Cass. Civ. Sez. III, 21.05.1996, n. 4671



Sentenza

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE III CIVILE

 

 


Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:

 

 

Dott. Alberto SCIOLLA LAGRANGE PUSTERLA Presidente
Guido MARLETTA Rel. Consigliere
Claudio FANCELLI "
Roberto PREDEN "
Michele LO PIANO "

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA
sul ricorso n. 14006/92 proposto da:

 

B. S., O. L., elettivamente domiciliati in Roma Via Raffaele Battistini 54, presso la famiglia R., rappresentati e difesi dall'Avvocato Giuseppe Sparano, giusta delega in atti;

 

Ricorrenti
Contro

 

P. M., elettivamente domiciliato in Roma Canc. Corte Suprema Di Cassazione, rappresentato e difeso anche disgiuntamente dagli Avvocati Agostino Alfano e Giuseppe Spagnuolo quest'ultimo con studio in Salerno - Corso Garibaldi N. 194, giusta delega in atti;

 

Controricorrente
nonché contro

 

ASSITALIA SOC, elettivamente domiciliato in Roma Viale Parioli N. 87 presso lo studio dell'Avvocato Eduardo Cieri che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

 

Controricorrente
nonché contro

 

P. G., P. L., P. R.;

 

Intimati
e sul 2° ricorso n. 01635/93 proposto da:

 

P. M., elettivamente domiciliato in Roma Canc. Corte Suprema Di Cassazione, rappresentato e difeso anche disgiuntamente dagli Avvocati Agostino Alfano e Giuseppe Spagnuolo quest'ultimo con studio in Salerno - Corso Garibaldi n. 194, giusta delega in atti;

 

Ricorrente incidentale
nonché contro

 

MILANO ASS.NI S.P.A. che ha incorporato la LLOYD INTERNAZIONALE SOC., elettivamente domiciliata in Roma - Viale Bruno Buozzi n. 53 presso lo studio dell'Avvocato Vincenzo Mascolo, rappresentato e difeso dall'Avvocato Marcello Mascolo, giusta procura in atti;

 

Resistente con procura

B. S., O. L., ASSITALIA SOC, P. G., P. L., P. R..

 

 

Intimati
e sul 3° ricorso n. 02782/93 proposto da:

 

B. S., O. L., elettivamente domiciliati in Roma Via Raffaele Battistini 54, presso la famiglia R., rappresentati e difesi dall'Avvocato Giuseppe Sparano, giusta delega in atti;

 

Controricorrenti e ricorrenti incidentali
nonché contro
P. M.;
Intimato
e sul 4° ricorso n. 02991/93 proposto da:
ASSITALIA SOC, elettivamente domiciliato in Roma Viale Parioli n. 87, presso lo studio dell'Avvocato Eduardo Cieri che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
Ricorrente incidentale
nonché contro

 

B. S., O. L., P. M., LLOYD INTERNAZIONALE SOC, P. G., P. L., P. R.;

Intimati

avverso la sentenza n. 281/92 della Corte d'Appello di Salerno, emessa il 02/07/92 depositata il 15/09/92 (R.G. 376/89);

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/11/95 dal Consigliere Relatore Dott. Guido Marletta;

 

udito l'Avvocato Dott. Giuseppe Sparano;
udito l'Avvocato Dott. Paolo Emilio Pagano (per delega Avv. Giuseppe Spagnuolo); udito l'Avvocato Dott. Eduardo Cieri;
udito il P.M. in persona del Procuratore Generale Dott. Raffaele Palmieri che ha concluso per la riunione dei tre ricorsi ai sensi dell'art. 335 c.p.c.:
ricorso principale: rigetto del 1°, 2° e 3° motivo con accoglimento del 4°;
ricorso incidentale P. rigetto del 1°, 3° e 4° motivo con accoglimento p.q.r. del 2° e 5°; ricorso Assitalia: dichiarato controricorso.

 

Svolgimento del processo

Con atto di citazione del 29.12.1981 C. G. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Salerno O. L., B. S. e la S.p.a. Lloyd Internazionale, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti a seguito di un incidente stradale verificatosi il giorno 1.2.1981 sulla SS 18, in località S. Leonardo di Salerno, nel quale la propria autovettura Volkswagen Golf, condotta da A. A., era stata investita dall'autovettura Renault 14 di proprietà dell'O. e condotta dalla B.. I coniugi O.-B., costituendosi, contestavano la domanda, proponevano domanda riconvenzionale nei confronti dell'attore e chiedevano di chiamare in causa la "Carnica Assicurazioni", assicuratrice dell'autovettura del C., nonché P. M., conducente dell'autovettura Citroen coinvolta nel sinistro, l'Assitalia, società assicuratrice di quest'ultimo veicolo, e l'A.. Assumevano che l'autovettura condotta dalla B., mentre percorreva la statale 18 con direzione Salerno-Battipaglia a modesta velocità e sulla propria destra, era stata investita dalla Citroen condotta dal P., che marciava in opposta direzione ad elevata velocità e sulla sinistra, dopo aver effettuato su un dosso il sorpasso della Golf condotta dall'A..

 

Veniva autorizzata ed eseguita la chiamata in causa dei sopra indicati soggetti i quali, costituitisi, assumevano una diversa dinamica dei fatti.
Il P., in particolare, sosteneva che la sua autovettura, mentre marciava sulla destra, era stata urtata dalla Renault della B. che, dopo avere urtato con la fiancata destra contro la barriera metallica, situata sulla destra della strada, aveva deviato repentinamente verso il centro, invadendo l'opposta corsia ed urtando la autovettura Citroen, terminando infine la sua "evoluzioné" contro la Golf condotta dall'Attanasio, sopraggiunta nel frattempo nella stessa direzione della Citroen. Spiegava domanda riconvenzionale per danni alla persona e al mezzo.

