Luca Presutti, Ammonimento orale....



L'AMMONIMENTO ORALE COME STRUMENTO DI PREVENZIONE DELLO STALKING

L'AMMONIMENTO ORALE COME STRUMENTO DI PREVENZIONE DELLO STALKING


di

Luca Presutti

SOMMARIO: 1. La ratio della riforma; 2. La natura giuridica dell'ammonimento; 3. La forma; 4. Il principio di partecipazione nel procedimento ammonitorio; 5. L'istruttoria del Questore; 6. La motivazione nei provvedimenti restrittivi della libertà personale; 7. Considerazioni conclusive.

1. La ratio della riforma
Il D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con modificazioni in legge 23 aprile 2009, n. 38, ha introdotto il reato di "atti persecutori", comunemente noto come stalking [1].
Eminentemente descrittivo della figura dell'illecito è il significato etimologico del neologismo italiano di derivazione anglofona, ove to stalk indica il concetto di inseguire con riferimento alla caccia degli animali [2].
Le ragioni della riforma per la dottrina maggioritaria [3] sarebbero da rinvenire nella scarsa tutela apprestata dall'ordinamento giuridico pregresso alle vittime di molestie insistenti, tanto che l'inadeguatezza del sistema portava, nei casi più gravi, addirittura all'uccisione della vittima, sotto lo sguardo inerme dell'Autorità di pubblica sicurezza, che non era dotata di poteri preventivi efficaci.
Alcuni Autori hanno osservato che nello scenario dipinto dalla fattispecie di cui all'art. 612 bis c.p. l'attore della condotta sia persona sofferente dal punto di vista psicologico, ossessionata dall'oggetto del suo desiderio, che nella generalità dei casi non ha, almeno inizialmente, intenzioni moleste [4].
Su tale considerazione riposa l'iniziativa del legislatore di introdurre, accanto al reato, una misura preventiva volta a conferire al Questore il potere di muovere una sorta di rimprovero al presunto stalker affinché desista dal tenere una condotta di persecuzione [5].

2. La natura giuridica dell'ammonimento
Il primo aspetto che viene in rilievo per una corretta disamina del nuovo istituto riguarda la sua natura giuridica. In particolare in giurisprudenza si è discusso sulla sua capacita di ledere interessi meritevoli di tutela, tanto da fare assurge il rimprovero a categoria di provvedimento amministrativo.
Un primo orientamento [6] ha ritenuto che l'ammonimento orale ex art. 8 D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con modificazioni in legge 23 aprile 2009, n. 38, non ha un contenuto dispositivo suscettibile di ledere alcuna situazione giuridica soggettiva, limitandosi ad invitare l'ammonito a compiere un'attività dovuta, come il rispetto della legge. Secondo tale tesi la natura non provvedimentale emergerebbe dall'assenza dell'intimazione di una condotta specifica, idonea a limitare la libertà personale del destinatario. In questa prospettiva l'ammonito non sarebbe dotato di un interesse concreto ed attuale per contestare la legittimità del provvedimento in sede giurisdizionale, in quanto non riceverebbe alcuna lesione né potenziale né attuale.
L'articolata costruzione di tale orientamento, tuttavia, è destinata a sgretolarsi innanzi alla chiarezza linguistica della stessa norma, dove si dice che "Si procede d'ufficio per il delitto previsto dall'articolo 612-bis del codice penale quando il fatto è commesso da soggetto ammonito ai sensi del presente articolo" e "La pena per il delitto di cui all'articolo 612-bis del codice penale è aumentata se il fatto è commesso da soggetto già ammonito".
Nella seconda più condivisibile prospettiva, pertanto, l'ammonito è dotato di un interresse diretto, concreto ed attuale alla impugnativa del provvedimento di ammonimento orale, poiché da esso deriva la procedibilità di ufficio per il reato di atti persecutori e l'applicazione della circostanza aggravante.
Tale tesi è stata accolta dalla giurisprudenza maggioritaria secondo cui l'ammonimento orale è un provvedimento amministrativo immediatamente lesivo e pertanto autonomamente impugnabile innanzi agli organi di giustizia amministrativa [7].
