Tribunale di Roma Sez. lavoro, 21.06.2001



Sentenza

TRIBUNALE DI ROMA

SEZIONE LAVORO

 SENTENZA DEPOSITATA IN DATA 21 GIUGNO 2001

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 18 6 1997 . D. G. ha convenuto in giudizio di fronte al Giudice del Lavoro l'....... in persona del legale rappresentante chiedendone la condanna al pagamento della somma complessiva di L. 177.223.667 di cui L. 100 milioni a titolo di danno biologico, L. 70 milioni a titolo di danno patrimoniale conseguente alla perdita di compensi e alla perdita di chances e L. 7.223.667 a titolo di maggiorazione per lavoro straordinario non corrisposte.
Ha a tal fine sostenuto di avere prestato attività lavorativa subordinata alle dipendenze dell'Istituto convenuto, essendo stato assunto in data 2.4.1996 con regolare scrittura teatrale per la direzione tecnica degli spettacoli .................... , produzioni del XXXIV ciclo di spettacoli classici, da tenersi presso il teatro ....... di ......... nel periodo maggio/giugno 1996.
Ha proseguito evidenziando di avere prestato l'attività in una situazione di estremo disagio a causa delle deficienze organizzative, che hanno comportato notevoli disservizi per tutti gli operatori addetti agli allestimenti teatrali e lo hanno costretto a far fronte alle innumerevoli carenze attraverso l'effettuazione di numerose ore di lavoro straordinario con necessità di rinuncia ai riposi e ai pasti al fine di garantire il risultato dell'opera cui era stato preposto ossia la regolare messa in scena degli spettacoli alle scadenze fissate.
Ha quindi specificato di essere stato costretto ad operare in una situazione di continua tensione psicologica, determinata dai tempi esigui di preparazione, dalla ritardata consegna di parte delle attrezzature e dalle precarie condizioni di sicurezza del lavoro nelle quali era costretto ad operare e a far operare i tecnici da lui diretti e dalla mancata adozione da parte della società convenuta degli accorgimenti necessari a migliorare le condizioni lavorative, sfociata in uno stato di malattia consistente in una articolata sintomatologia psichica riferibile ad uno stato d'ansia con manifestazioni somatoformi e spunti fobici e in una demodulazione in senso depressivo del tono dell'umore, valutata nella misura del 25,30% di invalidità permanente quale danno biologico.
Ha inoltre richiesto il risarcimento del danno patrimoniale subito in conseguenza della anticipata cessazione dell'attività di direttore tecnico delle rappresentazioni teatrali indicate nonché relativo alla perdita di chances e alle spese mediche sostenute.
Ha infine richiesto il pagamento delle maggiorazioni per lavoro straordinario svolto durante il periodo 11.4.96/21.5.1996 per 223 ore complessive.
Fissata l'udienza di discussione si è costituito l'istituto convenuto che ha contestato le pretese avanzate dal ricorrente chiedendo l'integrale rigetto della domanda.
La causa istruita con interrogatorio delle parti, prova testimoniale, produzione di documenti e C.T.U. sullo stato di salute del ricorrente, è stata decisa sulle conclusioni rassegnate dalle parti nei rispettivi atti.

