prof.ssa Tiziana Patrevita, Il bullismo



Il bullismo

MASTER PER EDUCATORI CRISTIANI - TORINO
PSICOLOGIA IN PROSPETTIVA CRISTIANA - Prof.ssa Patrevita Tiziana

IL BULLISSMO

In seguito ai ricorrenti comportamenti antisociali nelle scuole dei paesi europei, la conferenza di Utrech del 1997 (UE) e studi successivi hanno messo in evidenza la necessità di indagare sistematicamente il fenomeno di antisocialità nelle scuole e di predisporre politiche preventive.
Le dimensioni della violenza nelle scuole tra studenti e tra studenti e insegnanti sono amplificate dai
media che concentrano l'attenzione su singoli episodi e diffondono l'impressione che il fenomeno si verifichi casualmente.
Nonostante il ricorso a metodologie e definizioni differenti, che rendono difficili le comparazioni, si può affermare che le condotte violente sono un problema comune a molti paesi.
Gli studi italiani (Fonzi ecc.) hanno preso in esame la personalità, le relazioni familiari e la dinamica della classe per individuare le principali condizioni istigatrici e facilitanti al crimine e per definire i soggetti, i gruppi e i contesti più a rischio.
La parola bullismo nasce nel Nord Europa dove sono stati eseguite le prime ricerche sul fenomeno: anni '60 in Norvegia e Svezia, anni '80 '90 in Italia.
Gli studenti coinvolti nella violenza possono essere classificati in tre gruppi:
- coloro che sono stati vittime di violenza a scuola, ma che non hanno usato violenza su alcuno
- coloro che non hanno mai subito violenza, ma che sono stati violenti contro qualcuno
- coloro che sono stati sia vittime sia aggressori.
La percentuale media di vittime e di aggressori a scuola si situa tra il 14 e il 20% in molti paesi europei (Campart. 1997), ma la percentuale di studenti che sono stati sia vittime sia aggressori è molto più difficile da stabilire ed è probabilmente più alta.
"Sicurezza" intesa come un aspetto della qualità dell'educazione e dell'apprendimento: un individuo non può aspettarsi un alto livello di qualità educativa se l'ambiente scolastico è disagiato, se non è improntato al rispetto reciproco, se cresce la spersonalizzazione e con essa l'insensibilità nei confronti dell'altro, così come accade nella società. Mancanza di sicurezza, quindi, intesa come mancanza di rispetto, di attenzione, di sensibilità alla persona.

Due modelli di scuola:
Nel primo modello di scuola l'agio psicologico" (la sicurezza) viene inteso come supporto al fine accademico della scuola: l'istituzione scuola si prende solo in parte la responsabilità del benessere degli studenti.
L'ambiente scolastico è un posto per imparare (scuola nella comunità).
Il secondo modello propone un ambiente scolastico che cerchi di integrare le diverse agenzie di supporto (famiglie, servizi pubblici ecc.) all'interno delle proprie attività e responsabilità. In questo modello di scuola la funzione di educazione è parte integrante di quella accademica. Tale tipo di scuola si può definire "scuola come seconda casa" (Campart, 97) ed in un certo senso sostituisce il ruolo socializzante della famiglia.
L'azione di "formare le persone" è intesa come attenzione al "come" un individuo apprende, rielabora dentro di sé e modifica il suo modo di pensare; didattica ed educazione sono parte di uno stesso insieme e l'organizzazione dell'ambiente scolastico fa pensare ad una scuola della comunità.
Ci aspettiamo di trovare fattori di protezione e di rischio in entrambi i modelli.

DEFINIZIONE

Bullismo: aggressività fisica, verbale, non verbale, diretta/indiretta, anche sessuale... violenza VOLONTARIA (intervento finalizzato a creare una sofferenza, un danno all'altra persona), e REITERATA dal soggetto, con evidenti differenze di FORZA e POTERE tra il bullo e la vittima.
Fenomeno maschile e femminile: le femmine sviluppano una attività di bullismo molto più indiretta.
Espresso anche attraverso giochi simbolici: passarsi la "sfiga" di una persona; inventare il nome di una malattia storpiando il nome della vittima; lanciarsi un oggetto di proprietà della vittima proiettando elementi negativi sull'oggetto e indirettamente sulla vittima...
È un fenomeno complesso, semplice da descrivere, difficile da gestire.
"Possiamo dire che : uno studente è oggetto di azioni di bullismo , ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto ripetutamente nel corso del tempo alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni" (Olweus 1986,1991).
Il bullismo è considerato una sottocategoria del comportamento aggressivo e per essere definito tale deve presentare le seguenti caratteristiche:
Intenzionalità: il comportamento è volto a creare un danno alla vittima
Forme in cui si manifesta: prepotenze fisiche, verbali e indirette (il bullismo indiretto consiste in una forma di isolamento sociale ed in una intenzionale esclusione dal gruppo )
Sistematicità: caratteristiche di ripetitività e perseveranza nel tempo.
Asimmetria di potere: nella relazione tra bullo e vittima il bullo è più forte e la vittime è più debole e spesso è incapace di difendersi.

