Disegno di Legge 07.06.2006, n.584



Norme per contrastare la violenza o la persecuzione psicologica nell'ambito dell'attività lavorativa (mobbing)


SENATO DELLA REPUBBLICA
XV LEGISLATURA

DISEGNO DI LEGGE N. 584

d'iniziativa del senatore RIPAMONTI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 7 GIUGNO 2006


Norme per contrastare la violenza o la persecuzione psicologica nell'ambito dell'attivita` lavorativa (mobbing)


Onorevoli Senatori. - Il lavoro e` uno dei momenti fondamentali di autorealizzazione dell'individuo; la menomazione di questa opportunita` per conflitti interpersonali nei luoghi di lavoro o per decisione dell'impresa, ente o amministrazione pubblica e` un fatto grave sotto l'aspetto della tutela individuale della dignita` ed integrita` della persona, ma e` anche grave perche´ determina la generazione di diseconomie interne ed esterne al luogo di lavoro. La cooperazione nel lavoro e` la migliore strada per una adeguata utilizzazione e valorizzazione delle risorse umane.
La moderna psicologia del lavoro ha individuato nei fattori che fanno degradare tale cooperazione e che determinano menomazioni psico-fisiche nei lavoratori, un'area di intervento meritevole di prioritaria attenzione soprattutto sotto l'aspetto della prevenzione.
La pubblicistica anglosassone piu` avanzata, ed in particolare quella scandinava, ha definito mobbing il fenomeno delle violenze morali, pressioni e molestie psicologiche nei luoghi di lavoro. Il mobbing si determina quando tali fatti si verificano in modo sistematico, duraturo e intenso, tra lavoratori e nel rapporto tra lavoratori e datori di lavoro (pubblici e privati).
Si tratta di problemi rilevanti che devono essere affrontati con un rapporto equilibrato nella relazione che si puo` determinare con gli spazi di autonomia gestionale e organizzativa propri delle imprese e degli enti.
I soggetti che restano vittime delle azioni di mobbing vengono colpiti nella sfera psichica, spesso con forme depressive gravi, e compressi nella propria capacita` lavorativa e nella propria autostima. In casi estremi la forte pressione psicologica, le «percosse psichiche », i maltrattamenti verbali, la compressione della persona in una permanente condizione di inferiorita`, concorrono, spesso in modo decisivo, al suicidio. In Svezia si e` calcolato che le cause di suicidio vedono il mobbing come elemento scatenante in oltre il 15 per cento dei casi. Le forme depressive dovute al mobbing recano un danno socioeconomico rilevante e quindi intervenire su questo problema non e` solo necessario per ragioni etiche, di giustizia e di correttezza nei rapporti umani e per la tutela dei valori della convivenza civile, ma anche di opportunita` economica, sia per il buon funzionamento delle aziende, sia per minimizzare i costi sociali e sanitari, sia anche per accrescere la coesione sociale.
Il provvedimento legislativo qui proposto interviene prima di tutto per favorire una azione preventiva efficace, per informare e sensibilizzare tutti i soggetti interessati alla gravita` del problema, per riconoscere il mobbing, per poter intervenire quando le molestie morali e le violenze psicologiche non abbiano ancora prodotto danni.
L'articolo 1, al comma 1 definisce la finalita` e il campo di applicazione del presente disegno di legge stabilendo i princı`pi fondamentali per la tutela dei lavoratori e delle lavoratrici che subiscono violenza o persecuzione psicologica nell'ambito dell'attivita` lavorativa, piu` comunemente: mobbing. In particolare con il comma 2 si definisce con precisione ed in modo approfondito sia il concetto di violenza o persecuzione psicologica sia la diagnosi di sindrome correlata attraverso la quale valutare con piu` certezza patologie correlate al mobbing, anche con l'aiuto di un protocollo valutativo allegato al presente disegno di legge. Il comma 3 definisce
il campo di applicazione della norma che riguarda tutte le tipologie di lavoro, pubblico e privato, indipendentemente dalla loro natura, dalla mansione svolta e dalla qualifica ricoperta, mentre il comma 4 stabilisce l'applicazione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 in materia di miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, qualora non vi siano disposizioni specifiche contenute nel disegno di legge.
L'articolo 2 prevede una articolata attivita` di prevenzione che dovra` essere realizzata dai datori di lavoro o dai committenti, pubblici o privati, ovvero dagli utilizzatori ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e dalle rappresentanze sindacali. Questi soggetti dovranno, in base al comma 1, valutare i rischi relativi alle situazioni di violenza o persecuzione