MOTIVI DELLA DECISIONE

A seguito dell'istruttoria compiuta è rimasta pienamente dimostrata la esistenza del danno biologico dedotto dal ricorrente.
Come noto ai sensi dell'art. 2087 c.c. [1] il datore di lavoro è tenuto ad adottare le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.
Ai fini della configurabilità del danno biologico è necessario che si sia verificata una lesione alla salute intesa come bene personale costituzionalmente protetto ossia alla integrità psico-fisica del soggetto.
La risarcibilità del danno così inteso, quale conseguenza della responsabilità del datore di lavoro presuppone, quindi, l'accertamento della sussistenza di un nesso di causalità tra il comportamento commissivo od omissivo del datore di lavoro e la causazione dell'evento dannoso in capo al lavoratore.
Nel caso in esame il ricorrente ha dimostrato la sussistenza di uno stato patologico conseguente alle condizioni lavorative in cui ha operato.
L'espletata C.T.U. ha, infatti, provato che il disturbo psichico del ricorrente può essere inquadrato come un episodio psicopatologico acuto cui e' seguita una nevrosi fobica che perdura tutt'ora con vissuti soggettivi di ansia intensa e spiccati atteggiamenti di esitamento.
Il C.T.U. ha altresì ritenuto che la situazione di disagio lavorativo descritta dal ricorrente e comprovata ampiamente dalla documentazione prodotta e dalle deposizioni rese in sede istruttoria, possa essere ritenuta stressante in misura tale da assurgere a fattore concausale del disturbo psichico.
La prova testimoniale e i documenti prodotti hanno permesso di accertare che le condizioni di lavoro in cui operava il ricorrente erano effettivamente quelle descritte nel ricorso introduttivo e poste dal C.T.U. a fondamento del giudizio diagnostico formulato.
In particolare l'esame testimoniale ha evidenziato che le mansioni di direttore tecnico per gli spettacoli di .......... e ........... svolte dal ricorrente furono particolarmente impegnative durante la fase di allestimento scenico e durante le prove in quanto richiedevano la presenza costante e continua del D. B.
La necessità di eseguire la messinscena di due spettacoli contemporaneamente che dovevano essere rappresentati a giorni alterni, ha comportato per il ricorrente un notevole impegno professionale fisico, egli, infatti doveva sovrintendere al lavoro di montaggio e smontaggio quotidiano di una complessa ed articolata struttura scenografica che comportava il coordinamento di circa 40 tecnici, inoltre egli doveva presenziare alle prove degli attori.
Tali compiti, che sicuramente rientrano tra le mansioni del direttore tecnico, peraltro responsabile totalmente del buon andamento degli allestimenti teatrali stessi, sono stati svolti dal ricorrente, peraltro come riconosciuto dall'........., con grande professionalità e competenza, in tempi assai ristretti, facendo fronte a notevoli carenze organizzative e disservizi, si pensi che la grande struttura tecnica fu consegnata il 10.5.96 e la prova completa del suo integrale funzionamento fu effettuata solo il giorno prima della rappresentazione iniziale avvenuta il 16 maggio 1996.
Tutti i testi escussi hanno confermato una presenza quotidiana del ricorrente sulle scene dalla mattina presto fino a tarda sera, senza intervalli per i pasti o i riposi anche settimanali.
Il datore di lavoro, di converso, non ha dimostrato di avere adottato un comportamento volto a predisporre tutte le misure idonee a tutelare l'integrità psico fisica del lavoratore.
Sono perciò ravvisabili nel comportamento omissivo tenuto dall'istituto gli estremi della colpa, in quanto non ha adottato le misure necessarie ad evitare che il ricorrente prestasse attività lavorativa per intere giornate senza pause per i pasti o per i riposi.
Non è, infatti, stata fornita alcune prova da parte della società convenuta dell'adozione di adeguate ed idonee misure volte a garantire al ricorrente un ambiente di lavoro meno nocivo.
Non vale ad esimere il datore di lavoro da responsabilità la circostanza che il lavoro del ricorrente e' stato svolto in breve lasso di tempo, pari a meno di due mesi, ne' che allo stesso non fu mai richiesta la effettuazione di lavoro straordinario.
Come sostenuto dalla stessa parte convenuta il ricorrente fu scelto per la sua competenza e professionalità e sicuramente l'istituto faceva affidamento su tali caratteristiche per il buon andamento degli spettacoli.