L'ulteriore aspetto che svela la natura giuridica dell'istituto in esame riguarda il soggetto abilitato ex lege a porlo in essere.
Secondo lo stesso dettato normativo di cui all'art. 8 D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con modificazioni in legge 23 aprile 2009, n. 38, l'ammonimento è un provvedimento di pubblica sicurezza [8] di competenza del Questore [9], il quale deve valutare l'opportunità di ammonire oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge.
La dottrina maggioritaria [10], inoltre, ritiene che l'ammonimento orale sia catalogabile tra le misure di prevenzione, poiché rientra a pieno titolo nella definizione ad esse generalmente data, come l'insieme di provvedimenti applicabili a soggetti considerati a vario titolo socialmente pericolosi e finalizzati a controllarne la pericolosità in modo da prevenire la commissione dei reati. Esse, dette anche misure praeter delictum, sono applicabili indipendentemente dalla commissione di un reato [11].
Il Questore è chiamato in primo luogo a dare una valutazione in ordine alla pericolosità sociale dell'ammonendo, che, all'evidenza, appare comunque polarizzata in direzione della vittima.
Lo stalker, infatti, non appare mai pericoloso per la pluralità indifferenziata dei consociati, ma sempre ed esclusivamente per la persona verso la quale ha avuto legami di tipo affettivo e verso la quale continua a nutrire sentimenti morbosi riconducibili comunque a deviazioni patologiche di tipo psichico.
La natura di misura di prevenzione non è suggerita soltanto dalla finalità sottesa all'ammonimento, che è comunque quella di prevenire la consumazione del reato di "atti persecutori" di cui all'art. 612 bis c.p., ma anche da un elemento di tipo formale come la struttura di precetto [12].
Proprio tale struttura lascia intuire che il legislatore si sia ispirato all'istituto preventivo dell'"avviso orale" di cui all'art. 4 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, introdotto dall'art. 5 della legge 3 agosto 1988, n. 327, oggi trasfuso con modificazioni nell'art. 3 del D. Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, recante "Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia".
L'analogia linguistica tra l'art. 8 del D.L. n. 11/2009 e l'art. 4 della L. n. 1423/1956 svela palesemente l'ispirazione del legislatore, poiché nell'"avviso orale" il Questore nella cui provincia la persona dimora provvede "ad avvisare oralmente la stessa che esistono sospetti a suo carico, indicando i motivi che li giustificano. Il questore invita la persona a tenere una condotta conforme alla legge e redige il processo verbale dell'avviso al solo fine di dare allo stesso data certa".
La somiglianza tra i due istituti si riscontra anche nell'osservazione che anche l'avviso orale è stato avvolto dal medesimo dubbio, anche se per diverse ragioni, intorno alla natura provvedimentale ed alla sua impugnabilità innanzi agli organi di giustizia amministrativa [13].
È possibile tuttavia riscontrare divergenze tra i due istituti specialpreventivi, poiché se l'avviso orale, almeno precedentemente alla riforma citata [14], fungeva da presupposto per l'applicazione di un'altra misura di prevenzione [15], l'ammonimento orale funge da presupposto alla procedibilità di ufficio del reato di atti persecutori.
Poiché la natura di misura di prevenzione dell'ammonimento orale sembra ormai indiscussa, sia in dottrina [16] sia in giurisprudenza [17], pare singolare la circostanza che non è stato inserito nel recente "Codice delle Misure di Prevenzione" emanato con D. Lgs. 6 settembre 2011, n. 159.
Anche se l'omissione può essere indice della redazione di un'opera che non pretende di avere i caratteri della completezza, potrebbe dare adito ad interpretazioni pericolose, lasciando dubitare della sua natura di misura di prevenzione. Per ragioni di chiarezza sistematica sarebbe pertanto auspicabile, nella prospettiva di realizzare un'opera completa, la sua introduzione in seno al nuovo codice.

3. La forma
Una delle problematiche maggiormente dibattute che ha coinvolto le prime ricadute applicative del nuovo istituto riguarda la forma dell'ammonimento del Questore.
Secondo l'art. 8 del D.L. n. 11/2009 il questore "ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale".
Anche se la chiarezza della norma non lascia dubbi sulla forma orale dell'ammonimento, questioni di natura eminentemente pratica hanno indotto gli agenti di pubblica sicurezza ad aggirare la norma, redigendo per iscritto l'ammonimento e notificandolo soltanto successivamente all'ammonito.
