App. Roma Sez. III, 13.11.2007



Sentenza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE D'APPELLO DI ROMA

TERZA SEZIONE CIVILE

 

 


La Corte composta dai signori magistrati:

 

dott. POLACCHI G. Battista - Presidente -

dott. NUZZO Laurenza - Consigliere -

dott. FILABOZZI Antonio - Consigliere rel. -

riunita in Camera di Consiglio, ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 2677 del Ruolo Generale degli affari contenziosi dell'anno 2005, alla quale è riunita la causa iscritta al RG n. 3294/2005, posta in decisione all'udienza collegiale del 29.5.2007, vertente

TRA

B.S. elettivamente dom.to in Roma presso lo studio dell'avv. A.D. che lo rapp.ta e difende per delega in atti

PARTE APPELLANTE

E

P.D. elettivamente dom.to in Roma presso lo studio dell'avv. F.V. che lo rappresenta e difende unitamente all'avv. F.P. del foro di Gorizia per delega in atti

PARTE APPELLANTE E APPELLATA

NONCHE'

A. S.p.A., in persona del legale rapp.te pro-tempore, elettivamente dom.ta in Roma presso lo studio dell'avv. L.R. che la rapp.ta e difende per delega in atti

 

PARTE APPELLATA

NONCHE'

 

F. S.p.A., in persona del legale rapp.te pro- tempore, elettivamente dom.ta in Roma presso lo studio dell'avv. F.T.B. che la rapp.ta e difende per delega in atti

PARTE APPELLATA

NONCHE'

B.G. elettivamente dom.ta in Roma presso lo studio dell'avv. F.E. che la rapp.ta e difende per delega in atti

PARTE APPELLATA

NONCHE'

T.B.

PARTE APPELLATA NC

OGGETTO: appelli avverso sentenze del Tribunale di Roma n. 5516/2004, pubblicata in data 19.2.2004 e n. 19172/2004 pubblicata in data 17.6.2004.

Conclusioni: come da rispettivi scritti difensivi e verbali di udienza.

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato in data 25.6.2002 S.B., nella qualità di figlio ed erede di S.A., conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Roma la S. S.p.A., e D.P., rispettivamente società assicuratrice e proprietario - conducente dell'autovettura S., nonché l'A. S.p.A., B.T. e G.B., rispettivamente società assicuratrice, proprietaria e conducente dell'autovettura F., a bordo della quale era trasportata la madre, chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni subiti a seguito dell'incidente stradale verificatosi in data 1.3.2001 sulla via Salaria, all'altezza dello svincolo per "xxx", incidente che aveva provocato il decesso di S.A. e che l'attore assumeva causato dall'autovettura S., che non si era fermata all'incrocio malgrado il semaforo segnalasse luce rossa.

 

Si costituivano in giudizio D.P. e la S. S.p.A. chiedendo il rigetto della domanda in quanto l'incidente si sarebbe verificato per colpa della F. che avrebbe oltrepassato il semaforo con la luce rossa.
Si costituiva in giudizio anche l'A. S.p.A., che contestava la fondatezza della domanda in quanto l'evento dannoso si sarebbe verificato per causa ascrivibile al P., che non si sarebbe fermato all'incrocio oltrepassandolo con la luce rossa.
Espletata attività istruttoria, con sentenza in data 16.2.2004 il Tribunale di Roma, ritenuta la responsabilità in eguale misura di D.P. e G.B. nella determinazione dell'evento dannoso, condannava la S. S.p.A., D.P., l'A. S.p.A., B.T. di e G.B. in solido al pagamento in favore di S.B. della somma di Euro 70.272,30 a titolo di risarcimento del danno (sia iure proprio che iure hereditario), oltre al pagamento delle spese di lite.
Con atto di citazione notificato in data 31.1.2003 D.P. aveva, nel frattempo, convenuto in giudizio davanti al Tribunale di Roma G.B., B.T. e l'A. S.p.A. chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni da lui subiti nel medesimo incidente, che assumeva causato per colpa del conducente dell'autovettura F.

Si costituiva in giudizio G.B., che chiedeva il rigetto della domanda attrice e proponeva a sua volta domanda riconvenzionale per ottenere la condanna dell'attore al risarcimento dei danni da essa subiti a seguito dell'incidente.