 

 

Si costituiva pure S. Italia con intervento adesivo autonomo contro la B., l'O. e la società "Lloyd Internazionale".
Con separato atto di citazione il P. conveniva in giudizio i coniugi O.-B. e la società Lloyd Internazionale davanti allo stesso tribunale, chiedendo il risarcimento dei danni subiti in dipendenza del sopradetto incidente.
Riuniti i due giudizi l'adito Tribunale, con sentenza del 9 agosto 1989, accoglieva parzialmente le domande proposte dal P. e dai coniugi O.-B., ritenuto il concorso di colpa nella misura del 50% - in applicazione della presunzione di cui all'art. 2054 2° comma c c. - del P. e della B., e condannava in solido la B., l'O. e il Lloyd Internazionale al pagamento in favore del P. della somma di L. 28.484.500 e in favore della S. della somma di L. 750.000, oltre per entrambi la rivalutazione monetaria e gli interessi legali; condannava il P. e le Assicurazioni d'Italia in solido al pagamento della somma di L. 2.000.000 in favore dell'O. e di L. 49.958.000 in favore della B., oltre rivalutazione e interessi; dichiarava cessata la materia del contendere tra il C. e il Lloyd Internazionale; rigettava la domanda della B. e dell'O. nei confronti del C. e della C. Assicurazioni. Avverso tale sentenza proponevano appello i coniugi O.-B., il P., la S.p.a. Lloyd Internazionale, la S.p.a. Assitalia, nonché P. M., G., L. e R. quali eredi della defunta S. Italia.

 

 

La Corte d'Appello di Salerno, con sentenza del 15 settembre 1992, in parziale riforma della sentenza appellata, dichiarato il concorso di colpa della B. nella misura del 60%, rideterminava il credito della stessa in lire 71.448.800 e il credito dell'O. in L. 9.600.000, oltre per entrambi la rivalutazione monetaria e gli interessi legali sulla somma rivalutata dalla data del sinistro; dato atto dell'intervenuto versamento da parte dell'Assitalia dell'importo di L. 18.859.000, per il residuo massimale, condannava in solido il P. e l'Assitalia al maggior danno per rivalutazione monetaria sulla somma sopra indicata dal 16.8.1982 al maggio 1990; condannava altresì il P. al pagamento dell'ulteriore importo di L. 62.189.000 in favore degli istanti O.-B., oltre rivalutazione e interessi, nonché del maggior danno da svalutazione sull'importo di L. 18.859.000 dall'1.2.1981 al 16.8.1982, e degli interessi legali sulla somma rivalutata al maggio 1990; dichiarato il concorso di colpa del P. nella misura del 40%, rideterminava il credito dello stesso in L. 34.181.500 oltre rivalutazione e interessi sulla somma rivalutata; confermava la sentenza impugnata in ordine al credito della S.; condannava in solido la B., l'O. e il Lloyd Internazionale al pagamento, in favore del P. M. e degli eredi della S. pro quota, della somma di L. 20.000.000, pari al residuo massimale, oltre rivalutazione e interessi; condannava in solido la B. e l'O. al pagamento, in favore di P. M. e degli eredi della S., dell'ulteriore somma di L. 14.931.500 oltre rivalutazione e interessi; condannava ancora in solido la B. e l'O. a corrispondere agli istanti il maggior danno da svalutazione monetaria sull'importo di L. 20.000.000 dall'1.1.1981 al 26.4.1981 e gli interessi sulla somma rivalutata dall'1.1.1981.
Riteneva la Corte che sulla base delle risultanze istruttorie era possibile la ricostruzione del sinistro nel senso che l'impatto era stato determinato dalla manovra di sorpasso di altro veicolo compiuta dal P., ed iniziata presumibilmente all'inizio del dosso che porta al successivo rettilineo; dalla manovra di emergenza inadeguata intrapresa dalla B. nel portarsi repentinamente sulla destra sino a far impattare la propria autovettura contro il guard- rail posto alla sua destra; dalla conseguente deviazione del veicolo verso il centro della strada, con perdita del controllo della guida da parte della B. ed impatto con il fianco sinistro dell'autovettura del P. che rientrando sulla destra dopo il sorpasso, stava acquistando assetto rettilineo; l'eccessiva velocità tenuta da entrambi i veicoli aveva peraltro avuto rilievo determinante nella produzione del sinistro.
Alla B. attribuiva, quindi, l'eccesso di velocità in relazione sia al divieto posto nella zona, sia alle condizioni ambientali (curva, visibilità non ottimale, traffico della strada), nonché l'imperizia e la

disattenzione nell'effettuare una erronea manovra di accostamento a destra ad elevata velocità e senza tener conto della sede stradale.

 

 

Al P. attribuiva, oltre che l'eccesso di velocità, anche la violazione della norma dell'art. 106 cod. strad. per avere effettuato il sorpasso su di un dosso, e quindi in condizioni di limitata visibilità, considerata anche la brevità del rettilineo e la successiva presenza di una curva ad ampio raggio.
In ordine al danno subito dalla B., riteneva fondata la liquidazione del danno da invalidità permanente operata dai primi giudici nella misura di L. 68.915.668 con ricorso al criterio del triplo della pensione sociale, in assenza di prova certa del reddito; riteneva eccessiva la liquidazione del danno da invalidità temporanea, che riduceva a L. 3.457.480 sulla base dell'anzidetto criterio. Quanto al danno biologico, considerata la incommensurabile gravità della menomazione subita dalla B. - perdita della funzione deambulatoria e di quella procreativa; paraplegica agli arti anteriori disturbi sfinterici ed anali; affetta da sindrome depressivo-ansiosa che non le consentiva di estrinsecare alcuna funzione attiva familiare o nella vita sociale - riteneva applicabile la liquidazione a punto percentuale di invalidità e, sulla base del valore/punto di L. 9.000.000, con riguardo all'epoca del fatto, determinava il danno in L. 90.000.000.
Liquidava il danno morale in L. 5.000.000, tenuto conto sia dell'effettività delle lesioni subite, sia del rilevante concorso di colpa della vittima.
Riteneva risarcibile in favore dell'O. il danno morale quale prossimo congiunto della B., per la impossibilità di ripristinare con costei un normale rapporto coniugale e per le quotidiane sofferenze psichiche collegate alla percezione del male dell'inferma, nonché il danno scaturente dall'impossibilità di rapporti sessuali con la moglie, riconducibile all'art. 2043 c.c., per un importo complessivo di L. 8.000.000 determinato in via equitativa.

