Disegno di Legge 18.05.2006, n.405



Norme per contrastare il fenomeno del mobbing


DISEGNO DI LEGGE N. 405
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 18 MAGGIO 2006

SENATO DELLA REPUBBLICA

XV LEGISLATURA

Atti parlamentari - 2 - Senato della Repubblica - N. 405 

d'iniziativa del senatore COSTA

 Norme per contrastare il fenomeno del mobbing


Onorevoli Senatori. - Il termine mobbing, che da qualche tempo e` divenuto di uso frequente, deriva dal verbo inglese to mob, che significa assalire tumultuando in massa, malmenare, aggredire. Fu usato, per la prima volta, da Konrad Lorenz, biologo inglese dell'Ottocento (e poi ripreso agli inizi degli anni Ottanta del professor Leymann) per indicare il comportamento di alcuni animali quando si coalizzano contro un membro del gruppo fino ad escluderlo dalla comunita`.
Si tratta di un termine destinato a entrare in modo diffuso nella lingua italiana di qui ai prossimi anni, giacche´ oggi e` largamente interpretato per indicare una qualsiasi forma di terrorismo psicologico esercitato nei luoghi di lavoro in danno dei lavoratori.
Sino a una decina di anni fa il significato era per lo piu` sconosciuto: solo con gli studi e le ricerche promosse per la prima volta in Svezia, agli inizi degli anni Ottanta, la conoscenza e lo studio del mobbing si e` esteso in Germania e negli altri Paesi del Nord Europa, fino ad arrivare nel 1995 in Italia.
Lo scopo del mobbing e` quello di porre in essere comportamenti di tipo persecutorio, attuati in modo evidente e continuo, per eliminare una persona che e` o e` divenuta, in qualche modo, scomoda, distruggendola psicologicamente e socialmente in modo da provocarne il licenziamento o indurla alle dimissioni.
Anche le molestie sessuali, possono rientrare nelle pratiche di mobbing: il cui scopo finale appare, in ogni caso, quello di eliminare «soggetti scomodi».
I soggetti attivi del mobbing possono essere i superiori, i capi intermedi e gli stessi colleghi del lavoratore, vittima della persecuzione.
In qualche caso, la stessa azienda lo stesso datore di lavoro possono assumere il ruolo di mobbers, nel quadro di una precisa strategia aziendale.
Fondamentalmente, a qualunque fine sia mirato, il mobbing rimane un abuso perpetrato
nei confronti della dignita` di una persona, che ne subisce in primo luogo i danni di natura psicologica e, secondariamente, quelli di natura economica.
Seguendo l'interpretazione di Leymann possiamo tentare di spiegare il fenomeno contraddistinguendone le diverse fasi nel modo seguente:
I fase. - In tutti i luoghi di lavoro nascono quotidianamente dei conflitti, il che e` normale: infatti nel lavoro come nella vita, si scontrano caratteri, opinioni e abitudini diverse.  Questi conflitti non fanno sempre parte del mobbing, ma possono diventarlo: quando il conflitto quotidiano non si risolve, se il momentaneo screzio non si chiarisce, allora l'astio, il desiderio di rivalsa da parte di uno o piu` attori possono perdurare anche per lungo tempo e minare alla base le relazioni sociali, favorendo l'insorgere di una situazione di mobbing.

II fase. - Si verifica quando un conflitto nato per caso matura e diventa continuativo, trasformandosi in mobbing vero e proprio. Il ruolo della vittima e quello del mobber si definiscono: il mobber continua ad agire in modo sistematico e per lo piu` intenzionale, mentre per colui che subisce la situazione di mobbing inizia un pericoloso processo di stigmatizzazione: egli diventa agli occhi di tutti la vittima.

III fase. - Il mobbing e` ormai cosı` evidente  da oltrepassare i limiti dell'ufficio o del reparto in cui e` nato e diventa di pubblico dominio. La vittima comincia ad accusare problemi di salute, ad assentarsi con sempre maggiore frequenza, a richiedere permessi sempre piu` frequenti per visite mediche, a mettersi in malattia, a manifestare un calo di rendimento. Il caso probabilmente sara` esaminato dall'ufficio di amministrazione del personale che svolgera` delle indagini.  Di solito i risultati saranno inficiati dall'azione dei miti psicologici sparsi dal mobber, per cui spesso ne consegue che la vittima e` un elemento dannoso e dispendioso per l'azienda e per costringerla alle dimissioni si ricorre a trasferimenti, declassamenti
di mansioni e punizioni di vario tipo.