Le ragioni che hanno indotto ad eludere il dettato normativo sarebbero da riscontrare essenzialmente in esigenze di certezza e di garanzia del buon funzionamento della pubblica amministrazione per le quali i provvedimenti in linea di principio debbono avere una forma scritta ad substantiam.
È noto che un provvedimento amministrativo orale, salvo che non sussista una norma espressa che disponga in senso contrario, è nullo per mancanza di elementi essenziali ex art. 21 septies della legge 7 agosto 1990, 241, se non addirittura inesistente, attesa la sottile linea di confine che nel diritto amministrativo separa le due figure patologiche.
La giurisprudenza amministrativa di primo grado più diffusa [18] ha ritenuto che la redazione dell'ammonimento per iscritto e la successiva consegna all'ammonito sia una mera irregolarità che consente l'applicazione del principio di cui all'art. 21 octies, comma 2, legge 241/90, secondo cui "non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato".
Tale posizione non può essere condivisa per diverse ragioni.
In primo luogo, non ricorrono i presupposti della stessa norma, poiché la speciale forma di sanatoria di cui all'art. 21 octies della legge 241/90 si applica ai provvedimenti amministrativi che conseguono ad una azione amministrativa vincolata, priva di qualsivoglia valutazione discrezionale, mentre il procedimento di irrogazione dell'ammonimento si caratterizza per la sua natura altamente discrezionale.
In secondo luogo, la consegna del provvedimento di ammonimento, avvenuta successivamente al momento di redazione del verbale, attenua notevolmente l'efficacia del rimprovero, poiché è priva della capacità intimidatoria che l'approccio personale con agente di pubblica sicurezza comporta.
Infine, una tale spersonalizzazione del rimprovero è contraria allo stesso principio di legalità che regge l'intera azione amministrativa. Se il legislatore ha stabilito che il rimprovero deve essere orale, l'ammonimento deve essere orale, anche in ragione della ratio appena enunciata, almeno fino a quando la norma non verrà modificata ovvero espunta dall'ordinamento.
Neppure si può dire che tale comportamento diffuso, contrario al dettato normativo, sia giustificato dall'esigenza di rispettare un altro principio dell'azione amministrativa, secondo il quale i provvedimenti amministrativi devono essere motivati. Secondo questa prospettiva, infatti, l'immediatezza dell'oralità non consentirebbe di corredare il verbale di una motivazione esaustiva.
L'argomento si espone alla critica secondo la quale la motivazione può essere preparata per tempo, in un momento antecedente al quello in cui si tiene il rimprovero in forma orale.
Infatti, se è vero che, per espresso dettato normativo, l'ammonimento deve essere orale, è altrettanto vero che la stessa norma non impone di motivare anche oralmente.
Questa prospettiva è stata condivisa dalla più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, che, anche se soltanto timidamente e senza motivare, con sentenza della Sezione Terza, 21 ottobre 2011, n. 5676 [19], in riforma ad una decisione di primo grado [20] che accoglieva l'orientamento opposto, ha statuito che "È illegittimo il provvedimento di ammonimento orale ex art. 8 del D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con modificazioni in L. 23 aprile 2009, n. 38, che sia stato inflitto in forma scritta e sia stato consegnato soltanto successivamente presso la divisione anticrimine della Questura".
Del resto, la categoria dei provvedimenti orali, sebbene poco diffusa, non è neppure del tutto assente nel diritto amministrativo, basti pensare, oltre al caso dell'"avviso orale" già ricordato, ai casi più noti degli ordini di polizia o all'atto di convocazione della Giunta o del Consiglio per esplicita previsione dello Statuto o dei regolamenti [21].
Altro esempio noto di provvedimento orale è il "richiamo orale" ex art. 2 del D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737, recante "Sanzioni disciplinari per il personale dell'Amministrazione di pubblica sicurezza e regolamentazione dei relativi procedimenti".
Tale disposizione prevede che "Il richiamo orale consiste in un ammonimento con cui vengono punite lievi mancanze non abituali o omissioni di lieve entità causate da negligenza o da scarsa cura della persona o dell'aspetto esteriore".
