Cass. pen. Sez. VI, 24.11.2011, n. 24575



Massima



Il reato di maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.) si distingue da quello di "stalking" (art. 612-bis c.p.), anche se le condotte materiali appaiono omologabili per modalità esecutive e per tipologia lesiva. Il reato di maltrattamenti familiari, infatti, è un reato proprio, potendo essere commesso soltanto da chi ricopra un "ruolo" nel contesto della famiglia (coniuge, genitore, figlio) o una posizione di "autorità" o peculiare "affidamento" nelle aggregazioni comunitarie assimilate alla famiglia dall'art. 572 c.p.. Il reato di atti persecutori è, invece, un reato contro la persona e in particolare contro la libertà morale, che può essere commesso da chiunque con atti di minaccia o molestia reiterati (reato abituale) e che non presuppone l'esistenza di interrelazioni soggettive specifiche. Il rapporto tra tale reato e il reato di maltrattamenti è regolato dalla clausola di sussidiarietà prevista dall'art. 612-bis, comma 1, c.p., che rende applicabile - nelle condizioni date prima descritte - il reato di maltrattamenti, più grave per pena edittale rispetto a quello di atti persecutori nella sua forma generale di cui all'art. 612-bis, comma 1, c.p..