FATTORI DETERMINANTI
Il fenomeno del bullismo è legata a 4 elementi:
- Gruppo di coetanei
- Educatori a scuola
- Famiglia
- Modelli socio culturali
Le proposte di intervento efficaci sono quelle che coinvolgono tutti e 4 gli elementi.

Famiglia
Nella famiglia gli elementi di maggior rilevanza sono: lo stile educativo, il ciclo evolutivo che il nucleo familiare sta attraversando, i conflitti espliciti ed impliciti.
Il modello di famiglia che genera il bullo: iperdominanti, scatenando così l'iperaggressività del bambino all'esterno; no regole, dove quindi l'aggressività è ammessa come modalità di relazione; figlio come capro espiatorio dei conflitti dei genitori; fare continuamente appello alla gratitudine: ricatti psicologici e affettivi, il che mina la fiducia del ragazzo, incoerenza delle regole; ipergratificanti.
Il modello di famiglia che genera la vittima: ragazzi rifiutati dalla famiglia iperdominante, iperprotettiva, figli ipervalutati, famiglie chiuse con pochissime relazioni. Spesso sono ragazzi con difficoltà relazionali e sociali anche con i propri compagni.

Gruppo di pari
Modello che crea il bullo: il gruppo influenza sulla persona, toglie responsabilità individuale, provoca un appiattimento delle idee: stereotipi e preconcetti. Il gruppo diventa banda che si coalizza e appoggia il bullo.
La vittima non è sostenuta dal gruppo, non è ben accetta, non è simpatica. Non è ben voluta da nessuno: né dalla scuola, né dal gruppo, né dalla società. Forse per identificazione è sempre più facile riconoscersi nel bullo (potere), che nella vittima che ha spesso caratteristiche vissute come negative come appiccicoso, debole, insignificante...
Alcune vittime sono diventate bulli.
Esiste sempre un gruppo di Neutrali: difficilmente intervengono, pur non d'accordo col bullo, non lo apprezzano, ma non intervengono nemmeno in favore della vittima. Temono di mischiarsi - lasciarsi coinvolgere dalla situazioni. Ini linea di massima fanno finta di niente. Le persone che lo compongono temono ritorsioni personali dal bullo, dagli insegnanti...
Questa minoranza-maggioranza silenziosa è un elemento importante da modificare per gli interventi rispetto al fenomeno.

Scuola
Indicatori che hanno una certa influenza: relazione docente/allievo, clima scolastico, soddisfazione personale del docente, relazione scuola/famiglia, relazione docente/personale ATA.
Spesso i docenti si lamentano del problema, ma non sono coinvolgibili, non si assumono la responsabilità del problema. Hanno una visione negativa della vittima che va a giustificare le azioni persecutorie nei suoi confronti. Il docente stesso passa dei messaggi ambigui. Non esplicita con la propria comunicazione la non accettabilità dei comportamenti. C'è a volte l'illusione che un breve intervento sia risolutivo, mentre l'efficacia si riconosce nelle continuità, nel tempo. Importante è il lavoro di motivazione in tal senso.

Modelli socio culturali
Intervengono i mass media, modelli aggressivi validati e accettati, banalizzazione della aggressività (es: nelle pubblicità, i programmi televisivi...).

