Maria Elena Bagnato



Danno tanatologico

Danno tanatologico
 
di Maria Elena Bagnato
 

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Il danno tanatologico è il danno conseguente alla sofferenza patita dal defunto prima di morire a causa delle lesioni fisiche derivanti da un'azione illecita compiuta da terzi.

 

 


1. Le origini
2. Panorama giurisprudenziale
3. Quantificazione del danno tanatologico
4.Orientamento di altri paesi e della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo

 

 

 

1.Le origini
Figura di recente formulazione, rientra nella categoria del danno non patrimoniale e rappresenta una fattispecie ulteriore rispetto a quelle già previste di danno morale,esistenziale e biologico. Il danno tanatologico rientra nella categoria del danno di natura "non patrimoniale" ex art. 2059 c.c., il cui fondamento è rinvenibile negli artt. 2 e 32 della Costituzione, ovvero nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 1948, nella Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 1950 e nel Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966.
Il Codice del 1942 disciplinava il risarcimento del danno morale derivante da reato (ex artt. 2059 c.c. e 185 c.p.) quale compensazione pecuniaria del dolore subito. Il danno morale era, pertanto, risarcibile solo se connesso ad un danno patrimoniale. Successivamente, con la sentenza n. 88 del 26 luglio 1979, la Corte Costituzionale consentì la diffusione del concetto di danno alla persona, statuendo che la salute è un "diritto fondamentale, primario ed assoluto dell'individuo, il quale, in virtù del suo carattere privatistico, è direttamente tutelato dalla Costituzione (art. 32) e, nel caso di sua violazione, il soggetto può chiedere ed ottenere il giusto risarcimento, in forza del combinato tra il medesimo articolo costituzionale e l'art. 2059 del codice civile".
Tale sentenza ha dato il passo ad una successiva pronuncia della Consulta, n.184 del 1986, ritenuta di fondamentale importanza per l'affermazione del danno alla persona. Con la suddetta sentenza, la Corte Costituzionale ha sancito definitivamente la summa divisio tra il danno-evento e il danno-conseguenza, facendo rientrare nella prima categoria il danno biologico, e nella seconda il danno morale subiettivo e quello patrimoniale. Per quanto riguarda il danno tanatologico si sono delineati distinti orientamenti: nella suddetta pronuncia era stata indicata la natura del danno-evento come peculiare del pregiudizio arrecato alla salute. Pertanto, il danno alla salute, subìto dai prossimi congiunti a seguito della morte del soggetto, era azionabile iure proprio. Attualmente il quadro giurisprudenziale prevalente è orientato a riconoscere l'autonoma risarcibilità del danno catastrofico e del danno biologico terminale trasmissibili iure hereditario, ma a negare la risarcibilità del danno tanatologico in sé, salvo però riconoscere e liquidare agli eredi della vittima il danno tanatologico subito per la perdita del congiunto.

 

 


