Dott. F. Di Fabio, relazione al convegno 22.09.2001



L’orientamento ed il comportamento dell’Istituto di  Assicurazione per le patologie psichiche lavoro – correlate



CONVEGNO

" L'orientamento ed il comportamento dell'Istituto di Assicurazione per le patologie psichiche lavoro - correlate"

Pescara, 22 Settembre 2001

Dopo le belle relazioni degli illustri colleghi che mi hanno preceduto, Prof. Gilioli e Prof. Paoletti, che hanno inquadrato molto bene le varie problematiche inerenti queste malattie da lavoro emergenti, passiamo ad analizzare il punto di vista INAIL, cioè dell'Istituto assicuratore deputato alla funzione, costituzionalmente garantita, di tutela dei lavoratori contro il rischio per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
Nell'associarmi al saluto a tutti i partecipanti a questo Convegno, mi sia consentito un vivo ringraziamento al Dott. Cordone e al Dott. Di Ninni e a tutti gli organizzatori di questa manifestazione, per l'interesse accordato anche ai problemi di ordine previdenziale, che rappresentano qualche volta il versante scomodo e trascurato della medicina del lavoro, e per avermi invitato a partecipare in qualità di Sovrintendente Medico Regionale dell'INAIL.
Rallegramenti ancora agli Organizzatori per aver coinvolto nell'ampio quadro di condivisione di esperienze e soluzioni esperti di alto profilo, quali il Prof. Giglioli, il Prof. Paoletti ed il Dott. Sorgi, giudice del lavoro del Tribunale di Forlì.
Il Prof. Gilioli ci ha inquadrato in maniera magistrale le principali patologie psichiche lavoro - correlate, con particolare riferimento al fenomeno Mobbing, nel loro aspetto eziologico, clinico, epidemiologico e psico-sociale.
Il Prof. Paoletti ci ha illustrato, sempre con la chiarezza che lo contraddistingue, le principali situazioni lavorative a rischio e il ruolo del medico del lavoro in presenza di patologie psichiche lavoro-correlate.
Ruolo d'altronde previsto anche dal D.L. 626/94 - Tutela psico-fisica del lavoratore - Tutela globale DL 38/2000.
Negli anni 70 e 80 l'INAIL si occupava di Malattie professionali come la Silicosi, la Silicatosi, la sordità da rumore, l'Asbestosi.
Nel corso degli anni 90 abbiamo cominciato anche ad occuparci di nuove malattie professionali, come per esempio le malattie da posture incongrue, microtraumi ripetuti, malattie da videoterminali, malattie da fitofarmaci, pesticidi ecc, malattie tumorali, patologie da lavoro femminile. Patologie queste che il Sen. Smuraglia definiva MP "perdute" e "sconosciute".
Oggi sulla scena stanno irrompendo nuovissime malattie da lavoro: il mobbing e lo stress. E' diventato forse una "moda".
Il Prof. Gilioli ci ha ricordato le percentuali dei lavoratori vittime di molestie morali sul lavoro: Gran Bretagna 14%, Svezia 10,2%, Francia 9,9%, Germania 7,3%, Spagna 5,5%, Italia 4,2%. Aumentato assenteismo dal 23 al 34%.
In Italia il mobbing sembra una "scoperta" recente.
In realtà nel nostro paese è presente e largamente diffuso, anche se per lungo tempo l'argomento è stato ampiamente disatteso e ignorato dagli studiosi delle dinamiche lavorative e dei gruppi di lavoro.

Il fenomeno del "mobbing" in ambito INAIL: l'orientamento dell'Istituto di Assicurazione

Sempre maggiore attenzione è dedicata, specie in questi ultimi anni, da parte del mondo scientifico, degli operatori del settore ma anche dei mezzi di comunicazione di massa, al fenomeno del "mobbing", cioè allo stress causato da rapporti interpersonali anomali (persecuzione psicologica,
discriminazioni, discredito, ecc.) con superiori (mobbing verticale) o compagni di lavoro (mobbing orizzontale) durante l'attività lavorativa.
Il mobbing determina un disagio soggettivo , lo ha detto il Prof. Gilioli e ribadito il Prof. Paoletti , che, se sistematico, duraturo e intenso, può avere riflessi negativi psicofisici e quindi, danni alla salute ed anche danni patrimoniali.
