Trib. Milano, 07.02.2000, n. 1223



Sentenza

Tribunale civile di Milano, Sez. V
stralcio sentenza 28 ottobre 1999 - 7 febbraio 2000 n. 1223
Giudice unico, dott. Miccicché.

 

Svolgimento del processo

con atto di citazione ritualmente notificato il 27, 25 ed il 21 febbraio 1992 I. T., e P- E. - in proprio e quali esercenti la potestà sul figlio minore C. T. - convenivano in giudizio F. I.- la snc A. di P. & C. e la spa Generali Assicurazioni (rispettivamente conducente, proprietaria ed assicuratrice dell'autocarro tg. Bz 400175), chiedendo la condanna dei medesimi, in solido tra loro, al risarcimento dei danni sofferti dagli stessi in conseguenza dell'incidente stradale avvenuto il 10/03/1987 in località Rezzato nel corso del quale I. T. subiva gravi lesioni personali.

Gli attori esponevano che l'I., alla guida dell'autocarro sopramenzionato sull'autostrada A4, avendo omesso di mantenere la distanza di sicurezza con altro autocarro, tamponava quest'ultimo ed in conseguenza il controllo del proprio mezzo andando ad invadere la corsia di sorpasso sulla quale stava sopraggiungendo il T. alla guida dell'autovettura tg. VI 621707 e determinando così la collisione con l'auto del T., il quale subiva nello scontro gravissime lesioni.

Precisavano gli attori che il giudizio penale svoltosi a carico dell'I. si chiudeva in primo grado con la condanna dello stesso per il reato previsto e punito dagli artt. 590, 583 c.p. ed in secondo grado con la declaratoria di estinzione del reato per intervenuta amnistia.

Evidenziavano gli attori le gravi lesioni subite da I. T. e le drammatiche ripercussioni che tale situazione aveva determinato nell'ambito famigliare. Chiedevano dunque, rinviando in punto di responsabilità a quanto già statuito in sede penale, il risarcimento dei danni dagli stessi subiti.

Si costituivano con medesimo difensore I'I. e la snc A. di P. & C. contestando unicamente l'entità del risarcimento richiesto da I. T. ed il fondamento giuridico del risarcimento richiesto dall'attrice e dal figlio.

Chiedevano che la compagnia di assicurazione convenuta fosse condannata anche oltre il massimale di polizza avendo senza giustificazione ritardato la liquidazione dei danni.

La convenuta spa Generali Ass.ni, ritualmente costituitasi, eccepiva l'incompetenza per territorio del giudice adito risultando pendente innanzi al Tribunale di Brescia altra causa connessa alla presente - promossa da altro soggetto contro gli stessi convenuti per i danni subiti nel medesimo incidente - ed in relazione alla quale si profilava un'ipotesi di litisconsorzio necessario tra danneggiati a causa della verosimile insufficienza del massimale di polizza a soddisfare le diverse pretese risarcitorie.

 

Eccepiva altresì l'incompetenza per territorio del Tribunale adito in considerazione del luogo dell'avvenuto sinistro e di residenza dell'I. e della snc A. di P.& C.

Quanto all'entità del risarcimento richiesto da I. T. rilevava che i pagamenti effettuati in suo favore ed ammontanti a L. 326.917.800 dovevano ritenersi satisfattivi e contestava integralmente la fondatezza della pretesa risarcitoria della P- e di C. T..

 

Chiedeva dunque preliminarmente che fosse dichiarata la competenza del Tribunale di Brescia o di quello di Bolzano; nel merito che fosse ritenuta la congruità delle somme versate ad I. T. e respinte le richieste formulate in favore di C. T. e di P- E..

Esaurita la trattazione (nel corso della quale venivano eseguite ctu medico-legale sulle persone di I. e C. T., presentato e respinto un ricorso per sequestro conservativo) sulle conclusioni delle parti la causa veniva rimessa al collegio per la decisione.- In seguito all'entrata in vigore della Legge 276/97, veniva fissata udienza per il tentativo di conciliazione che, in assenza delle parti personalmente, non poteva essere esperito.

