Cass. pen. sez. I, 03.05.2007, n. 21158



Sentenza

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GEMELLI Torquato - Presidente
Dott. GIORDANO Umberto - Consigliere
Dott. GIRONI Emilio Giovanni - Consigliere
Dott. VECCHIO Massimo - Consigliere
Dott. CASSANO Margherita - Consigliere

ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) T.V., N. IL (OMISSIS);
avverso SENTENZA del 10/05/2006 TRIBUNALE di TRAPANI;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dr. VECCHIO MASSIMO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dr. DE SANDRO Anna Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso

Svolgimento del processo - motivi della decisione

1. - Con sentenza deliberata il 10 maggio 2006 e depositata l'11 luglio 2006, il Tribunale di Trapani, in composizione monocratica - e in relazione a quanto nel presente giudizio di legittimità assume rilievo - ha condannato alla pena della ammenda in Euro 50,00 T.V., imputato della contravvenzione prevista e punita dall'art. 660 c.p. (capo sub C della originaria rubrica), perpetrata in danno di R.A., mediante l'invio di messaggi di testo col mezzo del telefono, in (OMISSIS).
Il primo giudice ha fondato la condanna sulla deposizione della parte offesa, argomentandone la credibilità e il disinteresse dalla remissione della querela che aveva proposto per i concorrenti delitti di ingiuria e di minaccia, rilevando, per incidens, la infondatezza della tesi difensiva, circa la rilevazione dei dati dei messaggi dall'apparecchio telefonico radiomobile della parte lesa.
2. - Ricorre per Cassazione l'imputato di persona, mediante atto depositato il 15 settembre 2006, con il quale sviluppa due motivi.
2.1 - Con il primo denuncia, dichiaratamente ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lettera b), "violazione e falsa applicazione" dell'art. 354 c.p.p., sotto il profilo della ritenuta inutilizzabilità della rilevazione da parte della polizia giudiziaria dei dati dal telefono cellulare della parte offesa, in difetto del sequestro dell'apparecchio.
2.2 - Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lettera b), inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 594 e 660 c.p. e art. 531 c.p., deducendo che la condotta contravvenzionale doveva ritenersi assorbita in quella del concorrente delitto di ingiuria, con conseguente estinzione del reato per effetto della remissione della querela.
3. - Il ricorso è infondato.
3.1 - Il primo motivo è irrilevante e non merita di essere preso in considerazione, in quanto il primo giudice ha posto a fondamento dell'accertamento della penale responsabilità del T. la testimonianza della parte lesa.
3.2 - Il secondo motivo è manifestamente infondato (a prescindere dal rilievo che nel capo di imputazione sub C, relativo alla contravvenzione, è enunciato l'addebito di una pluralità di "comunicazioni" effettuate "insistentemente", con la ulteriore specificazione, che deve intendersi implicitamente riferita ad alcune di esse, che le stesse avevano "anche il contenuto descritto nei capì precedenti sub A e sub B, recanti, rispettivamente, le imputazioni di ingiuria e di minaccia).
Infatti, secondo la costante e consolidata giurisprudenza di questa Corte suprema la contravvenzione di molestia o disturbo alle persone e il delitto di ingiuria, concorrono ai sensi dell'art. 81 c.p., comma 1, sicchè ben può la medesima condotta integrare entrambi i reati (Sez. 6^, 1 febbraio 1969, n. 229, Bianco, massima n. 111944):
Allorquando un unico fatto sia contrario tanto all'onore o al decoro quanto alla tranquillità di una persona può aversi concorso dei reati di ingiuria e di molestia, a norma dell'art. 81 c.p., comma 1.
Tra le due previsioni non vi è, infatti, alcun rapporto di specialità (Sez. 5^, 7 marzo 1973, n. 4989, massima n. 124434, Contini; e Sez. 5^, 6 novembre 1986, n. 1353, massima n. 175025, Pedroncelli), in quanto "i beni giuridici protetti dalle rispettive norme incriminatrici sono diversi" (Sez. 1^, 21 marzo 2001, n. 16729, massima n. 218721, La Rosa).
3.3 - Alle considerazioni che precedono conseguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2007
Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2007