Precoci sono i segnali di allarme psicosomatico (cefalea, gastroenteralgie, dolori osteoarticolari, mialgie, disturbi dell'equilibrio), emozionale (ansia, tensione, disturbi del sonno, dell'umore), comportamentale (anoressia, bulimia, potus, farmacodipendenza), fino ad arrivare , se lo stimolo avverso è duraturo, a disturbi dell'adattamento (oltre i 2/3 dei casi) e a disturbi post-traumatici da stress (evento meno frequente).
E questo sempre dall'esperienza della Clinica del Lavoro di Milano.

Mobbing e risarcimento nel diritto comune e nel diritto previdenziale

Nel diritto comune:
Abbiamo visto che il mobbing determina un disagio soggettivo che, se sistematico, duraturo ed intenso, può avere riflessi negativi psicofisici.
Tali riflessi negativi possono menomare i diritti individuali inviolabili, in quanto costituzionalmente protetti, quali quello alla personalità, alla salute, etc...e possono altresì incidere sui diritti patrimoniali, riducendo in modo temporaneo o permanente, la capacità di lavoro e di guadagno.
Pertanto anche il mobbing, se è causato da un comportamento colposo o doloso di un terzo e determina un danno (non patrimoniale e/o patrimoniale) economicamente valutabile può far sorgere il diritto al risarcimento del danneggiato secondo le regole del diritto comune.
In sintesi, nel diritto civile il risarcimento da mobbing , ce lo dirà meglio forse il Dott. Sorgi, soggiace alle regole comuni riferibili di norma agli art. 2043 o 2087 o 2059 c.c. , con onere più o meno impegnativo, della parte assertivamente danneggiata di provarne il fondamento.
B) L'indennizzo nel diritto previdenziale
Esaminiamo ora se il mobbing possa determinare anche un evento che, in quanto astrattamente qualificabile come infortunio sul lavoro o malattia professionale, potrebbe essere indennizzato dall'INAIL qualora ricorressero, in concreto, tutte le condizioni previste dalla normativa vigente in materia.
Infortunio o malattia professionale?
Il mobbing, per il suo stesso modo di manifestarsi, potrebbe rientrare tra le "malattie" e collocarsi tra quelle "non tabellate".
Affinchè la malattia possa qualificarsi "professionale", ai fini della tutela assicurativa obbligatoria, è necessario che la stessa sia stata contratta , per usare le stesse parole della corte Costituzionale, "a causa del lavoro".
Il mobbing quindi verrebbe ad essere inquadrato come MP non tabellata e pertanto con onere della prova (diretto nesso eziologico tra l'ambiente di lavoro e la malattia contratta) a carico del lavoratore.
Prova della "causa di lavoro" che deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, rimanendo esclusa la rilevanza della mera possibilità, anche secondo il principio di equivalenza delle cause.
Questa premessa è fondamentale e necessaria perché nell'indennizzo nel diritto previdenziale, senza la concreta "prova provata" del rapporto di causalità non esiste la malattia professionale.
Sotto l'aspetto medico-legale quindi, il problema pregiudiziale è quello di stabilire se la malattia da mobbing possa ritenersi "causata dal lavoro", o viceversa, l'ambiente di lavoro altro non sia, nel mobbing, che una circostanza concomitante, puramente "cronologica" o "topografica", tantochè l'evento non possa essere a questo riferito ma, bensì, esclusivamente dalla condotta affatto ricollegabile alla attività lavorativa.
In altre parole il mobbing può considerarsi un rischio diretto o ambientale proprio del lavoro o viceversa ha origine extralavorativa?
Ed ancora: qual è il ruolo delle condizioni di lavoro nella determinazione della malattia in presenza anche di cause extralavorative? e quale è il ruolo della Soglia individuale di resistenza alla violenza psicologica?
Si porrà particolare attenzione a quanto ci dirà in merito il Dott. Sorgi.
Il fenomeno quindi, pur essendosi finora essenzialmente manifestato in sede civilistica, inizia ad interessare anche la sfera assicurativo-previdenziale, essendo pervenute all'INAIL le prime richieste per il riconoscimento di malattia professionale.