All'udienza dell'8 giugno 1999 la causa veniva pertanto posta in decisione sulla base delle conclusioni già precisate.

Motivi della decisione

La responsabilità dell'I. nella causazione dell'incidente stradale è stata accertata in sede penale con sentenza 12/11/1990 della Corte d'appello di Brescia, che ha confermato, pur. applicando l'amnistia, le statuizioni della sentenza pretorile in tema di responsabilità e di condanna dell'I. e dei responsabili civili A. snc e Generali Ass.ni spa - al risarcimento dei danni in favore del T.. A norma dell'art.. 654 c.p.p. tale pronuncia, passata in giudicato, ha efficacia anche in questa sede nei confronti dell'imputato, della parte civile e dei responsabili civili che risultano essere stati parti nel processo penale.

Le eccezioni di incompetenza territoriale sollevate dalla Generali Ass.ni s.p.a. vanno respinte.

La compagnia convenuta ha infatti, con atto di costituzione in giudizio, formulato in maniera non rituale tale eccezione, non affrontando la questione della competenza per territorio sotto ogni profilo ed in particolare omettendo qualunque osservazione sul forum destinatae solutionis.

È in proposito di tutta evidenza che a nulla vale la considerazione che il foro del pagamento nel caso di fatto illecito - come in specie - si identifichi con quello dell'attore in quanto è stata svolta solo tardivamente in comparsa conclusionale.

Non pare convincente neppure l'ulteriore profilo di incompetenza eccepito in relazione alla dedotta accessorietà del presente giudizio ad altro promosso avanti il Tribunale di Brescia da diverso soggetto che ha richiesto il risarcimento del danno patito in seguito al medesimo incidente.

Come si è già precisato il giudizio sulla responsabilità dell'I. è già stato operato in sede penale con la conseguenza che le due cause civili - quella pendente avanti al Tribunale di Brescia e la presente - hanno quale unico obiettivo quello di accertare e liquidare i danni derivanti dal sinistro. Non vi sono pertanto ragioni che impongano - e neppure consiglino la trattazione unitaria delle diverse posizioni dei danneggiati.

 

Le eccezioni di incompetenza territoriali vanno pertanto respinte.

Accertata come già accennato l'esclusiva responsabilità dell'I. nella causazione dell'incidente stradale, la convenuta A. snc - quale proprietaria dell'autocarro - è tenuta in solido con lo stesso al risarcimento dei danni conseguiti al sinistro.

 

Così accertata la sussistenza dell'obbligazione risarcitoria in relazione all'illecito extra contrattuale a carico dei convenuti, occorre ora procedere alla determinazione del danno risarcibile e alla conseguente liquidazione dello stesso I. T.. Il danno alla persona di I. T. va ricondotto, secondo la tripartizione operata dall'ormai costante giurisprudenza, nell'ambito del danno biologico, del danno morale e del danno patrimoniale.

Ai fini del risarcimento del danno biologico occorre - richiamandosi alla ricostruzione operata con la sentenza n. 356/91 dalla Corte Costituzionale - aver riguardo al bene salute nella sua interezza e porre il danno "in relazione all'integralità dei suoi riflessi pregiudizievoli rispetto a tutte le attività, le situazioni e i rapporti in cui la persona esplica se stessa nella propria vita, non soltanto quindi con riferimento alla sfera produttiva, ma anche con riferimento alla sfera spirituale, culturale, affettiva, sociale, sportiva e ad ogni altro ambito e modo in cui il soggetto svolge la sua personalità e cioè a tutte le attività realizzatrici della persona umana".

Diversi sono dunque i contenuti del danno biologico e vanno dal danno meramente morfologico, alla riduzione dell'efficienza psicofisica, al danno alla vita di relazione, alla riduzione della capacità lavorativa generica, alla perdita di chanche lavorative, alla maggior fatica nell'espletamento del proprio lavoro.

