Cass. pen. Sez. V, 13.06.2008, n. 24164



Sentenza

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPPI Aniello - Presidente
Dott. SANDRELLI Gian Giacomo - Consigliere
Dott. PALLA Stefano - Consigliere
Dott. BRUNO Paolo Antonio - Consigliere
Dott. VESSICHELLI Maria - Consigliere

ha pronunciato la seguente: SENTENZA

sul ricorso proposto il 10 aprile 2006 da:
O.G., nato ad (OMISSIS);

avverso la sentenza della Corte di Appello di Cagliari - sezione distaccata di Sassari del 7 febbraio 2006;

Letto il ricorso e la sentenza impugnata;
Sentita la relazione del Consigliere Dott. BRUNO Paolo Antonio;
Udite le conclusioni del Procuratore Generale in sede, in persona del Sostituto Dott. DELEHAYE Enrico, che ha chiesto l'annullamento senza rinvio per prescrizione.

Svolgimento del processo

O.G. era chiamato a rispondere, innanzi al Tribunale di Nuoro, dei reati di seguito indicati:
a) art. 612 c.p., per aver minacciato un danno ingiusto a S. C. dicendogli che gli avrebbe fatto un buco in testa e che l'avrebbe appeso dopo avergli staccato la testa;
b) art. 610 c.p., per aver con violenza consistita nello sbarrare la strada con un autovettura, costretto S.C. a fermarsi (in (OMISSIS));
C) art. 612 cpv c.p., perchè, brandendo una roncola, minacciava a S.C. di tagliargli la coda (il S. era conosciuto nell'ambiente con il soprannome topo);
d) L. n. 110 del 1975, art. 4, per aver portato senza giustificato motivo una roncola fuori dalla propria abitazione.
Assieme ad altri:
e) ai sensi artt. 110 e 660 c.p., per aver in concorso tra loro per petulanza, recato molestia e disturbo a S.C., seguendolo ed invitandolo insistentemente a salire sulla vettura ove essi si trovavano;
f) ai sensi artt. 110 e 581 c.p., perchè in concorso tra loro con una spinta percuotevano S.C. senza che del fatto derivasse malattia. g) ai sensi degli 110 e 582 c.p. per avere cagionato lesioni a S. P. colpendolo con un mattone.
Con sentenza del 23 febbraio 2005, il Tribunale dichiarava non doversi procedere, nei confronti dell'imputato, in ordine ai reati di cui ai capi d) ed e) per intervenuta prescrizione; lo assolveva dal reato di cui al capo g) per non aver commesso il fatto; lo dichiarava, invece, colpevole in ordine ai reati sub a) b) c) e d f) e, unificato con il vincolo della continuazione, lo condannava alla pena di mesi due di reclusione nonchè al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile S.C., da liquidarsi in separata sede, oltre consequenziali statuizioni.
Pronunciando sul gravame proposto dal difensore dell'imputato, la Corte di Appello di Cagliari - sezione distaccata di Sassari, con la sentenza indicata in epigrafe, confermava l'impugnata pronuncia, con consequenziali statuizioni.
Avverso la pronuncia anzidetta il difensore ha proposto ricorso per cassazione, affidato ai motivi di censura indicate in parte motiva.

Motivi della decisione

1. - Il primo motivo deduce inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale, ai sensi dell'art. 606 comma 1, lett. b) in relazione all'art. 120 c.p., artt. 336, 337 c.p.p., e del D.P.R. n. 445 del 2000, sul rilievo della mancata identificazione della persona offesa.
Il secondo motivo denuncia identico vizio di legittimità con riferimento agli artt. 157, 159, 160, 161 c.p., artt. 12. 420 ter e 477 c.p.p., sul rilievo della mancata declaratoria di estinzione dei reati per intervenuta prescrizione. Al l'uopo, rileva che erroneamente sono stati considerati periodi di sospensione relativi ad impedimento di altri imputati e che, inoltre, il periodo di sospensione, da un'udienza ad altra, non poteva eccedere il termine massimo di giorni dieci, ai sensi dell'art. 477 c.p.p., perchè, diversamente, si farebbe gravare sull'imputato le conseguenze della disfunzione o disorganizzazione della giustizia.
Il terzo motivo denuncia mancanza, insufficienza o manifesta illogicità di motivazione, ai sensi dell'art. 606 lett. e) c.p.p. sul rilievo che l'affermazione di penale responsabilità era basata sulle dichiarazioni della persona offesa, ancorchè affette da contraddizioni.
2. - La prima ragione di censura è manifestamente infondata, posto che, con motivazione ineccepibile, conforme ad univoco insegnamento di questa Corte regolatrice, la Corte distrettuale ha rigettato identica eccezione di rito sollevata dal difensore. In particolare, è stato rilevato che nessun dubbio avrebbe potuto accamparsi sull'identità della persona offesa, le cui generalità erano state, ritualmente, riportate nell'intestazione del verbale in cui è stata raccolta la querela, non assumendo ovviamente rilevanza alcuna il modo con cui il verbalizzante aveva proceduto all'identificazione, che avrebbe potuto anche essere superflua in caso di conoscenza personale.
Manifestamente infondata è anche la seconda censura, posto che, correttamente, il giudice di merito ha ritenuto che, computando i periodi di sospensione, non fosse ancora maturato il periodo prescrizionale; con ciò uniformandosi all'insegnamento di questo Giudice di legittimità (cfr. Cass. Sez. Un. 28.11.2001, n. 1021, Cremonese, rv 220509). Priva di pregio è l'eccezione difensiva, secondo cui sarebbero stati considerati periodi di sospensione riguardanti altri imputati, tenuto conto del disposto dell'art. 161 c.p., comma 1, (secondo cui la sospensione e la interruzione della prescrizione hanno effetto per tutti coloro che hanno commesso il reato) e gli stessi periodi di tempo non avrebbero potuto essere computati per intero, alla stregua della norma di cui all'art. 477 c.p., comma 2, (secondo cui il periodo di sospensione non può essere eccedente i dieci giorni), trattandosi di norma di carattere meramente ordinatorio.
D'altronde, non avrebbe potuto trovare applicazione, nel caso di specie, il nuovo regime della sospensione di cui al novellato art. 159 c.p., tenuto conto del tempo in cui si sono verificate le cause di sospensione, alla stregua del principio espresso dal brocardo tempus regit actum.
11 terzo motivo è inammissibile in quanto relativo a questione squisitamente di merito, qual'è quella relativa alla valutazione delle risultanze processuali che si sottrae al sindacato di legittimità ogni qual volta, come nel caso di specie, sia assistita da congrua motivazione. Del reato, la valutazione del giudice di merito è anche giuridicamente corretta, in quanto in sintonia con il pacifico insegnamento di questa Corte regolatrice secondo cui le dichiarazioni accusatorie della persona offesa possono anche da sole sostenere un'affermazione di penale responsabilità, ove sottoposte ad un attento controllo di credibilità oggettiva e soggettiva, non richiedendo necessariamente neppure riscontri esterni, quando non v'è ragione di dubitare loro attendibilità (cfr., tra le altre, Cass. sez. 3^, 27.3.2003, n. 22848, rv. 225232). La delibazione di credibilità è stata, argomentatamele, effettuata dalla Corte distrettuale, con apprezzamento di merito insindacabile in questa sede.
3. - Per tutto quanto precede il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro. 1.000,00, in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 marzo 2008.

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2008