Cass. Civ. Sez. III,28.11.2007, n. 24745



Sentenza

 

REPUBBLICA ITALIANA 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
SEZIONE TERZA CIVILE

 


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VARRONE Michele - Presidente
Dott. PETTI Giovanni Battista - rel. Consigliere
Dott. FINOCCHIARO Mario - Consigliere
Dott. CALABRESE Renato Luigi - Consigliere
Dott. SPIRITO Angelo - Consigliere


ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

 

 

sul ricorso proposto da: 
 

 

 

M.R., C.M., C.V., elettivamente domiciliati in ROMA VIA LIMA 15, presso lo studio dell'avvocato VERINO MARIO ETTORE, che li difende unitamente all'avvocato PIERO BAROLO, giusta delega in atti; 
ricorrenti

 

 

contro 

 

L.V., LA FONDIARA ASSIC SPA;
intimati

 

e sul 2^ ricorso n 00296/04 proposto da:

 

 

L.V., FONDIARIA SAI SPA, elettivamente domiciliati in ROMA VIA LEONIDA BISSOLATI 76, presso lo studio dell'avvocato TOMMASO SPINELLI GIORDANO, che li difende unitamente all'avvocato ANTONIO RICCI, giusta delega in atti; 
- controricorrenti e ricorrenti incidentali -

 

 

e contro

 


M.R., C.V., C.M.;
intimati

 

avverso la sentenza n. 1691/02 della Corte d'Appello di VENEZIA, sezione 4^ civile emessa il 10/04/02, depositata il 04/11/02; RG. 1208/97;

 

 

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/10/07 dal Consigliere Dott. Giovanni Battista PETTI; 
udito l'Avvocato MARIO VERINO; 
udito l'Avvocato TOMMASO SPINELLI GIORDANO; 
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e l'accoglimento del 1^ motivo e l'assorbimento del 2 del ricorso incidentale. 
 
Svolgimento del processo 
 
Con citazione del 3 dicembre 1993 gli eredi di C.V. ( M.R. in proprio e quale legale rappresentate dei minori C.V. e M.) pedone travolto e ucciso dalla Ford escort condotta da L.V. (assicurato presso la Fondiaria) convennero dinanzi al tribunale di Treviso il conducente assicurato e l'assicuratrice e ne chiesero la condanna in solido alla rifusione dei danni tutti conseguenti alla morte del pedone (disceso dalla propria auto in panne e collocata al di fuori della sede stradate, fatto avvenuto nella notte del 19 dicembre 1992). il G.i. con ordinanza emessa ai sensi dell'art. 186 quater c.p.c. condannava i convenuti in solido al risarcimento dei danni biologici (iure proprio) morali e patrimoniali, considerati gli interessi compensativi e legali, ed alla rifusione delle spese del giudizio. I convenuti (con atto del 31 gennaio 1997) dichiaravano di rinunciare alla pronuncia della sentenza con riserva di impugnazione poi ritualmente proposta sulla base di tre motivi. 
Resistevano gli appellati chiedendo il rigetto del gravame e chiedevano in via istruttoria l'espletamento di ctu per accertamento del proprio danno biologico. 
La corte di appello di Bologna, con sentenza del 4 novembre 2002, così decideva: accoglie l'appello per quanto di ragione ed in parziale riforma: 
a. rigetta le domande proposte dai parenti in ordine alle ulteriori somme, come residuo delle poste risarcitorie; 
b. rigetta le domande degli appellanti intese alla restituzione delle somme versate in esecuzione dell'ordinanza;
c. compensa le spese dei due gradi per 1/3 ponendo il resto a carico del conducente danneggiante e del suo assicuratore. 
Contro la decisione hanno proposto: ricorso principale M.R., C.M. e C.V. con unico atto affidato a cinque motivi di ricorso; non resiste il conducente L.V.. 
I ricorsi sono stati previamente riuniti. 
 

