Cass. Civ. Sez. lavoro, 02.08.2007, n.17010



Sentenza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SENESE Salvatore - Presidente
Dott. FIGURELLI Donato - Consigliere
Dott. CUOCO Pietro - Consigliere
Dott. CELENTANO Attilio - rel. Consigliere
Dott. PICONE Pasquale - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da: T.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO 91, presso lo studio dell'avvocato LUCISANO Claudio, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati DE FEO Antonio, VULPIS Elio, giusta delega in atti (- ricorrente -)
contro: BANCA NUOVA s.p.a. (- intimato -)
e sul 2 ricorso n 21051/05 proposto da: BANCA NUOVA s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE 22, presso lo studio dell'avvocato POTTINO Guido Maria, rappresentato e difeso dall'avvocato FORTUNA Tullio, giusta delega in atti (- controricorrente e ricorrente Incidentale -)
e contro: T.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO 91, presso lo studio dell'avvocato LUCISANO Claudio, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati DE FEO Antonio, VULPIS Elio, giusta delega in atti (- controricorrente al ricorso incidentale -)

avverso la sentenza n. 2106/04 della Corte d'Appello di PALERMO, depositata il 25/03/05 r.g.n.
1183/04; e 1197/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/03/07 dal Consigliere Dott.
CELENTANO Attilio;
udito l'Avvocato DE FEO ANTONIO;
udito l'Avvocato FORTUNA TULLIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale assorbito l'incidentale condizionato.

Svolgimento del processo

Con ricorso al Tribunale di Trapani, depositato il 10 maggio 2000, T.A. impugnava il licenziamento comunicatogli il 24.8.1999 dalla Banca del Popolo di Trapani, Esponeva che era stato assunto il 15 marzo 1999, con qualifica di dirigente e mansioni di direttore generale, e che era stato licenziato senza alcuna valida giustificazione, verosimilmente a causa di "manovre politiche" condotte con metodi lesivi della sua dignità professionale. Il recesso, comunicatogli in costanza di malattia e quindi inefficace fino alla sua cessazione, aveva peggiorato il suo stato di salute e gli aveva causato difficoltà nel reperire una nuova occupazione.
Chiedeva quindi, ai sensi della L. n. 300 del 1970, art. 18, la reintegrazione nel posto di lavoro, le retribuzioni maturate dalla data del recesso a quella della effettiva reintegrazione; nonchè il risarcimento dell'ulteriore danno patrimoniale, morale, biologico ed alla vita di relazione.
La Banca del Popolo, costituitasi, si opponeva alle domande.
Con sentenza del 18 giugno 2003 il Tribunale, in parziale accoglimento del ricorso, condannava la Banca a risarcire al ricorrente il danno alla immagine professionale, quantificato in Euro 150.000,00, ed il danno biologico, quantificato in Euro 7.750,00.
La decisione veniva appellata sia dal lavoratore che dalla Banca Nuova s.p.a., nuova denominazione della Banca del Popolo. Il ricorrente chiedeva l'integrale accoglimento delle domande, la Banca il totale rigetto.
Con sentenza del 9 dicembre 2004/25 marzo 2005 la Corte di Appello di Palermo rigettava anche le domande risarcitone, confermando per il resto la sentenza di primo grado.
I giudici di appello osservavano che il Dott. T. aveva fatto riferimento, nel ricorso introduttivo, alla inefficacia del licenziamento perchè comunicato durante la malattia, ma non ne aveva fatto derivare domande di declaratoria di temporanea inefficacia e di condanna alle retribuzioni maturate fino alla cessazione della malattia, limitandosi a chiedere la reintegrazione e la conseguente condanna alle retribuzioni dalla data del licenziamento a quella della effettiva reintegra.
Ritenevano che il licenziamento rientrasse nell'area della libera recedibilità, attesa la posizione di dirigente ricoperta dal lavoratore.
Esaminavano lo Statuto della Banca, il regolamento per il personale ed i verbali delle riunioni del
Consiglio di Amministrazione e rilevavano che quella di direttore generale era una posizione di vertice dell'esecutivo aziendale, donde la libera recedibilità, con il solo diritto del dirigente, a norma del contratto collettivo, al pagamento della indennità sostitutiva del preavviso quando il recesso risultasse privo di giusta causa.
Escludevano che la mancanza di idonea giustificazione comportasse, in assenza di prova di comportamenti discriminatori, il diritto a risarcimento di danni.
Per la cassazione di tale decisione ricorre, formulando cinque motivi di censura, T.A..
La Banca Nuova s.p.a., resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato, cui
resiste il ricorrente principale con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