psicologica nell'ambito dell'attivita` lavorativa a norma dell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626; adottare, in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e con il medico competente, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza, le misure organizzative e gestionali necessarie ai fini della prevenzione delle situazioni di violenza o persecuzione psicologica nell'ambito dell'attivita` lavorativa, tenendo conto anche dell'esigenza di promuovere condizioni di pari opportunita`; richiedere l'osservanza di tali misure da parte dei singoli lavoratori e permettere di verificarne l'applicazione mediante il rappresentante per la sicurezza; prendere, in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e con il medico competente, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza, per il caso di individuata situazione di violenza o persecuzione psicologica nell'ambito dell'attivita` lavorativa, appropriati provvedimenti al fine di garantirne la pronta cessazione; assicurare che ciascun lavoratore e rappresentante per la sicurezza riceva una formazione specifica e adeguata in ordine ai rischi relativi alle situazioni di violenza o persecuzione psicologica nell'ambito dell'attivita` lavorativa e alle misure adottate per la prevenzione delle predette situazioni. Il comma 2 prescrive l'osservanza, da parte dei lavoratori, delle misure di prevenzione adottate dal datore di lavoro.
Il comma 3 prevede che, su richiesta del lavoratore, il medico competente effettui l'accertamento dei disturbi correlati a violenza o persecuzione psicologica nell'ambito dell'attivita` lavorativa con la successiva comunicazione al lavoratore stesso. Il comma 4 dispone una serie di adempimenti a carico del rappresentante per la sicurezza. Il comma 5, infine prevede la facolta` per i soggetti che stipulano i contratti collettivi nazionali di lavoro di adottare codici antimolestie e, in particolare, codici volti alla prevenzione degli atti e comportamenti di cui all'articolo 1, comma 2, anche mediante procedure di carattere conciliativo e tecniche incentivanti.
L'articolo 3, comma 1, tiene conto delle competenze regionali riguardanti l'assistenza e la prevenzione in materia di salute, quindi la diagnosi e la terapia dei disturbi correlati a violenza o persecuzione psicologica nell'ambito dell'attivita` lavorativa. E` prevista l'istituzione, da parte delle regioni, di centri pubblici o istituti specializzati di diritto pubblico al fine di certificare la diagnosi di sindrome correlata, sindrome non correlata o sindrome allo stato non sufficientemente correlabile nonche´ impostare tutti quei provvedimenti terapeutici necessari per la remissione della patologia. Al comma 2 viene programmata, inoltre, l'interconnessione dei centri a livello nazionale in cui devono essere utilizzati spazi e personale specialisticamente formato ed esclusivamente dedicato, riconoscendo le figure professionali minime ed uniche per
la diagnosi. Viene lasciata all'organizzazione interna dei centri la possibilita` di utilizzare tutte le specialita` mediche, con il modello della consulenza. Con il comma 3 si vuole garantire il lavoratore circa il rispetto della privacy e della possibilita` di utilizzare la diagnosi richiesta nei modi che ritiene opportuni.
Trattandosi di patologie non psicopatologicamente autonome e non essendo inquadrabili in sindromi cliniche specifiche, al comma 4 viene data la possibilita` che la terapia possa essere affrontata oltre che presso gli altri centri anche presso quelli gia` esistenti nei Dipartimenti di salute mentale distribuiti sul territorio.
L'articolo 4 stabilisce l'obbligo per i datori di lavoro o i committenti, pubblici o privati, ovvero gli utilizzatori ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e le rappresentanze sindacali di porre in essere iniziative di informazione periodica sulle fattispecie di cui all'articolo 1, comma 2, e che i lavoratori possano riunirsi, fuori dall'orario di lavoro, nei limiti di cinque ore su base annuale, per discutere riguardo alle violenze ed alle persecuzioni psicologiche di cui all'articolo 1, comma 2.
L'articolo 5 prescrive la nullita` di qualsiasi patto od atto riconducibile a violenza o persecuzione psicologica nell'ambito dell'attivita` lavorativa.
L'articolo 6 impone al personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale di adottare, nei confronti dei soggetti che pongono in essere gli atti o comportamenti di cui all'articolo 1, comma 2, il provvedimento di disposizione di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124. La mancata ottemperanza alla disposizione comporta l'applicazione della sanzione  amministrativa da euro 1.000 ad euro 6.000 mentre nei confronti dei lavoratori la mancata ottemperanza comporta l'applicazione della sanzione amministrativa da euro 300 ad euro 600.