Secondo i più recenti insegnamenti della Suprema Corte la riduzione della capacità lavorativa generica - quale astratta attitudine all'attività lavorativa - va, dunque, ricompresa nell'ambito del danno biologico e negata la possibilità di un autonomo risarcimento di tale voce di danno.

Il danno biologico subito da I. T. va considerato alla luce della consulenza tecnica d'ufficio, tenendo anche conto della consulenza medico-legale disposta dal Pretore di Brescia in sede penale.

Il ctu ha accertato che, a causa del sinistro, l'attore ha riportato trauma cranico- facciale con ematoma sottodurale acuto post-traumatico dell'emisfero sinistro, contusione emorragica dell'encefalo, atrofia post-traumatica del nervo ottico di sinistra con perdita funzionale, frattura della IV costa a destra.

Il ctu ha, altresì, affermato che tale malattia ha determinato un periodo di inabilità temporanea assoluta di nove mesi ed ha prodotto postumi di carattere permanente che si identificano in una sindrome psico-organica con rallentamento del flusso delle idee e dei processi associativi unitamente ad una ridotta resistenza della teca cranica, nonché della perdita della vista dall'occhio sinistro - ed ipoacusia orecchio Sinistro nella misura del 55% con riflessi di pari entità sulla capacità lavorativa specifica.

 

A titolo di danno biologico - inteso nel senso ampio sopra illustrato - tenuto conto del pesante riflesso della menomazione fisica sulla cd. capacità lavorativa generica e del criterio del calcolo c.d. a punto, adottato da questo Tribunale il cui valore viene individuato secondo la specificità del caso (entità delle lesioni, età del leso, ecc.) in relazione all'incidenza dei postumi permanenti sul bene salute nel suo complesso - si ritiene di liquidare in favore di I. T. la somma complessiva di L. 464.300.000 - di cui L 440.000.000 per invalidità permanente e L 24.300.000 per l'invalidità temporanea assoluta e parziale - in moneta attuale oltre a interessi da calcolarsi come più oltre si preciserà. Sussistendo, inoltre, nel fatto accertato gli estremi del reato di lesioni colpose, spetta ad I. T. ex art. 2059 cc. anche il danno non patrimoniale - risarcibile in ogni caso in via equitativa - che, tenuto conto dell'entità della malattia nonché delle sue conseguenze, si stima equo liquidare in L.200.000.000 oltre interessi nei limiti di seguito esposti.

 

Quanto al richiesto danno patrimoniale derivante da perdita della capacità lavorativa specifica risulta agli atti (doc. 6 Generali Ass.ni) la corresponsione da parte dell'INAIL di una rendita vitalizia in favore dell'attore.

Tale rendita è stata calcolata dall'Istituto alla data dell'l/7/88 nella complessiva somma di L. 139.117.620 (L. 134.950.020 + L. 4.167.600) il cui primo rateo risulterebbe essere stato versato nel dicembre 1987.

Ritiene il giudicante, sulla base dei parametri normalmente utilizzati da questo Tribunale per il calcolo di tale danno da lucro cessante (reddito lavorativo x coefficiente di capitalizzazione x percentuale dei postumi, dedotta una percentuale per lo scarto tra vita fisica e vita lavorativa) che l'importo - calcolato dall'INAIL non sia del tutto esaustivo del danno subito da I. T. e che lo stesso vada liquidato - sulla base dello stipendio di L. 20.566.607 (come da mod. 101 agli atti, doc. 6 attore) nella maggior somma di L. 153.851.000. L'attore ha dunque diritto ad ottenere la differenza di L. 14.734.000, somma che rivalutata ad oggi secondo gli indici ISTAT dei prezzi al consumo equivale a quella di L.23.994.000.

Non può essere sul punto condivisa la prospettazione della difesa attorea che ha rapportato il danno del T. alla compromissione della carriera lavorativa, argomento peraltro affrontato solamente nella replica alle comparse conclusionali. La progressione in carriera costituisce indubbiamente una legittima aspettativa del lavoratore, ma risulta del tutto aleatoria e come tale è sfornita di concreta tutela giuridica.

