Cass. Civ. Sez. III, 28.08.2007, n. 18163



Sentenza

REPUBBLICA ITALIANA 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIFONE Francesco - Presidente
Dott. CALABRESE Donato - Consigliere
Dott. BISOGNI Giacinto - rel. Consigliere
Dott. LEVI Giulio - Consigliere
Dott. SCARANO Luigi - Consigliere


ha pronunciato la seguente:

 

SENTENZA

 

 

sul ricorso proposto da:

 

 

S.U. e L., M.A., elettivamente domiciliati in Roma, via Tazzoli 6, presso lo studio dell'avvocato Luigi Condemi Morabito che, unitamente all'avvocato Oscar Ugo Marri, li rappresenta e difende giusta delega in atti;
 
e sul ricorso proposto da: 
 
F.F. e D. e C.M.L. elettivamente domiciliati in Roma, via Romagnoli 1/b, presso lo studio dell'avvocato Meliadò Giovanni che, unitamente all'avvocato Cortese Paolo, li rappresenta e difende giusta delega in atti; 
ricorrenti 
 
contro 
 
B.L. e Le.; 
S.A.I. S.p.A., a seguito della incorporazione de La Fondiaria S.p.A. da parte della S.A.I.; 
intimati 
 
avverso la sentenza n. 600/02 della Corte d'Appello di Firenze, seconda sezione civile, emessa il 12.2.02, depositata il 3.5.02, nelle cause riunite n. 926, 927 e 988/1999 R.G.; 
 
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/03/07 dal Consigliere Dott. Giacinto BISOGNI;
udito gli avvocati Luigi Condemi Morabito e Giovanni Meliadò; 
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi. 
 
Svolgimento del processo 
 
Il (OMISSIS) i giovani S.D., L.R.A. e F.M., mentre si trovavano a bordo della vettura di Be.Le., condotta dal figlio B.L., rimanevano coinvolti in un tragico incidente stradale in cui perdevano la vita. 
I congiunti superstiti agivano con separate citazioni contro l'assicurazione Fondiaria e i B. per il risarcimento dei danni. 
Il Tribunale di Firenze, con sentenza n. 2168 del 1998, accertava l'esclusiva responsabilità del conducente nella causazione dell'incidente e condannava i convenuti in solido al risarcimento dei danni. 
Veniva proposto appello per il riconoscimento del danno biologico iure hereditatis e per una più elevata liquidazione del danno morale. 
La Corte di appello di Firenze, con sentenza n. 600 del 2002, liquidava in misura più elevata il danno morale ma rigettava l'appello sulla richiesta di riconoscimento del danno biologico iure hereditatis. 
Ricorrono per cassazione, con separati ricorsi, i genitori e la sorella di S.D. e i genitori e la sorella di F. M. deducendo analogamente e con un unico motivo di impugnazione violazione di legge (artt. 2043, 2051, 2054 cod. civ.) e insufficiente motivazione relativamente al diniego del danno biologico iure hereditatis. 
 
