Proposta di legge 21.12.2001, n.2143



Disposizioni per la tutela dei lavoratori da molestie morali e violenze psicologiche



XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

PROPOSTA DI LEGGE N. 2143

d'iniziativa del deputato TARANTINO

Disposizioni per la tutela dei lavoratori da molestie morali e violenze psicologiche

Presentata il 21 dicembre 2001

Onorevoli Colleghi! - Nel vocabolario ufficiale della lingua italiana del 2000 è entrata una nuova parola di origine anglosassone: mobbing; essa come altre, ad esempio stress, è diventata ormai insostituibile.

La parola mobbing deriva dall'etologia. Konrad Lorenz, per primo, la usò per definire il movimento di accerchiamento che compiono alcuni animali (in particolare gli uccelli, quando viene insediato il loro nido) verso qualcuno della stessa specie, fino a portarlo, talvolta, alla morte e deriva dal verbo inglese to mob, che significa "assalire tumultuando".

Il termine esprime così l'immagine dell'assalto e dell'accerchiamento di gruppo, e la situazione di terrore dovuta all'isolamento della vittima di fronte all'ostilità degli altri.

In psicologia del lavoro tale termine fu introdotto dallo studioso svedese Heinz Leymann, psicologo del lavoro di origine tedesca, il quale aveva notato un fenomeno molto frequente (molto di più di quello che si potrebbe pensare): l'emarginazione e l'isolamento sul posto di lavoro.

Lo scopo del mobbing è quello di eliminare una persona che è o è divenuta "scomoda", distruggendola psicologicamente e socialmente, in modo da provocarne il licenziamento o da indurla alle dimissioni.

Il fenomeno non è per niente da sottovalutare: non è secondario né poco frequente, ed in tutto il mondo colpisce più le donne che gli uomini e, nella maggior parte dei casi, comincia sotto forma di molestie sessuali.

Nel 1998 uno studio della Fondazione europea condotta su un campione di 12000 lavoratori ha messo in evidenza che nei 15 Paesi dell'Unione europea, l'8,1 per cento si è dichiarato vittima di atti di violenza e di persecuzione psicologica nell'ambito dell'attività lavorativa.

I Paesi europei che hanno adottato misure legislative che tutelano dal fenomeno sono state per primi la Finlandia e la Svezia, poi è seguita la Germania che ha introdotto nei contratti di lavoro misure cautelative contro il mobbing.

Anche in Francia è frequente questo fenomeno: nel suo libro "Molestie morali - La violenza perversa in famiglia e sul posto di lavoro" la psicanalista francese Marie France Hirigoyen, esperta in vittimologia, (disciplina per la quale è stata istituita in Francia una cattedra universitaria) parla del "narcisismo perverso", di uno psicotico senza sintomi, che trova il suo equilibrio scaricando su un altro il dolore che non è capace di sentire. Questo transfert del dolore gli permette di valorizzarsi a spese di un altro.

Volendo parlare, però, delle cause del mobbing, tutti gli studi internazionali attribuiscono grande importanza all'organizzazione del lavoro: una cattiva organizzazione del lavoro crea stress nei dipendenti e facilita i fenomeni di mobbing, se ci sono personalità disturbate. Deriva, dunque, dal combinarsi negativo di varie concause.

Anche in Italia il fenomeno diventa sempre più esteso ed eclatante. Nel 2000, nel corso della prima Conferenza nazionale sulla salute mentale, l'allora Ministro della sanità, professor Luigi Veronesi, fornì alcuni dati ufficiali. Il mobbing è risultato al secondo posto tra i fattori di rischio per malattia mentale ed inoltre, è stata riportata la cifra di 2 milioni di vittime, nonché quella di 4 milioni di familiari, che sono anch'essi interessati indirettamente da questa grave patologia sociale.

Gli effetti sono devastanti nella vittima (del tutto sana prima di diventare "il capro espiatorio" di un collega, di un capo, eccetera). Dagli studi fatti in tutto il mondo le vittime risultano ammalarsi o di "sindrome post-traumatica da stress" (che è la malattia che colpisce le vittime di rapimenti prolungati, chi ha dovuto subire una situazione che mettesse in serio rischio la vita, propria o quella di una persona cara: famosi, a questo proposito, sono gli studi condotti sulle vittime dei lager nazisti e sui reduci del Vietnam). A questa si aggiunge un disturbo depressivo, in genere grave, tanto che in uno studio condotto da Leymann in collaborazione con l'Organizzazione mondiale della sanità è risultato che tra il 20 ed il 15 per cento di suicidi in Svezia era dovuto a situazioni di mobbing.

Inoltre, si accompagnano sempre disturbi fisici: costante è l'ipertensione, l'ulcera, le malattie artrosiche, le malattie della pelle e, perfino, i tumori. Come non dimenticare il caso Tortora?

Il mobbing, infatti, viene consumato in maniera isolata, sotto gli occhi di spettatori indifferenti, a loro volta ricattati dal mobber (cioè di chi fa mobbing in prima persona). Dai dati in mio possesso, mi risulta che sicuramente almeno tremila lavoratrici e lavoratori è stato riconosciuto ufficialmente che sono vittime di questa patologia sociale dai tre centri specialistici maggiormente accreditati in Italia.