1. Ricorso principale e ricorso incidentale, cui sono stati attribuiti differenti numeri di ruolo, vanno preliminarmente riuniti (art. 335 c.p.c.).
2. Con il primo motivo la difesa del ricorrente principale denuncia violazione e falsa applicazione
della L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 2, nonchè vizio di motivazione.
Deduce che i giudici di appello non hanno considerato la genericità dei motivi del licenziamento
contenuti nell'atto di significazione ricevuto il 24.8.1989, del seguente tenore: "il Consiglio di Amministrazione è venuto nella determinazione di risolvere il suo rapporto di lavoro alle dipendenze della Banca. A tale determinazione l'Amministrazione è stata indotta da obiettive ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e ad un diverso affidamento delle funzioni apicali, per poter meglio operare produttivamente sul mercato".
Assume che identica motivazione contenuta nella lettera di licenziamento inviata dalla Banca al vice direttore Cimili è stata ritenuta insufficiente da questa Corte con sentenza n. 17775/04, su ricorso del lavoratore licenziato, in conformità ad un orientamento consolidato sulla specificità dei motivi che devono essere esternati dal datore di lavoro su richiesta del lavoratore.
3. Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 414 e 420 c.p.c., e 2697 c.c., nonchè vizio di motivazione la difesa T. lamenta che i giudici di appello hanno erroneamente posto a carico del lavoratore l'onere di provare la insussistenza di una reale posizione di dirigente, mentre era il datore di lavoro ad essere onerato della prova delle circostanze che rendevano inapplicabile la normativa garantistica sui licenziamenti.
4. Il terzo motivo del ricorso principale addebita alla sentenza violazione di norme di legge e vizio di motivazione per avere astrattamente enunciato le mansioni del dirigente generale quali previste dallo Statuto della banca e non avere esaminato quelle concretamente svolte dal Dott. T..
Si deduce che lo stesso Statuto, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di appello, stabilisce chiaramente che la posizione di direttore generale non è una posizione da dirigente apicale. Vengono riportati brani dello Statuto che attribuiscono al Consiglio di Amministrazione della Banca tutti i poteri per la gestione ordinaria e straordinaria della società, senza eccezioni, e si sottolinea che, anche per quanto concerne il personale, il direttore generale ha solo potere di proposta, mentre compete al Consiglio nominare, revocare e sospendere gli impiegati, fissare gli emolumenti e le retribuzioni.
Si aggiunge che anche i pochi verbali delle riunioni del C.d.A., prodotti dalla società, dimostrano
che il direttore generale "sottopone al Consiglio le sottonotate proposte..", "riferisce che ...", "propone l'accoglimento della richiesta...", escludendo quindi ogni autonomia del ricorrente.
5. Con il quarto motivo, denunciando violazione e falsa applicazione di norme di diritto e vizio di
motivazione, la difesa del ricorrente principale critica il mancato accoglimento della domanda subordinata volta all'accertamento della data di interruzione del rapporto e ad ottenere le retribuzioni dal giorno del licenziamento, (OMISSIS), fino al termine della malattia, (OMISSIS).
Critica la sentenza nella parte in cui ha ritenuto tardiva, perchè proposta solo in secondo grado, tale domanda. Riporta le conclusioni del ricorso introduttivo ("... - accertare l'illegittimità, la nullità e l'inefficacia del licenziamento irrogato nei confronti del ricorrente con atto di significazione pervenuto il 24.08.1999 e per l'effetto - ordinare alla Banca del Popolo di reintegrare il doti T. nel posto di lavoro, con la conseguente condanna della resistente alla corresponsione delle retribuzioni maturate dalla data di licenziamento a quella di effettiva reintegra;...") e assume che i giudici avrebbero dovuto preliminarmente accertare la data di validità del recesso datoriale e conseguentemente condannare la Banca a corrispondere al Dott. T. tutte le retribuzioni dal (OMISSIS) a tale data, atteso che il recesso irrogato in costanza di malattia è inefficace fino al termine dello stato patologico.