Occorre altresì sottolineare che il risarcimento del danno patrimoniale è strettamente connesso alla prova rigorosa del danno emergente ovvero del lucro cessante e nel caso di specie l'attore non ha fornito prova diversa dal suo reddito lavorativo. Il ctu ha accertato la congruità di spese mediche per complessive L. 504.500.

Tale somma va riconosciuta al T. e rivalutata ad oggi secondo indici Istat dei prezzi al consumo è pari a L. 683.000.

Non può essere integralmente accolta la domanda di risarcimento delle maggiori spese esposte dal T. in mancanza di prova rigorosa in ordine alla riferibilità della documentazione attestante esborsi al sinistro de quo.

Per i danni alla persona I. T. ha diritto al risarcimento nella misura di la somma complessiva di L. 688.977.000 in moneta attuale.

Su tale importo devono essere riconosciuti gli interessi compensativi del danno derivante dal mancato tempestivo godimento dell'equivalente pecuniario del bene perduto.

Gli interessi compensativi, secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte (n. 1712/95), decorrono dalla produzione dell'evento di danno sino al tempo della liquidazione e si calcolano sulla somma via via rivalutata nell'arco di tempo suddetto e non sulla somma già rivalutata.

 

Da tale importo devono essere detratte le somme di L. 184.515.000 - maggio 1989 - e di L. 235.981.479 aprile 1995 - versate dalla compagnia di assicurazione.

Sul punto è opportuno precisare che gli ulteriori versamenti - di L. 886.000 e L. 3.266.800 - eseguiti in favore del T. hanno imputazioni diverse da quella del risarcimento danni e non vanno dunque inserite in tale conteggio.

 

Tali acconti vanno imputati prima al capitale e poi agli interessi dopo aver reso omogenei alla stessa data i valori del danno e del versamento con l'utilizzo degli indici Istat dei prezzi al consumo.

In tema di risarcimento del danno, infatti, i versamenti effettuati in favore del danneggiato, non possono essere imputati secondo i criteri di cui all'art. 1194 c.c., ovvero prima agli interessi e poi al capitale, poiché tale norma presuppone la liquidità e l'esigibilità del credito al momento del pagamento, ovvero l'esistenza di un debito di valuta in realtà insussistente fino alla liquidazione del danno (Cass. 1/7/1994 n. 6228).

Ne consegue che al fine di una corretta imputazione è necessario calcolare gli interessi compensativi maturati sul danno complessivo dalla data del fatto alla data di pagamento degli acconti e ciò applicando il tasso annuo ponderato del 6% sul danno liquidato secondo i valori attuali in questi intervalli.

Poi rivalutare la somma versata in acconto dalla data di pagamento ad oggi e quindi effettuare la detrazione dell'acconto così rivalutato secondo valori attuali e, in caso di incapienza, dagli interessi sino a tale data maturati.

Gli interessi successivi al versamento dell'ultimo acconto devono essere calcolati allo stesso tasso del 6% sull'importo risultate dalla detrazione di cui sopra fino ad oggi e al tasso legale da oggi fino all'effettivo saldo.

Da oggi, giorno della liquidazione, all'effettivo saldo decorrono gli interessi legali sulla somma sopra liquidata in moneta attuale.

I convenuti A. snc ed I. hanno dedotto la mala gestio della compagnia di assicurazione, che avrebbe colpevolmente ritardato il pagamento dei danni, ed hanno quindi richiesto la condanna della stessa anche oltre il massimale di polizza.

La richiesta è fondata e va accolta. La responsabilità dell'assicuratore per mala gestio nasce quanto risulti che questi abbia ritardato il pagamento dell'indennizzo, nonostante i dati obiettivi a disposizione consentissero di desumere l'esistenza della responsabilità dell'assicuratore e la ragionevolezza delle pretese del danneggiato, ovvero abbia gestito la vertenza in modo non ispirato alla cura diligente dei comuni interessi.