 

 

Riteneva infondata la censura della società Lloyd Internazionale in ordine alla liquidazione del danno da invalidità permanente per il P., operata dalla sentenza impugnata.
Riteneva equa la liquidazione del danno in favore della S..
Riteneva la responsabilità per "mala gestio" delle due società assicuratrici nei limiti della rivalutazione monetaria dell'importo del massimale (per la società Lloyd Internazionale che nulla aveva versato) e del residuo massimale di L. 18.859.000 tardivamente messo a disposizione (per la società Assitalia).
Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso la B. e l'O., deducendo quattro mezzi di annullamento.
Ha altresì proposto autonomo ricorso il P. sulla base di cinque mezzi.
Al ricorso del P. resistono la B. e l'O., preliminarmente deducendone l'inammissibilità per tardività e contestualmente proponendo ricorso incidentale condizionato sulla base degli stessi motivi già dedotti con il ricorso principale.
Al medesimo ricorso aderisce parzialmente l'Assitalia S.p.a., proponendo contestualmente ricorso incidentale sulla base di un unico mezzo.
L'O. ha presentato separate memorie in relazione al proprio ricorso e a quello del P..
Il P. ha a sua volta presentato memoria. A seguito di ordinanza di questa Corte, il contraddittorio è stato integrato a cura dell'O., subentrato nel corso del giudizio alla B. quale erede di costei, nei confronti della Assitalia - in relazione al ricorso principale O. -Bo. - della Compagnia di Assicurazioni di Milano S.p.a., nonché il P. G., L. e R., eredi di S. Italia. Nessuna altra parte ha svolto attività difensiva in questa sede.

 

Motivi della decisione

Va preliminarmente disposta la riunione di tutti i ricorsi, proposti contro la medesima sentenza, a norma dell'art. 335 c.p.c..

 

I ricorrenti O.-B. hanno eccepito la inammissibilità del ricorso del P., proposto in forma autonoma dopo aver ricevuto la notificazione del loro ricorso, rilevando che lo stesso non potrebbe convertirsi in ricorso incidentale sia perché non proposto contestualmente al controricorso, sia, ed in ogni caso,

perché notificato dopo la scadenza del termine di quaranta giorni dalla notificazione del ricorso principale.

 

 

Tali eccezioni sono infondate.
Il ricorsò incidentale, ancorché l'art. 371. 1° comma c.p.c. prescriva che esso debba essere proposto con l'atto contenente il controricorso, può essere proposto anche con atto separato, non essendo la predetta modalità essenziale, ferma restando la necessità che esso sia notificato nel termine - di quaranta giorni dalla notifica del ricorso principale - stabilito in base al combinato disposto degli artt. 370 e 371 c.p.c. (cfr. Cass. 3293/93; Cass. 3738/95, etc.) . Né puo ritenersi nella specie l'inammissibilità per tardività del ricorso incidentale del P.. E' ben vero che la proposizione dell'impugnazione principale determina, per coloro cui il relativo atto sia stato notificato, l'onere di esercitare il proprio diritto di impugnazione nei modi e nei termini previsti per l'impugnazione incidentale e che, pertanto, il ricorso proposto in modo autonomo dalla parte cui sia stato notificato un precedente atto di impugnazione, come tale privo di validità, può convertirsi un impugnazione incidentale solo se proposto nei termini stabiliti per quest'ultima (cfr. Cass. 3738/95; Cass. 8368/94, etc.). Nella specie, tuttavia, il ricorso autonomo del P., se è stato notificato all'O. e alla B. oltre il termine di quaranta giorni dalla notifica del ricorso principale di costoro (il ricorso O.-B. è stato notificato il 21 dicembre 1992 al solo P., il ricorso autonomo di quest'ultimo è stato notificato ai ricorrenti principali il 3 febbraio 1993), è stato, invece, notificato entro il suddetto termine al Lloyd Internazionale S.p.a., nonché agli eredi di S. Italia (entrambe le notifiche recano la data del 29 gennaio 1993) e alla stessa Assitalia S.p.a. è stato notificato pure tempestivamente (il giorno 1° febbraio 1993, 41° giorno successivo al 31 gennaio, che cadeva di domenica).

 

 

La tempestiva notifica del ricorso del P. ad altre parti, litisconsorti necessari dell'O. e della B. - il litisconsorzio necessario va affermato quanto meno nei riguardi delle società assicuratrici dei veicoli coinvolti nel sinistro, a norma dell'art. 23 della legge n. 990/69 - ha pertanto, effetto conservativo e impeditivo della decadenza (cfr. 7702/94), etc.), mentre le successive notificazioni tardivamente eseguite hanno l'effetto di rendere integro il contraddittorio.
Va, invece, rilevata l'inammissibilità del ricorso incidentale dell'O. e della B., proposto in seguito al ricorso del P., per l'avvenuta consumazione del potere di impugnazione derivante dalla proposizione, da parte loro, del ricorso principale (cfr. Cass. 4871/95, etc.). Peraltro, la questione è priva di rilevanza concreta, atteso che i motivi del ricorso incidentale sono del tutto identici a quelli già dedotti con il ricorso principale.
Con il primo motivo del ricorso principale dell'O. e della B., denunciandosi contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia, si deduce che la sentenza impugnata, dopo avere sommariamente ricostruito l'incidente senza il previo esame delle risultanze processuali, avrebbe, nel compiere detto esame, contraddittoriamente affermato prima che il P., al momento del sinistro, aveva appena ultimato la manovra di sorpasso, poi che presumibilmente tale sorpasso aveva avuto inizio prima del dosso; dalla presunzione si passava poi alla "inconfutabilità" basata su un solo teste - di parte ed interessato al processo - in violazione del principio secondo il quale, in caso di deposizioni testimoniali contrastanti, dovrebbe darsi credibilità ai testi estranei e non ai parenti o agli "interessati" alle parti in causa.
Incerto era, poi, lo "stato soggettivo" dei conducenti, in ragione dell'elevata velocità accertata e della repentinità dei fatti; e contraddittoria l'affermazione che l'autovettura del P. fosse stata attinta, mentre rientrava sulla destra, alla parte sinistra anteriore poiché, data la premessa, l'urto si sarebbe dovuto verificare non alla parte anteriore, ma a quella posteriore destra.
Viziata e contraddittoria sarebbe poi l'attribuzione al P. di una minor percentuale di colpa - il 40% - di fronte alla constatazione della velocita eccessiva e della esecuzione, da parte del predetto, di un sorpasso su un dosso e quindi in condizioni di limitata visibilità, tenuto anche conto della brevità del rettilineo e della successiva presenza di curva ad ampio raggio, in violazione "specifica" dell'art. 106 cod. strad. e, per contro, l'attribuzione di una colpa pari al 60% alla B., alla quale era stato il P.a creare una grave situazione di pericolo.