Pertanto, la circostanza che al ricorrente non furono mai espressamente richieste ore di lavoro straordinario o la rinuncia ai pasti ed al riposo notturno e settimanale, non esclude la colpa dei datore di lavoro, in quanto al ricorrente era richiesta una prestazione di risultato, ossia la buona messinscena degli spettacoli nei tempi previsti. Ne' vale ad escludere la responsabilità dell'istituto la considerazione che tali pretese e condizioni di lavoro sono connaturate al tipo di attività svolta delle quali il ricorrente era perfettamente a conoscenza, avendo messo in scena numerosi spettacoli.
Sia il ricorrente che i testi escussi, hanno infatti, ricordato che in considerazione dei tempi ristretti in cui sono stati costretti ad operare e delle obiettive difficoltà tecniche insorte e comunque prevedibili connesse alla complessità delle strutture sceniche, le rappresentazioni suddette si presentavano come eccezionali.
In conclusione la società convenuta non ha dimostrato, come era suo onere trattandosi di responsabilità contrattuale nascente dagli obblighi inerenti alla qualità di datore di lavoro, di avere ottemperato all'obbligo di protezione nei confronti del ricorrente nascente dalla previsione specifica di cui all'art. 2087 c.c.
L'obbligo di protezione, infatti, non si esaurisce nella predisposizione di misure tassativamente imposte dalla legge, ma si estende anche all'adozione di tutte le misure idonee a tutelare la salute del lavoratore.
Ne consegue che la mancata adozione di misure idonee a fronteggiare la eccezionalità e la particolare difficoltà della messinscena dei due spettacoli da cui é conseguito il mancato impedimento di un superlavoro eccedente quantitativamente e qualitativamente i limiti di normale tollerabilità, nonché la mancata predisposizione di idonee ed adeguate misure volte a garantire condizioni di lavoro non eccessivamente stressanti ovvero un ambiente di lavoro "salubre" e, quindi, non pericoloso per la salute, configurano sicuramente un'ipotesi di responsabilità della società convenuta per il danno causato al ricorrente. Il consulente tecnico d'ufficio ha quantificato il danno biologico sofferto dal ricorrente nella percentuale del 5%. La valutazione del consulente deve essere condivisa perché adeguatamente motivata ed esente da vizi logici. La percentuale di invalidità riconosciuta appare infatti idonea a ristorare il ricorrente delle conseguenze subite dal comportamento colposo del datore di lavoro.
In merito occorre evidenziare che la C.T.U. ha evidenziato che i fatti lavorativi hanno agito sicuramente come fattore concausale nel prodursi della patologia psicopatologica sofferta dai ricorrente: infatti," la derivazione etiologica della nevrosi dai fatti lavorativi (ancorché particolarmente stressanti) é dotata nella fattispecie di modesta significatività, trovando nella preesistenza psichica il fattore preponderante nella produzione dell'evento stesso.
Quanto detto giustifica pienamente il riconoscimento in capo al ricorrente di una percentuale pari aI 5% di danno biologico non ostante la gravità della patologia riscontrata e delle conseguenze in merito alla attività lavorativa e alla vita di relazione.
La valutazione tiene, infatti, conto della struttura di personalità preesistente del soggetto, senz'altro predisponente alla insorgenza, di fronte a stimoli particolarmente frustranti, della sindrome stessa.
In merito alla liquidazione del danno subito occorre osservare che la liquidazione del danno biologico deve essere fondata su tutte le concrete circostanze individuali in modo da adeguare l'indennizzo al grado di inabilità
accertato mediante l'adozione di parametri uniformi di individuazione, per la generalità delle persone fisiche, dell'equivalente patrimoniale dei valore umano perduto.
A tal fine la liquidazione del danno può essere effettuata facendo ricorso ai metodo equitativo, utilizzando come valido criterio di quantificazione dei risarcimento quello che assume a parametro il c.d. punto di invalidità determinato sulla base di un valore medio.il danno biologico come tale comprende ogni pregiudizio diverso da quello consistente nella diminuzione o nella perdita della capacità di produrre reddito che la lesione dei bene alla salute ha provocato e non è perciò concettualmente diverso dal danno estetico o dal danno alla vita di relazione che rispettivamente rappresentano, l'uno, una delle possibili lesioni dell'integrità fisica e, l'altro, uno dei possibili risvolti pregiudizievoli della menomazione subita dal soggetto..
Entrambi entrano a far parte della liquidazione dei danno alla salute complessivamente considerato e non possono perciò essere considerati separatamente come voci di danno non patrimoniale autonomamente e ulteriormente risarcibili.
