Tavola Rotonda Urbino, 15.05.2003



BULLISMO, SCUOLA E SOCIETA': PROBLEMI E PROSPETTIVE D'INTERVENTO

TAVOLA ROTONDA

Urbino, 15 maggio 2003

BULLISMO, SCUOLA E SOCIETA':
PROBLEMI E PROSPETTIVE D'INTERVENTO



Sono Intervenuti
Dott. Gabriele Andreani Vice-Questore Aggiunto della Polizia di Stato
Prof. Federico De Cillis Preside ITIS "Enrico Mattei" di Urbino
Prof.ssa Daniela Pajardi
Associato di Psicologia Giuridica Università di Urbino
Dott.ssa Antonella Picardi
Procuratore della Repubblica Tribunale per i Minorenni de L'Aquila


SINTESI A CURA DI ANTONELLA ZECHINI

BULLISMO: definizione e fenomeno

Il termine "bullying", di cui l'italiano "bullismo" è la traduzione letterale, è quello comunemente usato nella letteratura internazionale. È una forma di oppressione, in cui la giovane vittima sperimenta, per opera di un coetaneo prevaricatore, una condizione di profonda sofferenza, di grave svalutazione della propria identità, di crudele emarginazione dal gruppo. Dan Olweus definisce il bullismo: "uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o di più compagni." (Olweus, 1986 1991). Un comportamento da "bullo" è un tipo di azione (individuale o collettiva) che mira deliberatamente a ferire; spesso è persistente, talvolta dura per settimane, mesi e persino anni ed è difficile per coloro che ne sono vittime difendersi. Alla base della maggior parte dei comportamenti sopraffattori c'è un abuso di potere e un desiderio di intimidire e dominare. Il bullismo assume forme differenti:
- fisiche: colpire con pugni o calci, appropriarsi di, o rovinare, gli effetti personali di qualcuno;
- verbali: deridere, insultare, prendere in giro ripetutamente, fare affermazioni razziste;
- indirette: diffondere pettegolezzi fastidiosi, escludere qualcuno da gruppi di aggregazione.
Le vittime dei bulli hanno vita difficile, possono sentirsi oltraggiate, possono provare il desiderio di non andare a scuola. Nel corso del tempo è probabile che perdano sicurezza e autostima, rimproverandosi di "attirare" le prepotenze dei loro compagni. Questo disagio può influire sulla loro concentrazione e sul loro apprendimento. Alcuni ragazzi possono presentare sintomi da stress, mal di stomaco e mal di testa, incubi o attacchi d'ansia. Altri si sottrarranno al ruolo di vittima designata dei bulli marinando la scuola. Altri ancora potranno persino sviluppare il timore di lasciare la sicurezza della propria casa. Le conseguenze di tale situazione sono spesso gravi e possono provocare strascichi anche in età di molto successive a quelle del sopruso stesso.
Il fenomeno del bullismo, quindi, può essere definito "un'azione che mira deliberatamente a fare del male o a danneggiare; spesso è persistente ed è difficile difendersi per coloro che ne sono vittima" (Sharp e Smith, 1995).