Lucidi n. 1 e 2 (DATI INAIL AGOSTO 2001)
L'INAIL ha già ricevuto negli ultimi mesi una sessantina di denunce per questo tipo di malattie, alcune di queste segnalate con il termine di "mobbing"; circa l'80% dei casi proviene da tre regioni, Lombardia, Liguria e Puglia, (di questi ben 20 provengono tutti dalla stessa azienda ILVA di Taranto).
Nel complesso prevale il settore privato (80%), il sesso maschile (60%) e la fascia di età intorno ai 50 anni (oltre il 70%), la scolarità è elevata, molti i diplomati e con buona parte di laureati (20%) e conseguentemente qualifiche professionali medio/alte.
Tali evidenze sono in linea con quanto già riportato in letteratura da diverse pubblicazioni sia nazionali che internazionali, e rilevate dal Dott. Orsini dalla casistica esaminata presso la S.M.G..
Sui casi esaminati e sul fenomeno in generale si ritiene di poter fare le seguenti osservazioni:
il termine "mobbing" derivato dagli studi di etologia sugli uccelli di Konrad Lorenz e adottato dai paesi del nord-Europa con il tipico gusto fiabesco nell'affrontare i problemi umani e sociali, sembra calzi molto poco con la realtà italiana del mondo del lavoro, ove l'impostazione gerarchica dei rapporti di lavoro, la diffusa tendenza alla competizione e quindi ai conflitti, non ha fatto emergere tali componenti (con eventuali ripercussioni sulla salute dei lavoratori) se non in condizioni estreme.
- Nei casi esaminati difficilmente si è individuata quella azione di "mobbing" come descritta in letteratura e corrispondente al termine dell'etologia, cioè la intenzionale violenza e persecuzione psicologica attuata con sottili espedienti, mirata a danneggiare la persona.
Si tratta invece di situazioni perlopiù contingenti, legate al mercato del lavoro, ad esigenze di mobilità e di flessibilità, favorite a volte dalla più recente legislazione italiana in merito. Dette condizioni sono spesso ben note, e quindi anche prevedibili i relativi sbocchi negativi, ai lavoratori-vittime.
Il più delle volte sono le prime reazioni di tipo sindacale e/o giudiziarie che innescano e perpetuano meccanismi conflittuali e di reciproca difesa di posizione.
- In definitiva valgono le considerazioni del sociologo Ivo Germano, docente di sociologia dell'Università di Bologna (riportate nel RAPPORTO ITALIANO 2000 dell'Euroispes) il quale parla di "....passaggio dall'era del tiranno burocratico a quella del mobbing", e aggiunge "...mentre il sopruso del superiore è ben delineabile, quello definito come mobbing è anonimo, strisciante; oggi le calunnie si nascondono sotto forme diverse, piccole vendette, ricatti non detti, allusioni pericolose, avances appena accennate. E' un livello virtuale dove chiunque può contribuire ad esercitare una pressione."
Tali prerogative, anche se possibili in qualche caso, ma non facilmente accertabili, non ricorrono nella nostra casistica, che è parte, di quella, molto più vasta (2000 casi) dei ricercatori di Milano - diretta dal Prof. Gilioli - intervenuti in quasi tutti i casi denunciati all'INAIL.
In base a quanto sopra si può dire che è più calzante e persistente nella realtà italiana la condizione del "tiranno burocratico" per molestie esercitate perlopiù dal datore di lavoro, raramente dai colleghi di lavoro.
Ai fini dell'orientamento medico-legale sull'argomento, l'INAIL ritiene quindi non trasferibile il termine "mobbing" nella dottrina medico-legale assicurativa, mentre per le assimilabili fattispecie di rischio dell'ambiente di lavoro, prevalentemente datoriale, si potrebbe prendere in esame la definizione di "malattie psicosomatiche da stress e disagio lavorativo".
