Cass. Civ. Sez. III, 27.06.2007, n. 14845



Sentenza

REPUBBLICA ITALIANA 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
SEZIONE TERZA CIVILE 
 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PREDEN Roberto - Presidente
Dott. DI NANNI Luigi Francesco - Consigliere
Dott. PETTI Giovanni Battista - rel. Consigliere
Dott. TALEVI Alberto - Consigliere
Dott. LEVI Giulio - Consigliere


ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

 

 

sul ricorso proposto da: 
F.G., C.M.B., F.M.R., F.R., F.P., elettivamente domiciliati in ROMA Via Alessandro Severo 73, presso l'Avv. Caligiuri Mario, difesi dall'avvocato DOMENICO NATALE, giusta delega in atti; 
ricorrenti
contro 
C.F., elettivamente domiciliato in ROMA VIA GIUSEPPE FERRARI 12, presso lo studio dell'avvocato SIMONA CAPRIOLO, difeso dall'avvocato COLLOCA MARCELLO, giusta delega in atti; 
controricorrente
e contro 
MILANO COMP ASSICURAZIONI SPA, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA COLA DI RIENZO 28, presso lo studio dell'avvocato EROS I DORIA, che la difende, giusta delega in atti; 
controricorrente
e contro 

 

B.R.;
intimato


avverso la sentenza n. 335/02 della Corte d'Appello di CATANZARO, Sezione 2^ Civile emessa il 6.05.02 e depositata il 03/07/02; rg. 54/00;

 

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/05/07 dal Consigliere Dott. Giovanni Battista PETTI; 
udito l'Avvocati Marcello Colloca e Giovanni Doria (quest'ultimo con delega dell'Avv. Eros Isidoro); 
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo che ha concluso per l'accoglimento p.q.r. del ricorso. 
 

 

Svolgimento del processo

 

La Corte di appello di Catanzaro, con sentenza del 3 luglio 2002, decidendo sull'appello principale della Compagnia di assicurazioni Milano e sul quello incidentale dei parenti del defunto Dr. F. V., deceduto alla età di (OMISSIS) anni, nel corso di un incidente stradale avvenuto in (OMISSIS) (autocarro contro auto) confermava la prima decisione in punto di riparto delle responsablilità (30% al defunto ed il resto al conducente B., antagonista), ma poi procedeva, tenendo conto dei rilievi critici dell'impresa assicuratrice, ad una sostanziale riduzione delle somme globali per i danni dovuti a vario titolo, ai parenti del defunto, dandone ragione nella parte motiva. 
Contro la decisione hanno proposto ricorso gli eredi, proponendo tre motivi di ricorso, illustrati da memoria, resistono con controricorso l'assicuratore ed il responsabile civile C.F.; non ha svolto difese il conducente B.R.. 
 
