Disegno di legge 21.06.2001, n.266



Tutela della persona che lavora da violenze morali e persecuzioni psicologiche nell'ambito dell'attività lavorativa



SENATO DELLA REPUBBLICA

XIV LEGISLATURA

DISEGNO DI LEGGE N. 266

d'iniziativa del senatore RIPAMONTI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 21 GIUGNO 2001

Tutela della persona che lavora da violenze morali e persecuzioni psicologiche nell'ambito dell'attività lavorativa

Onorevoli Senatori. – Il lavoro è uno dei momenti fondamentali di autorealizzazione dell'individuo; la menomazione di questa opportunità per conflitti interpersonali nei luoghi di lavoro o per decisione dell'impresa, ente e amministrazione pubblica è un fatto grave sotto l'aspetto della tutela individuale della dignità ed integrità della persona, ma è anche grave perché determina la generazione di diseconomie interne ed esterne al luogo di lavoro. La cooperazione nel lavoro è la migliore strada per una adeguata utilizzazione e valorizzazione delle risorse umane.

La moderna psicologia del lavoro ha individuato nei fattori che fanno degradare tale cooperazione e che determinano menomazioni psico-fisiche nei lavoratori, un'area di intervento meritevole di prioritaria attenzione soprattutto sotto l'aspetto della prevenzione. La pubblicistica anglo-sassone più avanzata, ed in particolare quella scandinava, ha definito mobbing il fenomeno delle violenze morali, pressioni e molestie psicologiche nei luoghi di lavoro. Il mobbing si determina quando tali fatti si verificano in modo sistematico, duraturo e intenso, tra lavoratori e nel rapporto tra lavoratori e datori di lavoro (pubblici e privati).

Si tratta di problemi rilevanti che devono essere affrontati con un rapporto equilibrato nella relazione che si può determinare con gli spazi di autonomia gestionale e organizzativa propri delle imprese e degli enti.

I soggetti che restano vittime delle azioni di mobbing vengono colpiti nella sfera psichica, spesso con forme depressive gravi, e compressi nella propria capacità lavorativa e nella propria autostima.

In casi estremi la forte pressione psicologica, le «percosse psichiche», i maltrattamenti verbali, la compressione della vittima in una permanente condizione di inferiorità concorrono, spesso in modo decisivo, al suicidio. In Svezia si ècalcolato che le cause di suicidio vedono il mobbing come elemento scatenante su oltre il 15 per cento dei casi. Le forme depressive dovute al mobbing recano un danno socio-economico rilevante e quindi, come sopra detto, intervenire su questo problema non èsolo necessario per ragioni etiche, di giustizia e di correttezza nei rapporti umani e per la tutela dei valori della convivenza civile, ma anche di opportunitàeconomica, sia per il buon funzionamento delle aziende, sia per minimizzare i costi sociali e sanitari, sia anche per accrescere la coesione sociale.

Il provvedimento legislativo qui proposto interviene prima di tutto per favorire una azione preventiva efficace, per informare e sensibilizzare tutti i soggetti interessati alla gravità del problema, per riconoscere il mobbing, per poter intervenire quando le molestie morali e le violenze psicologiche non abbiano ancora prodotto danni.

Oltre alla definizione del fenomeno (articolo 2), vengono indicate le azioni di prevenzione e di informazione che vanno attuate per prevenire e controllare il mobbing ed i suoi effetti (articolo 3).

Ed ancora: vengono previste precise responsabilitàdisciplinari (articolo 4) e viene data la praticabilitàad adeguate azioni di tutela con il ricorso alla conciliazione ed in giudizio (articolo 5).

Viene poi prevista la possibilitàdel ripristino della situazioni professionali colpite dalla azioni di mobbing e il loro risarcimento (articolo 6). Èprevista la pubblicitànell'azienda o ente interessato alle risultanze giudiziarie delle determinazioni disciplinari assunte (articolo 7). Infine, èprevista la nullitàdi tutti quegli atti di ritorsione che possono condizionare l'iniziativa di tutela del lavoratore colpito da mobbing (articolo 8).

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Finalitàe campo applicativo)

1. La presente legge tutela qualsiasi lavoratrice e lavoratore da violenze morali e persecuzioni psicologiche perpetrate in ambito lavorativo mediante azioni definite dall'articolo 2.

2. La tutela di cui al comma 1 si esplica per tutte le tipologie di lavoro, pubblico e privato, comprese le collaborazioni, indipendentemente dalla loro natura, mansione e grado.

Art. 2.

(Definizione)

1. Ai fini della presente legge vengono considerate violenze morali e persecuzioni psicologiche, nell'ambito dell'attivitàlavorativa, quelle azioni che mirano esplicitamente a danneggiare una lavoratrice o un lavoratore. Tali azioni devono essere svolte con carattere sistematico, duraturo e intenso.

2. Gli atti vessatori, persecutori, le critiche e i maltrattamenti verbali esasperati, l'offesa alla dignità la delegittimazione di immagine, anche di fronte a soggetti esterni all'impresa, ente o amministrazione –clienti, fornitori, consulenti –comunque attuati da superiori, pari-grado, inferiori e datori di lavoro, per avere il carattere della violenza morale e delle persecuzioni psicologiche, devono mirare a discriminare, screditare o, comunque, danneggiare il lavoratore nella propria carriera, status, potere formale e informale, grado di influenza sugli altri. Allo stesso modo vanno considerate la rimozione da incarichi, l'esclusione o immotivata marginalizzazione dalla normale comunicazione aziendale, la sottostima sistematica dei risultati, l'attribuzione di compiti molto al di sopra delle possibilitàprofessionali o della condizione fisica e di salute.

