Trib. Milano, 02.09.1993



Sentenza

Sentenza 02-09-1993

 

Presidente Dr. Purcaro
Estensore Dr. Alessi

 

B. e altro (Avv. Di Pardo)- attore

La V. e altri (Avv. Cagnes, Cavallaro) - convenuto

La morte non costituisce lesione del diritto alla salute; pertanto, non è ammissibile il risarcimento del danno biologico, subìto dalla vittima di un sinistro stradale, richiesto iure hereditatis dai parenti, ai quali spetta invece il risarcimento dei danni riportati per la lesione della loro integrità psichica.

Cost., art. 2, 32 C.c., art. 2043

Svolgimento del processo

Con atto di citazione in data 17 luglio 1991 B. P. e I. A. convenivano in giudizio avanti a questo tribunale La Verde Vittorio, La V. R. e la S.p.A. U. italiana chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti a seguito del sinistro stradale del 29 giugno 1989.

Assumevano gli attori che la propria figlia veniva investita mentre andava in bicicletta dall'autoarticolato dei convenuti nel corso di una manovra di svolta a destra ed a seguito delle lesioni riportate decedeva.

Aggiungevano che il tribunale penale aderiva alla richiesta di patteggiamento avanzata dal La Verde e la compagnia di assicurazioni U. versava lire 120.000.000 trattenute in conto del maggiore danno.

Si costituivano i convenuti assumendo quantomeno la concorrente responsabilità della ciclista e sul quantum deducendo che la somma già corrisposta doveva ritenersi satisfattiva. (Omissis)

Motivi della decisione

In punto responsabilità si osserva che in esito alle risultanze istruttorie è emersa quella esclusiva del conducente del camion convenuto.

Il teste C. C. che aveva già fatto analoghe dichiarazioni ai verbalizzanti come risulta dal rapporto, ha dichiarato sotto il vincolo del giuramento di aver assistito all'incidente mentre si trovava fermo a bordo della propria auto all'incrocio dove è avvenuto il fatto.

 

Il teste ha così testualmente dichiarato "per poter effettuare la svolta a destra dell'autoarticolato ha dovuto allargare la curva e poi stringerla per immettersi nella via Sapri. Davanti al camion si trovava la bici condotta dalla B. che venne sopravanzata dal camion ed al momento della svolta a destra venne urtata con la ruota anteriore destra".

Il teste ha aggiunto che "probabilmente la ragazzina doveva attraversare completamente l'incrocio, andando dritto e non svoltando a destra".

 

 

Ai verbalizzanti il teste C. aveva dichiarato che il camion fermo accostato al margine destro della strada era ripartito con manovre di svolta a destra proprio mentre la ciclista era in movimento tra il fianco destro dell'autoarticolato e il cordolo del marciapiede.
Ciò posto, appare evidente l'esclusiva responsabilità del La V. per colpa consistita nel non essersi attenuto a quanto disposto dall'art. 104, 9° comma, cod. stradale per non essersi tenuto il più possibile sul margine destro della carreggiata e nel non aver prestato la dovuta attenzione prima di effettuare la manovra di svolta a destra, dando la precedenza ai veicoli transitanti sulla sua destra.
Non è poi ipotizzabile alcun concorso di colpa della ciclista, posto che nel momento in cui essa stava transitando nel largo margine rispetto al marciapiede lasciato libero dall'autoarticolato, questo era fermo e nulla lasciava supporre che potesse intraprendere manovra di svolta. Né vi è infatti nessuna prova che il camion avesse la freccia direzionale di destra.
Va pertanto affermato l'esclusiva responsabilità di La V. R. e i convenuti vanno condannati in solido a risarcire agli attori i danni subiti per la morte dell'unica figlia M., detratti lire 120.000.000 pagati in data 24 maggio 1991, previa rivalutazione ad oggi per effettuare la compensazione tra dati omogenei.
Circa l'entità di tali danni si osserva che nulla spetta a titolo di danno patrimoniale, posto che M. B. aveva sedici anni ed era studentessa all'istituto tecnico e presumibilmente anche una volta intrapresa un'attività lavorativa non avrebbe versato il proprio stipendio alla famiglia, ma l'avrebbe destinato all'uso proprio e della probabile propria personale famiglia che sarebbe andata a formarsi.