L'articolo 7 intende offrire, con il comma 1, uno specifico strumento di tutela in via d'urgenza al lavoratore che abbia subı`to atti, atteggiamenti o comportamenti riconducibili a violenza o persecuzione psicologica nell'ambito dell'attivita` lavorativa. Viene assicurata al lavoratore una tutela pu` immediata ed efficace rispetto a quella ordinaria nei casi in cui gia` sia intervenuto da parte dei centri all'uopo deputati un accertamento preliminare circa la sussistenza di un pregiudizio alla salute del lavoratore e circa la correlabilita` delle condizioni di salute alla situazione lavorativa, in base ai parametri fissati con il protocollo allegato al presente disegno di legge. In questi casi, il lavoratore potra` ottenere dal giudice adito competente, in tempi ristrettissimi, un decreto immediatamente esecutivo che, se non opposto secondo il  meccanismo dell'articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300, diventera` definitivo senza bisogno di successivi accertamenti giudiziali a cognizione piena, come invece avviene in caso di tutela cautelare ai sensi dell'articolo 700 codice di procedura civile. In tutti gi altri casi la tutela invocabile dal lavoratore sara` quella ordinaria (articolo 700 del codice di procedura civile e articoli 413 e seguenti del codice di procedura civile). Il comma 3 disciplina il passaggio dalla fase sommaria a quella di opposizione, a cognizione piena ed esauriente. L'opposizione apre un ordinario processo di cognizione, articolato nei normali gradi di giudizio e con le forme del rito speciale del lavoro, espressamente richiamato dalla norma. Con il comma 4 si specifica la possibilita`, per il lavoratore, di introdurre nel giudizio di opposizione l'azione di risarcimento del danno, ampliando cosı` l'oggetto del giudizio rispetto a quello gia` oggetto dell'accertamento sommario. Il comma 5 prevede che qualora il datore di lavoro non ottemperi ai decreti o alle sentenze, venga punito ai sensi dell'articolo 650 del codice penale. Il comma 6 prescrive che nel caso di rapporti di lavoro di diritto pubblico di cui all'articolo 3 del testo unico 30 marzo 2001, n. 165, il ricorso debba essere presentato al Tar competente che comunque provvede in via urgente ai sensi del comma 1. Il comma 7, prevede, infine, che, qualora venga presentato il ricorso d'urgenza, non trovino applicazione l'articolo 410 del codice di procedura civile e l'articolo 65 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 sulla conciliazione obbligatoria.
La norma di cui all'articolo 8 recepisce le indicazioni provenienti dalla giurisprudenza e dalla dottrina in merito ai danni risarcibili ai lavoratori che abbiano subı`to la lesione della salute, della dignita` e della personalita` morale. Viene inoltre recepita l'idea del danno esistenziale come categoria autonoma e distinta del danno biologico, inquadramento effettuato dalla sezione lavoro della Suprema Corte (3 luglio 2001, n. 9009) e da diversi giudici di merito (tribunale di Forlı`, sezione lavoro, 15 marzo 2001, tribunale di Pisa, sezione lavoro, 3 ottobre 2001). L'opportunita` di mantenere disgiunte le due categorie di danno discende, oltre che per i rispettivi contenuti, anche in relazione alla loro prova: per il danno biologico e` necessaria la dimostrazione di una lesione di integrita` psicofisica suscettibile di valutazione medico legale; il danno esistenziale, incardinandosi sulla lesione di beni quali la personalita` e la dignita` del lavoratore non suscettibili di valutazione medico legale non richiede la prova di pregiudizio della salute, bensı` la dimostrazione, su un piano oggettivo, che la vittima abbia effettivamente sperimentato la compromissione di detti beni attraverso la frustrazione della sua persona sul luogo di lavoro. Cio` non implica tuttavia che ogni evento che rilevi ai fini della presente legge debba dare automaticamente luogo alla liquidazione di due poste risarcitorie, ne´ che si dia luogo a indesiderabili duplicazioni dei risarcimenti. Infatti la precisazione «anche disgiuntamente», unitamente alla valutazione equitativa, e` finalizzata proprio ad evitare automatismi od inutili sovrapposizioni: in primo luogo, il giudicante, con specifico riferimento alle prove acquisite sull'esistenza dei danni oggetto della richiesta risarcitoria, e` tenuto a motivare la sua eventuale scelta di liquidare disgiuntamente le due poste risarcitorie, in secondo luogo, la valutazione equitativa impone di coordinare il quantum riconosciuto ad ogni singola posta risarcitoria affinche` la somma liquidata sia equa nella sua globalita`.
L'articolo 9 consente la possibilita` al giudice, su istanza della parte interessata, di rendere pubblico il dispositivo, omettendo il nome della persona che ha subito mobbing.
L'articolo 10, prevede, infine, invarianza finanziaria delle norme di cui al presente disegno di legge.