Lucido n. 3
"MOBBING"
COSTITUISCONO UN RISCHIO TUTELABILE LE SEGUENTI CONDIZIONI:
STRESS E DISAGIO LEGATI ALL'AMBIENTE DI LAVORO (organizzazione, mutamenti ecc.) - Costrittività organizzativa -
COMPORTAMENTI AVVERSI DI SINGOLI SOGGETTI (datori di lavoro, colleghi di lavoro) NEI CONFRONTI DEL LAVORATORE. - Mobbing strategico.-
IL TERMINE MOBBING DOVREBBE ESSERE TRALASCIATO E ALLA EVENTUALE MALATTIA DARE LA DEFINIZIONE DI "MALATTIA PSICOSOMATICA DA STRESS E DISAGIO LAVORATIVO".
Quindi, il rischio lavorativo tutelato non è da individuare nel comportamento del singolo ma nell'organizzazione del lavoro.
Il Prof. Gilioli e il Prof. Paoletti ci hanno ricordato che, sotto il profilo della tutela assicurativa, va considerato che nel Mobbing gli "agenti di rischio" esulano dalle lavorazioni o processi lavorativi di cui all'art. 3 T.U., in quanto il "mobbing" è legato a comportamenti soggettivi di tipologia e motivazioni molto varie, per i quali è incerto se possa riconoscersi una assimilazione, sia pure mediata ed indiretta, alla nozione di rischio tecnopatico lavorativo.(Rischio fisico, chimico e biologico).
Tenendo presente questi principi l'INAIL sta valutando se esistono i presupposti per configurare un "rischio ambientale lavorativo" assicurativamente rilevante, nelle situazioni in cui le azioni costituenti il "mobbing" scaturiscano da precise e ben individuabili "alterate" condizioni dell'ambiente di lavoro, chiaramente mirate a finalità lavorative oggettivamente riscontrabili.
Sulla base di questo primo livello di approfondimento, eseguito dal lato sanitario dalla Prof. Balletta e dal Dott. Orsini della Direzione Generale, il punto della situazione può riassumersi nei seguenti termini.
1) La sentenza della Corte Costituzionale n. 179/88, introducendo il c.d. "sistema misto" nell'ambito dell'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali, ha esteso la tutela a tutte le malattie di cui sia dimostrata, con onere della prova a carico del lavoratore, la causa di lavoro, superando in tal modo il vincolo da lavorazione, come previsto dagli art. 3 e 211 del T.U..
Alla luce di tale sentenza, interpretata anche in relazione all'evoluzione delle forme di organizzazione dei processi produttivi e dell'accresciuta attenzione, anche legislativa, ai profili di sicurezza e salute sul lavoro, l'INAIL ritiene che il rischio tecnopatico assicurativamente rilevante sia non solo quello collegato alla nocività intrinseca delle lavorazioni, tabellate e non, in cui si sviluppa il ciclo produttivo aziendale, ma anche quello riconducibile alla concreta organizzazione aziendale in cui si svolgono le prestazioni lavorative.
2) Esistono sicuramente specifiche patologie psichiche e psicosomatiche riconducibili al lavoro in quanto conseguenza di stress determinato da incongruenze delle scelte di processo organizzativo (cosiddetta "costrittività organizzativa").
All'interno di questa categoria si può collocare anche il cosiddetto "mobbing strategico" ossia quell'azione, specificamente ricollegabile a finalità lavorative, posta in essere tanto dall'azienda quanto da colleghi pari grado al fine di ottenere l'allontanamento, o l'emarginazione, del lavoratore dall'ambiente di lavoro in cui opera.
L'INAIL ritiene che, in linea generale, le patologie psichiche e psicosomatiche conseguenza di stress e disagio lavorativi, determinate da incongruenze delle scelte di processo organizzativo, compreso il mobbing strategico con finalità lavorative, possano essere oggetto della tutela assicurativa, ogniqualvolta l'assicurato ne provi la causa di lavoro ai sensi della sentenza della Corte Costituzionale n. 179/88.
Si riconosce quindi centralità allo stress quale fattore morbigeno, al quale ricondurre - senza necessariamente addentrarsi in dimostrazioni puntuali di specifiche responsabilità - sia situazioni configurabili come "mobbing strategico", sia situazioni derivanti dalla crescente "costrittività organizzativa".
Ritiene, peraltro, che le singole fattispecie debbano essere verificate con rigorosa criteriologia medico-legale allo scopo di accertarne, caso per caso, l'eziologia professionale nei termini propri della tutela assicurativa, e cioè di rapporto causale diretto ed efficiente tra rischio lavorativo e patologia.