Voglio far notare che una legge su questa materia è ormai indispensabile anche in Italia, e non solo per motivi etici, umani e di giustizia e correttezza nei rapporti umani. Infatti l'Unione europea ha più volte sanzionato l'Italia per la mancanza di un legge su questo fenomeno.

Le malattie mentali e fisiche dovute al mobbing recano un danno socio-economico rilevante per la società: costi per i ricoveri ospedalieri, costi per le cure, eccetera. Si può calcolare che un lavoratore costretto al prepensionamento a soli 40 anni determina un costo sociale pari a più di un miliardo e 200 milioni in più rispetto ad un lavoratore che va in quiescenza in età prevista.

Si tratta, dunque, di un danno economico per la società e le aziende (sia pubbliche, nelle quali chi paga è lo Stato, e non certo perché i capi provochino danni ai loro sottoposti, che comunque non sono loro dipendenti, sia private, che non utilizzano capacità e intelligenze: ricordiamoci che le vere risorse delle aziende sono le risorse umane, ed una buona direzione del personale ed una buona organizzazione del lavoro sono la migliore garanzia dell'ottimo funzionamento di un'azienda).

Saranno necessari corsi per dirigenti per evitare questo fenomeno, condotti da specialisti. Di questo si avvantaggerà l'intera società: eviteremo che persone sane si ammalino, con i costi conseguenti.

Eviteremo che intelligenze utili vengano sprecate.

Eviteremo che dirigenti, che hanno il compito di utilizzare al meglio le risorse loro disponibili, dimentichino qual è il loro compito.

E, infine, finalmente ci allineeremo, anche rispetto a questo, con il resto dell'Europa.

Ciò è fondamentale dopo l'approvazione, da parte del Consiglio europeo di Nizza, in data 7, 8 e 9 dicembre 2000, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

Nella scorsa legislatura alcuni colleghi dello stesso schieramento politico avevano presentato alcune proposte di legge in materia penale. La presente proposta di legge, invece, non contiene disposizioni in materia penale, in quanto intendiamo fare prevenzione e non lasciare fuori i due milioni di "mobbizzati" in quanto le leggi penali non sono retroattive.

Da parlamentare tarantino sono particolarmente motivato all'approvazione di una legge che abbia una finalità preventiva nei confronti di questo fenomeno, dal momento che proprio la mia città è stata il triste teatro di un episodio di mobbing, ormai famoso in tutta Italia, che recentemente ha registrato l'emissione, in prima fase di giudizio, di una serie di condanne.

Art. 1.

(Campo di applicazione).

1. La presente legge prescrive misure per la tutela da molestie morali e violenze psicologiche dei lavoratori nei luoghi di lavoro in tutti i settori di attività, privati o pubblici, comprese le collaborazioni, indipendentemente dalla loro natura e dalla mansione o dal grado ricoperto dal lavoratore.

Art. 2.

(Definizioni).

1. Agli effetti della presente legge, per molestie morali e violenze psicologiche nell'ambito del posto di lavoro, si intendono le azioni, esercitate esplicitamente con modalità lesiva, che sono svolte con carattere iterativo, sistematico e con intenzionalità punitiva.

2. Gli atti persecutori e di grave maltrattamento, la comunicazione verbale distorta e critica, anche di fronte a terzi, le molestie sessuali, la lesione dell'immagine personale e professionale, le offese alla dignità personale, attuati da superiori, pari grado, inferiori, o dal datore di lavoro, per avere il carattere di molestia morale e di violenza psicologica, devono avere il fine di emarginare, discriminare, screditare, o, comunque, recare danno al lavoratore nella propria carriera, nella posizione professionale acquisita, nella personalità e nella dignità, e nel rapporto con gli altri, attraverso la rimozione da incarichi, la esclusione dalla comunicazione e dalla informazione aziendale, la svalutazione sistematica dei risultati. Sono altresì considerati atti persecutori: il sabotaggio del lavoro, quando viene svuotato dei contenuti, la privazione degli strumenti necessari a svolgere l'attività, il sovraccarico di lavoro, l'attribuzione di compiti di impossibile realizzazione, ovvero l'attribuzione di compiti molto al di sotto o molto al di sopra della qualifica e preparazione professionali e delle condizioni fisiche e di salute del lavoratore. Sono inoltre considerate persecutorie anche le azioni sanzionatorie, se immotivate, quali visite fiscali, di idoneità, contestazioni o trasferimenti in sedi lontane, rifiuto di permessi, di ferie o trasferimenti, con la finalità e la conseguenza dell'estromissione del soggetto dal proprio posto di lavoro.

3. Il danno all'integrità psico-fisica provocato dai comportamenti ed atti di cui ai commi 1 e 2 è rilevante, ai fini della presente legge, quando comporta la riduzione della capacità lavorativa fino a stati invalidanti, disturbi psichici, quali la depressione, il disturbo da disadattamento lavorativo, disturbo post-traumatico da stress e disturbi psicosomatici.