Con il secondo motivo, denunciandosi violazione dell'art. 2054 2° comma c.c., si deduce che la sentenza impugnata, di fronte ad una ricostruzione del sinistro in termini di effettivo dubbio e perplessità, ribaditi dalla stessa consulenza collegiale, al di là delle formali espressioni di "certezza", avrebbe dovuto applicare la presunzione di cui al 2° comma dell'art. 2054 c.c..

 

 

Con il primo motivo del ricorso del P., fatto proprio dalla ricorrente Assitalia S.p.a., denunciandosi violazione e falsa applicazione degli artt. 2054 e 2697 c.c., 113, 115 e 116 c.p.c., si deduce che la Corte di merito non avrebbe considerato la violazione, da parte della B., della norma dell'art. 104 cod. strad.
nonché delle norme di comune prudenza, e in particolare l'imperizia e la disattenzione nell'effettuare una erronea manovra di accostamento a destra, oltre l'elevata velocità tenuta dalla propria autovettura. Da tali elementi acquisiti la Corte avrebbe dovuto ricavare l'esclusiva responsabilità della B., anziché configurare un concorso di colpa dei conducenti senza individuare le violazioni commesse dal P..
La sentenza impugnata avrebbe poi omesso di prendere in considerazione il rapporto della Polizia stradale e la relazione di perizia espletata in sede penale, male valutando le rispettive risultanze; avrebbe erroneamente addebitato ad esso ricorrente la violazione dell'art. 106 cod. strad. senza che fosse stato dimostrato il sorpasso, da parte dell'autovettura Citroen, della Golf che percorreva la strada nello stesso senso di marcia, o quanto meno un sorpasso idoneo ad incidere sul comportamento dei conducenti di veicoli provenienti in senso opposto, laddove risultava accertato che la Citroen, al momento dell'incidente, si trovava alla mano destra della propria corsia. Avrebbe inoltre male utilizzato la deposizione della teste D. C., peraltro interessata alla causa e inattendibile. I sopra indicati motivi, dei quali si impone l'esame congiunto per l'evidente connessione logico-giuridica, sono infondati.

 

 

La sentenza impugnata ha proceduto alla ricostruzione del sinistro ritenendo anzitutto accertato, sulla base della deposizione della teste D. C., che il P., conducente della Citroen, al momento del sinistro aveva appena ultimato la manovra di sorpasso dell'autovettura Volkswagen Golf, "iniziata presumibilmente all'inizio del dosso" che porta al breve tratto rettilineo di strada.
Dall'estrema violenza dell'impatto e dalla mancata effettuazione di frenate ha dedotto che le due autovetture (la Citroen condotta dal P. e la Renault condotta dalla B.) procedevano ad elevata velocità. Sulla scorta di tali premesse, ha rimarcato l'evidente illiceità e pericolosità del sorpasso effettuato dal P. "proprio sul dosso", che aveva determinato nella B. uno "stato soggettivo" di pericolo, inducendola ad una repentina manovra di emergenza al fine di evitare l'impatto frontale.
Rimarcata la particolare pericolosità della situazione posta in essere dal P., che aveva determinato l'ingombro della corsia di spettanza della B., in una strada di non eccessi va ampiezza (m. 8,50 circa) e di scorrimento molto veloce, ha poi sottolineato che la manovra di emergenza è stata realizzata con "scarso discernimento", con un repentino spostamento sulla destra, che aveva determinato l'impatto della vettura contro il guard-rail posto sulla destra, e una deviazione verso il centro della strada, per effetto dell'impatto e della perdita di controllo del veicolo, "che doveva procedere ad elevata velocita".
Ha precisato che l'urto era avvenuto con la vettura del P., attinta mentre, rientrando sulla destra, stava acquistando assetto rettilineo, dalla parte anteriore della Renault alla fiancata anteriore sinistra. La Renault, per effetto del movimento rotatorio impresso dall'urto, veniva ad esporre la fiancata destra alla sopraggiungente Volkswagen che seguiva nella marcia la vettura del P., venendo da essa investita sino a ribaltare definitivamente.
Tale ricostruzione del sinistro la Corte di merito ha cura di fondare, oltre che sulla deposizione della teste D. C., sulle risultanze peritali in ordine alle condizioni dei veicoli, in particolare sui punti d'urto in essi localizzati, sulle strisciature sull'asfalto e sulla posizione dei veicoli dopo l'urto.
Vengono motivatamente disattese le risultanze peritali in sede penale, sul rilievo per cui del dichiarato urto della Renault contro il guard-rail posto al lato superiore del vano di accesso non v'era alcun riscontro obiettivo: tale impatto con la parte posteriore destra non avrebbe potuto determinare una repentina variazione direzionale, né essere di tale entità. E viene rimarcato che le tracce di scarrocciamento trovate sull'asfalto, per la loro dislocazione e il diverso andamento geometrico, non erano tutte attribuibili alla Citroen, dovendo invece essere attribuite alla Renault quelle poste sulla parte Centrale della strada in modo quasi rettilineo.

 

 

Viene poi particolarmente valorizzata la deposizione della teste D. C. sul punto concernente la parziale concomitanza della perdita del controllo della Renault da parte della B., che iniziava a spostarsi sulla sinistra, e l'espletamento della manovra di sorpasso da parte della Citroen condotta dal P..
Tale complessiva ricostruzione del sinistro si sottrae alle censure mosse nei diversi ricorsi.
Non si ravvisa alcuna contraddizione nella ricostruzione del sorpasso della Golf da parte della Citroen del P.. La "presunzione" rimarcata dai ricorrenti O.- B. riguarda l'inizio del sorpasso in corrispondenza dell'inizio del dosso, non l'espletamento di esso proprio sul dosso e il suo completamento a breve distanza dalla sopravveniente Renault. La deposizione della teste D. C. risulta essere l'unica proveniente da persona - oltre i protagonisti dell'incidente - che abbia avuto modo di presenziare al sinistro, e peraltro non risulta contraddetta da qualsiasi altro elemento istruttorio.
L'interesse della teste nel giudizio, a parte l'intervenuto risarcimento del danno nei di lei confronti, non risulta essere stato tempestivamente eccepito - non è su tale punto che i ricorrenti articolano la censura - e non incide in alcun modo sull'attendibilità della teste, verificata in base alla concordanza della deposizione con gli elementi obiettivi ricavati dallo stato dei luoghi e dei mezzi coinvolti nel sinistro. D'altra parte, i ricorrenti principali non hanno indicato quali altre deposizioni, e sulla base di quali ragioni inerenti alla concordanza delle deposizioni stesse con le altre risultanze istruttorie, la sentenza impugnata avrebbe dovuto scegliere, in quanto più idonee ad una attendibile ricostruzione dei fatti.