Motivi della decisione 
 
La sentenza della Corte fiorentina sul punto per cui ancora si controverte si è riportata alla giurisprudenza consolidata di questa Corte e in particolare ha citato la sentenza n. 491 del 20 gennaio 1999, in base alla quale la lesione dell'integrità fisica con esito letale, intervenuto immediatamente o a breve distanza di tempo dall'evento lesivo, non è configurabile quale danno biologico, dal momento che la morte non costituisce la massima lesione possibile del diritto alla salute ma incide sul diverso bene giuridico della vita, la cui perdita, per il definitivo venir meno del soggetto, non può tradursi nel contestuale acquisto al patrimonio della vittima di un corrispondente diritto al risarcimento, trasferibile agli eredi, non rilevando in contrario la mancanza di tutela privatistica del diritto alla vita (peraltro protetto con lo strumento della sanzione penale), attesa la funzione non sanzionatoria ma di reintegrazione e riparazione di effettivi pregiudizi svolta dal risarcimento del danno, e la conseguente impossibilità che, con riguardo alla lesione di un bene intrinsecamente connesso alla persona del suo titolare e da questi fruibile solo in natura, esso operi quando tale persona abbia cessato di esistere. 
Ha aggiunto la Corte di appello la seguente considerazione "certo le riflessioni degli appellanti in ordine alla ipotetica minor incisività, sotto il profilo civilistico, nei confronti dell'autore dell'illecito ove la vittima sia deceduta sul colpo rispetto alla situazione in cui essa, invece, in conseguenza di analogo illecito, deceda dopo un apprezzabile tempo dal fatto, non appaiono certo, sotto il profilo  umano, del tutto peregrine ma allo stato può tuttavia solo confermarsi che, de jure condito,non v'è spazio per l'accoglimento dell'istanza risarcitoria in questione". Proprio rifacendosi a tale considerazione della Corte di appello i ricorrenti sottolineano la opinabilità della giurisprudenza in materia di danno biologico iure hereditatis e l'assenza di una quadro normativo prefissato che possa far ritenere insuperabile "de iure condito" la citata giurisprudenza. Tali sollecitazioni di parte ricorrente vanno prese in considerazione ai fini di una esatta messa a fuoco dell'orientamento giurisprudenziale per cui si discute ma non possono portare allo stravolgimento della figura sia pure di formazione giurisprudenziale del danno biologico. Orbene si deve tenere presente che in questi anni la giurisprudenza ha continuato a mantenersi nella scia della configurazione del danno biologico come danno procurato alla salute della vittima e non come danno consistente nella privazione della sua vita (cfr. Cassazione civile, sezione 3^ n. 8970 del 10 settembre 1998, Rv. 518761 secondo cui: "il bene salute ed il bene vita costituiscono beni distinti e tutelati in forma distinta. Mentre infatti il primo ammette una forma di tutela risarcitoria, il secondo no, in quanto, essendo strettamente connesso alla persona del suo titolare, non se ne può concepire la autonoma risarcibilità quando tale persona abbia cessato di esistere. Ne consegue che, in caso di morte di un individuo causata dall'altrui atto illecito, ove la morte sia contestuale all'azione dannosa, nulla è dovuto agli eredi a titolo di risarcimento jure successionis del danno biologico sofferto dal loro dante causa, in quanto questi non ha mai subito alcun danno biologico rigorosamente inteso"). In questa prospettiva nelle pronunce intervenute più di recente vale segnalare la precisazione per cui il danno biologico terminale, ovvero il danno subito dal de cuius nell'intervallo di tempo tra la lesione del bene salute e il sopraggiungere della morte conseguente a tale lesione rientra nel danno da inabilità temporanea, la cui quantificazione equitativa va operata tenendo conto delle caratteristiche peculiari di questo pregiudizio, consistenti nel fatto che si tratta di un danno alla salute che, sebbene temporaneo, è massimo nella sua entità e intensità (cfr. Cassazione civile sezione 3^ n. 7632 del 16 maggio 2003, Rv. 563159). in quanto danno da inabilità permanente il danno biologico terminale si verifica sempre quando uno spazio temporale intercorra fra lesione e morte a causa di essa. In questa prospettiva l'apprezzabilità dello spazio intertemporale richiesta dalla giurisprudenza (Cassazione civile sezione 3^, n. 9959 del 28 aprile 2006, Rv. 590699, n. 6946 del 22 marzo 2007, Rv. 595964) consiste nel requisito di una netta separazione temporale fra i due eventi che valga a distinguere la loro verificazione nel tempo. Verificatosi questo requisito il danno biologico terminale è sempre esistente per effetto della percezione anche non cosciente della gravissima lesione dell'integrità personale della vittima nella fase terminale della sua vita. In applicazione di tale criterio di identificazione del requisito di sussistenza del danno biologico terminale la sentenza della Corte di appello di Firenze va cassata quanto al ricorso degli eredi di F.M. mentre non può essere accolto il ricorso degli eredi di S.D.. La Corte di appello di Firenze, in sede di rinvio, deciderà anche sulle spese relative al giudizio di cassazione concernente il ricorso degli eredi F.M., mentre nessun provvedimento va adottato con questa sentenza relativamente alle pese processuali sostenute dagli eredi di S. D.. s

 

 

PQM
 
La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso di S.U. e L. e M.A., accoglie il ricorso di F.F. e D. e C.M.L., cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte di appello di Firenze.

 

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 marzo 2007.
Depositato in Cancelleria il 28 agosto 2007