 

 

L'A. S.p.A., costituitasi, chiedeva il rigetto della domanda.
Si costituiva anche la S. S.p.A., chiamata in causa dalla B., che chiedeva il rigetto della domanda riconvenzionale.
All'esito dell'istruzione, con sentenza in data 16.6.2004 il Tribunale dichiarava il P. e la B. corresponsabili dell'evento dannoso e condannava G.B., B.T. e l'A. S.p.A., in solido, al pagamento in favore di D.P. della somma di Euro 5.634,34 a titolo di danni patrimoniali, nonché D.P. e la F. S.p.A., in solido, al pagamento in favore di G.B. della somma di Euro 47.699,05 a titolo di risarcimento del danno biologico {iure hereditario), danno morale e danno patrimoniale.
Avverso la prima sentenza proponeva appello S.B. con atto di citazione notificato in data 30.3.2005. L'appellante lamentava l'erroneità della decisione del Tribunale sotto distinti profili e ne chiedeva la riforma con l'accoglimento delle seguenti conclusioni: 1) riformare la sentenza di primo grado...
perché contraddittoria e lesiva dei diritti dei sig. B.S. e, per l'effetto, dichiarare che il sig. B. ha diritto al risarcimento del danno biologico iure ereditario essendo uno dei tre figli della sig.ra A.S. e/o correggere la sentenza impugnata nella parte in cui calcola il risarcimento dovuto nella misura di 1/5 anziché di 1/3 per i motivi ampiamente esposti; 2) riformare la sentenza... riconoscendo il risarcimento del danno morale nella misura maggiore così come richiesta in primo grado; 3) per l'effetto condannare i convenuti in solido tra loro al risarcimento di tutti i danni sopra indicati. Con vittoria di spese, competenze ed onorari e spese generali".

 

 

Si costituivano in giudizio la F. e l'A. per resistere al gravame di cui chiedevano il rigetto. Il P., la T. e la B., benché ritualmente citati, non si costituivano in giudizio.
Avverso la seconda sentenza proponeva appello D.P. con atto di citazione notificato in data 20.4.2005.
L'appellante lamentava l'erroneità della decisione del Tribunale con un unico motivo di impugnazione e ne chiedeva la riforma con il riconoscimento del diritto del P. al risarcimento del danno patrimoniale in misura maggiore di quella fissata dal primo giudice, e così per il complessivo importo di Euro 14.402,52, o per quello maggiore o minore ritenuto di giustizia, oltre a rivalutazione ed interessi compensativi dal 1.3.2001 alla pubblicazione della sentenza, con obbligo di corresponsione degli interessi legali per il periodo successivo.
Si costituiva in giudizio G.B. per resistere al gravame di cui chiedeva il rigetto.
Si costituivano anche la F. S.p.A. e l'A. S.p.A. che chiedevano la conferma della sentenza impugnata.
B.T. non si costituiva in giudizio.
I due giudizi, pendenti davanti alla stessa sezione, venivano riuniti per evidenti motivi di connessione soggettiva ed oggettiva.
Precisate le conclusioni, la causa era trattenuta in decisione all'udienza collegiale del 29.5.2007 con assegnazione alle parti del termine di legge per il deposito di memorie e repliche.

 

Motivi della decisione

Con il primo motivo di impugnazione l'appellante S.B. lamenta il mancato riconoscimento del diritto al risarcimento del danno biologico iure hereditario e l'errata determinazione del numero egli eredi di S.A. (cinque anziché tre), errore, quest'ultimo, che avrebbe avuto incidenza sulla liquidazione del danno da inabilità temporanea, determinato in sentenza in misura pari a Euro 12.000,00 e riconosciuto a favore del B. nella misura, appunto, di 1/5, ovvero in misura pari a Euro 2.400,00, sull'erroneo presupposto che gli eredi fossero cinque invece di tre.

 

Con il secondo motivo di gravame l'appellante lamenta l'insufficiente liquidazione del danno morale, in quanto determinato dal primo giudice utilizzando le tabelle in uso presso il Tribunale di Roma, ma con l'applicazione di una percentuale di riduzione superiore a quella prevista dalle tabelle

medesime e da ritenere, comunque, incongrua ed eccessiva, tenuto conto del grado di sofferenza patito dal B. per la scomparsa della madre.

