Cass. pen. Sez. III, 31.03.2006, n. 11538



Sentenza

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPO Ernesto - Presidente
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere

ha pronunciato la seguente: SENTENZA

sul ricorso proposto da:
T.G.L., n. (OMISSIS) il (OMISSIS);

avverso la sentenza della Corte d'appello di Caltanissetta del 4.12.2003;
Udita la relazione fatta in Pubblica udienza dal Consigliere Dr. Giovanni Amoroso;
Udito il P.M., in persona del S. Procuratore Generale Dott. FAVALLI Mario che ha concluso per l'annullamento con rinvio;
Udito l'avv. Silvio Vignera per la parte civile che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

1. A T.G.L., nato a (OMISSIS) il (OMISSIS), è stato contestato il reato di violenza sessuale continuata (artt. 81, comma 2, e art. 609 bis c.p.) perchè con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso: a) in un primo tempo, abusando delle condizioni di inferiorità psicofisica di N.L. (consistente nello stato di ubriachezza e di semincoscienza in soggetto di anni sedici non abituato all'assunzione di alcool, con indebolimento rilevante delle sue capacità di percezione sensoriale e di attribuzione dei comuni significati alle proprie azioni) al momento del fatto, la induceva ad avere con lui un rapporto sessuale completo; b) inoltre, subito dopo, con violenza (consistita nell'agire contro la volontà manifestata da N.L., utilizzando la propria superiorità fisica e la posizione sovrastante del proprio corpo, nonchè profittando dell'incapacità della stessa di realizzare una reazione motoria), costringeva N.L. a subire la prosecuzione del rapporto sessuale (in Troina, la notte del 7.9.99).
La vicenda di cui è processo prende le mosse il giorno 10 del mese di settembre 1999 allorchè la minore N.L. si presentava alla stazione dei Carabinieri di Troina, accompagnata dal padre, denunciando di aver subito violenza sessuale ad opera di T. G. la notte sul 7 settembre precedente. In particolare la stessa riferiva nella denuncia di aver incontrato il predetto T. mentre percorreva con un'amica il tragitto da Troina a Cerami, come molti altri ragazzi di cui indicava i nomi, per partecipare al consueto pellegrinaggio in onore della Madonna della Lasina; aggiungeva che durante il percorso lei e un'amica avevano bevuto della vodka e precisava di ricordare, dopo l'incontro, unicamente di essersi trovata appartata con il T. mentre il medesimo la penetrava senza la sua volontà; di essere stata poi accompagnata a casa dal medesimo e da un amico di questi, e di aver chiamato il giorno successivo il T. per chiedergli che cosa le avesse fatto. Riferiva ancora di essere stata fidanzata con il T. per un breve periodo di circa 30 giorni nel mese di gennaio di quell'anno.
A seguito della denuncia venivano subito sentiti alcuni dei ragazzi indicati come presenti al pellegrinaggio, e N.L. veniva sottoposta a visita medica presso il reparto di ginecologia dell'ospedale di Nicosia.
Nel corso delle indagini sono stati più volte sentiti la parte offesa, i ragazzi presenti quella sera e coloro che avevano parlato con N.L. nei giorni immediatamente successivi alla notte del fatto. Inoltre, è stata disposta ed eseguita consulenza medica per accertare gli effetti dell'ingerimento di bevande alcoliche, del tipo e della qualità simili a quella ingerita dalla parte offesa, su un soggetto che presentava le caratteristiche della medesima N. L..
Con richiesta depositata il 29.2.2000 veniva richiesto il rinvio a giudizio del T.G. per i reati di cui all'imputazione.
All'udienza preliminare si costituivano parte civile i genitori della parte offesa, minorenne all'epoca, dei fatti. L'imputato chiedeva di essere giudicato nelle forme del rito abbreviato.
2. Con sentenza del 27 giugno 2001 il giudice dell'udienza preliminare del tribunale di Nicosia, concesse le attenuanti generiche e la diminuente del rito, condannava T.G. ad anni due e mesi quattro di reclusione per il delitto di violenza sessuale in danno di N.L., all'epoca dei fatti diciassettenne, oltre al risarcimento dei danni nei confronti della stessa N., costituitasi parte civile, e alle statuizioni accessorie in relazione all'imputazione di cui al capo a).
Assolveva il T. dall'imputazione di cui sub b) il giudice, nel pervenire all'affermazione della penale responsabilità del T., riteneva attendibile nelle linee essenziali il racconto della N..
Esaminando le testimonianze e le altre risultanze probatorie, le dichiarazioni dei protagonisti della vicenda, le consulenze medico- legali contenute nel fascicolo delle indagini, il giudice perveniva alla conclusione che la N. la notte del 7 settembre 1999 (i giovani partecipavano insieme a coetanei ad un tradizionale pellegrinaggio notturno da Troina a Cerami in onore della Madonna della Lavina ), quando era rimasta sola con il T., incontrato per caso nei pressi di un muretto lungo il percorso, era in totale stato di ubriachezza che le impediva di autodeterminarsi.
Approfittando del suddetto stato di obnubilamento della coscienza e della volontà, il T. aveva condotto la ragazza in un boschetto poco distante dal luogo dell'incontro e li, dopo averla spogliata, ne aveva abusato.
In particolare la N. aveva descritto la sua condizione in termini di assoluta incoscienza, al punto da non ricordare nulla di ciò che era successo nel tempo intercorrente tra il momento in cui aveva finito di consumare una bottiglia di vodka insieme all'amica A.V. nei pressi del muretto ove si erano fermate per riposare e dove avevano incontrato un gruppetto di amici tra i quali il T. e quello nel quale aveva improvvisamente ripreso conoscenza a causa di una forte sensazione dolorosa, trovandosi sdraiata per terra con il T. su di lei intento a consumare il rapporto sessuale.
3. La Corte d'appello di Caltanissetta con sentenza del 4 dicembre 2003, pronunciandosi sull'appello dell'imputato, riformava parzialmente la pronuncia di primo grado e, ritenuto il fatto di minore gravità, riduceva la pena inflitta all'imputato ad anni uno e mesi sei di reclusione.
4. Avverso questa sentenza ricorre per Cassazione l'imputato con un unico motivo di impugnazione.