Art. 1.
(Definizioni, finalita` e campo di applicazione)

1. La presente legge stabilisce i princı`pi fondamentali per la tutela di lavoratori e lavoratrici contro la violenza o la persecuzione psicologica nell'ambito dell'attivita` lavorativa.
2. Agli effetti delle disposizioni di cui alla presente legge si intende per:
a) violenza o persecuzione psicologica nell'ambito dell'attivita` lavorativa: atti, atteggiamenti o comportamenti ripetuti nel tempo in modo sistematico o abituale adottati dal datore di lavoro, dal committente, dall'utilizzatore ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, da superiori, ovvero da colleghi di pari grado o di grado inferiore che portano ad un degrado delle condizioni di lavoro idoneo a compromettere la salute o la professionalita` o la dignita` della lavoratrice e del lavoratore;
b) diagnosi di sindrome correlata: diagnosi che, in base al protocollo di cui all'allegato I, soddisfa le seguenti condizioni: riscontro di un'anamnesi positiva per violenza o persecuzione psicologica, accertamento di disturbi fisici o psicopatologici o psicosomatici o del comportamento, diagnosticati secondo le indicazioni dell'Organizzazione mondiale della sanita`, l'essere tali disturbi conseguenza della violenza o persecuzione psicologica nell'ambito dell'attivita` lavorativa, anche in presenza di patologie preesistenti.
3. Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano a tutte le tipologie di lavoro, pubblico e privato, indipendentemente dalla loro natura, nonche´ dalla mansione svolta e dalla qualifica ricoperta.
4. Qualora la presente legge non rechi disposizioni piu` specifiche, si applicano le disposizioni del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, in materia di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori.

Art. 2.
(Attivita` di prevenzione)

1. I datori di lavoro o i committenti, pubblici o privati, ovvero gli utilizzatori ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e le rappresentanze sindacali:
a) valutano i rischi relativi alle situazioni di violenza o persecuzione psicologica nell'ambito dell'attivita` lavorativa, a norma dell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni;
b) adottano, in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e con il medico competente, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza, le misure organizzative e gestionali necessarie ai fini della prevenzione delle situazioni di violenza morale o psichica in occasione di lavoro, ivi comprese apposite regole di comportamento, tenendo conto anche dell'esigenza di promuovere condizioni di pari opportunita`; ne richiedono l'osservanza da parte dei singoli lavoratori e permettono ai lavoratori di verificarne l'applicazione mediante il rappresentante per la sicurezza;
c) in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e con il medico competente, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza, prendono appropriati provvedimenti nel caso di individuata situazione di violenza morale o psichica in occasione di lavoro, al fine di garantirne la pronta cessazione;
d) assicurano che ciascun lavoratore e rappresentante per la sicurezza riceva una formazione specifica e adeguata in ordine ai rischi relativi alle situazioni di violenza morale o psichica in occasione di lavoro e alle misure adottate per la prevenzione delle predette situazioni.
2. I lavoratori osservano le misure organizzative e gestionali adottate dal datore di lavoro ai fini della prevenzione delle situazioni di violenza o persecuzione psicologica nell'ambito dell'attivita` lavorativa.
3. Il medico competente, fatti salvi gli accertamenti sanitari di cui all'articolo 17, comma 1, lettere b) e i), del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, effettua, su richiesta del lavoratore, in collaborazione con i medici specialisti di cui al comma 2 del medesimo articolo 17, l'accertamento di disturbi correlabili a violenza o persecuzione psicologica nell'ambito dell'attivita` lavorativa e ne comunica l'esito allo stesso lavoratore.
4. Il rappresentante per la sicurezza:
a) promuove l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle misure di prevenzione delle situazioni di violenza o di persecuzione psicologica nell'ambito dell'attivita` lavorativa;
b) segnala immediatamente al datore di lavoro o ai committenti, pubblici o privati, ovvero agli utilizzatori ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e alle rappresentanze sindacali, le presunte situazioni di violenza o persecuzione psicologica nell'ambito dell'attivita` lavorativa individuate nel corso della sua attivita` e, qualora ritenga che non siano stati presi provvedimenti idonei, informa i centri di cui all'articolo 3, se istituiti, e i servizi di prevenzione e protezione dell'Azienda unita` sanitaria locale territorialmente competente.
5. I soggetti che stipulano i contratti collettivi nazionali di lavoro hanno la facolta` di adottare codici antimolestie e, in particolare, codici volti alla prevenzione degli atti e comportamenti di cui all'articolo 1, comma 2, anche mediante procedure di carattere conciliativo e tecniche incentivanti.

