Disegno di legge 26.11.2001, n. 889



Norme per la tutela della dignità e libertà della persona che lavora, contro le molestie sessuali nei luoghi di lavoro



SENATO DELLA REPUBBLICA

———– XIV LEGISLATURA ———–

N. 889

DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa dei senatori TOIA, DATO, TREU, MAGISTRELLI, BAIO DOSSI, SOLIANI, DENTAMARO, GIARETTA, MANZIONE, MONTAGNINO, SCALERA, BATTISTI, CAVALLARO, COLETTI, DALLA CHIESA, D’ANDREA, CAMBURSANO, BASTIANONI, CASTELLANI, VERALDI e VALLONE

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 26 NOVEMBRE 2001

Norme per la tutela della dignitàe libertàdella persona che lavora, contro le molestie sessuali nei luoghi di lavoro

Onorevoli Senatori. –Nel corso della scorsa legislatura, il Senato ha approvato un disegno di legge recante il titolo «Norme per la tutela della dignitàe libertàdella persona che lavora, contro le molestie sessuali nei luoghi di lavoro».

Quel testo, approvato dal Senato il 23 aprile 1998, era il frutto di un lungo e sedimentato lavoro condotto in Commissione e in Aula, nel corso del quale si erano realizzate ampie e significative convergenze tra i vari Gruppi parlamentari. Trasmesso alla Camera dei deputati, il provvedimento èstato esaminato dalla Commissione lavoro e inviato all’Assemblea, dove èrimasto pendente fino alla fine della legislatura.

Oggi, si ritiene opportuno –ed anzi doveroso –riproporre il disegno di legge nell’identico testo giàapprovato da questo ramo del Parlamento, al fine di avviare la procedura abbreviata di cui all’articolo 81 del Regolamento del Senato. L’auspicio èche l’esame da parte delle nuove Camere possa avvenire in tempi brevi, potendo capitalizzare l’esperienza e il livello di riflessione giàmaturati lungo l’intera legislatura trascorsa. Si porterebbe in tal caso a compimento una meritoria opera di civiltà intimamente correlata ad un’affermazione di libertàe di uguaglianza nei luoghi di lavoro, la cui rilevanza per la coscienza civile e democratica collettiva non puòe non deve sfuggire a nessuno.

L’approccio tentato con questo provvedimento potrebbe risultare parziale, ed anzi potràsenz’altro essere integrato, nel corso del dibattito, attraverso gli ulteriori e nuovi contributi che saranno eventualmente disponibili. Ma certamente non si tratta di un approccio riduttivo o generico, mirando comunque ad ottenere un primo e concreto risultato.

Questo testo, infatti, non riguarda la rilevanza penale delle molestie, néla tematica delle molestie complessivamente considerate. Il suo ambito di applicazione èpiùcircoscritto, anche se non meno rilevante, essendo limitato alle molestie all’interno dei luoghi di lavoro, in un contesto cioèin cui il fenomeno assume aspetti particolarmente odiosi per la difficoltào addirittura l’impossibilità per il soggetto passivo di assumere liberamente le proprie determinazioni.

Per una scelta deliberatamente adottata, l’articolato proposto esclude ogni riferimento alle sanzioni penali, nella consapevolezza che la tematica penalistica presenti peculiari profili di complessità e delicatezza, come dimostrato –del resto –dalle lunghe e contrastate vicende parlamentari dei vari progetti di legge in materia di violenza sessuale.

Il presente disegno di legge si colloca su un altro piano, intendendo configurarsi soprattutto come un’integrazione, un completamento, di quelle garanzie che dal 1970 in poi sono state previste dallo Statuto dei lavoratori, a tutela della «dignitàe libertàdella persona».

Si fornisce, quindi, una definizione delle molestie sostanzialmente mutuata dalle indicazioni degli organi comunitari. Invece di tentare una complessa –e comunque non esaustiva –elencazione casistica di oggettivi atti di molestia, si èritenuto di concentrare l’attenzione sulla percezione soggettiva, da parte delle singole persone coinvolte, dei comportamenti molesti. In tal senso, si qualifica come molestia sessuale ogni atto o comportamento manifestamente «indesiderato» e percepito dalle persone offese come lesivo della dignitàpersonale e/o intimidatorio nei loro confronti.