 

 

La sentenza impugnata ha poi, con motivazione adeguata e scevra da vizi logici e errori di diritto, disatteso le risultanze peritali in sede penale, dimostrandone la scarsa concordanza con i riscontri obiettivi, ed ha pure - implicitamente - disatteso (prendendole quindi in esame) le risultanze del rapporto di Polizia stradale, sulla base del quale la consulenza-in sede penale si era mossa (cfr. pag. 24).
Non si ravvisa, inoltre, alcuna contraddizione con l'attribuzione al P. di una condotta gravemente colposa - segnatamente, il sorpasso su un dosso e in condizioni che venivano a creare grave pericolo per la circolazione - e il riconoscimento a carico della B. di un concorso di colpa nella misura del 60%, adeguatamente espresso dal rilievo dell'eccessiva velocità - con violazione dell'art. 102 cod. strad. del 1959, applicabile "ratione temporis" -, nonché della estrema imperizia nell'effettuazione della manovra di emergenza, avuto riguardo alle condizioni della strada e alla notevole velocità del mezzo - che determinò dapprima l'urto della Renault con il guard-rail sito alla sua destra, quindi l'urto con la Citroen del P., la conseguente rotazione e infine il ribaltamento del mezzo, attinto dalla sopraggiungente Volkswagen Golf condotta dal C. -.
D'altra parte, al P. viene attribuita una specifica condotta colposa, puntualmente delineata nella violazione degli artt. 102 e 106 cod. strad. del 1959, come sopra già evidenziato.
Quanto all'omesso rilievo della violazione dell'art. 104 cod. strad. da parte del B., la sentenza impugnata non risulta avere omesso di prendere in esame specifiche risultanze istruttorie, che lo stesso P. non indica. Né una siffatta violazione risulta dalla ricostruzione dell'incidente, atteso che lo scontro tra la Renault e la Citroen, localizzato sulla carreggiata sinistra o più esattamente verso il centro della strada (cfr. pag. 22, nella quale si precisano le modalità già introdotte nelle precedenti pagg.
2021), è successivo e conseguente all'urto della Renault contro il guard-rail destro.
Non si ravvisa poi alcuna contraddizione logica tra la ricostruzione delle modalità del sinistro e le tracce riscontrate sui due veicoli. In particolare, non è illogico che la Citroen del P., pur rientrante dalla manovra di sorpasso sulla sua destra, sia stata attinta nella fiancata anteriore sinistra. Né v'é contraddizione logica tra l'affermazione che lo scontro era avvenuto "sulla carreggiata sinistra" - peraltro precisata successivamente a pag. 22 nei termini sopra indicati - e l'altra affermazione che la vettura del P., al momento dello scontro, stava rientrando sulla destra, acquisendo assetto rettilineo: è evidente che i termini "sinistra" e "destra" sono riferiti rispettivamente al senso di marcia della Renault e della Citroen.

 

 

Il motivo di ricorso dell'Assitalia ripropone, per il resto, una diversa valutazione delle risultanze probatorie e sotto tale profilo la censura non può trovare ingresso, essendo insindacabile, in quanto correttamente motivata, la valutazione compiuta dal giudice di appello.
Appare conseguentemente infondata la censura con la quale si deduce la necessità del ricorso alla presunzione di cui all'art. 2054 2° comma c.c., poiché la sentenza impugnata ha correttamente e motivatamente compiuto una adeguata ricostruzione del sinistro, sì da poterne accertare in concreto le condotte colpose della B. e del P., e in termini che non esprimono alcuna effettiva perplessità del collegio giudicante.
Con il terzo motivo del ricorso principale, denunciandosi violazione dell'art. 1226 c.c., si deduce che la sentenza impugnata non avrebbe adeguatamente motivato la valutazione equitativa del danno da essa compiuta con riguardo sia all'O. che alla B..
Invero, non sarebbe stato tenuto adeguatamente conto, sul pianto del dannò biologico come del danno morale, delle disastrose conseguenze del sinistro, delle enormi menomazioni fisiche della B., delle immense sofferenze che la stessa aveva subito ed era destinata continuativamente a subire e dalla sopravvenuta impossibilità, per entrambi i coniugi, di riproporre le normali "estrinsecazioni" del nucleo familiare.

 

 