Art. 3.
(Centri regionali per la diagnosi e la terapia dei disturbi correlabili a violenza morale o psichica in occasione di lavoro. Livelli essenziali delle prestazioni)

1. Per la diagnosi e la terapia dei disturbi correlabili a violenza o persecuzione psicolologica nell'ambito dell'attivita` lavorativa, il lavoratore interessato puo` rivolgersi ad appositi centri pubblici o istituti specializzati di diritto pubblico che le Regioni possono istituire o utilizzare.
2. I centri di cui al comma 1 sono interconnessi a livello nazionale; impiegano mezzi e sistemi idonei anche per i portatori di handicap; utilizzano personale specificamente formato e dedicato; prevedono adeguate figure professionali e necessariamente le seguenti: medico legale, medico del lavoro, psichiatra, psicologo clinico o del lavoro. Ai fini della formulazione della diagnosi, il centro puo` avvalersi di altre figure specialistiche convenzionate.
3. All'esito degli accertamenti svolti, i centri di cui al comma 1 comunicano al lavoratore interessato una delle seguenti diagnosi: sindrome correlata, sindrome non correlata o sindrome allo stato non sufficientemente correlabile.
4. In caso di diagnosi di sindrome correlata, il centro puo` assicurare direttamente o indirettamente la terapia al lavoratore.

Art. 4.
(Attivita` di informazione)

1. I datori di lavoro o i committenti, pubblici o privati, ovvero gli utilizzatori ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e le rappresentanze sindacali pongono in essere iniziative di informazione periodica sulle fattispecie di cui all'articolo 1, comma 2.
2. I lavoratori hanno diritto di riunirsi fuori dall'orario di lavoro, nei limiti di cinque ore su base annuale, per discutere riguardo alle violenze ed alle persecuzioni psicologiche di cui all'articolo 1, comma 2. Le riunioni sono indette e si svolgono con le modalita` e con le forme di cui all'articolo 20 della legge 20 maggio 1970, n. 300.

Art. 5.
(Nullita` degli atti o patti riconducibili a violenza morale o psichica in occasione di lavoro)

1. E` nullo qualsiasi patto od atto riconducibile a violenza o persecuzione psicologica nell'ambito dell'attivita` lavorativa.

Art. 6.
(Potere di disposizione)

1. Il personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale adotta, nei confronti dei soggetti che pongono in essere gli atti o comportamenti di cui all'articolo 1, comma 2, il provvedimento di disposizione di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124.
2. La mancata ottemperanza alla disposizione emanata ai sensi del comma 1, comporta l'applicazione della sanzione amministrativa da euro 1.000 ad euro 6.000. Nei confronti dei lavoratori la mancata ottempe ranza alla disposizione di cui al primo periodo comporta l'applicazione della sanzione amministrativa da euro 300 ad euro 600.

Art. 7.
(Azioni in giudizio)