Motivi della decisione  
 
Il ricorso merita accoglimento per quanto di ragione. 
Nel primo motivo si deduce: "Nullità della sentenza per violazione degli artt. 1226, 2056, 1223 c.c. artt. 115, 116 c.p.c. nonchè vizio della motivazione su punto decisivo prospettato dalle parti e rilevabile di ufficio; nullità della sentenza per extrapetizione in quanto ha posto a fondamento della decisione un fatto non allegato". 
Preliminare è il dedotto error in procedendo, che determina necessariamente il controllo della carte processuali. Dall'esame dell'atto di appello della impresa assicuratrice, risulta in vero che la stessa ebbe a dedurre una ultrapetizione in ordine ad una liquidazione di somme superiori a quelle richieste (deduzione ritenuta infondata dalla Corte di appello) e la quantificazione eccessiva del danno morale, ma senza dedurre od eccepire il fatto della mancata convivenza del giovane medico con la propria famiglia o con i fratelli. Tale difetto di prova, secondo la Corte, era un fattore determinante per la radicale riduzione del danno morale iure proprio dei genitori (più che dimezzato) e per la più radicale riduzione dei danno morale concesso ai fratelli (ridotto a un quinto).
Poiché la ratio decidendi considera non fondato un elemento di valutazione non contestato dalla parte appellante (in primo grado, dove la circostanza della convivenza venne dedotta sin dalla denuncia di sinistro, ed in secondo grado, dove la revisione del quantum non viene fondata su detta circostanza) appare evidente la mancata corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato che determina la extrapetizione (cfr. Cass. 24 giugno 2003 n. 1009 e Cass 6 giugno 2002 n. 8218 tra le tante) da parte della Corte di appello. L'accoglimento del motivo sotto il profilo dell'error in procedendo, determina la cassazione con rinvio, posto che resta in esame il profilo della congruità della liquidazione del danno, che è nuovamente rimesso al giudice del riesame, il quale dovrà considerare i recenti arresti di questa Corte in materia di danno morale parentale (Cass. 15 luglio 2005 n. 15022; Cass. 12 luglio 2006 n. 15760) in relazione ai valori costituzionali della persona e della integrità familiare che la perdita del congiunto compromette in modo definitivo. Se il fattore della convivenza esalta maggiormente il vincolo della vita in comune, la comunione di affetti e di solidarietà ben può sussistere anche nel caso di una scelta di vita autonoma del figlio medico, essendo i vincoli spirituali altrettanto stretti e degni di tutela. Il danno morale parentale, come danno ingiusto, dev'essere dunque integralmente risarcito, e la equità del giudice deve essere adeguatamente espressa, valutando tutte le circostanze note e non contestate. Nel secondo motivo si deduce l'error in iudicando ed il vizio della motivazione in punto di mancata liquidazione delle perdite patrimoniali conseguenti al decesso del giovane medico, che aveva aperto, con successo un ambulatorio dentistico, come risultava dalla prova per testi e dalle indicazioni circa un reddito professionale medio nella ridente Vibo Valentia. Il motivo è fondato: ed in vero la Corte di appello pur avendo constatato la omessa pronuncia del primo giudice, ha poi seguitato nella omissione, rilevando che "alla stregua delle emergenze di causa non è possibile formulare alcuna previsione" in ordine al vincolo di solidarietà tra il giovane medico celibe e la sua famiglia. Dove, proprio per il rilievo costituzionale della integrità e della solidarietà di una famiglia fondata sul matrimonio e sulla comunione degli affetti e del reciproco sostegno, la valutazione equitativa e presuntiva, si pone in relazione alle circostanze note e non contestate, ed essendo riferita ad un danno futuro, di natura patrimoniale, permanente, determina quella equità circostanziata di cui parla il legislatore nell'art. 2057 c.c. che bene si integra con lo art. 2056 c.c., con riferimento alla considerazione delle condizioni delle parti lese e della natura del danno (la privazione di una solidarietà economica). Dove l'errore del giudice del merito è nella sua inettitudine di valutazione, pur in presenza di una lesione gravissima del bene della integrità familiare, come se l'equità non debba operare, in una visione cupa ed egoistica di una società disgregata, che la centralità della persona umana non prevede, nell'attuale assetto della Costituzione e del suo essere la legge fondamentale fondante il diritto vivente. (Cfr. Corte Cost. 28 luglio 1983 n. 252 e Corte Cost. 8 giugno 1987 n. 215). Il giudice del riesame dovrà dunque procedere, essendo incontroverso l'an debeatur, ad una valutazione equitativa in via presuntiva ed a carattere satisfattivo, tenendo conto della stretta relazione tra la natura del danno e le condizioni dei parenti della vittima, nel contesto dei valori costituzionali che ancor oggi sorreggono la solidarietà e la compattezza dei vincoli familiari. Resta assorbito il terzo motivo, dovendo il giudice del merito provvedere alla liquidazione delle spese, anche di questo grado, tenendo conto dei principi della soccombenza.
 

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa in relazione e rinvia anche per le spese ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro. 
 
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2007. 
Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2007