 

 

Con l'unico motivo di impugnazione l'appellante D.P. lamenta incongrua ed erronea liquidazione dei danni patrimoniali, per quanto riguarda in particolare l'esiguità del valore attribuito all'autovettura S. ed il mancato riconoscimento del diritto al rimborso della spesa sostenuta per la tassa di possesso (c.d. bollo auto).
L'appello del B. è infondato.
Quanto al primo motivo, si osserva quanto segue.
Il Tribunale ha negato il diritto al risarcimento del danno biologico iure hereditario, osservando che, nella specie, "il danno biologico non compete in quanto il decesso si è verificato quale conseguenza della evoluzione delle lesioni subite nell'incidente", ed ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno da invalidità temporanea dalla data dell'incidente a quella del decesso, determinandolo in misura pari a Euro 12.000,00, importo che poi ha diviso per cinque, quanti sarebbero stati gli eredi della A. (determinati sulla base delle dichiarazioni della paziente, risultanti dalla cartella clinica).
L'affermazione secondo cui, nella specie, non sarebbe configurabile un diritto al risarcimento del danno biologico iure hereditario, ma solo un diritto al risarcimento del danno da invalidità temporanea, pur se formulata in termini non del tutto appropriati e giuridicamente corretti, non ha impedito al Tribunale di pervenire ad una soluzione che, per quanto riguarda la determinazione in concreto del danno (ed a parte la questione del successivo frazionamento, di cui si dirà in seguito), deve ritenersi sostanzialmente corretta e conforme a legge.

 

 

Secondo la giurisprudenza della S.C., infatti, in tema di risarcibilità del danno biologico, nel caso in cui intercorra un apprezzabile lasso di tempo tra le lesioni subite dalla vittima del danno e la morte causata dalle stesse, è configurabile un danno biologico risarcibile subito dal danneggiato, ed il diritto del danneggiato a conseguire il risarcimento è trasmissibile agli eredi, che potranno agire in giudizio nei confronti del danneggiante iure hereditatis. In questo caso, la misura del danno dovrà essere determinata in relazione alla effettiva menomazione dell'integrità psicofisica subita dal soggetto per il periodo di tempo tra il verificarsi delle lesioni e il sopraggiungere della morte, per cui essa sarà correlata all'inabilità temporanea. In altri termini, in questo caso, il credito trasmissibile agli eredi è esclusivamente quello da danno biologico subito per l'effettiva durata della sopravvivenza (Cass. 15408/2004, Cass. 3549/2004, Cass. 9620/2003, Cass. 7632/2003, Cass. 2775/2003, Cass. 3728/2002, Cass. 4783/2001, Cass. 1131/99).
Chiarito quanto sopra, deve osservarsi che, nel caso in esame, il periodo di tempo intercorso tra il verificarsi delle lesioni e il decesso della A. (dal 1.3.2001 al 6.4.2001) è ampiamente sufficiente a giustificare l'insorgenza di un diritto al risarcimento del danno biologico in capo agli eredi, danno la cui misura, per quanto detto, dovrà essere correlata all'inabilità temporanea.
Come si è visto, il primo giudice, pur negando la configurabilità, nella specie, di un danno biologico risarcibile e trasmissibile agli eredi, ha poi liquidato a favore dell'erede il danno da invalidità temporanea, tenendo conto, ai fini della liquidazione, dell'età del de cuius, del valore medio del punto di invalidità, nonché del tipo di lesioni e degli interventi subiti dalla A. negli ultimi giorni di vita. Non vi è dubbio, pertanto, che il Tribunale abbia effettivamente liquidato il danno determinandone la misura in relazione al periodo di tempo intercorso tra le lesioni subite dalla vittima e la morte, e quindi correttamente correlandola all'inabilità temporanea, così pervenendo ad un risultato sostanzialmente esatto e conforme alle previsioni di legge.
L'appellante ha dedotto che la somma così liquidata dal primo giudice sarebbe "irrisoria", come dimostrato dal fatto che, nella successiva sentenza del 16.6.2004, lo stesso giudice avrebbe liquidato, per lo stesso danno, la somma di Euro 21.000,00.
La Corte non condivide tale deduzione, osservando che l'appellante non offre alcun argomento effettivo di riscontro che faccia ritenere "irrisoria" la somma liquidata dal primo giudice e che la motivazione delle sentenza n. 19172/2004, richiamata dall'appellante, non offre spunti di qualche rilievo per ritenere che la prima valutazione sia più giusta della seconda o viceversa.

