App. Roma Sez. IV, 02.04.2008



Sentenza

REPUBBLICA ITALIANA 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 
CORTE D'APPELLO DI ROMA 
QUARTA SEZIONE CIVILE 
 
composta dai seguenti Magistrati 
dott. SANTORO Giuseppe - Presidente - 
dott. DI CARLO Remo - Consigliere rel. - 
dott.ssa MARIANI Elisabetta - Consigliere - 
 
riunita in Camera di Consiglio ha emesso la seguente 
 
SENTENZA 
 
nella causa civile iscritta al n. 9917 del Ruolo Generale per gli Affari Contenziosi dell'anno 2004, posta in deliberazione all'udienza collegiale del 06.06.2007 e vertente 
 
TRA 
 
PI.Am., PI.Ca., PA.An. 
elett.te dom.ti in Roma presso lo studio degli avv. Ma. e Be.Ca. che li rappresentano e difendono per delega a margine dell'atto di citazione in primo grado 
APPELLANTI 
E 
TO. SpA 
in persona del legale rappresentante pt elett.te dom.ta in Roma (studio avv. M.Di.Io.) rappresentata e difesa dall'avv. Ra.Ma. per delega in calce alla copia notificata dell'atto di citazione in primo grado 
APPELLATA 
E 
MO.Gi. 
contumace
 
OGGETTO: Appello avverso la sentenza del Tribunale di Frosinone n. 1120/03. 
 
CONCLUSIONI: I procuratori delle parti hanno (concluso come da verbale dell'udienza del 06.06.07) 
 
Svolgimento del processo 
 
Con atto di citazione ritualmente notificato Am.Pi., Ca.Pi. e An.Pa. premesso che la prima il 12.10.96 era trasportata in Frosinone a bordo dell'autovettura Fiat Panda tg (...) di proprietà di An.Ma.Sp. e condotta da Mo.Tr.; che, mentre detta autovettura era ferma in coda ad altre all'altezza del semaforo che delimita l'incrocio tra la SS dei Monti Lepini e via (...), essa veniva tamponata con violenza dall'autovettura Fiat Punto tg (...) condotta dal proprietario Gi.Mo., assicurata per la rc presso la To. SpA; che a seguito dell'urto la Fiat Panda subiva danni da renderne impossibile qualsiasi riparazione; che Am.Pi. subiva gravissime lesioni diagnosticate presso l'Ospedale di Frosinone in trauma cranico commotivo, contusioni multiple e lesione confusiva parcellare del nervo facciale dx, essendo dallo stesso dimessa in data 24.10.96 con prognosi di giorni 40 sc; che Am.Pi. aveva dovuto, a causa del trauma subito, sottoporsi a numerosi controlli presso specialisti vari (neurochirurgo, psicoterapeuta, ortopedico e neuropsichiatra), che i suoi genitori Ca. e An.Pa. avevano per ciò anticipato somme ingentissime subendo anch'essi un danno morale indiretto; che Am.Pi. era iscritta al corso di Laurea in Medicina Veterinaria presso l'Università degli Studi di Perugia con obbligo di frequenza beneficiando di una borsa di studio di circa Lire 60.000.000 perduta a causa dell'obbligata ripetizione dell'A.A. 96-97 con ripercussioni molto gravi anche in termini di lucro cessante futuro; che Am.Pi. era titolare della patente-licenza di cavaliere e che non aveva più potuto esercitare la relativa attività che le avrebbe potuto consentire di divenire cavaliere-istruttore di equitazione non potendo comunque più attendere al proprio sport preferito, con ripercussioni sulla personalità e sulla vita di relazione; che l'Assicuratrice, pur avendo proceduto a valutazione dei postumi invalidanti (7%), non aveva inteso effettuare alcuna offerta formale ai sensi di legge, convenivano dinanzi al Tribunale di Frosinone il Mo. e l'Assicuratrice per sentir dichiarare il primo responsabile esclusivo del sinistro e condannarlo in solido con la seconda al risarcimento di tutti i danni subiti e subendi quantificati complessivamente in Lire 666.954.300 come da analitica indicazione o in somma maggiore o minore risultante di giustizia e previa concessione della provvisionale di Lire 100.000.000 ai sensi dell'art. 24 L. 990/69. 