 

Motivi della decisione

 

Meritano accoglimento il primo motivo, e per quanto di ragione il secondo, il terzo ed il quarto del ricorso principale, assorbiti gli altri ed il ricorso incidentale, per le seguenti considerazioni. 
A. ESAME DEL RICORSO PRINCIPALE (EREDI DI C.V.) 
Nel PRIMO MOTIVO del ricorso si deduce il vizio della motivazione su punto decisivo in relazione all'accertamento della responsabilità del pedone nella misura del 10% in parziale accoglimento dell'appello. La tesi è che è contraddittoria la motivazione resa a ff. 10 ed 11 della sentenza, posto che dopo avere affermato la "macroscopica responsabilità del L. che investe il pedone pur avendo a disposizione, per evitarlo, l'intera sede stradale", poi, apoditticamente afferma una minima corresponsabilità (10%) opinando (ff 10) che la vittima (rimasta schiacciata contro la portiera sinistra del lato guida, essendo disceso dalla macchina in panne) sporgeva con il corpo oltre la striscia gialla. Orbene l'iter logico della Corte contiene una contraddizione avendo prima accertato la causalità dell'evento evidenziando la colpa del conducente che investe il pedone per negligenza, imprudenza e imperizia, ma poi considera la posizione del pedone come concorso di colpa, ma senza evidenziare le ragioni della imputabilità soggettiva o del concorso causale. La ricostruzione del fatto storico, a partire dal nesso causale, deve tener conto della contestualità delle condotte dei soggetti agenti, e l'onere della prova di aver fatto tutto il possibile per evitare l'investimento, grava sul conducente dell'auto (ai sensi dell'art. 2054 c.c., comma 1). Quanto poi al danneggiato, egli ha assolto all'onere di provare l'esistenza del nesso di causalità tra il fatto dannoso e le conseguenze riportate (come emerge dalla ricostruzione del fatto storico) e dunque la Corte non poteva superare la presunzione di colpa se non in presenza della prova della impossibilità di evitare il danno, per caso fortuito e forza maggiore. ALL'ACCOGLIMENTO del ricorso segue la cassazione con rinvio, ma in punto di liquidazione del danno per la responsabilità esclusiva del conducente, come esattamente accertato dai giudici di primo grado. Il giudice del rinvio resta poi vincolato al seguente principio di diritto. Nel caso di incidente stradale determinato dal conducente che investe un pedone, situato oltre la sede stradale, in una situazione di auto in panne, una volta accertato l'investimento per colpa esclusiva del conducente, che non dimostri di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ai sensi dell'art. 2054 cod. civ., comma 1, non può il giudice del merito considerare una colpa concorrente, per un eventuale ingombro del corpo del pedone in prossimità della sede stradale, se tale ingombro non costituisce concausa o condotta efficiente, equiparabile ad una situazione di caso fortuito, che deve essere stata ritualmente dedotta ed eccepita (cfr: per un caso simile, Cass. 2 agosto 2001 n. 1069).
Nel SECONDO MOTIVO si deduce l'error in iudicando ed il vizio della motivazione, nel punto in cui i giudici di appello hanno escluso la liquidazione ai parenti del danno biologico (fisico e psichico) subito per la perdita parentale, e già liquidato dal primo giudice, rifiutando di dar corso ad una consulenza medico legale che avrebbe dato la prova scientifica della lesione della salute, data la gravità del fatto ed in considerazione delle singole posizioni e della compromissione psichica dei piccoli orfani. Il motivo è fondato: ed in vero essendo certa l'esistenza del tragico evento luttuoso, il diritto dei familiari, per l'an debeatur, deve ricondursi al fatto storico lesivo dell'integrità familiare e della propria salute, sotto il profilo essenzialmente psichico, essendo la perdita del padre e marito, irreparabile. Bene aveva fatto il primo giudice a riconoscere il diritto al ristoro della salute sulla base di circostanze note e senza ricorrere ad una consulenza medica, ma il giudice del riesame se riteneva di andare di contrario avviso, doveva precisare le circostanze e l'errore del primo giudice, ovvero provvedere ad una consulenza tecnica che evidenziasse la presenza di patologie permanenti. La consulenza avrebbe così potuto integrare le prove circostanziali e relative alle condizioni personali delle vittime, rispondendo al principio generale che la lesione della salute, anche per i parenti stretti e conviventi del defunto, esige un ristoro integrale. (Cfr. Cass. 25 gennaio 2002 n. 1442 e 4 febbraio 2002 n. 1442). Il terzo ed il quarto motivo meritano esame congiunto per la intrinseca connessione.