 

Occorre in proposito ricordare che la giurisprudenza (cfr. Cass. 2177/94) ravvisa l'ipotesi di mala gestio, non solo nel caso in cui l'assicuratore gestisca la lite in modo da arrecare pregiudizio all'assicurato, ma anche nel caso in cui rifiuti, senza un apprezzabile motivo - da valutare fino al limite della colpa lieve - di aderire ad una proposta di transazione con il terzo danneggiato che, alla stregua degli elementi valutabili, presentava, al momento in cui il rifiuto fu espresso, i caratteri della ragionevolezza e della vantaggiosità. In ciascuno di questi casi, l'assicuratore è tenuto a rispondere, oltre il limite del massimale ed in particolare, stante la natura di debito di valuta della sua obbligazione, è tenuto al pagamento degli interessi ed al maggior danno, ai sensi dell'art. 1224 cod. civ., sull'importo del massimale di polizza con decorrenza dalla scadenza dello spatium deliberandi di sessanta giorni di cui all'art. 22 I comma L. 990/69. Nel caso di specie la questione relativa alla sussistenza della responsabilità dell'I. era del tutto chiara quanto meno dal maggio 1989 in seguito alla sentenza del Pretore di Brescia. D'altra parte i convenuti non hanno mai effettivamente contestato la circostanza. La s.p.a. Generali Ass.ni, alla quale sin dall'ottobre 1988 era stata inviata formale richiesta di risarcimento, ha provveduto al versamento della somma di L.184.515.000 il 26/5/1989 - in seguito alla pronuncia del Pretore che, condannando l'I. per il reato di lesioni colpose, ha altresì condannato i responsabili civili al pagamento della somma di L. 180.000.000 da imputarsi nella liquidazione definitiva ed ha versato l'ulteriore somma di L. 235.981.479 solo nell'aprile del 1995. Risulta dal carteggio tra il difensore degli attori e la compagnia convenuta che già nel giugno 1991 gli attori avevano manifestato la loro disponibilità ad una transazione previo versamento della somma - comprensiva delle pretese di tutti gli attori - di L. 90.000.000.

 

Quanto poi alle contemporanee richieste di risarcimento provenienti da J. V. M., va altresì rilevato che anche quest'ultima danneggiata aveva formulato una proposta transattiva nell'ordine di L.220.000.000 (doc. 3 convenuti) nel febbraio del 1992.

Risulta così del tutto evidente che, ove la compagnia convenuta avesse accettato le proposte transattive dei diversi danneggiati, avrebbe potuto contenere il risarcimento nell'ambito del massimale di polizza.

Ritiene il giudicante che la condotta della Generali Ass.ni configuri l'ipotesi di mala gestio, avendo la compagnia colpevolmente ritardato il risarcimento dei danneggiati e non avendo curato adeguatamente gli interessi dell'assicurata A. snc.

La Generali Ass.ni è pertanto tenuta al pagamento in solido con gli altri convenuti dei danni liquidati dalla presente sentenza anche oltre il limite del massimale che andrà maggiorato della rivalutazione e degli interessi legali con decorrenza dal 18/10/1968, data di invio della richiesta di risarcimento (doc. 17 attori).

Vanno ora esaminate le ulteriori richieste risarcitorie avanzate nell'interesse di Esterna P- e di C. T..

C. T.

Gli attori hanno chiesto, quali genitori di C. T. il risarcimento dei danni biologico, morale, nonché patrimoniale subiti dal minore in conseguenza del fatto illecito per cui è causa. Ritiene il giudicante - condividendo in ciò gli orientamenti da ultimo compiutamente sviluppati dalla Suprema Corte (Cass. n. 4186/98 e n. 4852/99)- che debba essere riconosciuto ai prossimi congiunti del macroleso il diritto ai risarcimento del danno riflesso ove si accerti in concreto che questo sia in rapporto di regolarità causale con il fatto illecito.