Un rilievo di particolare gravitàèattribuito alle molestie compiute approfittando di una posizione di potere, da parte di superiori gerarchici o dello stesso datore di lavoro. A tal proposito si afferma che gli atti molesti assumono contenuto discriminatorio quando influiscono direttamente o indirettamente sulle decisioni inerenti alla costituzione, allo svolgimento o all’estinzione del rapporto di lavoro. Inoltre, si fa obbligo al datore di lavoro, pubblico o privato, di assumere tutte le iniziative necessarie per l’informazione, la formazione e la prevenzione nella materia delle molestie.

Ulteriori e piùincisivi compiti sono affidati ai consiglieri di parità cui devono essere dunque conferiti mezzi e strumenti adeguati per l’espletamento delle funzioni di assistenza e tutela dei lavoratori che subiscano molestie o ricatti sessuali. Si consente alle persone che subiscono molestie intollerabili, da parte del datore di lavoro, di dimettersi per giusta causa, prevedendosi in tale caso una penalizzazione a carico del datore di lavoro, nella forma di un indennizzo al lavoratore, di entitàcommisurata alla gravitàdel comportamento.

Si prevede, inoltre, un regime processuale particolarmente celere, semplice e spedito, con la facoltàper il pretore di emettere anche condanna di risarcimento del danno liquidato in via equitativa. Si stabilisce la nullitàdegli atti di ritorsione contro le persone che denunciano molestie e contro i loro testimoni. Si prevedono, infine, assemblee aggiuntive –fuori dell’orario di lavoro –specificamente dedicate all’argomento cui si riferisce la legge.

In definitiva, con questo disegno di legge viene affrontato un problema di grande rilievo, certamente non con la pretesa di risolverlo definitivamente per via legislativa, ma con la consapevolezza che la legge puòdare un importante contributo, anche a livello culturale, per il superamento di antiche resistenze e vecchi pregiudizi. L’obiettivo principale èdi consentire a chi subisce le molestie, che di norma rimane in silenzio e nell’ombra, di trovare la forza e gli strumenti per reagire.

Questo disegno di legge èdestinato a tutelare «la persona che lavora» e quindi riguarda tutti, indipendentemente dal sesso. Ma èchiaro che il problema non èquantitativo: èsemplicemente un problema di civiltàriuscire a sottrarre persone che lavorano, e in particolare le donne, dal ricatto che quasi sempre èimplicito nell’impiego delle molestie, anche verbali; ricatto tanto piùgrave quando proviene da chi detiene un potere gerarchico ovvero dal datore di lavoro.

Certo, si tratta di un problema troppo sottovalutato; ma bisogna riconoscere che l’approvazione del disegno di legge nella scorsa legislatura èstata dovuta anche allo sforzo ed alla pressione di tante lavoratrici, di tante associazioni e di tanti organismi sindacali: in tutte le occasioni in cui qualche lavoratrice ha trovato la forza di reagire, infatti, sono stati questi organismi a collocarsi al suo fianco ed a sostenerla in una battaglia spesso non facile, soprattutto perchémancava una legge di tutela e bisognava ricorrere ad altri strumenti, non sempre adeguati.

Si tratta infatti di cercare in tutti i modi di sbarrare la strada alle discriminazioni, agli abusi di potere, ad una mentalitàtroppo lontana da elementari esigenze di rispetto, di libertàe di dignitàdella persona, per formare invece una «cultura» nuova e civile, alla cui base si collochino proprio quelle fondamentali esigenze che fin qui sono state neglette, non solo nei luoghi di lavoro ma anche nella stessa società.

Si confida, dunque, in una rapida approvazione di questo testo, nelle forme abbreviate previste dal Regolamento.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Molestie sessuali)

1. Ai fini della presente legge, costituisce molestia sessuale ogni atto o comportamento, anche verbale, a connotazione sessuale o comunque basato sul sesso, che sia indesiderato e che, di per sèovvero per la sua insistenza, sia percepibile, secondo ragionevolezza, come arrecante offesa alla dignitàe libertàdella persona che lo subisce, ovvero sia suscettibile di creare un clima di intimidazione nei suoi confronti.