In tale ottica, la liquidazione del danno sia biologico che morale sarebbe del tutto errata ed irrisoria, illogica ed irrazionale, se rapportata alle premesse di fatto accertate dallo stesso giudice.
Il motivo è fondato per quanto di ragione.
In ordine alla liquidazione del danno biologico la liquidazione a punto percentuale di invalidità operata tenendo conto delle condizioni concrete della B., deve ritenersi ineccepibile. La Corte di merito ha, invero, tenuto conto delle gravi menomazioni della B. (cfr. pag. 29 della sentenza) sulla base di queste personalizzando la valutazione del punto di invalidità in L. 900.000, rapportata all'epoca del fatto (cfr. Cass. 2008/93; Cass. 5669/94, etc.).
Del pari adeguatamente motivata è la valutazione equitativa dei danni subiti dall'O. sia per le sofferenze patite nella impossibilità di ripristinare un normale rapporto coniugale, ricompresi nella categoria dei danni morali, sia del danno scaturente dall'impossibilità di rapporti sessuali, inquadrato nella generale previsione dell'art. 2043 c.c. quale modo di riparazione della lesione del diritto del coniuge a tali rapporti - essendo tra l'altro implicito, anche per il richiamo degli "elementi gia affermati" (pag.32) e per la ricezione degli elementi di fatto utilizzati dal Tribunale per la liquidazione del danno, il riferimento quanto meno alla giovane età della B. -.
Appare, invece, censurabile la valutazione del danno morale in favore della B. nella misura di L. 5.000.000.
E' ben vero che la valutazione del danno morale è essenzialmente equitativa, sfuggendo, dato il suo contenuto etico, ad una precisa quantificazione, onde la sua determinazione è rimessa al prudente criterio del giudice di merito, il quale dovrà comunque rapportarla alla gravità del reato e all'entità del patema d'animo subito dalla vittima (cfr. Cass. 9430/87; Cass. 7642/91; Cass. 2491/93, etc.). Tuttavia, tale liquidazione deve rispettare l'esigenza di una razionale correlazione tra entità oggettiva del danno, specie se reiterato nel tempo, ed equivalente pecuniario, in modo che questo, tenuto conto del potere di acquisto della moneta, mantenga la sua connessione con l'entità e la natura del danno da risarcire e non rappresenti solo un "simulacro" o una parvenza di risarcimento.
Tale principio, affermato da questa Corte in numerose decisioni (cfr. Cass. 2376/83; Cass. 23/88; Cass. 2491/93; Cass. 8177/94) comporta la censurabilità dell'esercizio del potere equitativo del giudice di merito, quante volte la liquidazione del danno morale appaia manifestamente, se non addirittura simbolica, per nulla correlata con le stesse premesse di fatto in ordine alla natura e all'entità del danno accertate dal medesimo giudice.
Nel caso in specie, la Corte salernitana, dopo avere evidenziato le enormi sofferenze della B. in conseguenza del fatto reato (lesioni colpose gravissime: art. 583 cpv. c.p.), idonee a provocare una sofferenza continua, destinata a protrarsi nel tempo, in conseguenza delle sue condizioni psico-fisiche, e un patema d'animo di incommensurabile entità (la B. era rimasta paraplegica agli arti inferiori, con perdita della funzione deambulatoria e procreativa, disturbi sfinterici ed anali, affetta da sindrome depressivo- ansiosa), ha ritenuto congrua una liquidazione del danno morale nella misura di L. 5.000.000, pur rapportata all'epoca del fatto ed affermando di tener conto della "effettività delle lesioni" e del "rilevante concorso di colpa della vittima".

 

 

Ora, appare evidente la contraddittorietà tra le premesse di fatto che ancorano il giudizio di eccezionale gravità dello stato fisico e psichico della B. conseguente al sinistro e che, quindi, vengono a rappresentare uno stato di gravissima sofferenza psichica destinato a protrarsi nel tempo con non minore intensità, ed in modo irreversibile, e l'entità della somma liquidata a titolo di danno morale - lire cinquemilioni con riferimento alla data dell'evento -. Pur considerando la necessaria rivalutazione di detta somma, è evidente che essa, riferita all'anno 1981, rappresenta un risarcimento chiaramente irrisorio e poco meno che simbolico rispetto all'entità e alla natura del danno e alla gravità del reato di lesioni colpose, per la irreversibilità dei gravissimi postumi residuati alla B. e tali da impedirle la benché minima esplicazione di qualsiasi forma di vita attiva, anche nell'ambito dei rapporti familiari.
E' evidente, quindi, la assoluta irrazionalità dell'attribuzione di tale somma, totalmente sproporzionata rispetto al danno risarcibile. Ciò pur tenendo conto del concorso di colpa della B. nella causazione del sinistro. Lo stesso riferimento ai valori monetari dell'anno 1981 esclude la possibilità di ragguaglio della predetta somma ad un'entità che possa in qualche modo proporzionarsi al danno subito.

 

 

Sotto tale profilo, la liquidazione del danno operata dalla sentenza impugnata deve soggiacere alla censura mossa dalla B..
Con il quarto motivo, denunciando violazione dell'art. 1283 c.c., i ricorrenti principali censurano la sentenza impugnata per avere omesso di applicare al credito risarcitorio le disposizioni in tema di anatocismo, la cui applicabilità discendeva dall'intervenuta trasformazione a seguito della sentenza di primo grado, del debito di valore in debito di valuta, fermo restando che il debito per i danni subiti dall'autovettura dell'O. era ab initio di valuta.
Il motivo è infondato.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, la disposizione che consente l'anatocismo, dettata dall'art. 2083 c.c. in tema di obbligazioni pecuniarie, non è applicabile ai c.d. debiti di valore, essendo essa di carattere eccezionale (cfr. Cass. 7082/94; Cass. 5506/94; Cass. 11065/92, etc.). Se, d'altra parte, si considera che i c.d. interessi compensativi in tema di obbligazione risarcitoria non sono veri e propri interessi, rappresentando piuttosto un semplice parametro di liquidazione del danno da ritardo nella reintegrazione patrimoniale conseguente alla perdita dei beni o delle utilità provocata dal fatto illecito (in tal senso cfr. la recente Cass. S.U. n. 1712/95), è agevole la conclusione della inapplicabilità ai debiti di valore della norma dell'art. 1283 c.c., non potendo configurarsi "interessi" in senso tecnico. Le medesime considerazioni vanno fatte per la somma liquidata a titolo di danni all'autovettura in favore dell'O., avente la medesima natura di debito di valore, nonché per il debito della assicuratrice Assitalia che, pur di valuta, viene ad essere influenzato dal necessario collegamento con il debito dell'assicurato, nei limiti dell'importo indennizzabile, anche per ciò che attiene alle componenti di esso.
Non è poi fondato l'argomento che muove dalla acquisita natura di debito di valuta, a seguito della sentenza di primo grado, dell'obbligazione risarcitoria. Invero, la "trasformazione", di tale obbligazione in debito di valuta consegue non alla sentenza di primo grado, bensì alla sentenza di appello ove in questa sede - come nel caso di specie - l'accertamento del credito sia stato comunque oggetto di cognizione, poiché essa rappresenta la pronuncia definitiva di merito che attiva la liquidazione del credito, suscettibile sino a quel momento di venire modificata e comunque adeguata ai valori monetari (cfr. Cass. 6506/82; Cass. 1901/83; Cass. 2737/88, etc.).
Con il secondo motivo del suo ricorso, il P., denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2056, 2059, 1226 c.c., 112 e 113 c.p.c. si duole che la sentenza impugnata, nella statuizione in cui liquida in favore dell'O. la somma di L. 8.000.000, sia viziata da ultrapetizione, atteso che l'O. aveva proposto domanda di danni non come "prossimo congiunto" della B., ma solo come proprietario dell'autovettura coinvolta nel sinistro e per di più abbia riconosciuto allo stesso un danno non patrimoniale senza che ricorresse il presupposto delle lesioni personali. Laddove la risarcibilità di tale danno è esclusa ove ricorra la presunzione di cui all'art. 2054 c.c. e comunque per le sofferenze delle persone legate da vincolo di parentela alla vittima.