IV fase. - Il mobbing raggiunge il suo scopo: eliminare la vittima. Essa puo` dimettersi, esasperata puo` chiedere il prepensionamento oppure essere licenziata con un pretesto o con l'inganno. Non tutti i casi di mobbing arrivano pero` a questa fase. Solo le vittime dei casi estremi sono costrette in un modo o nell'altro ad abbandonare il lavoro. Tuttavia, anche senza abbandonare il lavoro, la vittima del mobbing puo` entrare in una situazione di vera disperazione. Di solito soffre di forme depressive piu` o meno gravi e si cura con psicofarmaci e terapie che hanno  solo un effetto palliativo perche` il problema sul lavoro non solo resta, ma tende ad aggravarsi.Spesso anche la famiglia della vittima e` coinvolta, infatti l'assorbimento familiare della crisi causata dal mobbing implica che anche i vari membri ne subiscano le conseguenze, sia di ordine psicologico che pratico ed economico, come nel caso in cui si dovesse
arrivare al licenziamento o alle dimissioni.
Gli errori da parte dell'amministrazione sono spesso dovuti alla mancanza di conoscenza del fenomeno e delle sue caratteristiche.
Di conseguenza i provvedimenti presi sono non solo inadatti, ma molto pericolosi per la vittima. Per una corretta valutazione del fenomeno, si devono comunque tenere in considerazione le correlazioni con l'ambiente culturale in cui ha luogo. Il mobbing, infatti, non e` un evento fisso e omogeneo: esso e` un processo articolato che comincia lentamente e subdolamente e diventa spesso evidente dopo un lungo periodo con manifestazioni diverse.

Gli effetti del mobbing sono assai rilevanti per l'ordinamento: sono legati non solo alla riqualificazione del lavoratore, ma anche e soprattutto al suo stato di salute, il cui decadimento finisce per riverberarsi sulla struttura sanitaria nazionale, in termini di aggravio delle spese per l'assistenza. E cio` senza considerare gli altri obiettivi danni subiti dalla stessa unita` lavorativa interessata, con un inevitabile, grave calo della produttivita` in tale ambito.
Approfondite ricerche svolte in altri Paesi hanno dimostrato che il mobbing puo` portare alla invalidita` psicologica del lavoratore, sı` che puo` essere corretto, in proposito, parlare di una vera e propria malattia professionale, del tutto simile a un infortunio sul lavoro.
In Germania, le ricerche scientifiche sul fenomeno del mobbing e la legislazione in materia sono particolarmente avanzate. I sindacati tedeschi hanno promosso campagne di sensibilizzazione e strategie di intervento sui casi di mobbing, i cui danni rientrano nella casistica delle malattie professionali e fra le cause per ottenere il risarcimento del danno biologico. In Svezia il mobbing e` addirittura elencato come reato nel codice penale.
Per quel che attiene al nostro Paese, talune statistiche riferiscono di una percentuale modesta, ari al 4,2 per cento del totale dei lavoratori  dipendenti in Italia, circa 750.000 vittime. In realta` il dato che emerge, appare assai lontano dal vero, in quanto ancora oggi le violenze morali in ambito lavorativo, risultano particolarmente difficili da quantificare: sia perche´ lo studio del fenomeno giunge con notevole ritardo, rispetto alle altre nazioni, sia perche´ le stesse vittime rifiutano di considerarsi tali, per timore di ulteriori ritorsioni, o per altri motivi.
Una ricerca effettuata dall'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL), avrebbe accertato l'esistenza di circa 1.500.000 lavoratori, vittime delmobbing nel giugno 2000.
Se si tiene conto, tuttavia, del fatto che oltre al lavoratore interessato, anche i familiari sono pienamente coinvolti dalle ritorsioni - sia di ordine pratico che psicologico - causate dal fenomeno sopra descritto, non e` difficile pervenire ad un numero globale di circa 4.000.000 di soggetti perseguiti in via diretta o indirettamente.
Sempre l'ISPESL riferisce che il 71 per cento delle denunce riguarderebbe i dipendenti del pubblico impiego. Nel 62 per cento dei casi, si tratterebbe di persone con piu` di cinquanta anni; l'81 per cento sarebbe, poi, composto da quadri e impiegati. Da un'altra analisi risulterebbe che a esercitare il mobbing sarebbero per il 57,3 per cento i superiori e per il 30,3 per cento i colleghi.
Lo stesso mondo politico risulta influenzato dal mobbing visto che gia` negli anni Settanta a un deputato venne riconosciuta una indennita` per effetto del mobbing, seguita da una pensione di invalidita`. In proposito, si e` inteso configurare all'articolo 7 la pratica del mobbing anche nel contesto della vita dei partiti politici e delle associazioni in genere, cosı` come regolate dall'articolo 36 del codice civile.
Vanno anche configurati come mobbing, non solo la lotta contro la diversita` politica del lavoratore rispetto al contesto in cui si trova ad operare, ma anche tutti gli attacchi alla sua reputazione, i pettegolezzi, le insinuazioni malevole, le attribuzioni di errori altrui, le segnalazioni diffamatorie e altro.
Per quel che attiene, poi, al profilo della adozione del mobbing, quale strumento di una precisa strategia aziendale, rivolta a porre le basi per l'abbandono del posto di lavoro - sotto forma di dimissioni volontarie - da parte delle vittime, la censura non puo` che essere seria e grave, soprattutto in un Paese come il nostro che soffre di altissimi livelli di disoccupazione, prossimi al 12 per cento, e che difficilmente riesce a creare nuovi posti di lavoro per i giovani.
Superfluo, e` percio`, sottolineare il gravissimo clima di paura, incertezza e ansia che il mobbing e` destinato a portare con se`.
In considerazione di quanto premesso si auspica la rapida approvazione del presente disegno di legge, che intende in tal modo prevenire il verificarsi di atti e comportamenti cosı` gravemente lesivi sia della dignita`, sia della reputazione di ogni lavoratore, in linea con quanto cosı` fermamente proclamato dagli articoli 32 e 41 della Costituzione.
Il presente disegno di legge si compone di sette articoli.
L'articolo 1 definisce i princı`pi generali cui ricondurre il fenomeno del mobbing e le sue maniifestazioni.
L'articolo 2 sancisce il principio dell'annullabilita` dei provvedimenti assunti dal datare di lavoro con il fine di danneggiare il lavoratore.
L'articolo 3 attribuisce al Ministro del lavoro e della previdenza sociale il compito di emanare, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente disegno di legge, un apposito decreto cui ricondurre le singole fattispecie di violenze e persecuzioni oggetto del mobbing e rilevanti ai fini della presente proposta normativa.
L'articolo 4 definisce i casi in cui applicare le responsabilita` disciplinari; gli articoli 5 e 6 riguardano il ricorso alla giustizia ordinaria.
Infine, l'articolo 7 estende l'applicazione della normativa in oggetto anche nel contesto delle associazioni regolate dall'articolo 36 del codice civile e dei partiti politici.