Chiedevano altresì gli attori la condanna dell'Assicuratrice al pagamento in favore del FGVS di una somma pari a quella liquidata in proprio favore. Il Mo. rimaneva contumace. Si costituiva l'Assicuratrice eccependo pregiudizialmente l'inammissibilità e/o l'improponibilità della domanda per indeterminatezza sia della causa petendi che del petitum (mancata specificazione del titolo della pretesa per ciascuno dei tre attori) e contestando altresì la richiesta di provvisionale perché sfornita dei relativi requisiti giuridici. Nel merito contestava la dinamica del sinistro e la conseguente imputazione di responsabilità deducendo che l'urto tra le autovetture avvenuto in ora notturna e in zona non illuminata, era stato lieve; che la Fiat Panda non aveva in funzione i prescritti dispositivi di segnalazione posteriori e che la Am.Pi. trasportata sul sedile destro di essa non indossava cintura di sicurezza. Contestato altresì il nesso causale tra l'urto e le lesioni subite dall'attrice, chiedeva in via principale sia il rigetto della richiesta di provvisionale che della domanda attorea e in via subordinata riproporzionarsi l'onere risarcitorio all'accertato grado di responsabilità delle parti nella produzione del sinistro e l'effettiva entità dei danni subiti dagli attori. Accolta la richiesta di provvisionale per l'importo di Lire 50.000.000, disposte ed eseguite due CTU medico-legali, escussi otto testimoni, il Tribunale con la decisione in epigrafe indicata, ritenuto il concorso di colpa nella misura del 75% a carico del Mo. e del restante a carico di Am.Pi. nella produzione del sinistro, condannava i convenuti in solido al pagamento in favore di Am.Pi. della somma di Euro 40.611,00 comprensiva di rivalutazione monetaria ed interessi all'attualità oltre interessi al tasso legale dalla sentenza fino al soddisfo al netto della somma assegnata con provvisionale e al pagamento delle spese di giudizio rigettando le domande di risarcimento avanzate da Ca.Pi. e An.Pa. e la domanda per lite (resistenza temeraria) dagli stessi avanzata ex artt. 88 e 96 c.p.c. Contro detta decisione proponevano appello gli originari attori avanzando motivi specifici sul presunto concorso di colpa, sul danno emergente, sul danno da lucro cessante e perdita di chances sul danno esistenziale, sul danno in riflesso ai parenti, e chiedendo che in riforma di essa il Montoni e l'Assicuratrice venissero condannati al risarcimento di tutti i danni subiti e subendi come dimostrati e quantificati nel giudizio di primo grado oltre accessori. Il Mo. rimaneva contumace. Si costituiva l'Assicuratrice contestando analiticamente i motivi avanzati dagli appellanti e chiedendo il rigetto dell'appello. La Corte, assunte le conclusioni, riteneva la causa per la decisione all'udienza del 06.06.97 concedendo i termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche. 
 
