ambivalente che è caratterizzata sia dalla violenza che dall'amore verso il partner violento. E' probabile che il bisogno di fondersi con "l'amato" stia a rappresentare un tentativo che la donna mette in atto, per cercare di superare un vissuto d'inadeguatezza personale.Il meccanismo della dipendenza, espone maggiormente la donna alla violenza (soprattutto psicologica e ricattatoria) e soprattutto stimola le capacità di tolleranza alla stessa.
Questa violenza è la meno riconosciuta dalla donna e dal contesto sociale La decisione della donna di restare in silenzio e di non denunciare gli abusi subiti può dipendere da più concause tra le quali possiamo sottolineare il ruolo che la società ha sempre assegnato alla donna (moglie e madre), delegandole la responsabilità dell'armonia familiare; il peso di questa eccessiva responsabilizzazione è unito ai rinforzi provenienti dagli amici, parenti e rappresentanti delle agenzie sociali.
Quella domestica si presenta spesso in forma di violenza composita, essa si realizza attraverso il coniugarsi di varie tipologie di violenza : fisica, psicologica, economica, sessuale di cui presentiamo brevemente gli elementi caratterizzanti.
Violenza fisica :picchiare con o senza l'uso di oggetti. Spintonare, tirare per i capelli, dare schiaffi, pugni, dare calci, strangolare, ustionare, ferire con un coltello, torturare, uccidere.
Violenza psicologica: minacciare, insultare, umiliare, attaccare l'identità e l' autostima, isolare, impedire o controllare le relazioni con gli altri, essere sbattut i fuori casa, essere rinchiusi in casa.
T. Bruno, (1998), elenca alcuni esempi di comportamenti abusivi sul piano psicologico: essere chiamata costantemente stupida, brutta incapace, puttana, troia, strega, non brava a letto, cattiva madre, vecchia, cattiva massaia e cattiva amministratrice dei soldi; essere continuamente accusata di inferiorità e controllata in tutti i movimenti; essere paragonata a donne che sono descritte come infinitamente più brillanti, più belle o più competenti; essere messa al corrente di dettagli di relazioni con altre donne; essere punita per trasgressioni commesse da altre donne; essere continuamente responsabilizzata per il maltrattamento, sostenendo che è stata la donna a provocare e che quindi è colpa sua se viene punita; avere la proibizione di frequentare amici e/o parenti; subire continue minacce o ricatti se la donna non si comporta come desiderato dal maltrattatore; non essere assistita in caso di malattia; essere terrorizzate in casa con scenate, in macchina con una guida pericolosa.
Violenza economica: sottrarre alla donna il suo stipendio, impedirle qualsiasi decisione in merito alla gestione dell'economia familiare, obbligarla a lasciare il lavoro o impedirle di trovarsene uno, costringerla a firmare documenti, a contrarre debiti, a intraprendere iniziative economiche, a volte truffe, contro la sua volontà.
Violenza sessuale: fare battute e prese in giro a sfondo sessuale, fare telefonate oscene, costringere a atti o rapporti sessuali non voluti, obbligare a prendere parte alla costruzione o a vedere materiale pornografico, stuprare, rendersi responsabili di incesto; costringere a comportamenti sessuali umilianti o dolorosi, imporre gravidanze, costringere a prostituirsi.
Possiamo cosi' stigmatizzare i meccanismi che si istaurano, ripetuti nel tempo e che determinano un andamento a spirale della violenza domestica: intimidazione, isolamento, valorizzazione,segrega zione, violenza fisica,violenza sessuale, false riappacificazioni, ricatto sui figli.
Rispetto alla violenza sessuale occasionale la violenza domestica è ripetuta e tende alla cronicità. E' multicomponenziale e tutte le forme che può assumere concorrono nel loro insieme a produrre un danno.
Tale danno appare tanto più irreversibile quanto:
• più la violenza si protrae nel tempo;
• più esiste consanguineità e prossimità tra aggressore e vittima;
• più la vittima è isolata da una rete relazionale.