Aggiunge che "il licenziamento del (OMISSIS), stante la propria inefficacia, deve ritenersi per il predetto periodo un atto giuridicamente inesistente ed inidoneo a produrre alcun effetto giuridicamente rilevante." Spiega che il Dott. T. era stato colto da malore durante la pausa pranzo del (OMISSIS), malore che lo costringeva all'immediato rientro alla sua residenza di (OMISSIS); e che nei giorni successivi aveva dapprima ((OMISSIS)) informato telefonicamente l'Ufficio Personale e poi (il (OMISSIS)) spedito una raccomandata con certificato medico attestante una sindrome ulcerosa duodenale dovuta a stress psicoemozionale. Il (OMISSIS) il ricorrente principale aveva ricevuto un atto di significazione contenente il suo licenziamento, nel quale la Banca sosteneva di avere precedentemente notificato il licenziamento e che il rapporto doveva ritenersi risolto il (OMISSIS). La precedente notificazione del licenziamento non era stata però provata.
6. Con il quinto motivo, denunciando violazione e falsa applicazione di norme di diritto e vizio di
motivazione, la difesa T. critica la mancata concessione del risarcimento del danno, lamentando che i giudici di appello non hanno considerato che il licenziamento era privo di gtustificatezza, in quanto determinato esclusivamente dal mutamento del quadro politico - aziendale e del tutto svincolato dall'assetto organizzativo e dall'attività svolta dal dott T..
7.1 primi tre motivi del ricorso principale, che si trattano congiuntamente per l'evidente connessione, non sono fondati.
La Corte palermitana ha esaminato le mansioni del direttore generale, quali delineate dallo Statuto e dal Regolamento per il personale, ed ha ritenuto, anche sulla scorta dei verbali delle riunioni del consiglio di amministrazione, che quella del direttore generale fosse una posizione di vertice dell'esecutivo aziendale, non impedita dalla previsione di ampi poteri di gestione straordinaria ed ordinaria del Consiglio di Amministrazione, e che il ricorrente, sia pure nel breve arco di tempo concessogli, avesse in concreto svolto i relativi compiti.
La motivazione contenuta nelle pagine da 10 a 12 della sentenza risulta esente dalle violazioni di legge e dai vizi denunciati dal ricorrente principale.
Non è vero che l'onere della prova in ordine alla natura delle mansioni svolte sia stato addossato al ricorrente, atteso che i giudici di appello si sono limitati ad osservare che il dott. T. non aveva allegato nè provato atti di dequalificazione (il che è cosa diversa).
Quanto alla censura di omesso esame delle mansioni svolte in concreto dal direttore generale T., tali mansioni non vengono indicate. In sostanza la difesa del ricorrente principale si limita a dare una diversa interpretazione alle norme dello Statuto e a svalutare, senza neppure indicarli, quegli elementi (sovrintendenza al funzionamento e a tutte le operazioni della Banca, esecuzione delle deliberazioni del Consiglio e dei provvedimenti del Presidente, proposta di provvedimenti relativi alle materie del credito e del personale di competenza del Consiglio, disciplina dei servizi e gestione degli affari correnti, direzione, gestione e trasferimenti del personale, voto consultivo nelle sedute del Consiglio, ampi poteri di firma) dai quali la Corte di Palermo ha tratto la convinzione della natura realmente dirigenziale della posizione di direttore generale, quale svolta dal lavoratore appellante.
Ne consegue la infondatezza della censura di genericità della motivazione del licenziamento, atteso che la sentenza impugnata ha esaurientemente e correttamente evidenziato che la fattispecie rientra nell'area della libera recedibilità.