1. Ferma restando l'azione ordinaria, il lavoratore affetto da sindrome correlata, diagnosticata a norma dell'articolo 3, comma 3 della presente legge, puo` ricorrere al tribunale in funzione di giudice del lavoro competente per territorio.
2. Il giudice adito, nei cinque giorni successivi, convocate le parti e assunte sommarie informazioni, qualora ritenga fondato il ricorso, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo ordina al datore di lavoro la cessazione degli atti, atteggiamenti o comportamenti pregiudizievoli, adotta ogni altro provvedimento idoneo a rimuoverne gli effetti e stabilisce le modalita` di esecuzione della decisione. L'efficacia esecutiva del decreto non puo` essere revocata fino alla sentenza con cui il giudice competente definisce il giudizio instaurato a norma del comma 3.
3. Contro il decreto che decide sul ricorso e` ammessa, entro quindici giorni dalla comunicazione
alle parti, opposizione avanti alla medesima autorita` giudiziaria competente per territorio, che decide con sentenza immediatamente esecutiva. Si osservano le disposizioni dell'articolo 413 e seguenti del codice di procedura civile.
4. Nel giudizio di opposizione il lavoratore puo` proporre azione di risarcimento del danno conseguente a violenza morale o psichica in occasione di lavoro.
5. Il datore di lavoro che non ottempera ai decreti di cui ai commi 1 e 6 del presente articolo, o alla sentenza pronunciata nel giudizio di opposizione, e` punito ai sensi dell'articolo 650 del codice penale.
6. Nel caso dei rapporti di lavoro di cui all'articolo 3 del testo unico 30 marzo 2001, n. 165, il ricorso deve essere proposto al tribunale amministrativo regionale competente per territorio, che provvede in via d'urgenza con le modalita` di cui al comma 1. Contro il decreto che decide su ricorso e` ammessa, entro quindici giorni dalla comunicazione del decreto alle parti, opposizione davanti allo stesso tribunale, che decide con sentenza immediatamente esecutiva.
7. Qualora venga presentato ricorso in via d'urgenza ai sensi del presente articolo, non trovano applicazione l'art. 410 del codice di procedura civile e l'articolo 65 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

Art. 8.
(Liquidazione equitativa e riparazione del danno)

1. Il giudice liquida ogni danno conseguente a violenza o persecuzione psicologica nell'ambito dell'attivita` lavorativa, ivi compresi il danno biologico e il danno esistenziale, anche in modo disgiunto.
2. Nei casi in cui la pubblicita` della decisione di merito puo` contribuire a riparare il danno, il giudice, su istanza di parte, ordina, a cura e spese del soccombente, che il provvedimento sia pubblicato, mediante inserzione per estratto, in uno o piu` giornali, di cui uno almeno a diffusione nazionale.

Art. 9.
(Pubblicita` del provvedimento del giudice)

1. Su istanza della parte interessata, il giudice puo` disporre che della sentenza di accoglimento
ovvero di rigetto di cui all'articolo 5 venga data informazione, a cura del datore di lavoro, del committente o dell'utilizzatore ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, mediante lettera ai lavoratori interessati, per unita` produttiva o amministrativa nella quale si sia manifestato il caso di violenza o persecuzione psicologica, oggetto dell'intervento giudiziario, omettendo il nome della persona che ha subito tali azioni.

Art. 10.
(Norme finanziarie)

1. Gli obblighi derivanti dagli articoli 2 e 3 a carico delle pubbliche amministrazioni, in qualita` di datori di lavoro o di committenti, trovano applicazione esclusivamente nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio.
2. Dall'attuazione dei medesimi articoli 2 e 3 non possono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Allegato I
Protocollo valutativo di patologia stress correlata a violenza morale o psichica in occasione di lavoro

1. Valutazioni cliniche:
- Anamnesi (familiare; patologica remota; patologica prossima)
- Anamnesi occupazionale
- Sintomatologia
- Anamnesi sociale (amicizia; tempo libero; eventi di vita; conciliazione vita/lavoro)
- Risorse
- Futuro
- Farmaci
- Esame obiettivo e specialistico
- Esame psichiatrico e psicologico.
2. Valutazione psicodiagnostica:
- Alterazioni dello stato di benessere indotte dalle situazioni di violenza morale o psichica in occasione di lavoro:
- Alterazioni dell'equilibrio socioemotivo
- Alterazioni dell'equilibrio psicofisiologico
- Alterazioni del comportamento.
- Strumenti di rilevamento soggettivo:
- Questionario per la rilevazione della violenza morale o psichica in occasione di lavoro (R. Gilioli e coll.)
- Questionario sullo stress da lavoro (medicina del lavoro di Helsinki)
- Questionario di personalita` - MMPI 2 (forma intera)
- Test di dinamismo mentale - Matrici progressive di Raven
- Test proiettivi - Il reattivo di disegno di Wartegg
- Questionario dei disturbi soggettivi (M.G. Cassitto e coll.)
- Questionario del tono dell'umore - Mood scale.

L'esecuzione del protocollo non puo` avvenire in meno di tre giorni e deve effettuarsi preferibilmente in regime di day hospital.