Art. 1.
(Princı`pi e finalita`)

1. Sono da ricondurre, nell'ambito della definizione di mobbing, tutti quegli atti e comportamenti posti in essere da datori di lavoro, capi intermedi e colleghi, che si traducono in atteggiamenti persecutori, attuati in forma evidente, con specifica determinazione e carattere di continuita`, atti ad arrecare danni rilevanti alla condizione psico-fisica del lavoratore, ovvero anche al solo fine di allontanarlo dalla collettivita` in seno alla quale presta la propria opera.
2. La presente legge e` volta a tutelare tutti i lavoratori che, in qualsiasi luogo di lavoro e a qualsiasi livello, subiscono comportamenti ostili che assumono le caratteristiche della violenza fisica, comprese le molestie anche sessuali, e della persecuzione psicologica, nell'ambito dei rapporti di lavoro.
3. Gli atti e comportamenti che rilevano ai fini della presente legge sono caratterizzati dal contenuto vessatorio e da finalita` persecutorieche si traducono in molestie, in maltrattamenti verbali, nonche´ in atteggiamenti tali da danneggiare la personalita` e la dignita` del lavoratore, incidendo sulla di lui immagine  sociale, sulla situazione privata e professionale, nonche´ sulle relazioni sociali, oltre che sulla salute.
4. In particolare le attivita` di mobbing si sostanziano in atti di ostilita`, attacchi alla reputazione, creazione di falsi pettegolezzi, insinuazioni malevole, segnalazioni diffamatorie, attribuzioni di errori altrui, carenza di informative e informazioni volutamente errate, al fine di creare problemi, controlli e sorveglianza continui, minacce di trasferimenti, apertura di corrispondenza, difficolta` di permessi o ferie, assenza di promozioni o passaggi di grado, ingiustificata rimozione da incarichi gia` ricoperti, svalutazione dei risultatiottenuti.
5. Il danno di natura psico-fisica, provocato dagli atti e comportamenti di cui ai commi 3 e 4, rileva, ai fini della presente legge, quando incide sulla capacita` lavorativa del lavoratore, sia pregiudicandone l'autostima, sia inducendo crisi depressive o danni diretti o indiretti sulla salute.

Art. 2.
(Annullabilita` degli atti di discriminazione)

1. Gli atti posti in essere dal datore di lavoro, nonche´ i provvedimenti assunti, nella eventuale modifica delle mansioni e qualifiche, di incarichi, trasferimenti di altra natura, riconducibili alle condotte di cui all'articolo 1, sono annullabili a richiesta del lavoratore danneggiato.