Il richiamo orale non richiede l'adempimento di particolari oneri per il superiore che lo pone in essere. La giurisprudenza [22], infatti, ha affermato che esso non necessita di dettagliata motivazione, nonostante l'art. 1 del D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737, preveda che "il provvedimento che infligge la sanzione deve essere motivato". Inoltre, per espressa previsione normativa, il richiamo orale può essere inflitto senza obbligo di rapporto [23].
In conclusione, sebbene possa suscitare stupore la circostanza che esistano, soprattutto nell'ambito del diritto di polizia, dei provvedimenti amministrativi orali, non bisogna neppure sminuire la categoria, dal momento che il provvedimento orale è connotato di una capacità intimidatoria che quello scritto non possiede e, pertanto, è anche maggiormente efficace.

4. Il principio di partecipazione nel procedimento ammonitorio
L'ulteriore aspetto problematico dell'ammonimento orale, che ha fatto registrare in giurisprudenza numerosi contrasti, riguarda la partecipazione dell'ammonendo al procedimento ammonitorio.
Un primo orientamento [24] ha ritenuto che le ragioni di gravità ed urgenza, che contraddistinguono un provvedimento di polizia di natura preventiva, impediscono l'applicazione dell'istituto della comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Sulla medesima direzione ermeneutica, pertanto, le ragioni che impongono l'omissione delle garanzie partecipative sarebbero connaturate in re ipsa all'istituto in commento, poiché è la stessa esigenza di celerità che impone al Questore di intervenire immediatamente e senza indugio ad ammonire il soggetto ritenuto socialmente pericoloso, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge.
Tra l'altro, la pratica di omettere l'avviso di avvio del procedimento non è neppure sconosciuta al diritto di polizia. Essa è frequente tra i provvedimenti di competenza del Questore, basti ricordare a titolo esemplificativo il caso più noto dell'adozione del provvedimento di sospensione dello smercio di bevande alcoliche [25] ex art. 100 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, recante "Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza" (c.d. TULPS). La giurisprudenza ha anche ritenuto che l'amministrazione è esonerata dall'obbligo di comunicazione di cui all'art. 7 L. n. 241/1990, con riferimento all'informativa antimafia [26], per l'emanazione del provvedimento di rimpatrio con foglio di via obbligatorio [27], per l'adozione di un'ordinanza limitativa della circolazione veicolare in un tratto di strada [28], per la sospensione dell'efficacia di un titolo di riconoscimento [29].
In verità, la corretta interpretazione del Capo III della legge 7 agosto 1990, n. 241, impone di ritenere che, salvo i casi espressamente esclusi ex lege [30], la regola generale vuole che l'inizio del procedimento sia sempre comunicato al destinatario degli effetti del provvedimento finale, mentre, soltanto in casi eccezionali, si può derogare a tale principio.
Del resto, lo stesso dettato normativo di cui all'art. 7 della legge 241/1990 afferma che soltanto "ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l'avvio del procedimento stesso è comunicato (...) ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti".
In questa opposta direzione si è osservato che la sussistenza delle particolari esigenze di celerità che giustificano l'omissione della comunicazione di cui all'art. 7 della legge 241/1990 deve essere congruamente documentata nella motivazione del provvedimento, non potendo essere apoditticamente asserita. In particolare, le esigenze di celerità devono essere obiettive, concrete, effettive ed attuali [31].
Al di là delle ipotesi tassativamente previste dalla legge, pertanto, in un'eventuale sede giudiziaria, il giudice deve poter accertare che nella situazione specifica ricorrono effettivamente le ragioni d'urgenza che giustificano l'omissione [32].
In questa seconda prospettiva, si è schierata la giurisprudenza [33] più attenta formatasi sull'ammonimento orale, secondo la quale, ai fini di una tale omissione, le ragioni di urgenza, qualora vi fossero, non possono essere valutate astrattamente, ma devono sussistere in concreto e risultare dalla motivazione del provvedimento.