BULLI E VITTIME

Fare il bullo significa dominare i più deboli con atteggiamenti aggressivi e prepotenti, sottoporre a continue angherie e soprusi i compagni di classe o di giochi fisicamente e caratterialmente più indifesi. Nella scuola, tale fenomeno trova sicuramente terreno fertile ed è fondamentale che la scuola coinvolga attivamente tutti i ragazzi nel trattare questo argomento e li incoraggi a prestare maggiore attenzione al comportamento singolo di ogni compagno e ad intervenire quando assistono a soprusi ai danni di altri alunni. La manifestazione degli atti di bullismo è più facile trovarla nella scuola, luogo in cui i bulli agiscono con maggiore frequenza, soprattutto durante l'intervallo e nell'orario di mensa, e nel tragitto casa scuola (a questo proposito il dott. Andreani ha condotto un'indagine per episodi verificatisi sugli autobus scolastici della linea Pesaro- Urbino- settembre 2001/marzo 2002). L'unico contrassegno esteriore che differenzia i bulli dalle vittime è la forza fisica: quest'ultime sono solitamente più deboli della media dei ragazzi, anche i tratti estetici giocano un ruolo di gran lunga minore nell'origine del bullismo anche se non si esclude che alcuni di essi possano essere stati determinati in casi particolari.
I bulli hanno un forte bisogno di dominare gli altri e si dimostrano spesso impulsivi. Vantano la loro superiorità, vera o presunta, si arrabbiano facilmente e presentano una bassa tolleranza alla frustrazione. Manifestano grosse difficoltà nel rispettare le regole e nel tollerare le contrarietà e i ritardi. Tentano, a volte, di trarre vantaggio anche utilizzando l'inganno, hanno generalmente un atteggiamento positivo verso l'utilizzo di mezzi violenti per ottenere i propri scopi e mostrano una buona considerazione di se stessi. Il rendimento scolastico è vario ma tende ad abbassarsi con l'aumentare dell'età e, parallelamente a questa, si manifesta un atteggiamento negativo verso la scuola. All'interno del gruppo vi possono essere i cosiddetti bulli passivi, ovvero i seguaci o sobillatori che non partecipano attivamente agli episodi di bullismo. È frequente che questi ragazzi provengano da condizioni familiari educativamente inadeguate, il che potrebbe provocare un certo grado di ostilità verso l'ambiente. Questo fatto spiegherebbe in parte la soddisfazione di vedere soffrire i loro compagni. Questo tipo di atteggiamento è rinforzato spesso da un accresciuto prestigio.
Le vittime sono solitamente più ansiose ed insicure, spesso caute, sensibili e calme. Se attaccati, reagiscono chiudendosi in se stessi o, se si tratta di bambini piccoli, piangendo. Talvolta soffrono anche di scarsa autostima ed hanno un'opinione negativa di sé e della propria situazione. Una conseguenza del bullismo riguarda il rendimento scolastico che è di vario tipo e tende a peggiorare nella scuola media. Queste caratteristiche sono tipiche delle vittime definite passive o sottomesse, che segnalano agli altri l'insicurezza, l'incapacità, l'impossibilità o difficoltà di reagire di fronte agli insulti ricevuti. Esiste, tuttavia, un altro gruppo di vittime: le vittime provocatrici, caratterizzate da una combinazione di modalità di reazione ansiose e aggressive. Possono essere iperattivi, inquieti e offensivi. Tendono a controbattere e possono essere sgraditi anche agli adulti. Hanno la tendenza a prevaricare i compagni più deboli. Nell'età adulta risultano a rischio di criminalità molto al di sotto della media.

A SCUOLA COSA FARE?

Tratto dall'intervento del prof. Federico De Cillis

La scuola è un sistema educativo all'interno di una società, perciò deve educare alla vita. È un filtro di eventi esclusivamente esterni e non deve nascondere gli eventi negativi che all'interno di essa si verificano poiché a livello educativo non è funzionale, gli eventi spiacevoli vanno esaminati, analizzati e affrontati contestualizzando e sensibilizzando il tutto.

1. 1. Non sottovalutare nessun fenomeno che arrechi un qualche danno, perché ogni atto può sfociare in delinquenza. Esistono gli episodi che non fanno presupporre l'esistenza di un reato che vengono classificati come "bravate" cui non si pone molta attenzione e che possono sfociare in forme di bullismo. La scuola, come istituzione, gli insegnanti insigniti del ruolo di pubblico ufficiale hanno l'obbligo di segnalare ogni fenomeno "anormale", nel senso di fuori norma, poi potrà intervenire la Procura della Repubblica per indagare sui fatti accaduti.

2. 2. "Danno educativo" la denuncia può scaturire qualora la conseguenza di un evento porti ad un danno a carico della persona che ne è vittima. Da 5 anni in un Istituto Tecnico Industriale di Urbino si cerca di trasmettere ai ragazzi dei valori di giustizia, valori civili e costituzionali; "se accade che un ragazzo entri in classe e dica agli altri: Siete una massa di c......oni, perché state a scuola a sgobbare quando io ho trovato il modo di fare soldi facilmente e agita un mazzetto di banconote, viene minato ogni buon proposito della scuola di tramandare valori positivi.
Il bullo si afferma con valori negativi e a scuola sono essenzialmente due: la preponderanza fisica e il guadagno facile; sono messaggi educativamente distruttivi.

