Cass. Civ. Sez. III, 19.10.2007, n. 21976



Sentenza

 

REPUBBLICA ITALIANA 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
SEZIONE TERZA CIVILE

 


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIFONE Francesco - Presidente
Dott. FILADORO Camillo - Consigliere
Dott. FEDERICO Giovanni - Consigliere
Dott. FRASCA Raffaele - Consigliere
Dott. LANZILLO Raffaella - rel. Consigliere


ha pronunciato la seguente:

 

SENTENZA

 

 


Sul ricorso proposto da:

 

 

G.V.T., B.L., G.D., G. C., elettivamente domiciliati in ROMA VIA GERMANICO 107, presso lo studio dell'avvocato GELERA GIORGIO, che li difende unitamente all'avvocato UGO DAL LAGO, giusta delega in atti; 
ricorrenti

 

 

contro

 

 

RAS - RIUNIONE ADRIATICA DI SICURTA' SPA, in persona dei legali rappresentanti dr. Giorgio Riva e dr.ssa M.R., elettivamente domiciliata in ROMA VIA PANAMA 88, presso lo studio dell'avvocato SPADAFORA GIORGIO, che la difende, giusta delega in atti; 
controricorrente

 

 

e contro

 


M.O., B.E.;
intimati

 

avverso la sentenza n. 1506/03 della Corte d'Appello di MILANO, prima sezione civile, emessa il 13/11/02, depositata il 13/05/03, R.G. 2514/01;

 

 


udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/05/07 dal Consigliere Dott.ssa Raffaella LANZILLO; 
udito l'Avvocato Giorgio GELERA; 
udito l'Avvocato Giorgio SPADAFORA; 
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. UCCELLA Fulvio, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. 
 
Svolgimento del processo
 
A seguito di un sinistro stradale verificatosi a (OMISSIS) la notte del (OMISSIS) ha perso la vita la giovane G.M., che si trovava come trasportata sull'automobile condotta da B. E., il quale ha perso il controllo dell'autovettura, uscendo di strada e andando a sbattere contro un palo. 
I genitori della vittima, G.V.T. e B.L. in G., nonchè i due fratelli di lei, D. e G.C., hanno convenuto davanti al tribunale di Milano il conducente della vettura, la proprietaria, M.O., e la compagnia assicuratrice della medesima, s.p.a. RAS - Riunione Adriatica di Sicurtà, per ottenere il risarcimento dei danni. 
Non essendo contestata la responsabilità, il tribunale - preso atto che nelle more del giudizio gli attori avevano percepito in risarcimento dalla RAS L. 402.345.000 complessivamente - ha condannato i convenuti al pagamento della ulteriore somma di L. 69.885.891 per capitale e di L. 152.727.980 a titolo di interessi, oltre al rimborso delle spese di lite. 
Con sentenza 13 novembre 2002-13 maggio 2003 n. 1506 la Corte di appello di Milano ha respinto l'impugnazione proposta dai danneggiati per ottenere il risarcimento del danno biologico terminale, del danno morale terminale e del danno per morte in se considerato, nonchè il risarcimento dei danni patrimoniali futuri, limitandosi a modificare la sentenza di primo grado nella parte relativa alla imputazione dei pagamenti agli interessi prima che al capitale, ed ha condannato gli appellanti a rimborsare alle controparti le spese del giudizio di appello, liquidate in complessivi Euro 7.186,70. 

 

Con atto notificato il 18.6.2004 i sig.ri G. hanno proposto ricorso per cassazione contro la sentenza di appello, per tre motivi, ai quali ha opposto resistenza la RAS con controricorso, illustrato anche con memoria ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ..

 

Motivi della decisione

 

 