Tale più condivisibile giurisprudenza ha osservato che per quanto il procedimento de quo presenti dei caratteri di specialità, in assenza di una espressa deroga, devono trovare applicazione le garanzie di partecipazione al procedimento, tra le quali l'invio della comunicazione di avvio del procedimento, con conseguente possibilità per l'interessato di esercitare i diritti di cui all'art. 10 della legge 241/1990, come prendere visione degli atti del procedimento e presentare memorie scritte e documenti, che l'amministrazione ha l'obbligo di valutare.
Contrasti giurisprudenziali si sono registrati anche in ordine all'individuazione della norma, generale o speciale, che prevede il diritto di partecipazione dell'ammonendo al procedimento ammonitorio.
In particolare, è controverso se il diritto di partecipazione discenda dal Capo III della legge 7 agosto 1990, n. 241, ovvero dall'art. 8, comma 2, della del D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito in legge 23 aprile 2009, n. 38, ove si legge che il questore non può adottare il provvedimento se prima non abbia "sentite le persone informate dei fatti". Non sarebbe chiaro, dunque, se l'ammonendo debba essere considerato "persona informata dei fatti".
Alcuna giurisprudenza, sia di primo [34] grado sia di secondo [35] grado, ha ritenuto che l'ammonendo debba essere ascoltato in qualità di "persona informata sui fatti" anche a prescindere dall'applicazione delle garanzie partecipative che discendono dalla legge generale n. 241/1990.
Tale posizione, sostenuta anche dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato con sentenza 21 ottobre 2011, n. 5676, non è condivisibile.
Altra giurisprudenza [36] ha infatti osservato che persona informata sui fatti è un soggetto diverso sia dall'ammonendo sia dalla vittima. La necessità di operare una tale distinzione concettuale risponde anche alla ratio della disposizione, che esige che il Questore formi correttamente il suo convincimento sulla base di informazioni raccolte da soggetti non emotivamente coinvolti nella vicenda.
Infine, rileva anche la qualità della partecipazione.
Il coinvolgimento dell'ammonendo nel procedimento ammonitorio non deve essere soltanto formale, ma deve permettere al presunto stalker di apprestare tutte le sue difese, mediante una partecipazione proficua ed equamente bilanciata, quantitativamente e qualitativamente, con le accuse mosse dalla presunta vittima, anche nell'osservanza del principio di imparzialità dell'azione amministrativa.
In questa prospettiva, in giurisprudenza [37] è stato sanzionato il ritardo nella comunicazione di avvio del procedimento e la scarsa attenzione rivolta dal Questore alle controdeduzioni dell'ammonendo [38].
Neppure si può sostenere che l'omessa comunicazione di avvio del procedimento, in tal caso, configuri una mera irregolarità suscettibile di sanatoria ai sensi dell'art. 21 octies, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, secondo il quale "il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato".
È noto che tale disposizione trova applicazione tanto per i procedimenti discrezionali quanto per i procedimenti vincolati [39], a differenza del primo alinea dello stesso comma che invece trova applicazione soltanto per i procedimenti vincolati.
In tal caso, tale sanatoria non trova una applicazione semplice, atteso che l'Amministrazione ha l'onere di provare in giudizio che il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato. Del resto, in un procedimento connotato di ampia discrezionalità come quello per irrogazione dell'ammonimento orale è davvero estremamente difficile provare in giudizio che la partecipazione dell'ammonito non avrebbe mutato la determinazione del Questore.
Nella diversa prospettiva della partecipazione della parte istante, invece, in giurisprudenza non ancora si registrano casi di annullamento del diniego di ammonimento per omessa comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza ex art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241.
È noto che la giurisprudenza amministrativa, da un lato, ha affermato che l'art. 10 bis della legge 241/90 non si applica alle fattispecie nelle quali le esigenze di partecipazione al procedimento sono comunque assicurate dalla specifica ed analitica disciplina dei relativi procedimenti [40], mentre, dall'altro, ha affermato che la norma si applica a tutti i procedimenti ad iniziativa di parte, ad eccezione di quelli espressamente esclusi [41].
Con riferimento all'ammonimento orale, nel caso in cui il Questore durante la fase istruttoria ritenga di non poter accogliere l'istanza è opportuno che comunque effettui la comunicazione ex art. 10 bis della legge 241/90.