Motivi della decisione 
 
1. Deve preliminarmente osservarsi che l'inserimento nella comparsa di risposta con la quale l'appellata Assicuratrice si è costituita nel presente grado della comparsa conclusionale depositata in primo grado e della memoria conclusionale di replica depositata in primo grado rispettivamente il 03.01.02 e il 04.11.03, non determina, pur nella strenua opposizione avanzata dall'appellante, l'esistenza di alcun problema giuridico. Di tali atti invero, in quanto depositati fuori dei termini previsti, il Tribunale ha disposto lo stralcio senza che su tale pronuncia l'Assicuratrice stessa abbia sollevato alcuna specifica contestazione, come era suo onere avanzare, non potendosi ritenere, tale contestazione, compresa nel surrettizio inserimento dei detti atti nella comparsa di risposta. Dei detti atti così in quest'ultima trasfusi non si può, pertanto, tenere alcun conto anche nella presente sede. 
2. Deve altresì ancora preliminarmente osservarsi che nell'atto di appello non è contenuta alcuna specifica contestazione in ordine alla "sottostimata valutazione del danno biologico patito dalla sig.ra Pi.Am.". Tale contestazione, nella dizione or ora indicata, compare soltanto nella memoria di replica (cfr. pag. 6 punto 1)). La stessa risulta pertanto del tutto inammissibile per tardività, dovendo, come è noto, essere contenuti, necessariamente, nell'atto di appello, i punti specifici in ordine ai quali è avanzata la richiesta di riforma, della sentenza impugnata, né la detta contestazione può ritenersi compresa, ancorché implicitamente, nei punti che, invece, esplicitamente, concernono un unico motivo di appello costituito dall'erronea interpretazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dalla carenza di esame delle produzioni documentali in relazione al presunto concorso di colpa, al danno emergente, al danno da lucro cessante e al danno di perdita chances, al danno esistenziale e al danno riflesso ai parenti. 
3. Le doglianze avanzate dagli appellanti in ordine alle questioni di cui ai predetti punti vanno analiticamente delibate. 
3.1. Sul ritenuto concorso di colpa 
Il Tribunale, dopo aver ricostruito la dinamica del sinistro ritenendo che la responsabilità dell'evento dannoso era da ascriversi "integralmente" a Gi.Mo., conducente della Fiat Punto che aveva attinto nella parte posteriore dx la Fiat Panda ove era trasportata la Pi., ha altresì nel contempo ritenuto il concorso di colpa di quest'ultima, fondando tal riconoscimento di responsabilità sul fatto che ella non aveva fatto uso, al momento del sinistro, delle prescritte cinture di sicurezza. A tale conclusione il Tribunale è pervenuto sulla base della tipologia del danno fisico, nell'immediato, lamentato dalla Pi. (trauma cranico commotivo con contusioni multiple e lesione contusiva parcellare del nervo facciale dx), compatibile con la proiezione in avanti del corpo seguita all'urto ricevuto da tergo e sulla ritenuta inattendibilità delle dichiarazioni del Tr., conducente della Fiat Panda in ordine alla necessità di tagliare la cintura di sicurezza che assicurava al sedile la Pi. per liberare la stessa, inattendibilità derivante anche dal fatto della dichiarazione del Tr. stesso di non aver riportato lesioni né di aver chiesto risarcimento, quando invece risultava che egli, come documentato dalla quietanza del 12.12.96, era stato rimborsato per il lieve danno subito alla persona in uno con la proprietaria della Fiat Panda, An.Ma.Sp., sua madre. Le contestazioni in merito avanzate dagli appellanti risultano fondate. La deduzione sottesa alla considerazione avanzata dal Tribunale, e cioè quella che i danni lamentati dalla Pi. fossero unicamente compatibili con il mancato uso delle cinture di sicurezza, non può ritenersi logicamente e giuridicamente appropriata. Segnatamente, invero, dalla tipologia delle lesioni subite dalla Pi., e soprattutto dalla zona del capo interessata dalle stesse, e cioè la parte destra anteriore del capo verso il basso, può trarsi il convincimento che tali lesioni siano del tutto compatibili con l'uso delle cinture di sicurezza che, come è noto, non assicurano la totale stabilità del tronco ben essendo compatibile con un urto a posteriori un movimento dello stesso e del capo in avanti. Il fatto del mancato uso delle cinture di sicurezza, comunque, costituiva eccezione la cui prova era a totale carico dell'Assicuratrice. Tal prova non è stata fornita neppure in maniera presuntiva, ed anzi sussistono elementi specifici per ritenere che la Pi. indossasse le cinture di sicurezza. Tali elementi sono forniti dalla detta dichiarazione del Tr., alla quale va prestata fede. Non possono infatti condividersi le affermazioni del Tribunale in punto di inattendibilità del teste. 