Le dinamiche
La violenza domestica può insorgere in qualsiasi momento della relazione: a volte si presenta subito, a volte si verifica in concomitanza della nascita di un figlio; a volte subentra dopo tanti anni di matrimonio; anche la frequenza e la gravità degli episodi di violenza sono estremamente variabili.
L'obiettivo di chi mette in atto questa spirale è garantire il proprio status quo,( conservare il proprio potere ed il proprio esercizio del controllo), attraverso una serie di strategie agite dal partner al fine di poter esercitare il proprio controllo sulla compagna, spesso anche sui figli. relegando le donne in uno stato di subalternità, Il partner violento agisce in modo tale da creare un clima di tensione e di isolamento che si realizza attrave rso minacce, divieti, colpevolizzazione e denigrazione della donna; è in questo clima che si inscrive l' episodio di violenza. Solitamente la frequenza e la gravità degli episodi tendono ad aumentare col tempo, sino a quando le donne, dopo vari tentativi di ricomposizione e recupero della relazione ,tentativi che vedono la messa in campo di varie strategie di sopravvivenza, quali la minimizzazione degli episodi di violenza e l'autocolpevolizzazione, non decidono di sottrarre sé stesse e i propri figli a tale situazione di sopraffazione
Le conseguenze
Le conseguenze della violenza domestica possono essere molto gravi.
Si creano gravi problemi di salute a medio e lungo termine, infatti le donne vittime di violenza domestica possono facilmente manifestare sintomi di rilevanza patologica sul piano psichico , perdita di autostima, ansia e paura per la propria situazione e per quella dei propri figli, autocolpevolizzazione, un profondo senso di impotenza, depressione, disturbo post-traumatico da stress, infatti "sul piano fisico" oltre ai traumi dagli esiti reversibili, insorgono problemi psicosomatici, disturbi del sonno, danni permanenti alle articolazioni, cicatrici, perdita parziale dell'udito e/o della vista, etc.; "materiale e relazionale" si possono verificare perdita del lavoro, perdita della casa e di eventuali altre proprietà, perdita di un certo tenore di vita; l'isolamento, l'assenza di comunicazione e di relazioni con l'esterno, la perdita di relazioni amicali.
E' inoltre importante ricordare che la violenza produce effetti e conseguenze gravissime non solo sulla donna, ma anche sui figli, sia che siano essi stessi maltrattati, sia che "semplicemente" assistano agli episodi di violenza.
Luoghi comuni
Non possiamo sottacere che molti sono i luoghi comuni che impediscono una corretta lettura delle situazioni di violenza , lasciando con, complice indifferenza che essa continui a perpetrarsi.
E' generalmente considerato che la violenza domestica è presente in contesti familiari culturalmente ed economicamente poveri, mentre essa è per lo più un fenomeno che taglia trasversalmente tutte le fasce sociali, anche se emerge maggiormente in quelle meno abbienti. Ciò in quanto i servizi territoriali possono penetrarvi più facilmente e percepire le situazioni a rischio: infatti, la segnalazione trova nei contesti più degradati un minor numero di ostacoli. Anche se le conseguenze dello svantaggio culturale ed economico riguardano soprattutto le classi marginali, esiste un fenomeno che caratterizza tutte le classi sociali, ovvero l'incapacità relazionale, che può sottendere ad una situazione di prevaricazione e di abuso. Mentre lo svantaggio economico è ben visibile e quindi più facilmente aggredibile attraverso opportuni percorsi, quello relazionale, basato su una comunicazione familiare distorta e perversa, è meno visibile all'esterno e dunque meno prevenibile o curabile. Ciò significa che, in pratica, non è possibile disegnare l'identikit del soggetto abusante, potendo egli appartenere a qualsiasi ambiente sociale, svolgere qualsiasi attività lavorativa ed avere qualsiasi età.

D.ssa Rita Giorgi

BIBLIOGRAFIA
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