 

 

Censura altresì che la Corte di merito abbia considerato il danno come sopra liquidato derivante dalla norma generale dell'art. 2043 c.c. nonostante vi fosse il riconoscimento della tutela "tipica" di cui all'art. 2059 c.c. e che sia stata liquidata all'O. una somma di gran lunga maggiore di quella liquidata in favore della B., senza alcuna motivazione che giustifichi la diversità di trattamento.
Il motivo è fondato e va accolto solo in parte. E' palesemente infondata la censura di ultrapetizione, essendo evidente, dall'esame degli atti difensivi dell'O. sin da quello (comparsa di costituzione in primo grado) col quale è stata proposta la domanda di risarcimento, che la specificazione della di lui qualità di proprietario dell'autovettura Renault valeva a giustificare la domanda di risarcimento per i danni riportati dalla autovettura, ma non a circoscrivere la sua complessiva pretesa risarcitoria, chiaramente estesa a qualsiasi danno dipendente dal sinistro e dagli stessi rapporti con la B., istante assieme a lui. In tal senso, l'interpretazione della domanda dell'O., data della sentenza impugnata senza particolare motivazione, ma con evidente anche se implicito riferimento agli atti processuali che la contenevano, non si presta ad alcun rilievo.

 

 

Del pari infondate sono le censure attinenti all'entità del risarcimento nella misura di L. 20.000.000 nell'intero - ridotta al 40% per il concorso di colpa della B.: sul punto non v'é alcuna contestazione - in rapporto alla minor somma (lire 5.000.000, pari nell'intero a L. 12.500.000) liquidata in favore della B..
Se una illogica discriminazione è da ravvisare tra le due liquidazioni, essa attiene non all'O., bensì alla B., cui, come già detto, è stata operata a titolo di danno morale una liquidazione palesemente irrisoria, come ampiamente rilevato in sede di esame del motivo di ricorso della stessa B..
Per contro, la liquidazione in favore dell'O. è adeguatamente motivata, pur nell'alveo di una liquidazione equitativa. Peraltro, la Corte di merito ha complessivamente valutato il danno morale e quello
- ricondotto alla violazione di un diritto primario dell'O. ex art. 2043 c.c. - conseguente all'impossibilità di ristabilimento dei rapporti sessuali con la di lui moglie.
Che tale ultimo danno sia riconducibile non alla previsione dell'art. 2059, bensì a quella dell'art. 2043 c.c., questa Corte ha già avuto modo di affermare (cfr. Cass. 6607/86) sul rilievo per cui tale ultima norma, ponendo il principio della risarcibilità del danno ingiusto, senza altra qualificazione - e quindi senza alcun riferimento alla natura patrimoniale del danno - stabilisce in via immediata la risarcibilità del complessivo "valore" della persona, nella sua proiezione non solo economica e oggettiva, ma anche soggettiva, e quindi della lesione di diritti primari, in quanto inerenti alla persona umana: tra questi va ricompreso il diritto di ciascun coniuge ai rapporti sessuali con l'altro, avente quale contenuto un aspetto dello svolgimento della persona di ciascun coniuge nell'ambito della famiglia quale aggregazione naturale fondata sul matrimonio, nell'ambito della quale ogni persona ha riconosciuti dalla Costituzione una serie di diritti inviolabili.
Non ha poi fondamento argomentare dalla irrisarcibilità del danno ex art. 2059 c.c. in presenza di responsabilità per danni alla persona non accertate, bensì presunte ex art. 2054 c.c.. Nella specie, infatti, la sentenza impugnata ha proprio escluso il ricorso alla presunzione di cui al 2° comma del citato articolo, operando l'accertamento in concreto delle responsabilità dei due conducenti.
Fondata appare, invece, la censura con la quale si contesta la risarcibilità del danno morale in favore dell'O. quale prossimo congiunto della B. sotto il profilo che quest'ultima avrebbe riportato lesioni, senza essere quindi deceduta, in seguito al sinistro.
Un consolidato orientamento di questa Corte esclude la risarcibilità del danno non patrimoniale di cui all'art. 2059 c.c. in favore dei prossimi congiunti di persona offesa del reato di lesioni personali, dolose o colpose (cfr. Cass. 11414/92/92; Cass. 6854/88; Cass. 1845/76, etc.). Tale orientamento trova giustificazione sul rilievo per cui, in difetto di una norma specifica che individui i legittimati attivamente alla riparazione del danno ex art. 2059 c.c., deve ritenersi che il legislatore abbia ricollegato la titolarità di tale pretesa risarcitoria a quella dell'interesse penalmente tutelato, sì che solo la persona offesa del reato è legittimata a far valere la pretesa di risarcimento del pregiudizio "morale" subito per effetto del fatto-reato.

 

 

Solo nell'ipotesi dell'omicidio del congiunto l'ordinamento riconosce in via eccezionale una pretesa risarcitoria iure proprio ( artt. 185 c.p., 74 e 90 3° comma c.p.p.) che trae fondamento dal venir meno della vita del congiunto quale evento costitutivo dell'illecito penale. Ma si tratta di un'ipotesi eccezionale, al di fuori della quale viene meno peraltro il diretto collegamento tra le sofferenze e i patemi d'animo dei congiunti del soggetto passivo del rato e l'evento (lesioni personali) che vale ad integrarlo.
Siffatte argomentazioni non ricevono smentita dalla recente sentenza della corte Costituzionale n. 372 del 1994, la quale, anzi, ribadisce il carattere eccezionale della risarcibilita in favore del terzo del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c., del quale lo stretto rapporto familiare tra il terzo e il titolare del bene protetto dalla norma incriminatrice e il presupposto della tutela, che però trova la sua ratio nella identificazione dell'avente diritto con la vittima del reato, con la sola eccezione dell'avvenuto decesso di questa per effetto del reato medesimo.
Non può, pertanto, riconoscersi all'O. il risarcimento del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. in quanto prossimo congiunto di persona vittima del reato di lesioni colpose, ma a questo sopravvissuta.