3. 3. Affermare valori, prevenire, reprimere i ragazzi di oggi non sono abituati a rispettare delle regole precise, sembra che tutto sia "scavalcabile", ciò accade perché non si danno loro informazioni sufficienti ed adeguate, se si insegnassero i valori civili e costituzionali di base si potrebbe fare opera di prevenzione già dai banchi di scuola. Far comprendere agli alunni che le Istituzioni sono la garanzia dei diritti dell'individuo, così nella scuola devono essere garantiti il diritto allo studio, alla salute, alla dignità personale; qualora ciò non accadesse attraverso una buona prevenzione, si può ricorrere alla repressione di comportamenti che possono pregiudicare questi principi attraverso la denuncia formale alle Autorità (ciò, ad es. nei casi di bullismo o presunto tale).

GENITORI: COSA FANNO?

Spesso i genitori sono all'oscuro degli episodi di bullismo di cui i figli sono vittime o carnefici; alcuni sottovalutano la gravità dei comportamenti pensando che si tratti di ragazzate, altri si rendono vittime loro stessi delle vessazioni cui sono costretti i figli. L'esperienza del dott. Andreani durante l'indagine svolta riguardo ai fatti accaduti sugli autobus (c.f.r. § pag. 2) ha portato alle conclusioni sopra indicate. Durante i questionari compilati dai ragazzi coinvolti negli accadimenti è emerso che alcuni genitori di vittime sottovalutassero la situazione in cui si trovavano i figli, un es. è il seguente: un genitore, cui il figlio,vittima di estorsione giornaliera di denaro da parte un ragazzo più grande, ha chiesto il denaro da dare al suo "strozzino", ha risposto così: "Va beh, io soldi te li do così stai tranquillo, tanto quando tu farai la terza potrai recuperare questi soldi... perché, si sa, va così!".
Altre esperienze vissute dalla dott.ssa Picardi, invece, mettono in allarme perché i genitori di ragazzi artefici di atti di bullismo negano che i figli possano aver avuto siffatti comportamenti. Un esempio è quello di una violenza di gruppo ai danni di una ragazza da parte degli amici di comitiva (non sfociata in violenza carnale per una pronta fuga della vittima); i "bulli- aggressori" erano tutti minorenni e per loro era stata chiesta dal Procuratore una custodia cautelare negata dal GIP perché il fatto non appariva tanto grave, il Procuratore non si è fermato a questa decisione ed è andato avanti con il procedimento tanto da incontrare le mamme di questi minori che hanno "aggredito" verbalmente e, in parte, fisicamente il magistrato negando che fosse accaduto quanto denunciato a carico dei figli. Ai ragazzi è stata proposta una "Messa alla Prova" (art.28 del Codice Procedura Penale Minorile) andata a buon fine e che ha reso "più maturi" e consapevoli dell'accaduto i bulli, mentre le madri dei ragazzi sono rimaste ferme sulle loro posizioni, continuando a negare la colpevolezza dei loro ragazzi.
Ovviamente, ci sono anche genitori che, messi al corrente dai figli, intervengono attraverso denunce più o meno formali o attraverso mediazioni personali tra i bulli e le vittime (soprattutto da parte dei genitori delle vittime).
Un esempio portato dal dott. Andreani è quello di un genitore che è andato personalmente a parlare con il bullo del figlio ed ha sortito un effetto positivo in quanto da quel momento il figlio non è più stato vittima.
Un'altra esperienza della dott.ssa Picardi è stata quella di un padre che ha denunciato, al preside della scuola della figlia, un ragazzo che da tempo la minacciava con un coltello; questo genitore non voleva esporre una denuncia penale ma chiedeva maggiore attenzione e un intervento interno alla scuola affinché non si perpetrasse il fatto. In questo caso la scuola è stata superficiale poiché la ragazza stessa aveva denunciato, prima dell'intervento paterno, il fatto ad insegnanti e vicepreside ma le era stato detto di tacere e di non esagerare una situazione tra ragazzi; questo esempio indica la grave mancanza da parte della scuola di un pronto intervento, tale incapacità ha portato la ragazza a cambiare scuola per una situazione diventata insostenibile. In questo ultimo esempio si può osservare come, nonostante l'intervento puntuale dei genitori, la scuola abbia permesso che il bullismo avesse la meglio su una situazione in cui venivano lesi i diritti di una studentessa.