Anche se la problematica sembra perdere di consistenza all'osservazione che comunque l'istanza di ammonimento può essere sempre ripetuta, non si può neppure trascurare che, inoltrando una nuova domanda al Questore, si produrrebbe un inevitabile allungamento dei tempi con evidenti ripercussioni sulla sicurezza della vittima.

5. L'istruttoria del Questore
Ai fini di una applicazione incensurabile dell'istituto in esame, il Questore ha il dovere di compiere un'istruttoria procedimentale corretta.
I doveri istruttori sono previsti sostanzialmente dal comma 2 dell'art. 8 del D.L. 11/2009, che contiene tutti gli elementi utili al corretto esercizio dell'azione discrezionale.
È altresì essenziale che la disciplina speciale di cui al D.L. 11/2009 sia armonizzata con la disciplina generale di cui alla legge n. 241/1990.
Nel rispetto della normativa appena citata, pertanto, il Questore deve formare il proprio convincimento sulla sussistenza della pericolosità sociale del presunto stalker mediante: 1. i fatti narrati dalla presunta vittima; 2. le controdeduzioni dell'ammonendo; 3. le informazioni degli organi investigativi; 4. le dichiarazioni rese dalle persone informate sui fatti.
Tuttavia, se i fatti narrati dalla presunta vittima, le controdeduzioni dell'ammonendo e le dichiarazioni rese dalle persone informate sui fatti costituiscono elementi essenziali per la formazione di un corretto convincimento, le informazioni degli organi investigativi costituisco soltanto elementi eventuali per espresso dettato normativo.
Gli organi investigativi, infatti, intervengono in una fase soltanto sussidiaria, cioè quando gli altri elementi valutativi non siano stati sufficienti a formare il convincimento del Questore né in senso positivo né in senso negativo.
Dallo stesso dettato normativo emerge che non è corretta, e pertanto non condivisibile, quella giurisprudenza [42] che non ha considerato indefettibile ai fini di un corretto convincimento la valutazione delle dichiarazioni delle persone informate sui fatti.
È certamente utile ricordare la ratio di tale audizione. Il convincimento del Questore potrebbe non essere obiettivo se si formasse sulla base delle sole narrazioni di soggetti emotivamente coinvolti nella vicenda, atteso che la quasi totalità dei casi riguardanti questo tipo di illecito si consuma tra persone che sono state o sono ancora legate sentimentalmente.
Nella casistica giurisprudenziale, non di rado si registrano situazioni in cui tale istituto viene utilizzato come strumento di offesa [43] tra ex coniugi sfuggendo alla ratio stessa dell'ammonimento.
In alcuni casi è anche difficile stabilire se la vittima sia effettivamente tale ovvero sia essa stessa uno stalker.
In altri termini, l'audizione delle persone informate sui fatti è essenziale per evitare il verificarsi di casi paradossali in cui l'ammonimento addirittura rappresenti uno strumento di offesa dello stalker e un atto di persecuzione per la vittima.
Altra giurisprudenza [44] ha invece correttamente ritenuto che l'ammonendo debba essere messo in condizioni di partecipare proficuamente al procedimento ammonitorio, ritenendo illegittimo per difetto di istruttoria il provvedimento per il quale in giudizio il ricorrente ha provato che il Questore avrebbe dovuto acquisire delle valutazioni che non vi sono state.
Il Questore non può limitarsi a recepire acriticamente e passivamente l'esposto della vittima senza ascoltare l'ammonendo [45].
Come tutte le misure di prevenzione, inoltre, si è osservato che nell'applicazione dell'ammonimento non è necessario che si raggiunga la certezza sulla sussistenza del reato di atti persecutori, ma è sufficiente che vi siano indizi gravi sulla verosimile possibilità che il reato sarà consumato [46].
In particolare, non è necessario che sia avvenuta la lesione al bene protetto dalla norma penale incriminatrice [47], essendo al contrario sufficiente la valutazione sulla ragionevole sussistenza delle condizioni di pericolosità sociale [48].
In conclusione, l'istruttoria del Questore, da un lato, deve essere rigorosa sull'audizione della presunta vittima, del presunto stalker e delle persone informate sui fatti e, dall'altro, non deve spingersi fino alla verifica della sussistenza degli elementi integrativi del reato di cui all'art. 612 bis, c.p. essendo sufficienti anche gravi sospetti costituenti indice di effettiva pericolosità sociale.