Art. 3.

(Prevenzione).

1. Al fine di prevenire i casi di molestie morali e di violenze psicologiche e al fine di individuare le condizioni o i sintomi di cui all'articolo 2, i datori di lavoro, pubblici e privati, in collaborazione con le organizzazioni sindacali aziendali e con le aziende sanitarie locali, organizzano iniziative periodiche di informazione dei dipendenti.

2. In concorso con le aziende sanitarie locali, annualmente il datore di lavoro organizza corsi per i dirigenti preposti alla gestione del personale, durante i quali sono illustrati gli effetti devastanti delle molestie morali e delle violenze psicologiche sulla persona che la subisce ed il danno economico che ne deriva all'azienda.

3. E' fatto obbligo di partecipazione ai corsi di cui al comma 2 anche al medico competente ed al rappresentante alla sicurezza, di cui agli articoli 17 e 18 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni.

4. Del servizio di prevenzione e protezione delle aziende di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, fa parte uno specialista in materia di molestie morali e violenze psicologiche.

Art. 4.

(Informazione).

1. Nelle riunioni periodiche di cui all'articolo 3, improntate alla trasparenza e alla correttezza nei rapporti aziendali e professionali sono fornite ai lavoratori informazioni relative alle qualifiche, alle mansioni, alle assegnazioni degli incarichi e ai trasferimenti, nonché agli altri aspetti organizzativi rilevanti ai fini della presente legge.

2. Il datore di lavoro e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali qualora siano denunciati i comportamenti di cui all'articolo 2 da singoli o da gruppi di lavoratori o su segnalazione delle rappresentanze sindacali aziendali, ovvero del rappresentante alla sicurezza, hanno l'obbligo di accertare tempestivamente i fatti.

3. Accertati i fatti di cui al comma 2, il datore di lavoro è tenuto a prendere provvedimenti per il loro superamento. A tale fine vengono sentiti anche i lavoratori dell'area aziendale interessata.

4. L'inadempimento degli obblighi di cui ai commi 1 e 2 da parte del datore di lavoro costituisce violazione dell'articolo 2087 del codice civile.

5. Ad integrazione da quanto disposto dall'articolo 20 della legge 20 maggio 1970, n. 300, i lavoratori hanno diritto a due ore di assemblea annuale, al di fuori dell'orario di servizio, per trattare il tema delle molestie morali e delle violenze psicologiche nei luoghi di lavoro.

Art. 5.

(Azioni di tutela giudiziaria).

1. Ogni lavoratore che abbia subito molestie morali e violenze psicologiche nel luogo di lavoro e non ritenga di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, ma intenda adire in giudizio, può promuovere il tentativo di conciliazione contemplato dall'articolo 410 del codice di procedura civile, ove del caso, anche con l'ausilio delle rappresentanze aziendali, là dove esistenti. Il procedimento è regolato dall'articolo 413 del codice di procedura civile.

2. Il giudice condanna il responsabile del comportamento sanzionato al risarcimento del danno, la cui liquidazione ha luogo in forma equitativa.

3. Qualora la vittima di molestie morali e violenze psicologiche ritiene di dover ricorrere in giudizio, le procedure hanno carattere di urgenza, e si applica l'articolo 700 del codice di procedura civile.

Art. 6.

(Pubblicità del provvedimento del giudice).

1. Su richiesta della parte interessata, il giudice può disporre che del provvedimento di condanna o di assoluzione sia data informazione ai dipendenti, mediante una lettera del datore di lavoro, omettendo il nome della persona oggetto di molestie morali e violenze psicologiche.

Art. 7.

(Responsabilità disciplinare).

1. Nei confronti di coloro che pongono in essere atti e comportamenti previsti all'articolo 2, può essere disposta, da parte del datore di lavoro o del superiore, una sanzione disciplinare prevista dal contratto collettivo di lavoro. La stessa soluzione può essere applicata a chi denuncia fatti inesistenti, al fine di ottenere vantaggi personali.

Art. 8.

(Nullità degli atti discriminatori).

1. Tutti gli atti discriminatori di cui all'articolo 2 sono nulli.

Art. 9.

(Istituzione di centri regionali per la prevenzione, la diagnosi e la terapia dei disturbi da

disadattamento lavorativo).

1. Ogni regione, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, istituisce un centro per la prevenzione, la diagnosi e la terapia dei disturbi di disadattamento lavorativo. Il centro è diretto da un dirigente medico psichiatra di adeguata esperienza in materia di disturbi di disadattamento lavorativo. Il centro ha carattere sovradistrettuale ed anche ai fini contrattuali è riconosciuto quale struttura complessa.

2. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è emanato dal Ministro della salute un regolamento generale recante i criteri generali dell'organizzazione dei centri regionali per la prevenzione diagnosi e terapia delle malattie da disadattamento lavorativo.

Art. 10.

(Tutela del benessere del lavoratore).

1. All'articolo 2087 del codice civile sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "ed il loro benessere fisico, psichico e sociale".