COME INTERVENIRE

Risposte ai quesiti emersi nella discussione finale della Tavola Rotonda

Alcuni elementi sono fondamentali per il successo di un'iniziativa contro la prepotenza e l'aggressività nelle scuole:

- - un impegno chiaro e deciso della dirigenza della scuola a sviluppare e ad attuare un approccio antibullismo;
- - livello attentivo alto all'interno dell'Istituzione scolastica e rispetto dell' "obbligo di denuncia" da parte del personale docente come pubblico ufficiale
- - un nucleo compatto di persone interessate a coordinare l'intervento e ad agevolare la comunicazione all'interno della comunità scolastica attraverso aggiornamenti per insegnanti e informazione per gli alunni;
- - volontà di coinvolgere i genitori;
- - buona sinergia tra forze dell'ordine (polizia, carabinieri), corpo docente e Procura della Repubblica
- - tempo ed energie per continuare gli sforzi per un lungo periodo di tempo.

Principi fondamentali di un intervento:

1) La salvaguardia del diritto fondamentale di ogni minore di sentirsi al sicuro e di non essere oppresso e umiliato. Nessuno studente dovrebbe temere di andare a scuola per paura di essere molestato o disprezzato, e nessun genitore dovrebbe temere che ciò possa accadere al proprio figlio ( "garanzia da parte delle Istituzioni del diritto alla salute a alla dignità personale"- prof. De Cillis).

2) Chi si esprime con tanta violenza sente un alto livello di sofferenza tanto da non trovare altro modo per esprimerlo, per cui ha bisogno di essere assistito e non etichettato. Di fatto i bulli, se non vengono aiutati a modificare i loro comportamenti aggressivi, possono continuare ad usare modalità aggressive nelle loro relazioni interpersonali. Questi ragazzi, da adulti, corrono il rischio di sviluppare comportamenti antisociali e altri comportamenti problematici, come l'abuso di sostanze, come alcool e droghe. Gli studi sottolineano che una considerevole percentuale degli ex bulli entro il 24° anno di età sono stati condannati in tribunale per almeno tre crimini.

3) Per quanto riguarda le vittime dei bulli, esse possono sentirsi oltraggiate, possono provare il desiderio di non andare a scuola, sviluppare diverse somatizzazioni (mal di testa, mal di pancia, incubi, attacchi d'ansia...) e nel corso del tempo è probabile che perdano sicurezza, autostima, rimproverandosi di attirare le prepotenze dei propri compagni (esempi presentati dal dott. Andreani). Questo disagio può influire sulla loro concentrazione e sul loro apprendimento. In certi casi, subire comportamenti prepotenti può mettere il ragazzo in serio pericolo di vita, portando lesioni gravi o perfino al suicidio. Gli alunni che nel corso degli anni sono stati spesso vittime di prepotenze hanno più probabilità, da adulti, di soffrire di episodi depressivi.

Ruolo e coinvolgimento dei genitori

Per rendere efficace e duraturo questo tipo di prevenzione, è necessario che gli insegnanti, gli educatori e le famiglie collaborino, come modelli e come soggetti promotori di modalità adeguate di interazione, affinché l'esempio possa essere acquisito e diventare uno stile di vita per i ragazzi. Ciò diviene particolarmente importante se si considera che le competenze sociali acquisite diventano tratti fissi del carattere, "mattoni della struttura della personalità" (Couvelier, 1998), che si sviluppa in comportamenti adeguati o disadattati.
Il compito degli insegnanti è quello di intervenire precocemente finché permangono le condizioni per modificare gli atteggiamenti inadeguati.
Per migliorare la collaborazione con le famiglie è importante che si spieghi anche ai genitori che i loro figli possono assumere diversi atteggiamenti a seconda degli ambienti in cui si trovano. Questo è utile per prevenire la sorpresa delle famiglie nello scoprire modalità di comportamento differenti a casa e a scuola.
Dall'osservazione e dalla formazione nelle competenze sociali gli stessi insegnanti possono imparare a scoprire le proprie modalità relazionali, anche inaspettate. Questo può migliorare la qualità dei rapporti con le persone che li circondano, superiori, colleghi, partner e figli, aumentando la propria soddisfazione personale e professionale.