2.Panorama giurisprudenziale
Le problematiche relative alla figura del danno tanatologico dunque riguardano la difficoltà di individuare se lo stesso sia risarcibile o meno. In particolare, il tema della sua risarcibilità è stato ed è tutt'oggi oggetto di un vivace dibattito giurisprudenziale.
A tal proposito è utile menzionare alcune rilevanti pronunce in materia.
L'orientamento maggioritario non condivide l'esistenza del danno tanatologico, in quanto mancherebbe un titolare del diritto al risarcimento del danno da morte, atteso che il soggetto leso è quello deceduto, ed il diritto al ristoro non sarebbe trasmissibile agli eredi.
Altra parte della dottrina sostiene, invece, la configurabilità dell'esistenza di soggetti legittimati all'indennizzo, come del resto avviene nel caso di risarcimento da danno biologico riconosciuto agli eredi.
Tra le tesi che negano la risarcibilità, vanno menzionate le sentenze delle Sezioni Unite n. 26972 e n. 26973 dell'11 novembre 2008, con le quali la Corte di Cassazione, dopo aver effettuato una netta separazione tra danno patrimoniale ex art. 2043 e danno non patrimoniale ex art. 2059, ha definito le varie categorie di danno biologico, danno per morte,danno esistenziale, e così via, come "descrittive", concepite dalla dottrina come differenti estrinsecazioni del concetto di danno non patrimoniale. Secondo la Suprema Corte, il danno tanatologico puro non è risarcibile, ma lo sono i riflessi morali dell'evento lesivo sulla sfera giuridica degli eredi.
In tale contesto, si inserisce la sentenza dell'8 aprile 2010, n. 8360 in virtù della quale la Corte di Cassazione, ha riconosciuto trasmissibile agli eredi il diritto al risarcimento del danno tanatologico qualora la morte del soggetto sopraggiunga immediatamente oppure a breve distanza di tempo dall'azione lesiva, in quanto l'evento lede non il diritto alla salute, ma il diritto alla vita.
Spetterà al giudice, in sede di liquidazione, comprendere i danni morali subiti iure proprio dai parenti della vittima, nonché l'importo dovuto per le sofferenze psichiche subìte dalla vittima prima di morire.
Pertanto, il giudice dovrà personalizzare la liquidazione dell'unica somma dovuta in risarcimento dei danni morali, tenendo conto anche del c.d. tanatologico, qualora le parti interessate ne facciano specifica richiesta.
Le tesi contrarie al risarcimento del danno tanatologico sono state argomentate sulla base dell'esame della natura personale del diritto de quo. In particolare, la Corte di legittimità ha ritenuto non risarcibile "il danno da perdita della vita", in quanto un conto sono le lesioni e le sofferenze morali collocate in un arco temporale apprezzabile, un conto è la morte stessa, che elimina ogni conseguenza pregiudizievole per il defunto, conseguenze necessarie perché si possa parlare di risarcimento.
In senso restrittivo si è pronunciata la Corte di Cassazione civile, sentenza n. 15706/10 del 02/07/2010, secondo cui la lesione dell'integrità fisica con esito letale è configurabile come danno risarcibile agli eredi solo se sia trascorso un lasso di tempo apprezzabile tra le lesioni subite dalla vittima del danno e la morte; in questo caso è configurabile un danno non patrimoniale risarcibile e trasferibile agli eredi iure hereditatis.
Esclude il risarcimento anche la Terza Sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza del 24/03/2011, n. 6754, qualora il defunto non abbia avuto una lucida cosciente percezione della sua condizione.
Ha condiviso tale pronuncia il Tribunale di Catanzaro, sez. II civile, che, nella recenteordinanza 23.02.2012, ha puntualizzato che la lesione dell'integrità fisica del soggetto, che di lì a breve morirà, non è un danno alla salute perché ciò implicherebbe che lo stesso restasse in vita; al contrario, se muore, allora non sarà più possibile risarcire il danno del bene giuridico della salute per colui che non è più in vita.
Occorre menzionare, infine, la recente sentenza n. 6273/2012 con la quale la Corte di Cassazione ha escluso la risarcibilità del danno tanatologico qualora la vittima non abbia patito alcun dolore di natura psichica, ad esempio nel caso di un soggetto in coma, rimasto in tale stato fino al decesso.

3.Quantificazione del danno tanatologico
Sul tema della liquidazione del danno tanatologico sussistono forti incertezze, poiché vi sono diversi aspetti a cui fare riferimento.
Innanzitutto, occorre evidenziare che la liquidazione del danno non patrimoniale sfugge ad una certa definizione, per cui viene rimessa agli apprezzamenti e valutazioni equitative del giudice. Questi dovrà tener conto delle effettive sofferenze patite dalla vittima del danno, compresa la dimensione temporale, ovvero la gravità dell'illecito da cui deriva la morte, e tutte le circostanze peculiari al caso concreto. Trattandosi di una valutazione equitativa, il giudice non sarà tenuto a dare una minuziosa elencazione di tutti gli elementi su cui si è basata la sua decisione.
Inoltre, ai fini della quantificazione del danno tanatologico è possibile far riferimento alle tabelle formulate dai tribunali italiani, da integrare con un'opportuna personalizzazione dell'ammontare del danno riferita al caso concreto.

 

 


4.Orientamento di altri paesi e della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo
In ambito mondiale ed europeo si registrano varie pronunce in tema di danno tanatologico.
La Corte Suprema del Portogallo ha previsto il risarcimento del danno da perdita della vita (sentenze 17.3.1971 e 11.1.2007).
In Inghilterra, si notano orientamenti contrastanti; se infatti, il danno è stato escluso dal Law Reform Act del 1934, successivamente dal Fatal Accident Act del 1976 il danno non patrimoniale da lutto è stato limitato nel quantum ad una certa somma fissa, aumentata nel 2002 a 10.000 sterline.
Negli Stati Uniti d'America, è stato riconosciuto il danno per l'hedonic value of life, cioè per la vita in quanto tale (Corte Distrettuale dell'Illinois, sentenza del 15.11.1985).
Con riferimento alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, è opportuno infine menzionare l'art. 2 della CEDU che sancisce il diritto alla vita, prevedendo che:
«1. Il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge. Nessuno può essere intenzionalmente privato della vita, salvo che in esecuzione di una sentenza capitale pronunciata da un tribunale, nel caso in cui il reato sia punito dalla legge con tale pena.
2. La morte non si considera cagionata in violazione del presente articolo se è il risultato di un ricorso alla forza resosi assolutamente necessario: a) per garantire la difesa di ogni persona contro la violenza illegale; b) per eseguire un arresto regolare o per impedire l'evasione di una persona regolarmente detenuta; c) per reprimere, in modo conforme alla legge, una sommossa o un'insurrezione».