La quantificazione del danno biologico patito dal ricorrente può quindi essere valutata in L. 5.022.000 somma che appare equa tenuto conto delle tabelle di liquidazione del danno alla persona applicate da questo Ufficio (1.674, valore del punto, x 5 x 0,60, demoltiplicatore relativo all'eta').
La consulenza tecnica d'ufficio ha infine escluso che al ricorrente siano residuati esiti invalidanti incidenti sulla sua capacità lavorativa specifica.
Nessuna conseguenza dannosa è perciò risarcibile con riferimento alla riduzione della capacità lavorativa del ricorrente che peraltro chiede il risarcimento del danno patrimoniale subito.
In proposito occorre osservare che il risarcimento dovuto per la lesione al bene della salute comprende anche le conseguenze che incidono sulla idoneità a produrre reddito.
Come detto la capacità lavorativa del ricorrente non è stata menomata, nessun danno è perciò risarcibile secondo la responsabilità contrattuale del datore di lavoro fatta eccezione per i periodi di inabilità assoluta di 30 giorni e di inabilità parziale di 30 giorni riconosciuti in sede di C.T.U. per i quali spetta al ricorrente la somma complessiva di L. 3.015.000.
Occorre, quindi, verificare se sussiste una responsabilità aquiliana della società convenuta e se dal fatto costitutivo di tale responsabilità sia derivato il danno patrimoniale lamentato dal ricorrente.
Sul datore di lavoro grava oltre che lo specifico dovere di protezione di cui aIl'art. 2087 c.c. anche il generale obbligo di neminem laedere espresso dall'art. 2043 c.c. [2] la cui violazione è fonte di responsabilità extracontrattuale.
La responsabilità contrattuale del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. può, perciò, concorrere con la responsabilità extracontrattuale se dalla medesima violazione sia derivata anche la lesione di diritti dei lavoratore indipendenti dal rapporto di lavoro.li danno patrimoniale dedotto dai ricorrente non può trovare la sua fonte nella responsabilità aquiliana della società convenuta i cui elementi costitutivi non sono stati dimostrati dai ricorrente.
Il ricorrente, ha dato piena prova della colpa della società convenuta, ma non ha dimostrato i fatti costitutivi delle richieste a titolo di perdita di chances né ha dimostrato di avere subito conseguenze dannose maggiori rispetto a quelle liquidate tenuto conto delle risultanze della c.t.u. quanto a inabilità- permanente.
A tal fine deve infatti tenersi conto della circostanza che il ricorrente era vincolato ad un contratto di lavoro a tempo determinato con scadenza giugno 1996, che dal maggio egli si trovava in malattia e che non ha dimostrato di non avere percepito durante la malattia la regolare retribuzione.
In conclusione la parte convenuta deve essere condannata a risarcire ai ricorrente, per il danno subito, la complessiva somma di L. 8.037.000 oltre interessi e rivalutazione.
Deve, infine essere rigettata la domanda relativa al pagamento della somma richiesta a titolo di maggiorazioni per lavoro straordinario.
Al ricorrente che, come già detto era vincolato da un contratto a tempo determinato devono essere applicate le condizioni previste dal contratto stesso che prevede una retribuzione in misura forfetaria ossia già comprensiva del lavoro straordinario.
La stessa disciplina collettiva invocata prevede che nel caso in cui il compenso sia stabilito in misura forfetaria, non spettino le maggiorazioni per lavoro straordinario. Per gli appartenenti alla categoria dei quadri, il citato c.c.n.l.. prevede un orario di lavoro di massima coincidente con l'orario normale osservato nella unità produttiva che il c.c.n.l. stabilisce in 36 ore settimanali.
Non sono, perciò, applicabili al ricorrente ai fini della configurabilità del lavoro straordinario i limiti orari contrattualmente previsti. Deve, infatti, ritenersi, che la maggiore presenza sia già compensata dalla retribuzione pattuita. L'unica limitazione all'orario di lavoro potrebbe essere costituita dalla ragionevolezza della durata della prestazione lavorativa. Nessuna specifica dimostrazione è stata però data dal ricorrente in ordine all'effettuazione di una prestazione lavorativa oltre il limite di ragionevolezza.
Le spese seguono la soccombenza come da liquidazione in dispositivo.
Le spese di C.T.U. separatamente liquidate devono essere poste a carico della parte soccombente.

TALI I MOTIVI DELLA DECISIONE IN EPIGRAFE

(...omissis)

P.Q.M.

Definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza eccezione e deduzione, condanna ..........al pagamento nei confronti del ricorrente della complessiva somma di Lit. 8.037.000 oltre interessi e rivalutazione e spese di lite liquidate in complessive Lit. 2.500.000 da distrarsi e spese di C.T.U. separatamente liquidate.

Roma, 7 giugno 2001

Il Giudice