Tale principio era già stato affermato dalla Cassazione con la sentenza n. 60/91. Nell'occasione la Suprema Corte aveva ritenuto ammissibile, "sulla base del disposto degli artt. 1223 e 2056 c.c., il risarcimento della lesione dei così detti 'diritti riflessi' di cui siano portatori soggetti diversi dalla vittima iniziale del fatto ingiusto altrui".

 

La Cassazione ha in particolare sottolineato come il requisito della "consequenzialità immediata e diretta" indicato nell'art. 1223 c.c. quale limite alla risarcibilità del danno, non riguardi tanto la distinzione soggettiva tra vittima iniziale ed altri portatori di diritti lesi di riflesso, quanto "la qualificazione oggettiva del nesso di causalità; nesso che deve presentarsi tale da stringere con un vincolo di stretta lineare derivazione l'evento lesivo lamentato con il fatto doloso o colposo ascritto ad altri".

I danni sopportati da soggetti diversi dalla vittima iniziale del fatto illecito sono, dunque, solo apparentemente mediati, risultando eziologicamente collegati in via diretta ed immediata con il medesimo fatto illecito.

 

Non vi è dubbio che, nell'ipotesi in cui le lesioni ed i danni permanenti riportati dalla vittima siano di estrema gravità, i prossimi congiunti subiscano personalmente un pregiudizio in termini di sofferenza che merita congrua riparazione ex art. 2059 c.c.

Risulta, altresì, principio ormai consolidato in giurisprudenza (cfr. Corte Costituzionale 372/94) che la condizione di sofferenza che sostanzia il danno morale "in persone predisposte da particolari condizioni (debolezza cardiaca, fragilità nervosa, ecc.) anziché esaurirsi in un paterna d'animo o in uno stato di angoscia transeunte, può degenerare in un trauma fisico o psichico permanente, alle cui conseguenze in termini di perdita di qualità personali, e non semplicemente al pretium doloris in senso stretto, va allora commisurato il risarcimento".

Lo stato di prostrazione e sofferenza- riconducibile al danno morale - può dar luogo in taluni soggetti ad una modificazione peggiorativa del loro stato di salute producendo una vera e propria menomazione psico-fisica - danno biologico - che merita adeguato ristoro ogni volta che venga rigorosamente dimostrato che la lesione subita dal congiunto abbia prodotto - secondo la già citata regola della causalità adeguata - una perdita di tipo analogo a quello indicato dall'art. 1223 c.c.

Nel caso concreto la gravità delle lesioni e dei postumi subiti da I. T. è - come si è già accennato-indubbiamente tanto rilevante da avere immediati riflessi sulla famiglia. I. T., infatti, in conseguenza delle gravissime lesioni riportate nell'incidente non ha solo perduto la vista dall'occhio sinistro e ridotto le capacità auditive dall'orecchio sinistro, ma ha altresì riportato rilevanti postumi di carattere neurologico che si manifestano in un rallentamento del flusso delle idee e dei processi associativi - tanto da non essere più in grado di svolgere le mansioni di operaio specializzato - difficoltà nella vita di relazione. In considerazione della loro gravità e peculiarità i postumi riportati da I. T. non possono non aver avuto un pesante riflesso sulla vita dell'intera famiglia turbandone la serenità e causando patimenti direttamente connessi al fatto illecito.

Alla luce di quanto appena illustrato va dunque riconosciuto al figlio di I. T., C., il danno non patrimoniale conseguente al fatto illecito dell'I., danno che si ritiene equo liquidare - anche sulla base della richiesta difensiva - la somma di L. 15.000.000 in moneta attuale. Va altresì riconosciuto a C. T. il danno biologico. La consulenza psicologica eseguita sulla sua persona ha infatti evidenziato - confermando nella gran parte le considerazioni già precedentemente svolte dalla consulente dell'attore - limiti intellettivi non attribuibili a un deficit organico, ma alla conseguenza di un'evoluzione disarmonica della sua vita emozionale. La consulente d'ufficio ha affermato che tale trauma psichico va messo in relazione alle condizioni del padre dopo l'incidente. In particolare la ctu, dr. V., ha chiarito che le gravi lesioni del padre hanno nella sostanza significato per C. la perdita dell'immagine paterna - associata alle sue specifiche funzioni educative ed affettive - in un momento di particolare importanza sotto il profilo dello sviluppo affettivo e del processo di identificazione con la figura maschile e ciò ha compromesso il normale sviluppo affettivo del bambino con ripercussioni anche sul suo sviluppo intellettivo.

