Cass. pen. Sez. III, 28.03.2007, n. 12727



Sentenza

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PAPA Enrico - Presidente
Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere

ha pronunciato la seguente: SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Avv. SARNO Franz, difensore di fiducia di G.T., n. a (OMISSIS);
avverso la sentenza in data 2.11.2005 della Corte di Appello di Milano, con la quale, in parziale riforma di quella del G.U.P. Tribunale di Lecco in data 16.7.2002 venne condannato alla pena di anni due e mesi otto di reclusione, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile, quale colpevole del reato di cui all'art. 609 octies c.p..

Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;
Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. PASSACANTANDO Guglielmo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore, Avv. Franz Sarno, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Milano ha confermato la pronuncia di colpevolezza di G.T., in ordine al reato di cui all'art. 609 octies c.p., ascrittogli perchè, agendo in concorso con tali F.D. e Z.K., minori all'epoca dei fatti, costringeva con violenza M.V., di anni quattordici, a subire atti sessuali, consistiti nel palpeggiare ripetutamente il seno, il sedere e la vagina della ragazza, nonchè nel costringerla a masturbarli ed a praticare loro un coito orale.
Secondo la ricostruzione fattuale dell'episodio criminoso la M. si era recata a (OMISSIS) per incontrare un'amica, G.E., con la quale uscire e presso la quale avrebbe poi pernottato. In serata la M. e la G.E., in compagnia di un'altra amica, tale C.E., avevano incontrato nel parco pubblico un gruppo di ragazzi, costituito dai citati G., F., Z. e tale P.G..
Verso le ore ventitre, allorchè si accingevano a tornare a casa, i tre ragazzi, F.D., T. e K., dopo aver fatto avvicinare la M. al loro gruppo, la avevano afferrata di peso e trascinata dietro una siepe, dove la avevano denudata parzialmente e costretta a subire e praticare loro gli atti sessuali descritti in imputazione. Dopo qualche tempo dal momento in cui avevano avuto inizio l'azione criminosa le altre due ragazze, insospettite dal ritardo dell'amica e avendo udito provenire da una siepe le grida della M., erano rientrate a casa per avvertire il padre della G.E.. Questi si era recato nel parco, chiamando per nome la parte lesa. Aveva, quindi, notato un gruppo di ragazzi che si davano alla fuga e trovato la M. sconvolta e piangente, che, però, non aveva voluto raccontare nulla di quanto accaduto. Il G.M. aveva successivamente provveduto a riaccompagnare verso casa la ragazza.
A circa due anni di distanza da tali decadimenti la M. V., assistita da una psicologa, si è presentata ai Carabinieri di Trezzo sull'Adda per denunciare il fatto di cui alla contestazione ed un altro episodio di violenza sessuale subito dalla medesima. La ragazza ha dichiarato, tra l'altro, di avere narrato quanto le era accaduto ai propri genitori la sera stessa della subita aggressione, ma di essere stata dissuasa da costoro a presentare denuncia per tema di ritorsioni nei suoi confronti.
Nel corso delle successive indagini venivano sentiti la G. E. ed il padre di costei, che confermavano le circostanze di tempo e di luogo e sostanzialmente la dinamica degli accadimenti descritti dalla denunziante, mentre le dichiarazioni della C. risultavano notevolmente lacunose nella descrizione delle circostanze di quanto accaduto, essendo costellate di frequenti non ricordo.
Deve essere inoltre rilevato che la M., in sede di ricognizione fotografica, mentre riconosceva agevolmente F.D., P. G., che non aveva partecipato all'aggressione, e Z. K., non era riuscita a fornire una descrizione di G. T., nè ad identificarlo in fotografia.
La Corte territoriale ha confermato la valutazione del giudice di primo grado in ordine alla piena attendibilità di quanto narrato dalla parte lesa, respingendo le deduzioni difensive dell'appellante, con le quali si era sostenuto che la M., che era stata notoriamente indicata quale ragazza di facili costumi, avesse avuto un rapporto consensuale con i tre ragazzi e, in ogni caso, che vi era carenza di prove in ordine alla partecipazione del G. alla eventuale aggressione sessuale posta, in essere in danno della M.. La sentenza, accogliendo il subordinato motivo di gravame, ha, però, ridotto nella misura precisata in epigrafe la pena inflitta all'imputato dal giudice di primo grado.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, che la denuncia per vizi della motivazione.