Ultimo nodo problematico che riguarda la fase istruttoria del procedimento ammonitorio concerne l'interpretazione dell'ultimo alinea del comma 2 dell'art. 8 D.L. 11/2009, secondo il quale "il questore valuta l'eventuale adozione di provvedimenti in materia di armi e munizioni".
Tale espressione letterale, nonostante suggerisca l'obbligo di valutazione, di fatto non è in grado di innovare notevolmente l'ordinamento giuridico, atteso che il potere di inibire il possesso di armi discende già dagli artt. 10, 11, 42 e 43 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, recante il Testo Unico delle Leggi Pubblica Sicurezza [49], avendo al contrario certamente ripercussioni sul piano motivazionale.

6. La motivazione nel provvedimento di ammonimento
In primo luogo, occorre precisare che la motivazione del provvedimento orale deve essere redatta per iscritto precedentemente, in ragione dell'immediatezza del rimprovero.
Il primo dato normativo dal quale discende la disciplina per la redazione di una corretta motivazione è senz'altro l'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, secondo il quale "la motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria".
Pertanto, armonizzando la norma generale con la disciplina speciale emerge che la motivazione dell'ammonimento orale deve illustrare: 1. i presupposti di fatto che giustificano l'adozione dell'ammonimento; 2. le norme di legge dalle quali discende l'esercizio del potere ammonitorio; 3. le risultanze istruttorie raccolte dalle dichiarazioni rese dalla vittima, dall'ammonendo, dalle persone informate sui fatti nonché dalle eventuali informazioni degli organi investigativi; 4. le valutazioni sull'eventuale adozione di provvedimenti in materia di armi.
Nella casistica giurisprudenziale, il caso più frequente di illegittimità per difetto di motivazione è quello del provvedimento di ammonimento adottato in assenza di valutazioni circa la non attendibilità delle controdeduzioni dell'ammonito presentate nella fase istruttoria [50].
La motivazione, ad ogni modo, deve essere esaustiva e valutare tutti gli elementi indicati dalla stessa norma, senza trascurare che il provvedimento debba essere emesso sulla base di fatti attuali [51] e non considerevolmente risalenti nel tempo.
Attesa la natura altamente discrezionale del procedimento de quo, un provvedimento di ammonimento sfornito di una motivazione esauriente non può che essere correttamente censurato in sede giurisdizionale.

7. Considerazioni conclusive
All'esito di questa indagine, che ha tentato di far luce sull'applicazione di un istituto ancora nell'ombra, è emerso che l'ammonimento orale è in balia delle oscillazioni di correnti giurisprudenziali non sempre ragionevolmente motivate, che suscitano l'impressione che le norme siano state applicate senza la valutazione della loro ratio.
L'ammonimento orale è in primo luogo un provvedimento amministrativo immediatamente lesivo di posizioni giuridiche protette, tanto da consentirne l'impugnazione innanzi agli organi di giustizia amministrativa.
Indiscutibilmente tale istituto deve essere adottato nella forma orale, in presenza dell'ammonito, con la capacità intimidatoria della quale soltanto l'agente di pubblica sicurezza è professionalmente dotato.
Per scongiurare l'incubo di porre in essere procedimenti di tipo inquisitorio, il Questore dovrà osservare determinate regole istruttorie.
L'adozione del provvedimento in parola deve essere sempre preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento, poiché in casi del genere non si ravvisano quasi mai quelle esigenze di celerità, che ne consentirebbero l'omissione, anche sulla base della considerazione che la stessa comunicazione di avvio del procedimento può avere l'effetto di attenuare notevolmente la reiterazione di condotte persecutorie.
Nella fase istruttoria il Questore non dovrà limitarsi a recepire le doglianze della presunta vittima, dando per assodata la sussistenza degli atti persecutori, ma contrariamente dovrà ascoltare il presunto stalker e le persone informate dei fatti, facendo bene attenzione a non divenire egli stesso uno strumento di persecuzione della vera vittima.
Infine, il verbale di ammonimento dovrà essere corredato di una adeguata motivazione, che consenta di verificare, anche in sede giudiziaria, che effettivamente vi sia stata un'istruttoria accurata ed imparziale.