 

Dall'elaborato peritale emerge chiaramente come le certificazioni scolastiche - che avevano dapprima descritto C. come un bambino intellettualmente normodotato senza disturbi di comportamento o di socializzazione - dopo l'incidente paterno - al passaggio tra la seconda e la terza classe elementare - segnalino la comparsa di disturbi del comportamento, dell'attenzione e delle prestazioni intellettive e ciò sino agli ultimi riscontri della scuola professionale. Paiono quindi del tutto logiche e condivisibili le argomentazioni svolte nella relazione di ctu su C. T. ed in particolare che il traumatico e rilevante cambiamento delle figura paterna abbia influito sul suo sviluppo psicoaffettivo producendo un vero e proprio danno psichico. Tale danno, costituendo una menomazione delle funzioni psichiche, va inquadrato a tutti gli effetti nell'ambito della malattia e quindi del danno biologico.

 

Per tale voce di danno, tenuto conto dell'età di C. e dell'importante riflesso che tale menomazione continuerà ad avere sulla sua vita anche futura, si ritiene equo liquidare la complessiva somma di L 100.000.000 in moneta attuale. C. T. ha diritto ad ottenere il risarcimento del danno patrimoniale per spese mediche future - sedute psicoterapiche ritenute necessarie dalla ctu - che si ritiene di liquidare la somma di L. 30.000.000 in moneta attuale.

Su tali importi devono essere riconosciuti gli interessi compensativi del danno derivante dal mancato tempestivo godimento dell'equivalente pecuniario del bene perduto, con le modalità già illustrate.

Tenuto conto del criterio già descritto gli interessi dovuti per il periodo intercorso dal momento della produzione del danno alla decisione si possono calcolare applicando un tasso di interesse "ponderato" annuo del 6% sul danno rivalutato.

Da oggi, giorno della liquidazione, all'effettivo saldo decorrono gli interessi legali sulla somma sopra liquidata in moneta attuale. Per il danno subito da C. T. i convenuti vanno pertanto condannati in solido tra loro - e con i limiti già esposti con riferimento alla s.p.a. Generali Ass.ni - al pagamento della somma di L. 145.000.000 in moneta attuale oltre agli interessi come sopra specificato da versare agli attori I. T. ed E. P- quali genitori esercenti la potestà sul figlio minore. Va infine riconosciuto all'attore I. T. il danno patrimoniale in relazione alle spese mediche sostenute per il figlio C. (sedute psicoterapiche - doc. 45) che risultano documentalmente provate nella misura di L 5.000.000. Tale somma, rivalutata ad oggi secondo gli indici ISTAT dei prezzi al consumo, equivale L. 5.300.000. I convenuti vanno pertanto condannati in solido tra loro -e con i limiti già esposti con riferimento alla s.p.a. Generali Assai - al pagamento della somma di L. 5.300.000 oltre agli interessi con le modalità già indicate in favore di I. T..

E. P-.

Sulla base delle argomentazioni già svolte va riconosciuto il danno morale riflesso conseguente al fatto illecito dell'Innerhofer anche all'attrice.

Non vi è dubbio, infatti, che le gravissime lesioni riportate da I. T. abbiano immediatamente toccato la famiglia ed il legame coniugale.

A titolo di danno morale si ritiene equo liquidare in favore di Esterna P- la somma di L. 30.000.000 in moneta attuale.