Con il primo motivo i ricorrenti lamentano l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione e/o falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, 2043, 2056 e 2059 cod. civ., nella parte in cui la Corte di appello ha respinto la loro richiesta di risarcimento del danno biologico terminale e del danno morale terminale, sebbene fra le lesioni e la morte della vittima siano intercorse oltre ventiquattrore. 
Affermano i ricorrenti che nell'intervallo di tempo intercorso fra l'incidente e il decesso la vittima ebbe a riportare un danno biologico di rilevante entità e a risentire delle sofferenze subite nell'incidente, con conseguente danno morale, tenuto anche conto del tempo intercorso fra la perdita del controllo dell'autovettura, da parte del conducente, e l'impatto contro il palo, durante il quale l'infortunata ebbe certamente il tempo di accorgersi della catastrofe imminente, con le conseguenti angosce e sofferenze. 
Illegittimamente, pertanto, la Corte di appello ha negato alla vittima, e ad essi appellanti, per successione ereditaria, il giusto risarcimento. 
Il motivo è fondato e va accolto.
La Corte di appello ha respinto la domanda con la motivazione che il decesso della povera G.M. era intervenuto allorchè i postumi delle lesioni non si erano ancora consolidati, e che la possibilità di procedere alla liquidazione del danno biologico presupporrebbe la sopravvivenza in vita del soggetto leso, con ridotte capacità psicofisiche, al termine del periodo di invalidità temporanea. Quanto al danno morale, ha soggiunto che non risulterebbe provato che la vittima - prima del decesso o prima dell'urto della vettura contro l'ostacolo fisso - abbia avvertito sensazioni dolorose, e che comunque nel tempo intercorso fra le lesioni e la morte essa rimase sempre in stato di incoscienza. Trattasi di motivazione fondata sull'erronea inter-pretazione e applicazione degli artt. 2059, 2056 e 1223 e ss. cod. civ. in tema di danno per morte, e inidonea a sorreggere la decisione. In base alla costante giurisprudenza di questa Corte, la vittima consegue il diritto al risarcimento del danno biologico e del danno morale soggettivo ed. terminali in tutti i casi in cui fra il fatto che ha provocato le lesioni e il decesso sia intercorso un apprezzabile lasso di tempo (cfr., fra le tante, Cass. civ. Sez. 3^ 1 dicembre 2003 n. 18305 e precedenti ivi cit.). Il risarcimento di entrambe le voci di danno, cioè, può essere negato ove il tempo di sopravvivenza non sia considerato apprezzabile, ma non certo per le ragioni indicate dalla sentenza appellata che, letteralmente interpretate, sembrerebbero ammettere il risarcimento nei soli casi in cui il danneggiato sia sopravvissuto, con ridotta capacità psicofisica. Al contrario, non si può escludere che le lesioni sussistano e siano da ritenere consolidate - per usare i termini del giudice di appello - quando ad esse segua addirittura la morte, a più o meno breve distanza di tempo. In tal caso "il danneggiato acquisisce ... il diritto al risarcimento del danno biologico subito per l'effettiva durata della sua sopravvivenza ... e si tratta di un danno alla salute, che se pure è temporaneo, è massimo nella sua entità ed intensità (cd. danno biologico terminale)" (Cass. civ. n. 18305/2003 cit., p. 5; Cass. civ. 16 maggio 2003 n. 7632). La sopravvivenza per ventiquattr'ore è in astratto idonea a configurare un tal tipo di danno, onde il giudice del merito valuterà se detto periodo di tempo sia sufficiente ad integrare l'oggettiva configurabilità in capo al danneggiato delle menomazioni dell'integrità fisica in cui si concretizza il danno biologico, ovvero l'acquisizione al patrimonio del diritto al risarcimento di un danno trasmissibile agli eredi. Parimenti errata è la decisione impugnata nella parte in cui ha escluso il diritto al risarcimento del danno biologico e del danno morale terminali, per il fatto che la vittima, essendo rimasta in stato di incoscienza, non avrebbe avuto la possibilità di percepire i suddetti danni. Questa Corte ha più volte precisato che il danno biologico, quale "... lesione dell'interesse costituzionalmente garantito (art. 32 Cost.) all'integrità fisica e psichica della persona. è presente ugualmente sia. che la vittima abbia coscienza della lesione, sia che non l'abbia ..." e, quanto al danno morale, che "... quel turbamento ingiusto dello stato d'animo che da luogo al danno comprende anche le sofferenze fisiche e morali sopportate dalla vittima in stato di incoscienza" (Cass. civ. n. 18305/2003, cit., p. 7 del testo. Nello stesso senso, Cass. civ., Sez. 3^, 24 maggio 2001 n. 7075; Cass. civ. 6 ottobre 1994 n. 8177). Il primo motivo di ricorso deve essere quindi accolto, con rinvio della causa alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, che si atterrà al seguente principio di diritto: "Nel caso di danno per morte la vittima consegue il diritto al risarcimento del danno biologico e del danno morale ed. terminali, in tutti i casi in cui fra il fatto illecito e il decesso sia intercorso un apprezzabile lasso di tempo. Tale può astrattamente considerarsi anche la sopravvivenza per ventiquattr'ore. Sia il danno biologico, sia il danno morale terminali comprendono anche le sofferenze fisiche e morali sopportate dalla vittima in stato di incoscienza". Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione delle stesse norme richiamate nel primo motivo, nonchè l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, con riferimento al capo della sentenza che ha escluso la risarcibilità del danno biologico per morte (cd. danno tanatologico) subito da G.M., consistente nel fatto in se dell'avere perso la vita, a prescindere dal tempo della permanenza in vita dopo le lesioni. Ad avviso dei ricorrenti, in tal caso va riconosciuto alla vittima, e per essa ai suoi eredi, un diritto al risarcimento, autonomo e distinto rispetto al pretium doloris, trattandosi della lesione di diritti della persona costituzionalmente protetti. Va premesso che gli stessi ricorrenti mostrano di essere consapevoli della contraria e consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, qualora la morte sia istantanea, non può essere riconosciuto alcun risarcimento nè alla parte lesa, a cui la morte impedisce di percepire materialmente i danni, nè ai suoi congiunti ed eredi, i quali possono far valere solo le conseguenze dannose che essi stessi abbiano materialmente percepito, oppure quelle che il defunto possa avere loro trasmesso per successione, avendole egli stesso sofferte prima della morte (cfr., fra le altre, Cass. civ., Sez. 3^, 16 maggio 2003 n. 7632). Nonostante la delicatezza della questione e gli inconvenienti prospettati dai ricorrenti, circa le possibili discriminazioni fra le varie posizioni risarcitorie, secondo il dato casuale che la morte sia conseguita all'illecito in via immediata, oppure a distanza di un tempo anche breve, questa Corte non ritiene di discostarsi dalla soluzione consolidata, alla quale la sentenza impugnata si è uniformata, con ampia e corretta motivazione. Una diversa soluzione imporrebbe di rivedere l'intera materia del danno per morte, ivi inclusi i casi esaminati in relazione al primo motivo del ricorso in oggetto, non potendosi certo sommare il cd. danno biologico tanatologico (ove fosse ritenuto risarcibile), con i danni terminali di cui sopra, conseguenti a periodi anche brevi di sopravvivenza: danni la cui liquidazione è palesemente attribuita in considerazione della ritenuta impraticabilità dell'altra e più radicale soluzione. Va poi considerato che il danno conseguente all'interruzione traumatica del rapporto parentale, per la morte improvvisa di uno stretto congiunto, può trovare (e trova) ampio e concreto risarcimento nell'attribuzione ai familiari - iure proprio - del diritto al risarcimento di tutti i danni non patrimoniali, comprensivi non delle sole sofferenze fisiche (eventuali danni biologici) o psichiche (danni morali soggettivi), ma anche dei ed. danni esistenziali, consistenti nell'irrimediabile, oggettiva e peggiorativa alterazione degli assetti affettivi e relazionali all'interno della famiglia, derivante dalla morte (sul danno esistenziale per morte cfr. diffusamente, e con ampio richiamo dei precedenti, Cass. civ., Sez. 3^, 12 giugno 2 006 n. 13546). La liquidazione dei suddetti danni esistenziali (in aggiunta alle altre voci di danno non patrimoniale) appare mezzo idoneo ad attribuire un compenso (nei limiti del possibile) per la morte istantanea di uno stretto congiunto, qualora la suddetta liquidazione avvenga in termini adeguati; tenendo conto, cioè, della gravità ed irreparabilità della perdita e del fatto che essa non viene altrimenti risarcita. Il secondo motivo di ricorso deve essere quindi respinto. Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano la violazione delle stesse norme richiamate in relazione al primo motivo, e l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, con riguardo al capo della sentenza impugnata che ha disatteso la loro domanda di risarcimento del danno patrimoniale futuro conseguente alla morte di G.M., sotto il profilo della perdita dei vantaggi patrimoniali che la permanenza in vita della rispettiva figlia e sorella avrebbe loro permesso di acquisire. Il motivo non può essere accolto. La sentenza impugnata ha escluso che, nel caso di specie, un danno di tal genere sia configurabile con sufficiente grado di probabilità, tenuto conto del contesto socio-economico in cui viveva la famiglia G., dei mutati costumi che oggi informano i rapporti dei giovani con la famiglia di origine e del fatto che anche i genitori avrebbero dovuto sostenere esborsi per il mantenimento della figlia. La motivazione appare adeguata e non è consentito a questa Corte riesaminarne i presupposti di fatto. Pertanto, in accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza della Corte di appello di Milano n. 1506 del 2003 deve essere cassata, con rinvio della causa ad altra Sezione della medesima Corte di appello, affinchè decida sulla domanda risarcimento del danno biologico e del danno morale terminali subiti direttamente dalla vittima, proposta dai ricorrenti iure haereditario, uniformandosi al seguente principio di diritto. 
 
P.Q.M.
 
La Corte di cassazione rigetta il secondo e il terzo motivo di ricorso; accoglie il primo motivo e cassa la sentenza impugnata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, la quale deciderà amene in ordine alle spese della presente fase di cassazione.
 
Così deciso in Roma, il 3 maggio 2007.
Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2007