Annalisa Rosiello, rassegna stampa



Stalking e mobbing: le tutele
Tutti gli interventi contro due tipi di comportamento molesto per la persona

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Stalking e mobbing: le tutele
Tutti gli interventi contro due tipi di comportamento molesto per la persona

ANNALISA ROSIELLO*
La scorsa settimana abbiamo cominciato a parlare di fenomeni come lo stalking e il mobbing, cercando di definirli giuridicamente. Ora cercheremo di capire come bisogna tutelarsi.
Già ben prima dell'entrata in vigore delle disposizioni richiamate, si è registrato un attivismo giudiziario in ordine alle tecniche di tutela del lavoratore o della lavoratrice (nella maggior parte dei casi) che subiscano comportamenti molesti quali quelli sopra esemplificati. La giurisprudenza ha infatti svolto per lungo tempo un ruolo di supplenza rispetto al legislatore nell'elaborazione dei precetti giuridici e delle relative sanzioni, richiamandosi principalmente ai generali principi dell'ordinamento che tutelano la dignità e la libertà di autodeterminazione della persona umana.
Con riguardo alla configurazione della fattispecie concreta, si è esaminata una vasta casistica dei possibili comportamenti tipizzati, almeno in parte (come noto manca ad oggi sia una legge sul mobbing che una legge sullo stalking), dal legislatore: si va dagli apprezzamenti allusivi, alle battute a sfondo sessuale, dagli inviti a cena tendenziosi alle telefonate continue con costanti ricadute sul piano sessuale, dalle proposte di approccio all'approccio tramite baci o toccamenti anche in parti intime. La giurisprudenza, soprattutto di merito, ha svolto dunque una funzione di guida alla qualificazione giuridica delle molestie, procedendo attraverso un'analisi sulla gravità e sull'idoneità offensiva dei fatti addebitati alla luce dei diritti fondamentali della persona, come il diritto alla salute (articolo 32 della Costituzione) e il diritto alla dignità umana (articolo 41 Costituzione).


RESPONSABILITA'

Gli strumenti utilizzati dal giudice per accordare protezione alle vittime di molestie sessuali sono molteplici. Le opinioni di dottrina e giurisprudenza si sono orientate prevalentemente nel ricondurre le molestie sessuali poste in essere sul luogo di lavoro alla violazione dell'obbligo di sicurezza e di protezione dei lavoratori ex articolo 2087 codice civile. In particolare, considerato che tale norma tutela non solo l'integrità fisica, ma anche la "personalità morale" del lavoratore, l'applicazione in campo lavoristico del generale principio del neminem laedere fa assumere a tale principio la forma giuridica di un'autonoma obbligazione contrattuale in capo al datore di lavoro. Sul punto la prevalente giurisprudenza, principalmente di merito, ha statuito che se il datore era a conoscenza o doveva ragionevolmente sapere delle molestie e non è intervenuto per far cessare tali condotte, egli non possa esimersi da responsabilità, da cui deriva il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale per il lavoratore, data la natura costituzionale dei beni lesi.
In base a tale orientamento, ai sensi dell'articolo 2087 codice civile l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa tutte le misure necessarie a tutelare non solo l'integrità fisica ma anche la personalità morale dei dipendenti; tale obbligo di protezione impone al datore di lavoro, cui sia noto il compimento di molestie sessuali nell'ambito dell'impresa, di intervenire, adottando tutte le misure, anche di natura disciplinare e organizzativa, necessarie a garantire la tutela dei dipendenti.
Con riferimento alla tutela risarcitoria, la giurisprudenza ha accordato alla vittima di molestie sessuali il diritto al risarcimento di tutti i tipi di danno, compresi quelli non patrimoniali, come il danno biologico, morale ed esistenziale.
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, l'obbligo di risarcire tali danni grava cumulativamente sia sull'autore del fatto lesivo sia sul datore di lavoro.
Nel caso in cui non si possa accertare che il datore di lavoro abbia violato gli obblighi di protezione di cui all'articolo 2087 c.c., la giurisprudenza ritiene che lo stesso potrebbe essere ritenuto responsabile in via extracontrattuale ai sensi dell'articolo 2049 codice civile per il fatto illecito commesso dal proprio dipendente nello svolgimento delle funzioni assegnate e in solido con lo stesso. Sotto tale profilo, è stata ammessa la prova liberatoria del datore solo nel caso in cui il dipendente autore del fatto illecito abbia agito con dolo e al di fuori di un rapporto di occasionalità necessaria con le proprie mansioni, ossia qualora l'evento lesivo si sia verificato sul luogo di lavoro solo in via del tutto accidentale e casuale. Infatti, il solo dolo del commesso, di per sé, non esclude il rapporto di occasionalità necessaria con le mansioni affidategli, quando l'illecito venga reso possibile oppure agevolato dal rapporto di lavoro con il committente, il quale quindi ne risponde ai sensi dell'articolo 2049 codice civile. Vengono inoltre sanzionati con la nullità, ai sensi dell'articolo 26, comma terzo del decreto legislativo 198/06 cit. gli atti, i patti o i provvedimenti concernenti il rapporto di lavoro dei lavoratori o delle lavoratrici vittime delle molestie sessuali, qualora vengano adottati in conseguenza del rifiuto o della sottomissione a tali molestie.


OBBLIGHI E STRUMENTI

Anche con riferimento a tali temi, così come riguardo al mobbing di genere, merita richiamo oltreché tutta la normativa già sopra citata anche quella in tema di sicurezza.
In particolare la legge 123 del 2 agosto 2007 ("Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia") promuove, tra l'altro, la valorizzazione anche tramite rinvio legislativo, di accordi aziendali, territoriali e nazionali nonché su base volontaria, dei codici di condotta ed etici e delle buone prassi, che orientino i comportamenti dei datori di lavoro anche secondo i principi della responsabilità sociale, dei lavoratori e di tutti i soggetti interessati, ai fini del miglioramento dei livelli di tutela definiti legislativamente.
Numerosi datori di lavoro si stanno adeguando a tale indicazione, introducendo regolamenti o codici di condotta volti a prevenire, tra l'altro, delle molestie sessuali sui luoghi di lavoro. E così, ad esempio, inserire all'interno di un codice etico aziendale la definizione di molestie, declinare una procedura interna di denuncia delle stesse e specificare le sanzioni disciplinari ad esse associate costituisce un'azione preventiva ed anche uno strumento di reazione particolarmente incisivo rispetto a tali illecite condotte. Il Decreto Legislativo numero 81 del 9 aprile 2008, all'articolo 28 prevede l'obbligo di valutare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, "ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell'accordo europeo dell'8 ottobre 2004, alle differenze di genere". Il legislatore ha dunque dedicato specifica attenzione e menzione ai rischi collegati alle differenze di genere e tra questi rientrano sicuramente i rischi di patologie legate alle molestie sessuali, la cui valutazione, a partire dal 29 luglio 2008, diviene necessaria ed obbligatoria.

* Avvocato giuslavorista  a Milano

del 27-09-2008 num. 179

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