Su tale importo devono essere riconosciuti gli interessi compensativi del danno derivante dal mancato tempestivo godimento dell'equivalente pecuniario del bene perduto, con le modalità già illustrate.

 

Tenuto conto del criterio già descritto gli interessi dovuti per il periodo intercorso dal momento della produzione del danno alla decisione, si possono calcolare applicando un tasso di interesse "ponderato" annuo del 6% sul danno rivalutato.

Da oggi, giorno della liquidazione, all'effettivo saldo decorrono gli interessi legali sulla somma sopra liquidata in moneta attuale.

 

I convenuti vanno pertanto condannati in solido tra loro - e con i limiti già esposti con riferimento alla s.p.a. Generali Ass.ni - al pagamento della somma di L. 30.000.000 in moneta attuale oltre agli, interessi come sopra specificato in favore di Esterna P-.

Non possono, di contro, essere accolte le richieste avanzate dall'attrice in relazione al mancato guadagno nel periodo di malattia del marito, nonché al danno alla vita sessuale.

In difetto di prova rigorosa infatti non può essere riconosciuto all'attrice alcun danno patrimoniale. Sul punto è appena il caso di evidenziare che la P- non ha fornito documentazione ufficiale dalla quale desumere la fondatezza della sue pretese, né può essere attribuito alcun valore probatorio - in mancanza di conferma testimoniale - alle dichiarazioni prodotte dalla stessa (docc. 13, 14,15).

Parimenti nessun elemento, neppure indiziario, è stato fornito né allegato dalla P- a sostegno dell'asserito danno alla vita sessuale, che non può dunque essere riconosciuto all'attrice.

Alla soccombenza segue la condanna alla rifusione delle spese di lite liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale, definitivamente prounziando, ogni diversa istanza, difesa, eccezione, deduzione disattesa:

- dichiara l'esclusiva responsabilità nella causazione del sinistro di F. I.;

- condanna F. I., la snc A. di P. & C. la spa Generali Assicurazioni in solido, con i limiti già esposti per la s.p.a. Generali Ass.ni al risarcimento dei danni subiti da I. T. e a corrispondeigli la somma di L. 694.277.000 in moneta attuale detratti gli acconti di L. 184.515.000 - versato nel maggio 1989 - e di L235.981.479 - versato nell'aprile 1995, previa rivalutazione ad oggi degli acconti al fine di operare la compensazione fra dati omogenei - oltre agli interessi medi ponderati al tasso annuo del 6% dalla data del fatto ad oggi ed agli interessi legali dalla sentenza al saldo;

- condanna F. I., la snc A. di P. & C. e la spa Generali Assicurazioni in solido - con i limiti già esposti per la s.p.a. Generali ass.ni - al risarcimento dei danni subiti da C. T. e conseguentemente a corrispondere ad I. T. ed E. P.- quali genitori esercenti la potestà sul minore C. la somma di L. 145.300.000 in moneta attuale, oltre agli interessi medi al tasso del 6% dalla data del fatto ad oggi, nonché al tasso legale da oggi al saldo;

- condanna F. I., la snc A. di P. & C. e la spa Generali Assicurazioni in solido - con i limiti già esposti per la s.p.a. Generali ass.ni - al risarcimento dei danni subiti da E. P- e a corrisponderle la somma di L. 30.000.000 in moneta attuale, oltre agli interessi medi al tasso del 6% dalla data del fatto ad oggi, nonché al tasso legale da oggi al saldo;

 

- condanna F. I., la snc A. di P. & C. e la spa Generali Assicurazioni in solido -- con i limiti già esposti per la s.p.a. Generali ass.ni - a rifondere agli attori le spese di lite liquidate in complessive L. 30.323.000 (di cui L. 4.123.000 per spese - comprensive anche delle spese sostenute per ctp - L. 

6.200.000 per diritti e L.20.000.000 per onorari) oltre rimborso ex art. 15 TF., Iva e Cpa, nonché le spese di CTU già liquidate in corso di causa.