Cass. pen. sez. I, 21.05.2008, n. 20312



Sentenza

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Magistrati:
Dott. BARDOVAGNI Paolo - Presidente
Dott. GIORDANO Umberto - Consigliere
Dott. NOVARESE Francesco - Consigliere
Dott. CORRADINI Grazia - Consigliere
Dott. ZAMPETTI Umberto - Consigliere

ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO CORTE D'APPELLO di ANCONA;
nei confronti di:
1) R.M. N. IL (OMISSIS);
avverso SENTENZA del 23/02/2007 TRIBUNALE di ANCONA;

visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. NOVARESE FRANCESCO;
Udito il Procuratore Generale in persona della Dott.ssa DE SANDRO Anna Maria, che ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

Svolgimento del processo

Il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Ancona ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del locale Tribunale, emessa in data 23 febbraio 2007, con la quale veniva dichiarata l'improcedibilità dell'azione penale per il reato continuato di molestia e disturbo alle persone, così contestato ed ascritto nei confronti di R.M., per intervenuta estinzione per oblazione, determinata ex art. 162 bis c.p., nella somma di Euro 258,00, (duecentocinquantotto), esclusa in motivazione la continuazione, deducendo quale motivo la violazione degli artt. 162 bis ed 81 cpv c.p., poichè la pena applicata è illegale, in quanto, per detta contravvenzione è ammessa la contestazione della continuazione, sicchè la somma da determinare era il triplo di quella versata. Infatti, la contravvenzione contestata deve qualificarsi come reato non necessariamente abituale, integrabile anche da una sola azione, sicchè occorre considerare in ogni singola fattispecie l'imputazione, e bisogna valutare i fatti ivi indicati, le categorie concettuali di pluralità ed unicità e di atti ed azione, se l'azione è commessa per petulanza o per altro biasimevole motivo, giacchè la prima presuppone sempre una ripetizione di atti, mentre il secondo, solo rare volte, consente di configurare una pluralità di reati oppure l'applicabilità dell'istituto della continuazione. Peraltro, nella contestazione del reato in parola, vi è non solo lo specifico richiamo all'art. 81 cpv c.p., e la riferibilità al medesimo disegno criminoso e l'esistenza di un biasimevole motivo e non della petulanza, ma anche una pluralità di atti di molestia e disturbo disomogenei, commessi, sul piano cronologico, in un lungo periodo di tempo.
Motivi della decisione
Il ricorso non appare fondato, sicchè deve essere rigettato.
Infatti, sebbene la contravvenzione di molestia e disturbo alle persone non sia un reato necessariamente abituale e si caratterizzi per essere a forma libera, diversamente articolatesi in pluralità di atti e di comportamenti, i quali possono assumere differenti valenze, occorre aver riguardo ai fatti concreti posti in essere, sicchè, solo in alcuni casi, la contravvenzione può ritenersi integrata con un solo atto (ex. gr. il taglio di una ciocca di capelli alla ex fidanzata o ad una ragazza, che siede avanti al cinema (Cass. sez. 16 marzo 1953, Bosio in Giust. pen. 1953, 2, 993).
Peraltro, poichè, secondo giurisprudenza costante di questa Corte (Cass. sez. 1^, 12 giugno 1998 n. 7044 rv. 210723) per "petulanza",ai fini della configurabilità del reato di molestie di cui all'art. 660 c.p., non può che intendersi un atteggiamento di insistenza eccessiva e perciò fastidiosa, di arrogante invadenza e di intromissione continua e inopportuna nell'altrui sfera, è sempre necessaria una pluralità di atti, sicchè non è stata ravvisata detta contravvenzione nell'effettuazione di due sole telefonate mute o del puro e semplice pedinamento (Cass. sez. 12 ottobre 1978 n. 11846 rv. 140043).
Per "biasimevole motivo", invece, si deve intendere più genericamente ogni altro movente che sia riprovevole in se stesso o in relazione alla qualità della persona molestata, ma deve praticamente su quest'ultima produrre gli stessi effetti della petulanza, sicchè non è stato ritenuto tale l'effettuazione di una sola telefonata, con la quale si era chiesto se fosse stata l'autovettura della denunciante a danneggiare quella dell'imputato, anche se, ove si tratti di biasimevole motivo, è possibile che un'unica condotta sia in grado di integrare la contravvenzione in esame e altro reato (cfr. Cass. sez. 129 maggio 2007 n. 21158 rv.
236732 fra le più recenti).
Orbene, ad avviso del collegio, la contestazione nella fattispecie in esame, pur se contempla nell'imputazione espressamente un biasimevole motivo (qual è il voler costringere una ragazza ad avere una relazione sentimentale con l'imputato) e concerna una pluralità di comportamenti, snodatesi nel tempo tra loro disomogenei (pedinamento insistente per strada, presenza insistente e non gradita in luoghi pubblici frequentati dalla ragazza, squilli e sms telefonici inviati anche in ora
notturna), non configura una pluralità di reati, perchè tutti questi atti possono essere inquadrati anche nella nozione di petulanza.
Pertanto, ritiene il collegio di dover confermare quanto affermato nella decisione di questa sezione del giudice di legittimità, citata nell'impugnata sentenza (Cass. sez. 1^, 24 marzo 2004 n. 14512 rv.
228828), nella quale si asserisce che "il reato di cui all'art. 660 c.p., è reato che per sua natura richiede la pluralità delle azioni di disturbo quando viene commesso per petulanza ed è quindi evidente che la pluralità delle condotte ne è elemento costitutivo e non costituisce pluralità di reati".

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 8 maggio 2008
Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2008