Ritiene invece, che non siano catalogabili nel rischio lavorativo né fattori organizzativi legati al normale andamento del rapporto di lavoro né fattori indotti dalle dinamiche psicologico-relazionali comuni sia agli ambienti di lavoro che a quelli di vita.
3) INFORTUNIO o M.P.? Il corretto inquadramento assicurativo delle patologie in oggetto e la loro conseguente sussunzione nelle categorie della malattia professionale o dell'infortunio sul lavoro, dipende dalle modalità di manifestazione dell'evento lesivo.
In particolare, la causa può essere lenta e progressiva ovvero violenta; mentre nel primo caso una serie di insulti ripetuti nel tempo provocano l'insorgenza graduale di un disturbo da stress, nel secondo caso, un unico insulto, elaborato dal soggetto, si accentua e si struttura nel tempo determinando la rottura dell'equilibrio psico-fisico del soggetto stesso.
Si ritiene tuttavia, che normalmente i fattori di rischio organizzativo-ambientale agiscano per accumulo e quindi siano riconducibili alla categoria di "causa lenta, progressiva e diluita nel tempo" che caratterizza la malattia professionale.
Ciò non toglie che possano esistere situazioni in cui si verifichino eventi documentabili di efficienza causale tale da determinare la rottura dell'equilibrio psico-fisico del soggetto fino a quel momento conservato; in queste situazioni, in cui la patologia si manifesta come incidente acuto ad espressione clinica intensa, ben limitata e circoscrivibile nel tempo (esempio tipico è l'infarto), la patologia potrebbe essere inquadrata come infortunio.
Premesso quanto sopra, il problema va esaminato anche dal punto di vista della diagnosi eziologica.
Tale diagnosi presuppone:
un percorso di valutazione del rischio connesso all'organizzazione del lavoro, per individuare situazioni tipizzabili, in cui gli elementi di costrittività organizzativa, si trasformano in reale pericolosità;
un inquadramento clinico e medico-legale delle patologie psichiche e psicosomatiche compatibili con il rischio di cui si tratta;
un percorso metodologico che definisca i criteri anamnestici, clinici e strumentali da seguire per verificare la ricorrenza del nesso causale;
un percorso metodologico che evidenzi lo stato anteriore del soggetto e le cause simultanee e sopravvenute.
In linea con l'ormai consolidato indirizzo di privilegiare un approccio anche culturale ai problemi istituzionali - con l'apporto qualificato del mondo esterno, sul modello di quello positivamente sperimentato e tuttora operante in materia di danno biologico (D.L. 38/2000) - vi è stata sull'argomento una specifica delibera del Consiglio di Amministrazione del 26.7.2001 che ha approvato, tra l'altro, la proposta di definire adeguati percorsi metodologici, avvalendosi di un apposito Comitato scientifico, composto da 5 esperti di alto profilo in Medicina del Lavoro, Medicina Legale, Psicologia del lavoro, Psichiatria forense, nonché da responsabili delle funzioni centrali dell'INAIL (Direzione Centrale Prestazioni, S.M.G., Avvocatura Generale e CONTARP).
COMPORTAMENTO DELL'INAIL PER LE PATOLOGIE PSICHICHE LAVORO-CORRELATE.
In attesa dei suddetti protocolli specifici, verranno fornite a breve - ottobre prossimo - le indicazioni operative per la trattazione delle denunce delle malattie in esame.
Poiché si tratta di malattie non tabellate, l'onere della prova è a carico del
lavoratore assicurato cui spetta di produrre tutta la documentazione utile sia sugli elementi di fatto del rapporto causale (rischio e malattia), sia sulla ipotizzata esistenza del nesso causale. Costituisce elemento probatorio anche la denuncia che il datore di lavoro è tenuto a presentare ai sensi del quinto comma dell'art. 53 del Testo Unico.