 

 

Parzialmente fondato è pure il quinto motivo del ricorso del P., che per ragioni di progressione logica va adesso preso in esame. Tale motivo censura la sentenza impugnata per avere erroneamente determinato l'importo del danno da invalidità permanente in favore del P. in L. 47.369.384, anziché in quello di L. 49.557.252, quale si ricavava dai coefficienti e dagli elementi di calcolo accertati, nonche del danno da invalidità temporanea in L. 6.600.000 anziché in L. 9.000.000. Che costituiva il prodotto dei giorni di invalidità temporanea (120) per l'importo giornaliero (L. 75.000), ed infine per avere omesso di liquidare il danno morale, il danno biologico e alla vita di relazione, benché espressamente richiesti.
Le prime due censure sono inammissibili.
Invero, lo stesso ricorrente, nell'affermare che l'importo complessivo del danno da invalidità permanente e da invalidità temporanea sarebbe stato determinato in modo difforme da quello che risultava sulla base dei dati e dei coefficienti accertati, finisce per denunciare un errore di calcolo consistente nell'erronea utilizzazione delle regole matematiche per determinare l'importo complessivo del credito, risultante dalla stessa sentenza, e quindi non un errore di giudizio, bensì un errore materiale, emendabile con il ricorso alla procedura di cui agli artt. 287 e ss. c.p.c. (cfr. Cass. 3152/87; Cass. 11999/93, etc.). Peraltro, nella misura in cui potesse configurarsi non un mero errore di calcolo, bensì un errore inerente alla determinazione della base per il calcolo, come sarebbe dato di ritenere quanto meno per l'invalidità permanente, per la quale la sentenza di appello, riferendosi al meccanismo di liquidazione della sentenza di primo grado, ha recepito il coefficiente di capitalizzazione del 13,18% e non quello (indicato dal ricorrente) dell'11,031% - il che comunque comporta una liquidazione di maggiore importo -, la censura è inammissibile in quanto attiene ad accertamenti di fatto del giudice di merito, non sindacati sul piano della motivazione.
Fondata è, invece la censura con la quale il P. lamenta l'omessa liquidazione del danno biologico e del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. (nel primo deve ritenersi compresa la doglianza relativa al danno alla vita di relazione). La sentenza impugnata ha, invero, del tutto omesso di accertare tali voci di danno e di procedere alla liquidazione di esse, benché il P. le avesse richieste nell'ambito della generale domanda di danni (potenzialmente estesa a tutte le possibili voci, di carattere sia patrimoniale che non patrimoniale: cfr. Cass. 6497/87, etc.), è avesse riproposto la richiesta in modo specifico con l'atto di appello nella misura di L. 10.000.000.
Con il terzo motivo il P. si duole che la sentenza impugnata abbia omesso di dichiarare la compensazione "legale" tra il proprio credito e il controcredito dei coniugi O.-B..

Il motivo è infondato. Premesso che non ricorrono i presupposti per la compensazione legale ex art. 1243 c.c., attesa la liquidità dei reciproci crediti, e che, trattandosi di reciproche pretese di danni aventi origine da un unico evento prodotto dalle concomitanti azioni colpose, non è neppure configurabile una compensazione in senso tecnico (cfr. Cass. 3440/75; cfr. in genere sul requisito dell'autonomia dei rapporti cui si riferiscono i contrapposti crediti delle parti, Cass. 3067/90; Cass. 10447/91, etc.), risolvendosi in tal caso la valutazione delle reciproche pretese in un semplice accertamento contabile di dare ed avere (cfr. Cass. 10447/91, etc.), si osserva che, in presenza di contrapposte domande delle parti con le quali vengano fatti valere crediti contrapposti, il giudice ha il dovere, a norma degli artt. 36 e 112 c.p.c., di provvedere anche sul credito richiesto in via riconvenzionale indipendentemente dalla ricorrenza o meno dei presupposti di cui all'art. 1243 2° comma c.c. per la compensazione giudiziale.

 

 

A seguito delle pronuncie sui rispettivi crediti, Ia compensazione viene a profilarsi anche al di fuori delle disposizioni dell'art. 1243 c.c. (cfr. Cass. 5620/86; Cass. 7924/87, etc.). Nella specie, il fatto stesso che la sentenza di merito abbia statuito sulle opposte pretese risarcitorie delle parti viene, quindi, ad attuare la compensazione, ancorché il difetto di liquidità del credito fatto valere con la domanda principale dovesse impedire l'applicazione dell'art. 1243 c.c.
Per quanto poi riguarda le voci di danno da liquidare o riliquidare per effetto della parziale cassazione della sentenza, la questione viene ad essere assorbita dall'accoglimento dei motivi di ricorso sopra indicati sia dell'O. e della B., sia del P..

 

 

Infine, deve ritenersi assorbito il quarto motivo del ricorso del P., che investe la pronuncia sulle spese, atteso che la parziale cassazione della sentenza determina la necessità di una nuova pronuncia sulle spese in sostituzione di quella contenuta nella sentenza impugnata.
In accoglimento, per quanto di ragione, del terzo motivo del ricorso principale, nonché del secondo e del quinto motivo del ricorso incidentale del P., la sentenza impugnata va cassata, in relazione alle censure accolte, e la causa va rinviata ad altro giudice di appello, che si designa nella Corte d'Appello di Napoli, per nuovo esame, sulla base dei principi di diritto come sopra enunciati, e in particolare perché provveda ad una nuova liquidazione, in favore della B., del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c.; determini, nell'ambito della somma globale liquidata in favore dell'O. per danni non patrimoniali ex art. 2059 c.c. e per il danno derivante dalla compromissione dei rapporti sessuali con la moglie, la somma spettante limitatamente a quest'ultima voce di danno; provveda infine alla liquidazione in favore del P., nei limiti della di lui domanda, del danno biologico (in essa ricompreso il danno alla vita di relazione) e del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c..
Il giudice di rinvio statuirà altresì sulle spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi, accoglie per quanto di ragione il terzo motivo del ricorso principale e rigetta gli altri, accoglie per quanto di ragione il secondo e il quinto motivo del ricorso incidentale del P., rigetta il primo e il terzo motivo e dichiara assorbito il quarto motivo del predetto ricorso, dichiara inammissibile il ricorso incidentale dell'O. e della B., rigetta il ricorso incidentale della Assitalia Le Assicurazioni d'Italia S.p.a., cassa la sentenza impugnata in relazione alle cause accolte e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Napoli.

Così deciso in Roma, il 14 novembre 1995 nella camera di consiglio della terza sezione civile della Corte Suprema di Cassazione.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 21 MAGGIO 1996