2. Assumono particolare rilevanza le molestie sessuali che, esplicitamente o implicitamente, siano accompagnate da minacce o ricatti da parte del datore di lavoro o dei superiori gerarchici in relazione alla costituzione, allo svolgimento ed alla estinzione del rapporto di lavoro.

3. Costituiscono comportamenti discriminatori ai sensi dell’articolo 4, commi 1 e 2, della legge 10 aprile 1991, n. 125, le molestie che influiscono sulle decisioni inerenti alla costituzione, svolgimento o estinzione del rapporto di lavoro.

Art. 2.

(Ambito di applicazione)

1. I comportamenti illeciti di cui all’articolo 1, comma 1, riguardano tutte le lavoratrici ed i lavoratori appartenenti a tutte le tipologie di rapporti di lavoro.

2. La tutela èaltresìestesa alla fase di trattativa precedente alla costituzione del rapporto.

Art. 3.

(Nullitàdi atti discriminatori)

1. Tutti gli atti o patti che derivino da atto discriminatorio per sesso conseguente alla molestia sessuale e, particolarmente, da ricatti o minacce accompagnati a molestia sessuale, sono nulli.

Art. 4.

(Obblighi del datore di lavoro)

1. Il datore di lavoro, pubblico o privato, che abbia alle proprie dipendenze oltre quindici lavoratori, è tenuto ad adottare, d’intesa con le rappresentanze sindacali aziendali, le iniziative necessarie ai fini della formazione, della informazione e della prevenzione relative alle problematiche di cui all’articolo 1.

2. Qualora siano denunciati al datore di lavoro i comportamenti di cui all’articolo 1, egli ha l’obbligo di porre in atto procedure tempestive e imparziali di accertamento, assicurando la riservatezza dei soggetti coinvolti.

Art. 5.

(Ulteriori competenze dei consiglieri di parità)

1. I consiglieri di paritàdi cui all’articolo 8 della legge 10 aprile 1991, n. 125, e i centri per la paritàe le pari opportunitàaziendali di cui al comma 3 dell’articolo 1 della medesima legge, svolgono anche funzione di assistenza e consulenza per le lavoratrici ed i lavoratori che subiscano atti di molestia o ricatti sessuali, garantendo la riservatezza ogni volta che gli interessati intendano mantenerla. Tali funzioni dei consiglieri di paritàdevono essere portate a conoscenza dei lavoratori e delle lavoratrici nelle singole aziende, mediante affissione del presente articolo, in luogo accessibile a tutti, a cura dei datori di lavoro.

2. Ai consiglieri di paritàdevono essere assegnati mezzi e strumenti necessari, per l’espletamento anche del compito di cui al comma 1, a cura dell’ufficio del lavoro competente ai sensi dell’articolo 8 della legge 10 aprile 1991, n. 125. Con decreto da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale definisce, nell’ambito delle ordinarie dotazioni di bilancio, gli strumenti ed i mezzi di cui i consiglieri di parità devono essere dotati, sia per i fini della citata legge n. 125 del 1991 sia in relazione alle funzioni di cui alla presente legge, ed impartisce precise direttive circa l’assistenza legale dei consiglieri di parità per tutte le ipotesi in cui essi sono legittimati a stare in giudizio.

3. I datori di lavoro che occupino piùdi 15 dipendenti portano a conoscenza dei lavoratori, mediante affissione in luogo accessibile a tutti, il nome, il recapito e le competenze del consigliere di parità

Art. 6.

(Conseguenze dei comportamenti scorretti)

1. Le promozioni, le migliori qualifiche o i trasferimenti ottenuti con comportamenti scorretti a connotazione sessuale sono annullabili a richiesta della persona danneggiata.

Art. 7.