Anche le deduzioni svolte dal B. in ordine al calcolo della quota spettantegli quale erede della A. devono ritenersi infondate, tenuto conto che dalla dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà in data 4.3.2003, prodotta in primo grado dall'appellante, risulta che gli eredi di S.A. erano cinque e che il calcolo del Tribunale, in difetto di ulteriori elementi e di altre più precise e specifiche indicazioni, deve pertanto ritenersi esatto.

 

 

Il primo motivo di impugnazione deve essere pertanto respinto. Anche il secondo motivo di gravame proposto dal B. è infondato.
L'appellante lamenta una valutazione eccessivamente riduttiva del danno morale da morte del congiunto, contestando, in particolare, la possibilità di tener conto cumulativamente dei fattori di correzione concernenti la non convivenza e la presenza di altri congiunti conviventi.
La doglianza è infondata, oltre che genericamente formulata. Deve osservarsi, al riguardo, che, secondo la giurisprudenza della S.C. (cfr. Cass. 8828/2003), la liquidazione del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale deve avvenire in base a valutazione equitativa e deve tener conto dell'intensità del vincolo familiare, della situazione di convivenza e di ogni ulteriore utile circostanza, quali la consistenza più o meno ampia del nucleo familiare, le abitudini di vita, l'età della vittima e dei singoli superstiti. Nella specie, come risulta dalla motivazione della sentenza e dall'entità dell'importo liquidato, il primo giudice si è correttamente attenuto ai principi sopra indicati, tenendo conto di tutte le particolarità del caso concreto e, così, in primo luogo, dell'intensità del vincolo familiare, dell'età del de cuius del rapporto di convivenza con la vittima e della presenza di altri familiari, realizzando in questo modo una giusta graduazione del danno ed una corretta ripartizione dell'importo riconosciuto a titolo di risarcimento fra i familiari della vittima, in linea, peraltro, con quanto previsto dalle tabelle attualmente in uso presso il Tribunale di Roma per la liquidazione del danno morale da morte del congiunto.

 

 

L'appello del B. deve essere pertanto integralmente respinto.
Con l'unico motivo d'appello, D.P. lamenta, come detto, l'errata ed incongrua liquidazione dei danni patrimoniali, con particolare riguardo all'esiguità della determinazione del valore ante sinistro dell'autoveicolo S. ed al mancato riconoscimento del diritto al rimborso delle spese sostenute per la tassa di possesso.
L'appello, per la parte concernente i danni subiti dall'automezzo, è infondato.
Il Tribunale ha attribuito ai P. a titolo di risarcimento del danno per la perdita del veicolo la complessiva somma di Euro 10.400,00 ritenendo di non poter attribuire alcun valore probatorio alle indicazioni della rivista E., non essendo, peraltro, provata la data di immatricolazione dell'autovettura.
L'appellante deduce che la data di immatricolazione era desumibile dalla documentazione versata in atti e che, se pure era vero che nessun valore probatorio poteva attribuirsi alla rivista E., il giudice avrebbe potuto ricorrere all'ausilio di un consulente tecnico d'ufficio, come pure gli era stato richiesto da parte attrice.
Tali deduzioni non appaiono idonee ad inficiare la validità della decisione del Tribunale. L'individuazione della data di immatricolazione non può, infatti, ritenersi determinante, da sola, per offrire sicuri elementi di riscontro in ordine all'esatto ammontare del valore del veicolo. Dovendo convenirsi con il primo giudice circa l'affermazione secondo cui le indicazioni contenute nella rivista E. sono sprovviste di autonomo valore probatorio, deve osservarsi che ben avrebbe potuto l'appellante produrre altri elementi di prova che, come quelli desumibili dalla fattura di acquisto o da una consulenza tecnica stragiudiziale, avrebbero potuto fornire indicazioni utili per la valutazione dell'automezzo, per quanto riguarda in particolare il valore dell'autovettura al momento dell'acquisto (avvenuto solo quattro mesi prima dell'incidente), le effettive condizioni della S. prima del sinistro e il valore del relitto.
Né a tali carenze può ovviarsi mediante ammissione della richiesta consulenza tecnica. E' principio costantemente ribadito dalla S.C. che la consulenza tecnica d'ufficio non può essere utilizzata al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume ed è quindi legittimamente negata quando la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prove,