IL BULLO
Il fenomeno del bullismo diminuisce percentualmente con l'età, ma aumenta la gravità dell'azione. L'arco temporale in cui vengono riconosciuti azioni di bullismo va dalla materna alle superiori. Nelle scuole elementari c'è il picco massimo percentuale di numero di azioni, con un livello di gravità basso; durante la scuola media c'è la discesa dell'andamento percentuale; il minimo percentuale con azioni anche molto gravi si trova alle superiori.
Il maschio compie azioni significative dal punto di vista quantitativo, la femmina dal punto di vista qualitativo.
Il ragazzo isolato può sviluppare aggressività e compiere atti aggressivi, non viene notato perché non ha comportamenti disturbanti in classe o verso il docente.
È importante quindi individuare con gli insegnanti i ragazzi molto isolati, molto aggressivi, soprattutto gli isolati dal momento che danno poco fastidio, rischiano di essere poco visti.
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Il bullo fenotipicamente può essere magro o grasso; non è legato alla cultura, al censo; ha un piccolo gruppo di sostegno; viene percepito da tutti (vittime, gruppo di sostegno, gruppo dei neutrali, docenti) come invincibile e intimidatorio.
Il bullo ricerca ATTENZIONE in assoluto. Se gli si toglie l'attenzione gli si toglie il potere. Importante utilizzare le sue potenzialità perché siano direzionate in senso più costruttivo.
Il bullo ha potenzialità da leader che però trovano espressione negativa: possiede strumenti di socializzazione e relazione, ha delle competenze sociali. Di qui appunto il lavoro per sviluppare le sue competenze sociali in senso costruttivo.
Le azioni di bullismo vengono perpetrate in ordine di frequenza in questi ambienti:
1) in aula scolastica
2) in corridoio a scuola
3) in altri luoghi
4) ... solo dopo vengono posti isolati come il bagno a scuola, il giardino...
Sia la vittima che il bullo parlano poco.
Il bullo non parla dei suoi atti violenti: 77% non ne parla con i docenti, il 70% non ne parla con i propri genitori.
La vittima non parla degli atti che subisce: 71% non ne parla con i docenti; il 47% non ne parla con i famigliari.

L'INTERVENTO
L'intervento deve essere di rete. L'obiettivo è smantellare il ruolo di bullo e il ruolo di vittima, lavorando sul positivo di entrambi. Rinforzare il bullo sui comportamenti non da bullo.
Fondamentale il ruolo dell'adulto: il docente e personale non-docente a scuola, il formatore, l'allenatore, i famigliari a casa.
Una strategia è creare delle domande in classe che creino una differenza, un cambiamento.
Sul bullo rinforzare tutte quelle competenze sociali che trovano riscontro in atteggiamenti positivi.
Il fatto che l'insegnante cambi ottica è ciò che fa la differenza.
Interrogarsi su:
- per chi costituisce problema il comportamento del bullo
- cosa fanno gli altri quando il bullo mette in atto comportamenti aggressivi
- quali buone ragioni ha il bullo per comportarsi come si comporta
- se si comportasse in modo diverso cosa cambierebbe

Interventi efficaci
1. Presentare e chiarire il fenomeno sia a docenti e genitori sia a personale non docente (in parte insieme e in parte in momenti distinti)
2. Migliorare il clima generale: curare le relazioni
3. Dare strumenti alla maggioranza silenziosa e intervenire a sostegno delle vittime (es. favorendo comportamenti prosociali in chi sostiene gli altri)
4. Orientare desiderio di potere verso forme socialmente utili
5. Dare sostegno e protezione alle vittime (anche le famiglie siano coinvolte nell'aumentare le proprie capacità relazionali)
6. Atteggiamento di assoluta intransigenza verso i bulli, che vanno affrontati direttamente esplicitando i comportamenti non tollerabili
7. Certezza che gli adulti intervengano a favore della vittima
8. Organizzare ricerche con gli studenti sul fenomeno, facendo fare dei cartelloni,...
9. Comunicazioni chiare ai genitori
10. Punizioni non eccessive, piccole punizioni, ma mantenute
11. Sviluppo capacità empatiche (giochi di ruolo) nel bullo rispetto alla vittima, n ella vittima per sviluppare comportamenti alternativi
12. Training sull'assertività
13. Incoraggiare vittime a esprimere paure - propri bisogni
14. Un alunno fidato di riferimento per la vittima
15. Introdurre figura operatore-amico che possa portare a un training di preparazione su capacità comunicative
16. Lavorare sul concetto di paura di fare la spia

Con i genitori in particolare:
- discutere inaccettabilità comportamenti
- incoraggiare aiuto vittime
- incoraggiare abilità - autostima
- premiare comportamenti prosociali
- aumentare tempo passato con i figli
Con il personale non docente in particolare:
- chiara importanza ruolo
- aumentare conoscenza alunni
- saper instaurare buoni rapporti con alunni
- favorire scambi con insegnanti
- intensificare controllo luoghi a rischio
- parlare direttamente con protagonisti dei comportamenti bullistici

Utili riferimenti:
(1) Ada Fonzi - Il Bullismo in Italia - Ed. Giunti 1997
(2) Ada Fonzi - Il Gioco crudele - Ed. Giunti 1999
http://www.liguri.org/documenti/rapporto%20finale%20bullismo.pdf