Motivi della decisione

1. Con l'unico motivo di impugnazione il ricorrente si duole essenzialmente del vizio di contraddittorietà intrinseca della motivazione quanto al ritenuto stato di ubriachezza della parte offesa che ha comportato la situazione di soggezione psicofisica prevista dall'art. 609 bis c.p..
2. Il ricorso è infondato.
La Corte d'appello di Caltanissetta, con motivazione sufficientemente e non contraddittoriamente argomentata, ha ritenuto che al momento del fatto la N. versasse in stato di ubriachezza e quindi si trovasse nelle "condizioni di inferiorità fisica o psichica" espressamente previste dalla fattispecie di violenza sessuale contemplata dal secondo comma dell'art. 609 bis c.p..
In punto di diritto va ribadito quanto già affermato da questa Corte (Cass., sez. 3^, 16 dicembre 2003, Laffy) secondo cui si ha violenza sessuale in danno di persona che si trovi in stato di inferiorità fisica o psichica quando la condotta configuri una sopraffazione nei confronti della vittima che soggiace al volere del soggetto attivo, ridotta a strumento di soddisfazione (fattispecie relativa, anche in quel caso, a persona offesa che aveva bevuto una quantità di bevande alcooliche tale da determinare un evidente indebolimento psichico di cui era pienamente consapevole il soggetto attivo).
In punto di fatto poi la Corte d'appello ha ritenuto provato il fatto che la parte offesa versasse in una situazione di alterazione psichica per effetto di assunzione di bevanda alcolica tale da porla in condizione di inferiorità psico-fisica. A tal fine ha considerato da una parte le testimonianze dei testi V. e A., che hanno confermato lo stato di ubriachezza in cui si trovava la N., dovuto ad una abnorme assunzione di un liquore assai forte che ne aveva provocato non un semplice stato di ebbrezza ma una vera e propria intossicazione alcolica acuta. D'altra parte la Corte d'appello ha anche richiamato le risultanze della consulenza tecnica su dati diagnostici desumibili dalle testimonianze e da una valutazione della persona della vittima in condizioni di normalità.
Il dato diagnostico di base della consulenza, fondato sulle dichiarazioni della N. ma confermato dalle affermazioni dell' A., consisteva nell'assunzione da parte della N., lungo il percorso dal Troina a Cerami e in un arco temporale che anticipava di 30 minuti circa l'incontro con il T., di circa un terzo del contenuto di una bottiglia di 70 ci di vodka al limone.
Tale assunzione era avvenuta da parte di un soggetto non aduso all'assunzione di bevande alcoliche o stupefacenti ed in condizioni normali. La consulenza ha consentito alla Corte d'appello di affermare che la sintomatologia descritta dalla N. e confermata dalla A. era reale e riconducibile alla quantità di vodka che la stessa aveva assunto.
Inoltre - ha sempre osservato la Corte d'appello - i sintomi denunciati dalla N., confermati dalle testimonianze di A. e V. (vertigini, perdita di coscienza con amnesia retrograda) erano tipici di un intossicazione alcolica acuta, tale da produrre una importante modificazione (involontaria) del comportamento, atipico rispetto alle condizioni di sobrietà. L'effetto pratico di una tale intossicazione alcolica era stato appunto una sostanziale perdita di coscienza, secondo il quadro descritto da N.L., percepita da tutti i presenti, assunti come testi, per la platealità del quadro sintomatico, riflettentesi non solo sull'umore ma sulla stessa capacità della ragazza di sostenersi senza l'appoggio di altri. Del resto questa situazione ha trovato riscontro anche nelle dichiarazioni dallo stesso imputato quando ha ricordato che la ragazza dovette essere accompagnata a casa in macchina perchè evidentemente non era in condizione di proseguire il cammino e che anche a casa dovette essere accompagnata fin dentro la sua stanza, non essendo in grado neppure di aprire da sola la porta di casa, operazione che dovette essere eseguita dallo stesso T.. In conclusione, sulla base di queste considerazioni, la Corte d'appello con una valutazione in fatto assistita da motivazione sufficiente e non contraddittoria, e quindi immune da vizi censurabili in sede di legittimità, ha concluso che N.L., quando ha incontrato il T. era in palese di ubriachezza; non era in grado di autodeterminarsi in ragione delle facoltà volitive e cognitive profondamente alterate per effetto dell'assunzione di alcool.
3. Il ricorso va pertanto rigettato con conseguente condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali e di quelle della parte civile che possono essere liquidate in Euro 1.700,00 oltre accessori, tenendo conto, in relazione alla nota spese presentata, che non risultano nè alcuna corrispondenza e sessioni con il cliente, nè istanze o memorie per l'udienza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e delle spese della parte civile che liquida in Euro 1.700,00 (millesettecento), oltre spese generali ed accessori di legge (IVA e CPA).

Così deciso in Roma, il 16 febbraio 2006.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2006