Cass. pen. Sez. V, 09.07.2008, n. 28192



Sentenza

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARASCA Gennaro - Presidente
Dott. OLDI Paolo - Consigliere
Dott. BRUNO Paolo Antonio - Consigliere
Dott. DIDONE Antonio - Consigliere
Dott. DUBOLINO Pietro - Consigliere

ha pronunciato la seguente: SENTENZA

Sui ricorsi proposti il 19.2.2007 da:
avv. IODICE Mauro, difensore di T.A., nato a (OMISSIS), e dall'avv. Giuseppe De Gregorio, difensore di G.L., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli del 19 gennaio 2007;

Letto il ricorso e la sentenza impugnata;
Sentita la relazione del Consigliere dr. Paolo Antonio BRUNO;
Udite le conclusioni del Procuratore Generale in sede, in persona del Sostituto dr. Giovanni Galati, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi.

Svolgimento del processo

G.L. e T.A. erano chiamati a rispondere, innanzi al Tribunale di Napoli, dei reati di cui agli artt. 110, 624 bis c.p., e art. 625 c.p., n. 2 perchè, in concorso ed unione tra di loro e con altra persona (per la quale si procedeva separatamente), al fine di trame un illecito profitto, introducendosi nella portineria del Condominio, sito in (OMISSIS), alla via (OMISSIS), commettendo il reato de quo usando violenza sulle cose (effrazione della porta di ingresso), si impossessavano di numerose chiavi, legittimamente detenute dal custode del Condominio A. V., sottraendole allo stesso, sub a); del reato di cui agli artt. 110 e 707 c.p. perchè venivano colti in possesso di chiavi alterate, contraffatte o genuine delle quali non giustificavano l'attuale destinazione, sub b).
Con sentenza del 3 giugno 2006, il Tribunale, pronunciando con le forme del rito abbreviato, dichiarava gli imputati colpevoli dei reati loro ascritti e, con la concessione delle attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti e la diminuente di rito, li condannava alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro 300,00 di multa ciascuno, oltre consequenziali statuizioni.
Pronunciando sui gravami proposti dagli imputati e dal PG, in riferimento alla determinazione della pena in misura inferiore al limite edittale, la Corte di Appello di Napoli, con la sentenza indicata in epigrafe, in riforma della sentenza impugnata, determinava la pena in mesi undici di reclusione ed euro quattrocento di multa, confermando nel resto.
Avverso l'anzidetta pronuncia, i difensori degli imputati hanno proposto distinti ricorsi per cassazione, ciascuno affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.

Motivi della decisione

1. - Il primo motivo del ricorso in favore del G. denuncia violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. b), per erronea applicazione della legge penale in ordine alla ritenuta fattispecie delittuosa di cui all'art. 624 bis c.p., sul rilievo che, erroneamente, era stato ritenuto che la portineria fosse riconducibile all'ambito di privata dimora, oggetto di tutela della nuova disposizione sostanziale.
Il secondo motivo denuncia violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. e) per manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità penale dell'imputato, che era stata affermata sulla basa di una superficiale o del tutto carente attività investigativa svolta dalla p.g. e, in particolare, della sola, equivoca circostanza che l'imputato fosse stato trovato in possesso di alcune chiavi, in alcun modo ricollegabili, però, al furto poco prima perpetrato.
Il ricorso proposto in favore del T. deduce, con unico motivo, violazione e falsa applicazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in relazione all'art. 624 bis c.p., sul rilievo dell'insussistenza della contestata fattispecie delittuosa, tenuto conto che la condotta delittuosa si era consumata in una portineria, in orario notturno (ore 2,30), durante il quale la stessa restava chiusa, posto che il custode dimorava in altro appartamento dello stesso stabile. Presupposto necessario per la sussistenza del reato era che il luogo di commissione del fatto-reato avesse caratteristiche tali da indurre a ritenere che una persona lo adibisse, anche per periodo breve, a destinazione abitativa, ove invece, nel caso di specie, la portineria era priva di qualsiasi arredamento ed era, dunque inidonea a quella destinazione.
2. - E' infondata la questione relativa alla qualificazione giuridica del fatto, costituente oggetto del primo motivo del ricorso del G. e dell'impugnazione del T.. E' indubbio, infatti che la portineria di uno stabile condominiale rientra nell'ambito della tutela predisposta dall'art. 624 bis c.p..
La nuova disposizione punisce, infatti, l'introduzione, finalizzata a furto, in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa. La riconducibilità della portineria al novero dei beni considerati dalla norma sostanziale ai fini dell'integrazione del furto in abitazione è indotta dal duplice parametro di riferimento dalla stessa previsto.
In primo luogo, in ragione della sua destinazione a privata dimora, laddove la locuzione in tutto o in parte attiene ad un criterio non solo spaziale, ma anche temporale, rendendo pertanto ininfluente che, nel caso di specie, il locale in questione fosse adibito a portineria soltanto in orario diurno, pernottando il portiere in altro appartamento dello stesso edificio. Secondariamente, è incontrovertibile la natura pertinenziale dello stesso locale, in riferimento sia all'unità immobiliare occupata dal portiere nello stesso stabile condominiale sia, pro quota, a tutti gli altri appartamenti dell'anzidetto complesso.
Il secondo motivo del ricorso del G. si colloca in area di inammissibilità afferendo a questione squisitamente di merito, qual'è quella relativa alla valutazione delle risultanze di causa, sottratta al sindacato di legittimità ogni qual volta sia assistita da motivazione corretta ed adeguata. Nel caso di specie, dal testo del provvedimento impugnato, integrato per quanto di ragione dalla motivazione della sentenza di primo grado - che stante la convergenza in punto di penale responsabilità, forma con quella in esame una sola entità giuridica - le ragioni del ribadito giudizio di colpevolezza, avuto riguardo alle circostanze ed alle modalità dell'arresto dei due imputati, trovati peraltro in possesso di numerose chiavi (genuine e non), in ordine alle quali non risulta sia stata resa idonea giustificazione.
3. - Per quanto precede, i ricorsi devono essere rigettati, con le consequenziali statuizioni dettate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali e ciascuno di essi al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 marzo 2008.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2008