 

 

Né vi è in atti alcuna prova che i genitori avessero bisogno del sostegno economico della propria figlia.
Spetta invece il danno morale, che appare equo determinare nella misura richiesta di lire 150.000.000 per ciascun genitore in moneta attuale, tenuto conto della giovane età della vittima e del fatto che era figlia unica.
Va altresì riconosciuta agli attori la somma di lire 3.400.000 per spese funerarie quale risultante dal doc. 7 di parte attrice, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria per la parte eventualmente eccedente la misura degli interessi legali dell'esborso.
Con riguardo alle spese di costituzione di parte civile nel procedimento penale esse sono già state liquidate dal giudice penale e quindi in questa sede non vengono determinate, avendo gli attori già titolo per ottenerle dai convenuti.
Gli attori hanno richiesto anche il risarcimento del danno biologico.
La questione relativa al risarcimento del danno biologico da morte è assai dibattuta in giurisprudenza.
Il problema nodale è rappresentato dalla risarcibilità del danno per la lesione di un diritto personalissimo quale la salute nel caso in cui il suddetto diritto venga annullato a causa dell'evento danno (morte).
La Corte costituzionale con sentenza 184/86 (Foro it., 1986, I, 2053) ha rilevato che il danno biologico è un tertium genus rispetto alle categorie del danno patrimoniale e di quello morale poiché queste ultime sono danni conseguenza dell'evento dannoso, mentre il primo è danno-evento, perché si produce nel momento in cui viene leso il bene salute.
In altre parole il danno patrimoniale e quello morale sono effetti del fatto antigiuridico materialmente apprezzabile.
Il danno biologico, invece, è il danno ingiusto previsto e tutelato dall' art. 2043 e che fa sorgere il diritto risarcitorio.
Tale danno ingiusto incide sulla pienezza del bene salute, limitandola e, contemporaneamente, riducendo la capacità del soggetto di mettere a profitto il complesso delle sue potenzialità psicofisiche a scopo produttivo.
Il danno biologico trova quindi il suo fondamento, anzi è la violazione stessa dell'art. 32 Cost., la cui sanzione viene prevista, come ipotesi generale nell' art. 2043 c.c., ma esso presuppone l'esistenza

in vita della persona lesa e nulla ha a che fare con la morte istantanea o ad intervallo di tempo non apprezzabile poiché l'evento annulla l'esistenza e quindi anche la manifestazione in cui si estrinseca l'integrità psicofisica.

 

 

Se pertanto l'evento dannoso morte annulla l'esistenza della persona, viene annullato lo stesso fatto ingiusto, posto che il bene salute non può più essere leso non esistendo più.
Conseguentemente, in mancanza del fatto ingiusto- lesione della salute, non può esserci neppure un obbligo risarcitorio e quindi non può riconoscersi il diritto al risarcimento del danno biologico della persona, la cui stessa esistenza è venuta meno.
Cade pertanto la possibilità di agire per il risarimento del danno biologico iure hereditatis.
Il diritto risarcitorio in questione, tuttavia, può sussistere iure proprio a favore dei familiari della vittima, nonostante costoro non siano le persone direttamente colpite dall'evento dannoso.
In questo caso il bene salute deve intendersi come diritto all'integrità psichica ed a tutte le sue estrinsecazioni, ivi comprese la perdita di interessi e iniziativa per le attività quotidiane o comunque le incidenze che un fatto tanto grave può produrre sull'emotività e l'equilibrio personale.
Anche costoro, infatti, possono subire, a causa della morte del familiare, una lesione del bene salute, suscettibile di valutazione ex art. 2043 c.c.
Nella fattispecie si ritiene che la morte dell'unica figlia abbia comportato per i genitori odierni attori, un'alterazione dell'equilibrio mentale, sia pure come difficoltà di partecipazione alle attività quotidiane e demotivazione nella vita futura. Si ritiene dunque che la morte della figlia abbia inciso sulla personalità degli attori e la personalità altrui non è se non un'espressione della psiche dell'individuo.

 

Pertanto, in ultima analisi, l'evento dannoso ha certamente intaccato l'integrità psichica e quindi il bene salute degli attori ai quali il collegio ritiene equo liquidare a titolo di danno biologico subito in proprio la somma di lire 60.000.000 ciascuno in moneta attuale, oltre interessi legali dal fatto.