Art. 3.
(Attivita` di prevenzione e informazione)

1. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale emana un apposito decreto con il quale individua le singole fattispecie di violenza e persecuzione ai danni dei lavoratori rilevanti ai sensi della presente legge.
2. I datori di lavoro, pubblici o privati, a qualsiasi livello, unitamente alle rispettive rappresentanze sindacali, la` dove esistenti, sono tenuti ad adottare tutte le iniziative necessarie intese a prevenire i fenomeni di violenza e persecuzione di cui all'articolo 1, nonche` i conflitti nei luoghi di lavoro.
3. Gli stessi datori di lavoro, pubblici o privati, unitamente alle rappresentanze sindacali, la` dove esistenti, sono tenuti, altresı`, a dare tutte le informazioni rilevanti relative alle assegnazioni degli incarichi, ai trasferimenti, alle variazioni delle mansioni e delle qualifiche, in applicazione della presente legge.
4. Sia il decreto di cui al comma 1, che le informazioni di cui al comma 3 devono essere affissi nelle bacheche aziendali e, in ogni caso, resi debitamente pubblici.
5. In presenza di denuncia di atti e comportamenti di cui all'articolo 1, da parte di singoli lavoratori, e` compito dei datori di lavoro e delle rispettive rappresentanze sindacali aiendali, la` dove esistenti, provvedere empestivamente all'accertamento dei fatti enunciati, ove del caso anche con l'ausilio i soggetti estranei all'azienda. Accertati gli atti, il datore di lavoro e` tenuto ad assumere utte le iniziative necessarie per superare il conflitto denunciato. Ai fini della individuazione delle misure necessarie, il datore di lavoro puo` anche avvalersi della collaborazione dei lavoratori dell'area aziendale interessata.
6. A integrazione di quanto disposto dall'articolo 20 della legge 20 maggio 1970, n. 300, i lavoratori hanno diritto di riunirsi, fuori dall'orario di lavoro, nei limiti di sei ore, su base annuale, al fine di esaminare e dibattere riguardo alle violenze e alle persecuzioni psicologiche nei luoghi di lavoro con le modalita` e con le forme previste dal citato articolo 20 della legge n. 300 del 1970.

Art. 4.
(Responsabilita` disciplinare)

1. A coloro che pongono in essere gli atti e i comportamenti di cui all'articolo 1 si applicano le misure previste con riferimento alla responsabilita` disciplinare.
2. Responsabilita` analoga a quella di cui al comma 1 grava su chi consapevolmente denuncia gli atti e i comportamenti di cui all'articolo 1, ancorche` notoriamente inesistenti, al solo fine di trarne un qualsivoglia vantaggio.

Art. 5.
(Ricorso alla giustizia ordinaria)

1. Ogni lavoratore che abbia subı`to violenza o persecuzione psicologica nel luogo di lavoro e non ritenga di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, ma intenda adire in giudizio, puo` promuovere il tentativo di conciliazione contemplato dall'articolo 410 del codice di procedura civile, ove del caso, anche con l'ausilio delle rappresentanze aziendali, la` dove esistenti. Il procedimento e` regolato dall'articolo 413 del codice di procedura civile.
2. Il giudice condanna il responsabile del comportamento sanzionato al risarcimento del danno, la cui liquidazione ha luogo in forma equitativa.

Art. 6.
(Provvedimento del giudice e pubblicita`)

1. Il giudice, su istanza della parte interessata, puo` disporre idonea pubblicita` al provvedimento di condanna, a cura e spese del datore di lavoro, ove del caso anche mediante lettera o, comunicato, da indirizzare ai dipendenti interessati, appartenenti al reparto o all'unita` lavorativa dove la violenza o la persecuzione hanno trovato attuazione.
2. Il nome della persona o delle persone vittime della violenza o della persecuzione possono essere omessi.

Art. 7.
(Configurazione nell'ambito della vita dei partiti politici e delle associazioni)

1. La normativa di cui alla presente legge trova applicazione anche nel contesto della vita dei partiti politici, nonche` delle associazioni regolate dall'articolo 36 del codice civile.
2. Allorquando i soggetti passivi del mobbing non rivestano la qualifica di lavoratori dipendenti, ma siano semplici iscritti o soci, le attivita` di prevenzione e di informazione di cui all'articolo 3 si intendono demandate agli organismi di controllo regolarmente costituiti e operanti in conformita` con quanto previsto dagli atti costitutivi, ovvero dagli statuti dei singoli organismi interessati.
3. Se il soggetto passivo del mobbing, non intende fare ricorso alla giustizia ordinaria, cosı` come previsto dall'articolo 5, ogni eventuale controversia puo` essere composta mediante ricorso al collegio dei probiviri, ovvero agli altri organi di controllo previsti dallo statuto dell'organismo interessato.