(Dimissioni per giusta causa)

1. Qualora gli atti o comportamenti di cui all’articolo 1, comma 1, siano tenuti direttamente dal datore di lavoro, le lavoratrici ed i lavoratori molestati hanno diritto di recedere dal contratto di lavoro per giusta causa. In tal caso il datore di lavoro saràtenuto a corrispondere, in proporzione alla gravitàdel comportamento molesto, un’indennitàd’importo compreso tra le due e le dodici mensilitàdell’ultima retribuzione globale di fatto e comunque non superiore, nel contratto di lavoro a tempo dereminato, al numero dei mesi mancanti alla cessazione del rapporto.

Art. 8.

(Responsabilitàdisciplinare)

1. I comportamenti vietati dalla presente legge costituiscono illecito disciplinare, secondo quanto previsto dalla contrattazione collettiva. La recidiva costituisce sempre motivo di aggravamento delle sanzioni.

2. Analoga responsabilitàsi configura nell’ipotesi di denuncia di fatti inesistenti, compiuta al solo scopo di denigrare qualcuno o comunque di ottenere vantaggi sul lavoro.

Art. 9.

(Azioni in giudizio)

1. La persona che abbia subìo molestie nel luogo di lavoro o sia esposta comunque ai comportamenti di cui all’articolo 1 e non ritenga di avvalersi della procedura di conciliazione prevista dai contratti collettivi, ma intenda agire in giudizio nei confronti dell’autore delle molestie, puòpromuovere il tentativo di conciliazione ai sensi dell’articolo 410 del codice di procedura civile, anche attraverso il consigliere di parità ove esista, ferma restando l’applicazione, anche alle ipotesi considerate nella presente disciplina, dell’articolo 8, comma 8, della legge 10 aprile 1991, n. 125. Si applicano, per il ricorso in giudizio, le disposizioni di cui all’articolo 413 del codice di procedura civile e le disposizioni dell’articolo 15 della legge 9 dicembre 1977, n. 903.

2. Con lo stesso provvedimento di cui all’articolo 15, primo comma, della legge 9 dicembre 1977, n. 903, il pretore condanna altresìil responsabile del comportamento molesto al risarcimento del danno, che liquida in forma equitativa.

3. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai dipendenti pubblici.

Art. 10.

(Azioni positive e attivitàd’informazione)

1. Costituiscono azioni positive, anche ai fini dell’ammissione ai finanziamenti di cui all’articolo 2 della legge 10 aprile 1991, n. 125, i progetti che comprendono piani dettagliati di prevenzione, formazione ed informazione nella materia oggetto della presente legge, presentati dai soggetti e con le modalitàdi cui al medesimo articolo 2 della citata legge n. 125 del 1991.

2. Apposite campagne di informazione sono predisposte annualmente dal Comitato nazionale per l’attuazione dei princìi di paritàdi trattamento e uguaglianza di opportunitàfra lavoratori e lavoratrici e dalle commissioni regionali, sul tema delle molestie sessuali.

Art. 11.

(Nullitàdei provvedimenti di ritorsione)

1. I provvedimenti relativi alla posizione soggettiva del lavoratore dipendente che abbia denunciato comportamenti di molestia da parte del datore di lavoro o di superiori gerarchici, in qualunque modo peggiorativi della sua condizione, quali trasferimenti, licenziamenti e simili, adottati entro un anno dal momento della denuncia, si presumono a contenuto discriminatorio.

2. È tuttavia consentita la prova contraria ai sensi dell’articolo 2728, secondo comma, del codice civile.

3. Analogo trattamento èriservato ai testimoni che hanno deposto in senso conforme alla denuncia.

Art. 12.

(Assemblee)

1. Ad integrazione di quanto disposto dall’articolo 20 della legge 20 maggio 1970, n. 300, le lavoratrici e i lavoratori, separatamente, hanno diritto a tre ore di assemblea annue, fuori dall’orario di lavoro, per discutere sul tema dei rapporti sui luoghi di lavoro e sui comportamenti molesti per ragioni di sesso nell’ambiente di lavoro, garantendo comunque il diritto alla riservatezza. Le assemblee sono indette con le modalitàe si svolgono nelle forme di cui al predetto articolo 20 della citata legge n. 300 del 1970.