ovvero a compiere un'indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati (Cass. 15399/2002, Cass. 3343/2001, Cass. 1132/2000). La parte che denuncia la mancata ammissione della consulenza ha l'onere di precisare, sotto il profilo causale, come l'espletamento del detto mezzo avrebbe potuto influire sulla decisione impugnata (Cass. 7635/2003, Cass. 2887/2003, Cass. 2205/96), mentre al limite costituito dal divieto di compiere indagini esplorative è consentito derogare unicamente quando l'accertamento di determinate situazioni di fatto possa effettuarsi soltanto con l'ausilio di speciali cognizioni tecniche e non quando si tratti di fatti e situazioni che, essendo posti direttamente a fondamento della domanda o delle eccezioni delle parti, debbano necessariamente essere provati dalle parti medesime (Cass. 9060/2003, Cass. 5422/2002).

 

Nella specie, come si è detto, l'appellante si è limitato a dedurre genericamente che il valore dell'autovettura era desumibile dalle quotazioni indicate nella rivista E., senza fornire ulteriori specificazioni in ordine al valore del veicolo ante sinistro, con riguardo anche alle effettive condizioni in cui si trovava all'epoca l'autovettura, nonché in ordine al valore del relitto, elementi tutti necessari per la determinazione del danno subito dall'attore. In presenza di tali carenze nella specificazione, ancor prima che nella prova, dei dati e degli elementi che dovrebbero essere posti a raffronto ai fini della liquidazione del danno, bene il Tribunale non ha consentito il ricorso ad una consulenza tecnica che avrebbe avuto finalità meramente esplorative, rimettendo al consulente l'accertamento di fatti e di elementi che sarebbe stato onere della parte quanto meno dedurre e specificare.

 

E' infondata anche la richiesta di rimborso della spesa sostenuta per la tassa di possesso (richiesta che viene fatta per la parte relativa al periodo successivo alla demolizione dell'autovettura).
L'art. 5, comma trentaduesimo del d.l. 30 dicembre 1982, n. 953, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1983, n. 53 , che ha sostituito la tassa di circolazione con la tassa di possesso, dispone che "al pagamento delle tasse sono tenuti coloro che alla scadenza del termine utile per il pagamento stabilito risultino essere proprietari dal Pubblico Registro Automobilistico, per i veicoli in essi iscritti..." e che "l'obbligo di corrispondere il tributo cessa con la cancellazione dei veicoli... dai predetti registri".
Si tratta, quindi, di un costo che grava unicamente sul proprietario del veicolo e che, oltre a non essere frazionabile in relazione al periodo per il quale è stata versata la tassa, nulla ha a che vedere con spese sopportate dal danneggiato per reintegrare il patrimonio leso o, comunque, per ovviare alle conseguenze pregiudizievoli del fatto nella propria sfera giuridica, e neppure corrisponde ad una perdita subita dal danneggiato (come sembrerebbe sostenere l'appellante quando accenna alla "parte di tassa non goduta"), sì che non può esserne consentito il rimborso, neppure parziale (diverso sarebbe se il danneggiato avesse chiesto, documentandone la spesa, il rimborso del costo della ricerca di un altro veicolo con caratteristiche corrispondenti a quello danneggiato, e così delle spese di immatricolazione ed accessorie sostenute per la sostituzione).
L'appello del P. deve essere respinto confermando in ogni sua parte la sentenza impugnata.
Ogni ulteriore deduzione o argomentazione svolta dalle parti è assorbita dalle argomentazioni espresse.
In considerazione dell'esito globale della lite, si ravvisano giusti concorrenti motivi per compensare tra le parti le spese del grado.

 

P.Q.M.

La Corte, definitivamente pronunciando sull'appello proposto da S.B. nei confronti della F. S.p.A., D.P., A. S.p.A., B.T. e G.B. avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 5516/2004, nonché sull'appello proposto da D.P. nei confronti di G.B., B.T., A. S.p.A. e F. S.p.A. avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 19172/2004, così decide:

 

- rigetta l'appello di S.B.; 
- rigetta l'appello di D.P.; 
- dichiara compensate tra le parti le spese del grado. 

 

Così deciso in Roma l'8 ottobre 2007.

Depositata in Cancelleria il 13 novembre 2007.