Deve escludersi, invero, che la mancata indicazione nel verbale di intervento dei CC, confermato testimonialmente dall'appuntato Ca., di un qualsiasi riferimento alle cinture di sicurezza, possa smentire l'affermazione del Tr., risultando proprio dallo stesso verbale, che i CC, intervenuti evidentemente dopo lo spostamento della Pi., si limitarono a dar conto dei danni constatati sui veicoli e delle lesioni subite dalla stessa, non procedendo, quindi, ad alcun altro rilievo sulla Fiat Panda. Quanto poi alla dichiarazione del Tr. di non aver riportato lesioni e di non aver chiesto alcun risarcimento, la stessa non risulta affatto in contrasto con la sottoscrizione apposta dal Tr. sull'atto di quietanza. Deve all'uopo considerarsi che, ove ciò fosse in realtà avvenuto, di tal fatto sarebbe certamente rimasta prova documentale che l'Assicuratrice avrebbe avuto ben modo di esibire. Il fatto quindi deve presumibilmente ma non meno fondatamente ascriversi alla comprensibile preoccupazione dell'Assicuratrice, nel momento in cui decadeva con la transazione ogni possibilità di pretesa da parte della Sp., di assicurarsi, nel contempo, il raggiungimento di tal risultato anche nei confronti del Tr. il quale, seppur fino allora non aveva avanzato pretesa alcuna, avrebbe, ove ne fossero ricorsi i presupposti, ben potuto avanzarne in futuro. E del resto, il che costituisce indizio valutabile ai sensi dell'art. 116 co. 2° c.p.c., l'Assicuratrice né ha mai eccepito l'incapacità a testimoniare del Tr. (eccezione colpita da preclusione per avvenuta acquiescenza), né ha mai allegato il teste a sospetto prima della sua audizione. Può ancora aggiungersi sul punto che l'esecuzione di indagine radiologica al torace, depone, certamente, per l'esistenza di elementi di obiettività in ordine ai riferiti dolore al torace stesso e al collo che possono ben essere cagionati proprio dall'uso delle cinture di sicurezza. 
Da quanto sinteticamente esposto discende l'esclusione del concorso di colpa della Pi. alla quale risulta pertanto dovuta, secondo il metodo e i calcoli usati dal Tribunale, non oggetto di contestazione alcuna, l'ulteriore somma di Euro 22.144,61 (pari ad un quarto dell'intero di Euro 88.578,45) liquida al dicembre 2003, e sulla quale gravano interessi al tasso legale fino all'effettivo soddisfo. 
3.2. Danno emergente 
Tal voce è costituita dal pregiudizio subito dalla Pi. per la perdita di un anno di studi universitari. A tal titolo il Tribunale ha riconosciuto la somma di Euro 2.582,28. Sostiene l'appellante che tal somma è esigua rispetto al reale. La doglianza va accolta in quanto appare del tutto certo che la detta somma non può valere al completo ristoro del relativo danno che è costituito sostanzialmente da due voci e cioè quella dell'obbligato pagamento per locazione di una stanza, valutabile in Euro 350,00-400,00 mensili e quella delle tasse universitarie dovendosi escludere quelle relative al sostentamento che comunque sarebbero gravate sull'appellante o sui di lei genitori. Ritiene equitativamente la Corte che il relativo danno possa essere ristorato dal riconoscimento in favore dell'appellante di ulteriori Euro 2.000,00 oltre interessi legali dal dicembre 2003 al saldo. 
3.3. Mancata valutazione economica della perdita di un anno di reddito professionale futuro 
Il fatto della perdita di un anno accademico da parte della Pi., iscritta al primo anno della facoltà di Veterinaria presso l'Università di Perugina, a cagione delle lesioni riportate, risulta adeguatamente provato sia documentalmente che testimonialmente. Esso costituisce pregiudizio risarcibile (Cass. nn. 8333/04 e 4791/07). Deve infatti presumersi, attraverso un criterio probabilistico, date le circostanze concrete, che la Pi., giovane dotata di ogni mezzo per affermarsi negli studi, avrebbe portato a termine gli stessi nella prescritta durata di cinque anni, così potendo, all'esito del superamento dell'esame di Stato, iniziare a svolgere la professione di medico Veterinario. A ristoro di tale pregiudizio, ritiene equa la Corte, la corresponsione dell'ulteriore somma di Euro 4.000,00 oltre interessi legali al dicembre 2003. 3.4. Mancata valutazione delle voci di danno relativa alla perdita di chances lavorative In ordine a tal pregiudizio, sia nell'atto di appello che negli atti successivi, lo stesso appare soltanto enunciato e per di più commisto, inammissibilmente, ad elementi che con esso non hanno a che vedere (es.: maggior fatica nel lavoro, riduzione della capacità di concorrenza, infermità determinata dall'attività lavorativa murante patita a causa dell'evento), che tutti pertengono non ad un danno patrimoniale futuro quale è quello costituito dalla perdita di chances ma ad una maggiore afflittività del lavoro che deve ritenersi compresa nel danno biologico ben ristorato, nella specie, attraverso l'innalzamento (25%) del punto di invalidità operato dal Tribunale. Del resto l'esistenza del pregiudizio in esame postula la prova rigorosa del fatto che la possibilità possa essere affermata in concreto, e cioè in riferimento ad un dato effettivo (ad esempio, l'offerta di un lavoro o il conseguimento di altra utilità in via contrattualmente assicurata), e non solo in astratto. Tal prova, nella specie, è risultata del tutto carente. La doglianza non può quindi accogliersi. 