3. Ciascun elemento concorre individualmente nella valutazione del livello di gravità.

4. Ai fini dell'accertamento della responsabilitàsoggettiva, l'istigazione èconsiderata equivalente alla commissione del fatto.

Art. 3.

(Prevenzione ed informazione)

1. Ai fini di prevenire le attivitàdi violenza morale e persecuzione psicologica, i datori di lavoro, pubblici e privati, e le rispettive rappresentanze sindacali aziendali, pongono in essere –anche in attuazione di quanto previsto dall'articolo 2087 del codice civile –iniziative di informazione periodica verso i lavoratori. Tali azioni concorrono ad individuare, anche a livello di sintomi, la manifestazione di condizioni di maltrattamenti e di discriminazioni, cosìcome indicate all'articolo.

2. L'attivitàinformativa investe anche gli aspetti organizzativi –ruoli, mansioni, carriere, mobilità–nei quali la trasparenza e la correttezza nei rapporti aziendali e professionali deve essere sempre manifesta.

2. Qualora siano denunciati da parte di singoli o da gruppi di lavoratori, al datore di lavoro e alle rappresentanze sindacali aziendali, comportamenti di cui all'articolo 2, questi ultimi hanno l'obbligo di attivare procedure tempestive di accertamento dei fatti denunciati e misure per il loro superamento. Per la predisposizione di tali misure vengono sentiti anche i lavoratori dell'area aziendale interessata ai fatti accertati.

3. Al momento della formalizzazione di qualsiasi tipo di rapporto di lavoro, il datore di lavoro consegna ai lavoratori una comunicazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali relativa alla tutela dal le violenze morali e dalla persecuzione psicologica nel lavoro. La predetta comunicazione deve essere affissa nelle bacheche aziendali.

4. Ad integrazione di quanto disposto dall'articolo 20 della legge 20 maggio 1970, n. 300, i lavoratori hanno diritto a due ore di assemblea su base annuale, fuori dall'orario di lavoro, per trattare il tema delle violenze morali e delle persecuzioni psicologiche nel luogo di lavoro, di cui agli articoli 1 e 2 della presente legge. Le assemblee sono indette con le modalitàe si svolgono nelle forme di cui al citato articolo 20 della legge n. 300 del 1970. Alle assemblee possono partecipare le rappresentanze sindacali aziendali, i dirigenti sindacali ed esperti.

Art. 4.

(Responsabilitàdisciplinari)

1. Nei confronti di coloro che attuano azioni di cui all'articolo 2, si configura responsabilitàdisciplinare, secondo quanto previsto dalla contrattazione collettiva. Analoga responsabilitàgrava su chi denuncia consapevolmente fatti di cui al medesimo articolo 2 che si rivelino inesistenti per ottenere vantaggi comunque configurabili.

Art. 5.

(Azioni di tutela giudiziaria)

1. Il lavoratore che abbia subìo violenza morale e persecuzione psicologica nel luogo di lavoro ai sensi dell'articolo 2, e non ritenga di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi ma intenda adire il giudizio, puòpromuovere il tentativo di conciliazione ai sensi dall'articolo 410 del codice di procedura civile, anche attraverso le rappresentanze sindacali aziendali. Si applicano, per il ricorso in giudizio, le disposizioni di cui all'articolo 413 del codice di procedura civile. Il giudice condanna altresìil responsabile del comportamento sanzionato al risarcimento del danno, che liquida in forma equitativa.

Art. 6.

(Conseguenze per gli atti derivanti dalle violenze psicologiche)

1. Le variazioni nelle qualifiche, nelle mansioni, negli incarichi, nei trasferimenti o le dimissioni, determinate da azioni di violenza morale e persecuzione psicologica, sono impugnabili ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 2113 del codice civile, salvo risarcimento dei danni ai sensi dell'articolo 5 della presente legge.

Art. 7.

(Pubblicitàdel provvedimento del giudice)

1. Su istanza della parte interessata il giudice puòdisporre che del provvedimento di condanna o di assoluzione venga data informazione, a cura del datore di lavoro, mediante lettera ai dipendenti interessati, per reparto e attività dove si émanifestato il caso di violenza morale e persecuzione psicologica, oggetto dell'intervento giudiziario, omettendo il nome della persona che ha subito tali azioni di violenza e persecuzione.

Art. 8.

(Nullitàdegli atti discriminatori e di ritorsione)

1. Tutti gli atti o fatti che derivino da comportamento di cui agli articoli 1, 2 e 3 sono nulli.

2. I provvedimenti relativi alla posizione soggettiva del lavoratore che abbia posto in essere una denuncia per comportamenti di cui all'articolo 2, in qualunque modo peggiorativi della propria condizione professionale, compresi i trasferimenti e i licenziamenti, adottati entro un anno dal momento della denuncia, si presumono a contenuto discriminatorio, salvo prova contraria, ai sensi dell'articolo 2728, secondo comma, del codice civile.