Pier Giuseppe Monateri, rassegna stampa



Mobbing / Cronaca dei paradossi di un nuovo fenomeno

Mobbing / Cronaca dei paradossi di un nuovo fenomeno


di Pier Giuseppe Monateri


18 Settembre 2008

L'introduzione della figura del mobbing in Italia comporta, in realtà, vari paradossi. Il più appariscente è che si tratta di un fenomeno «nuovo» e di «importazione». Che si tratti di una novità è sotto gli occhi di tutti. Nondimeno il mobbing, come tale, è contenuto già nel nostro Codice civile. Infatti possiamo dubitare che sorga qualche responsabilità risarcitoria se più soggetti con dolo violano la salute o la dignità di un lavoratore? Certamente no. L'articolo 2043 del Codice civile da sempre prevede la tutela risarcitoria per la lesione dolosa (ma financo colposa) di tali posizioni soggettive. Inoltre, se il datore di lavoro, nell'ambito dei suoi obblighi, non previene tali lesioni, forse che la responsabilità datoriale italiana non è già attrezzata a far scattare una tutela risarcitoria? Certamente lo è.
Anche dal punto di vista penalistico le condotte che possono ammontare a violenza privata, minaccia o abuso all'interno delle strutture pubbliche sono già oggetto di repressione. Pertanto si può dire che il mobbing è sia un fenomeno nuovo e di importazione sia qualche cosa che già rientra nella nostra legislazione. La sua introduzione, almeno per quel che riguarda la responsabilità civile, non comporta nessuna innovazione della teoria dell'illecito. Anche se, senza tale etichetta, non si sarebbe stati in grado di cogliere in modo unitario i fenomeni collegati.
Un secondo paradosso concerne il danno. Il primo danneggiato dal mobbing è l'impresa. Un'ora dedicata al mobbing è un'ora sottratta al lavoro. Onde l'impresa è senz'altro danneggiata da tali attività. Anzi, per il solo fatto dell'insorgere del mobbing al suo interno, è un'impresa tendenzialmente meno efficiente sul mercato. La sua stessa capacità di sopravvivenza in un mercato concorrenziale è, quindi, minacciata dal mobbing. Interesse primario dell'impresa è dunque evitarne l'insorgenza. Nonostante ciò, in base alla responsabilità vicaria dell'articolo 2049 del Codice civile e altre disposizioni del diritto del lavoro, l'impresa è la prima responsabile che deve risarcire i danni cagionati dal mobbing. Infatti, il datore di lavoro è chiamato a risarcire i danni cagionati in occasione dell'espletamento delle attività lavorative. Poiché il mobbing concerne proprio l'espletamento di tali attività, e avviene in occasione del rapporto di lavoro, il datore è il primo soggetto (per capienza patrimoniale) che la vittima del mobbing cercherà di aggredire per ottenere un ristoro dei danni. Il paradosso è, quindi, semplice da cogliere: l'impresa è la prima danneggiata dal mobbing, e l'imprenditore è il primo soggetto la cui responsabilità viene azionata in caso di mobbing.
Un altro paradosso concerne il fatto che la retorica del mobbing è disegnata per far perno sulla tutela dei soggetti deboli mentre, guardando ai dati, le cause di mobbing in Italia concernono soprattutto i dirigenti. Ciò avviene perché il mobbing viene spesso utilizzato per "costringere" i dirigenti ad abbandonare le loro posizioni senza dover far ricorso a costosi (per l'impresa) meccanismi di uscita. Si coglie, così, come il discorso legato al mobbing trovi elaborazione in tema di tutela della salute e della dignità del soggetto debole e finisca per fornire invece una tutela alle posizioni economiche dei dirigenti.


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