3.5. Mancata e/o erronea valutazione del c.d. danno esistenziale Sostiene in proposito l'appellante, di aver, a seguito dell'evento, dovuto rinunciare alla pratica degli sport equestri essendo, in precedenza, ella provetta amazzone in possesso della patente-licenza di cavaliere, così subendo ulteriore pregiudizio costituito doli 'effettivo peggioramento della qualità della vita (nonché, sul versante patrimoniale, come esposto in precedenza negli atti difensivi, anche dalla mancata percezione di un guadagno derivante dall'esercizio di detta attività). In proposito, pur non sottacendo che la nozione del ed danno esistenziale si sta definitivamente affermando quale figura autonoma di danno distinta da quello biologico, deve rilevarsi che, nella specie, risulta insufficiente la prova del nesso causale tra le lesioni e l'impossibilità, da parte della Pi., di proseguire la detta attività. I testi escussi sul punto (Or.Pi., Ma.Pa., Ma.Si.), hanno riferito, invero, che tale attività la Pi. cessò dopo il sinistro, il che non costituisce prova effettiva che l'abbandono dell'attività sia stato cogentemente necessitato dall'assoluta impossibilità di praticarla. Tal fatto invero, avrebbe dovuto essere comprovato non da semplici dichiarazioni testimoniali, ma da una adeguata certificazione medica che attestasse la detta impossibilità. Anche tale doglianza non può pertanto accogliersi. 3.6. Mancata valutazione e liquidazione del ed danno riflesso patito dai parenti Gli appellanti Ca.Pi. e An.Pa., genitori di Am.Pi., contestano la reiezione della domanda di risarcimento del danno riflesso da loro patito, esponendo che il Tribunale "non ha compiutamente apprezzato la sofferenza patita dai genitori della vittima dell'incidente, per le lesioni da questa riportate non solo nel fisico ma anche a livello morale " e citando, in proposito, una decisione della S.C. e una di merito. La doglianza non può essere accolta. Il Tribunale ha invero escluso, nella specie, l'esistenza del detto danno, distinguendo "i pur comprensibili disagi e problemi familiari insorti a seguito del sinistro" da "un complessivo e traumatico mutamento dello stie di vita e delle abitudini dell'intero nucleo familiare", che possono conseguire soltanto da un danno di assoluta rilevanza subito dalla persona offesa. Tal distinzione, a ben guardare, si riscontra nella decisione della S.C. citata nella quale, esplicitamente, si parla "di esigenza dei superstiti rimaste definitivamente compromessa". Ancorché quindi, non possa escludersi la valutazione della particolare vicinanza dei congiunti della persona offesa data dal vincolo familiare e dalla convivenza, deve ritenersi che la gravità delle lesioni sia elemento determinante e assolutamente preminente a determinare un patema d'animo e un'afflizione tali da poter essere prese in considerazioni quali effettive di danno. Non può in alcun modo negarsi, ed anzi va ribadito, che, di certo, le lesioni patite dalla Pi. determinarono nei genitori una preoccupazione che può ben essere definita anche di una certa consistenza, ma nel contempo, non può che ritenersi che dette preoccupazioni, certamente, non causarono né uno "sconvolgimento", né "un'alterazione dell'equilibrio familiare", pregiudizi questi che soli possono costituire la voce di danno in esame. 
4. La somma ulteriormente dovuta ad Am.Pi. è quindi quella di Euro 28.144,61 oltre interessi legali dal dicembre 2003 al saldo. 
5. Quanto al regime delle spese di giudizio deve osservarsi che la richiesta di riforma della liquidazione di quelle riguardanti il primo grado, è inammissibile in quanto avanzata dagli appellanti soltanto con la comparsa conclusionale. Quanto alle spese correnti tra i genitori della Pi. e gli appellati sussistono giustificati motivi per disporne la totale compensazione. Quelle in favore della Pi., parte in preponderanza, vittoriosa vanno liquidate come da dispositivo. 
 
P.Q.M.
 
La Corte, in accoglimento dell'appello proposto da Pi.Am. contro la sentenza del Tribunale di Frosinone n. 1120/03 e in riforma della stessa per quanto di ragione, dichiara l'esclusiva responsabilità di Mo.Gi. nella causazione del sinistro occorso in Frosinone il 12.10.96 e lo condanna in solido con To. SpA al pagamento in favore dell'appellante della somma di Euro 28.144,61 oltre interessi legali dal dicembre 2003 al saldo; rigetta l'appello proposto da Pi.Ca. e Pa.An. contro la medesima sentenza; condanna gli appellati in solido tra loro al pagamento delle spese del presente grado che liquida in complessivi Euro 5.082,17 (Euro 532,17 per spese, Euro 1.150,00 per diritti ed Euro 3.400,00 per onorari) oltre accessori come per legge; compensa integralmente le spese correnti tra gli appellanti Pi.Ca. e Pa.An. e gli appellati. 
 
Così deciso in Roma il 4 dicembre 2007. 
Depositata in Cancelleria il 2 aprile 2008.