NEL TERZO MOTIVO si deduce l'omessa pronuncia e l'error in iudicando in punto di omessa considerazione della perdita non patrimoniale per il danno parentale, in relazioni a posizioni soggettive costituzionalmente protette per la distruzione della integrità familiare. 
Nel QUARTO MOTIVO la omessa pronuncia e l'error in iudicando in relazione al cd. danno da soppressione parentale. 
PRELIMINARMENTE sia il procuratore generale che le controparti resistenti hanno dedotto l'inammissibilità delle domande in quanto nuove. 
Questa Corte non condivide una interpretazione riduttiva di una domanda, proposta originariamente, come comprensiva di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali, subiti iure proprio dai familiari superstiti, per la perdita del padre e marito, e seguita da conclusioni specifiche delle varie componenti, anche in sede di resistenza in appello alle richieste riduttive delle parti appellanti. Il principio di diritto che si afferma è il seguente: 
nel caso di illecito da circolazione con lesioni mortali, i parenti stretti e conviventi della vittima, possono proporre le pretese risarcitorie per tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, iure proprio ed iure successionis, senza che sia necessario indicare il nomen della voce di danno, secondo le decisioni giurisprudenziali esistenti, posto che si tratta di danni ingiusti in relazione ai quali i danneggiati hanno l'onere della prova del fatto storico plurioffensivo e del danno ingiusto, lasciando poi al giudice di valutare la consistenza del danno secondo il principio del risarcimento integrale del danno reale, iuxta alligata et probata. 
Il giudice che ometta di pronunciare sulle richieste risarcitorie, precisate tenendo conto anche del diritto giurisprudenziale vivente, lede sia il principio processuale di pronunciare sulla base della domanda contenente le pretese del ristoro integrale, sia il principio sostanziale del diritto al ristoro del danno, per tutte le voci risarcibili, senza però dare luogo a duplicazioni. (Cfr. Cass. 7 aprile 2004 n. 6858 e Cass. 11 gennaio 2005 n. 375). I motivi meritano pertanto accoglimento nei limiti del principio come sopra enunciato. 
NEL QUINTO MOTIVO si deduce la ultrapetizione nel punto in cui la Corte di appello ha escluso il diritto dei parenti danneggiati a ricevere ulteriori somme in relazione alla natura dei crediti di valore ed alla liquidazione del danno reale ai valori attuali. 
Il motivo resta assorbito, dovendo la Corte riliquidare i danni in relazione ai motivi accolti. 
B. ESAME DEL RICORSO INCIDENTALE DELLA LA FONDIARIA. Il ricorso incidentale resta assorbito. In vero nel primo motivo si deduce l'error in iudicando in relazione al diritto alla restituzione di maggiori somme versate; nel secondo si lamenta la condanna al pagamento dei 2/3 delle spese di secondo grado. Ma le censure tornano sub iudice in sede di rinvio. 
ALL'ACCOGLIMENTO DEL RICORSO principale, nei sensi sopra indicati, segue la cassazione con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Venezia, che si atterrà ai principi di diritto sopraindicati, e provvederà anche in ordine alle spese di questo giudizio di Cassazione. 
 
P.Q.M. 
 
Riunisce i ricorsi, accoglie il primo motivo del ricorso principale e per quanto di ragione il secondo, il terzo, il quarto, assorbito il quinto ed il ricorso incidentale, cassa in relazione e rinvia anche per le spese ad altra sezione della Corte di appello di Venezia. 
 
Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2007. 
Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2007