Motivi della decisione

Con un unico mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la errata valutazione degli elementi di prova, nonchè la contraddittorietà, illogicità e carenza di motivazione della sentenza. Si deduce, in sintesi, che l'affermazione della colpevolezza dell'imputato è fondata su elementi assolutamente contraddittori e privi di attendibilità.
Si osserva che della vicenda sono state fornite diverse versioni dei fatti discordanti tra loro e che i giudici di merito hanno ritenuto attendibile quanto narrato dalla parte lesa, affermando che le dichiarazioni di costei hanno trovato riscontro in quelle rese da G.E., senza tener conto delle discordanze esistenti tra la descrizione della dinamica dei fatti da parte della M. e quella fornita dalla teste, con particolare riferimento alla circostanza - citata in una nota del ricorso - che la parte lesa ha dichiarato di essere stata prelevata di peso e con la forza dai ragazzi, mentre la G.E. ha dichiarato che la M. si allontanò dalle amiche perchè chiamata dai ragazzi. Si osserva, quindi, che la sentenza, pur avendo rilevato l'esistenza di versioni discordanti in ordine a quanto accaduto, ha privilegiato quanto dichiarato dalla parte lesa, senza dare una adeguata giustificazione della ritenuta attendibilità di quest'ultima, malgrado le imprecisioni del narrato e le discordanze rilevate con quanto dichiarato nelle deposizioni indicate quali elementi di riscontro. La denunciata illogicità viene inoltre riferita alla partecipazione dell'imputato all'azione criminosa, rilevandosi che la sentenza non fornisce una spiegazione esauriente circa la ritenuta commissione dei fatti da parte del G., considerato che la M., mentre ha riconosciuto senza alcuna esitazione gli altri ragazzi, non altrettanto ha fatto in relazione all'attuale imputato.
Il ricorso, che è al limite dell'ammissibilità, per la prevalente natura fattuale delle censure, non è fondato.
La sentenza impugnata, integrata da quella conforme del giudice di primo grado, ha esaminato puntualmente tutti i rilievi afferenti agli asseriti elementi di contrasto tra la narrazione della vicenda da parte della M. e quella fornita dagli altri testi, con particolare riferimento a G.E. e G.M., rilevandone la sostanziale concordanza a sostegno di quanto denunciato dalla parte lesa, mentre le asserite discordanze, secondo i giudici di merito, riguardano circostanze del tutto marginali e sono giustificate dal tempo trascorso dall'evento.
In particolare, con riferimento a quanto evidenziato nella nota di cui al ricorso, si deve anche rilevare che non sussiste la discordanza tra la versione dei fatti narrata dalla M. e quella della G.E. evidenziata dal ricorrente, poichè dallo stesso racconto della parte lesa, riportato in sentenza, si evince che l'azione violenta è stata posta in essere dai ragazzi allorchè la M. si era allontanata dal gruppo delle amiche.
La sentenza inoltre ha esaminato dettagliatamente le versioni dei fatti diverse da quella denunciata, riferite dai complici del G. nell'azione criminosa, e ne ha evidenziato la inattendibilità sulla base di una serie di rilievi assolutamente esaustivi. Peraltro, i giudici di merito hanno altresì rilevato l'esistenza di ulteriori riscontri della vicenda criminosa ravvisati nel trauma psicologico riportato dalla parte lesa, che a breve distanza di tempo dai fatti dovette essere ricoverata per disturbi psichici presso l'ospedale (OMISSIS), mentre è stato rilevato che la condotta da cosiddetta "ragazza facile" posta in essere dalla M. risale ad epoca successiva all'aggressione sessuale subita dalla stessa.
La motivazione della sentenza, in ordine alla ricostruzione della vicenda criminosa, pertanto, si palesa assolutamente esaustiva ed immune da vizi logici; nè, come è noto è consentita in sede di legittimità la rilettura delle risultanze processuali per desumerne una valutazione più favorevole per la parte ricorrente. Va da ultimo osservato, quanto alla partecipazione del G. alla violenza di gruppo, che, secondo l'accertamento di fatto contenuto in sentenza, lo stesso è stato indicato sia dalla G.E. che dalla C. come il quarto ragazzo del gruppo che incontrarono quella sera, ragazzo già conosciuto da entrambe, mentre la stessa parte lesa nella denuncia ne aveva esattamente indicato il nome di battesimo. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. al rigetto dell'impugnazione segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2007.

Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2007