Nè alcun rilievo ha la circostanza che identica motivazione sia stata, in altra causa, ritenuta generica ed irrispettosa del disposto della L. n. 604 del 1966, art. 2. Nella fattispecie in esame siamo di fronte ad una posizione di vero dirigente e non di pseudo dirigente, sicchè la motivazione del licenziamento va valutata alla luce di tale essenziale qualificazione giuridica, qualificazione ritenuta insufficientemente motivata, invece, nella fattispecie esaminata dalla sentenza n. 17775/04. 8. Anche il quarto motivo, relativo al mancato accoglimento della domanda di pagamento delle retribuzioni dalla data del licenziamento (indicata nel (OMISSIS)) a quella di cessazione dello stato di malattia, è infondato.
La Corte di Palermo ha rilevato che la circostanza della inefficacia del licenziamento, per essere stato comunicato durante uno stato di malattia, era stata prospettata nel ricorso introduttivo, ma
senza che il ricorrente ne traesse specifiche conclusioni. Ad avviso dei giudici di appello le conclusioni del ricorso (volte a conseguire la declaratoria di "illegittimità, nullità e inefficacia del licenziamento irrogato nei confronti del ricorrente con atto di significazione comunicato il 24/8/1999 e per l'effetto ordinare alla Banca del Popolo di reintegrare il Dott. T. nel posto di lavoro, con la conseguente condanna della resistente alla corresponsione delle retribuzioni maturate dalla data del licenziamento a quella della effettiva reintegra") non contenevano una domanda di condanna alle retribuzioni maturate dalla comunicazione del recesso alla cessazione della malattia; la condanna richiesta era correlata solo alla richiesta di reintegrazione di cui al primo ed al quarto comma dell'art. 18 della legge a 300 del 1970, come dimostrato dalle espressioni "per l'effetto" e "conseguente".
Si tratta di una interpretazione dell'atto introduttivo sorretta da congrua motivazione, avverso la quale la difesa T. si limita, inammissibilmente, ad opporre una propria diversa interpretazione.
9. Il quinto motivo del ricorso principale, relativo alla mancata concessione del ristoro dei danni cagionati dal licenziamento, è anch'esso infondato.
I giudici di appello hanno rilevato che il rapporto di lavoro del Dott. T. non rientrava tra quelli soggetti al recesso solo per giusta causa o giustificato motivo; che Tunica garanzia di fontecollettiva era costituita dalla corresponsione della indennità di preavviso; che la mancanza di ulteriori garanzie (come l'indennità supplementare, prevista per altre categorie dirigenziali) impediva che si potesse ricollegare alla semplice mancanza della giustificazione un onere di risarcimento danni, essendo invece necessaria la prova, a carico del lavoratore, di un comportamento discriminatorio o di mala fede, prova che nella specie era mancata.
La motivazione è corretta, mentre la difesa del ricorrente continua a sostenere, infondatamente, che la mancanza di giustificazione del licenziamento del dirigente è sufficiente, pur in mancanza di una tutela contrattuale collettiva, a comportare la condanna al risarcimento dei danni, così equiparando mancanza di giustificazione e mala fede.
10. L'infondatezza e il conseguente rigetto del ricorso principale dispensa dall'esame dei due motivi del ricorso incidentale condizionato, con i quali si contesta che fosse stato dedotto nel ricorso introduttivo il mancato svolgimento di mansioni di dirigente apicale (primo motivo) e si deduce che, anche in caso di accoglimento del ricorso principale, il Dott. T. non potrebbe essere comunque reintegrato, per non avere assolto all'onere della prova in ordine al requisito dimensionale della Banca (secondo motivo).
11. In conclusione il ricorso principale va rigettato e quello incidentale condizionato va dichiarato
assorbito. Sul ricorrente principale grava l'onere di rimborso delle spese di giudizio nei confronti
della Banca resistente, secondo la regola della soccombenza di cui agli artt. 91 e 385 c.p.c..

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, rigetta quello principale e dichiara assorbito l'incidentale; condanna il ricorrente principale al rimborso, in favore della resistente, delle spese di questo giudizio, in euro 75,00, per spese ed in euro 3.000,00, per onorario di avvocato, oltre spese generali, IVA e contributo previdenziale.

Così deciso in Roma, il 7 marzo 2007.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2007