Proposta di legge 09.07.1996, n.1813



Norme per la repressione del terrorismo psicologico nei luoghi di lavoro



CAMERA DEI DEPUTATI N. 1813

d'iniziativa dei deputati CICU, MARRAS, MASSIDDA, LIOTTA, ALEFFI, CUCCU,

ARMOSINO, BERGAMO, BURANI PROCACCINI, CASCIO, COSENTINO, DANESE, DEL

BARONE, DIVELLA, FLORESTA, GIANNATTASIO, GUIDI, PAGLIUCA, ROSSO, TARDITI

Norme per la repressione del terrorismo psicologico nei luoghi di lavoro

Presentata il 9 luglio 1996

Relazione

Onorevoli Colleghi! - L'avvicinarsi del terzo millennio è caratterizzato da un contesto sociale molto diverso dal recente passato. Negli anni duemila incideranno i problemi legati all'adattabilità degli individui alla nuova realtà sociale in cui sarà preminente l'individualismo. Pochi oggi conoscono il significato di mobbing, un termine che entrerà diffusamente nel vocabolario della lingua italiana nei prossimi anni. Con mobbing si definisce una forma di terrore psicologico che viene esercitato nel posto di lavoro. Si manifesta con atti e strategie persecutrici nei confronti delle vittime (mobbizzati). Gli artefici, denominati mobber, possono essere colleghi di lavoro, superiori, ma a volte l'azienda stessa nell'ambito di una strategia precisa. II mobbing, qualsiasi sia il fine, è sempre e comunque un abuso perpetrato nei confronti di una persona, che ne subisce i danni economici e soprattutto psicologici. Lo scopo di chi attua una strategia di mobbing è quello di eliminare una persona che è, o è diventata, "scomoda" perpetrando un'azione psicologica che può provocare il licenziamento volontario senza per questo generare un caso sindacale. Le conseguenze dei mobbing sono notevoli ed incidono non solo nella sfera privata ma investono la realtà sociale con ulteriori pesi per le strutture pubbliche di assistenza a cui si aggiunge il danneggiamento che subisce la struttura di lavoro con conseguente significativo calo della produttività. Ricerche condotte in altri Paesi hanno pure dimostrato che il mobbing può portare fino alla invalidità psicologica e quindi si può parlare di una vera e propria malattia professionale del tutto simile a infortuni sul lavoro.

Proprio nel mondo politico, negli anni settanta, a un deputato è stata riconosciuta una infermità per effetto dei mobbing e per questo si è provveduto al rilascio di una pensione di invalidità. In Svezia una indagine statistica ha dimostrato che il 20 per cento dei suicidi, in un anno, hanno avuto quale causa scatenante fenomeni di mobbing. In Italia soffrono per mobbing circa un milione di lavoratori e si stimano in 5 milioni le persone coinvolte in qualche modo nel fenomeno, quali familiari, amici o parenti delle vittime. Un lavoratore costretto a prepensionamento a soli 40 anni determina un costo sociale di un miliardo e 200 milioni in più rispetto a un lavoratore che va in quiescenza all'età prevista. Possono configurarsi nel mobbing anche le molestie sessuali, l'ostracismo del datore di lavoro nei confronti del personale femminile, la diversità politica dei lavoratore rispetto a quella aziendale, eccetera. L'atteggiamento repressivo può essere assunto nell'ambito di una strategia aziendale tesa alla riduzione di personale o all'eliminazione di persone indesiderate, colpendo proprio il personale in condizioni psicologiche più deboli. Il mobbing nella nostra nazione trova più che altrove condizioni favorevoli per prosperare grazie ad una crisi economica preoccupante che provoca drastiche riduzioni di personale; per questo è altissima, nel lavoratore, la paura di perdere il posto di lavoro. Nel codice penale non è previsto il reato di mobbing anche se spesso esso si può inquadrare in altri illeciti come l'abuso di ufficio, l'abuso di potere, le molestie, eccetera, ossia atti che conducono al mobbing. Con la seguente proposta di legge si vuole prevedere il reato di mobbing e perseguire penalmente tale comportamento, equiparandola ad un reato verso la persona e verso la società. II reato di mobbing comporterà una condanna detentiva, nei confronti del mobber, fino a tre anni e l'interdizione dai pubblici uffici fino a tre anni.

Art. 1.

1. Chiunque cagiona un danno ad altri ponendo in essere una condotta tesa ad instaurare una forma di terrore psicologico nell'ambiente di lavoro è condannato alla reclusione da 1 a 3 anni e all'interdizione dai pubblici uffici fino a tre anni. 2. La condotta delittuosa di cui al comma 1 si realizza attraverso molestie, minacce, calunnie e ogni altro atteggiamento vessatorio che conduca il lavoratore all'emarginazione, alla diseguaglianza di trattamento economico e di condizioni lavorative, all'assegnazione di compiti o funzioni dequalificanti.