Prova non sempre facile in quanto ogni forma di provocazione o di aggressione deve essere dimostrata e la difficoltà consiste spesso nel disporre di prove flagranti, anche perché talora non sono presenti manifestazioni di solidarietà da parte dei compagni di lavoro. Si tratta, dunque, per il lavoratore di raccogliere documentazioni relative ad eventuali provvedimenti: lettere di richiamo o di biasimo, modifica di mansioni, trasferimento di sede di lavoro, spostamento di ufficio, ecc.
Per aiutarsi nella diagnosi/prova, ci si può rivolgere ai centri specializzati presenti sul territorio (Milano, presso la Clinica del Lavoro dell'Università - Bologna - Pescara).
Un appello particolare vorrei rivolgere ai medici legali che operano presso il Centro Mobbing di Pescara, perché il loro lavoro sia sempre fondato su criteri di rigorismo metodologico, non soltanto formale, nella consapevolezza che una errata applicazione dei fondamentali precetti sul nesso causale comporterebbe inevitabilmente, oltre ad una svalutazione del ruolo medico, anche ad una distorsione funzionale della tutela privilegiata dei lavoratori con svilimento delle sue finalità e mortificazione delle esigenze primarie dei veri tecnopatici.
Si dovrebbe evitare che semplici ipotesi o anche teoriche possibilità finissero con l'estendere ingiustificatamente il limite di tutela.
Con il "non si può escludere" tutto potrebbe finire con l'essere accettato, trasformando ipotesi in possibilità, possibilità in probabilità e queste in gravi certezze.
Sotto il profilo del rischio è essenziale acquisire sempre riscontri oggettivi, di quanto asserito dall'assicurato, anche attraverso accertamenti ispettivi.
L'istruttoria medico-legale dovrà comprendere in ogni caso:
· Esame e valutazione della documentazione sanitaria prodotta per un primo inquadramento della patologia denunciata;
· Raccolta anamnestica: anamnesi lavorativa , familiare, personale fisiologica, patologica remota e prossima.
Fondamentale una corretta anamnesi lavorativa che si concentri sui seguenti punti:
grandezza dell'azienda e del reparto del mobizzato, settore produttivo;
storia lavorativa all'interno dell'azienda e determinazione temporale dell'attività in cui il lavoratore avrebbe subito il mobbing;
contesto nel quale si inseriscono le azioni potenzialmente mobizzanti;
durata della violenza morale in numero di mesi;
frequenza degli attacchi;
caratteristiche e modalità degli attacchi subiti;
numero dei soggetti praticanti tali violenze e loro ruolo all'interno dell'azienda;
valutazione del lavoratore sulle eventuali motivazioni del mobbing;
eventuale coinvolgimento dei colleghi o dei superiori gerarchici da parte del mobizzato;
situazione interna all'azienda (periodi di riduzione del personale, ristrutturazioni etc.);
epoca di esordio delle manifestazioni patologiche;
definizione esatta delle diverse patologie con attenzione anche allo stato di salute anteriore;
valutazione soggettiva dell'autostima del lavoratore riferito all'epoca precedente e successiva le azioni di mobbing.
· Esame obiettivo;
· visita neurologica;
· visita psichiatrica con eventuali indagini psicodiagnostiche. A questo riguardo si deve valutare la possibilità di eseguire gli accertamenti presso centri specializzati (psichiatria e/o psicopatologia forense);
come per le altre malattie non tabellate, l'Istituto fornisce il proprio contributo all'assolvimento dell'onere della prova; in particolare quando l'area sanitaria, sulla base della documentazione acquisita, esprime una prima valutazione di "sospetta" malattia professionale, tutti gli ulteriori
esami specialistici necessari per l'approfondimento del nesso eziologico sono svolti a cura e carico dell'Istituto.
Infine, stante la novità e la complessità della valutazione delle malattie di cui si tratta, e considerata l'esigenza di acquisire un adeguato patrimonio di informazioni e conoscenze da mettere a disposizione del Comitato scientifico, in vista della realizzazione di protocolli metodologici nazionali, tutte le fattispecie, con documentazione completa e probante, corredate del parere medico-legale della Sede e della Sovrintendenza Medica Regionale, devono essere inviate all'esame centrale, indirizzandole alla Direzione Centrale Prestazioni di Roma.
Grazie
Dott. Francesco Di Fabio
Sovrintendente Medico Regionale INAIL
L'Aquila, 21 settembre 2001